T.A.R. Lazio Roma Sez. I, Sent., 21-07-2011, n. 6559 Parchi naturali Dichiarazione di pubblica utilità

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Espongono in fatto gli odierni ricorrenti di essere proprietari del terreno sito a Roma, Via Appia Antica n. 27, distinto al N.C.T. foglio 899 part. 29,123, 124 e 125, ricadente nell’area del Parco Regionale dell’Appia Antica, dove svolgono attività di conduzione di azienda agricola e vivaio piante sulla base di autorizzazione rinnovata nel tempo.

Con la gravata ordinanza è stato approvato l’Accordo di Programma per la definizione del piano di utilizzazione del Parco della Caffarella e della relativa variante urbanistica, recante l’approvazione del primo programma degli espropri e dichiarazione d pubblica utilità degli interventi.

Essendo la proprietà dei ricorrenti ricompresa nel primo programma degli espropri, deducono i ricorrenti, avverso la gravata ordinanza, in quanto lesiva dei loro diritti ed interessi, i seguenti motivi di censura:

I – Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della legge n. 396 del 1990 in relazione all’art. 1 della stessa legge e della legge n. 1150 del 1942 e successive modificazioni e integrazioni. In particolare violazione degli artt. da 7 a 12 che disciplinano il P.R. Eccesso di potere per carenza dei presupposti.

Nell’evidenziare come con l’Accordo di programma di cui alla gravata ordinanza sia stata approvata una variante di Piano Regolatore Generale, affermano i ricorrenti che, rientrando gli accordi di programma tra le procedure straordinarie, gli stessi non potrebbero sostituire gli strumenti di pianificazione ordinaria, denunciando la mancanza di pubblicità del piano e della variante, così precludendo agli interessati di presentare le proprie osservazioni.

II – Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della legge n. 396 del 1990 sotto altro profilo e dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990 in relazione all’art. 1 della legge n. 396 del 1990 e agli artt. da 7 a 12 della legge urbanistica n. 1150 del 1942. Violazione dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990. Difetto di motivazione.

Denuncia parte ricorrente la mancanza del carattere di urgenza che solo potrebbe giustificare l’adozione dello strumento dell’accordo di programma in sostituzione della procedura ordinaria, nonché la mancanza di motivazione della scelta sottesa all’adozione di tale strumento.

III – Violazione e falsa applicazione dell’art. 3, comma 1, della legge n. 396 del 1990. Eccesso di potere per errore e falsità dei presupposti.

Denunciano i ricorrenti l’illegittimità dell’individuazione del Sindaco quale soggetto promotore dell’accordo di programma, non essendo questi portatore di alcuna competenza primaria o prevalente sugli interventi, dovendo al più tale soggetto essere individuato nella Regione, essendo stato il Parco Regionale dell’Appia Antica istituito con legge regionale.

Non risulterebbe, inoltre, varato il Piano di assetto del Parco, che riveste carattere assorbente sostituendo i piani paesistici, territoriali ed urbanistici.

IV – Eccesso di potere per illogicità ed irrazionalità nella scelta operata. Contraddittorietà.

Lamentano i ricorrenti come non sia stata effettuata alcuna selezione tra le attività esistenti in zona compatibili con i vincoli del Parco, significando la piena compatibilità dell’attività dagli stessi svolta nel terreno di loro proprietà.

Si è costituito in resistenza il Comune di Roma, sostenendo con articolate controdeduzioni, l’infondatezza del ricorso con richiesta di corrispondente pronuncia.

Si è costituito in resistenza anche l’Ente Parco Regionale dell’Appia Antica, anch’esso sostenendo l’infondatezza delle censure ricorsuali proposte, in relazione alle quali vengono prospettati elementi a loro confutazione.

Con memorie successivamente depositate i ricorrenti hanno insistito nelle proprie deduzioni, ulteriormente argomentando.

Le Amministrazioni resistenti hanno insistito nelle loro deduzioni con ulteriore memoria. In particolare, il Comune di Roma ha significato come non risulti alcun provvedimento di esproprio con riferimento al terreno di proprietà dei ricorrenti.

Alla Pubblica Udienza del 22 giugno 2011, la causa è stata chiamata e, sentiti i difensori delle parti, trattenuta per la decisione, come da verbale.

Motivi della decisione

Con il ricorso in esame è proposta azione impugnatoria avverso l’ordinanza sindacale – meglio descritta in epigrafe nei suoi estremi – recante l’ "Approvazione dell’accordo di programma per la definizione del piano di utilizzazione del Parco della Caffarella e della relativa variante", nonché avverso l’Accordo di Programma del 19 aprile 1996 ed il Piano di Utilizzazione allegato e formante parte integrante dello stesso.

Il ricorso, per le considerazioni che si andranno ad illustrare, non merita favorevole esame.

Con un primo ordine di censure deducono i ricorrenti – proprietari del terreno sito a Roma, Via Appia Antica n. 27, distinto al N.C.T. foglio 899 part. 29,123, 124 e 125, ricadente nell’area del Parco Regionale dell’Appia Antica, dove svolgono attività di conduzione di azienda agricola e vivaio piante sulla base di autorizzazione rinnovata nel tempo, ricompreso nel primo programma degli espropri – l’illegittimità del ricorso allo strumento dell’accordo di programma per l’approvazione della variante di Piano Regolatore Generale dal momento che, rientrando gli accordi di programma tra le procedure straordinarie, gli stessi non potrebbero sostituire gli strumenti di pianificazione ordinaria, soprattutto con riferimento ad aree di vaste dimensioni, denunciando altresì la mancanza di pubblicità del piano e della variante, così precludendo agli interessati la possibilità di presentare le proprie osservazioni.

L’infondatezza della censura emerge, innanzitutto, alla luce della corretta ricognizione della natura e delle finalità dello strumento dell’accordo di programma, come delineato dall’art. 27 della legge n. 142 del 1990, il quale, nel prevedere al comma 1 che "Per la definizione e l’attuazione di opere, di interventi o di programmi di intervento che richiedono, per la loro completa realizzazione, l’azione integrata e coordinata di comuni, di province e regioni, di amministrazioni statali e di altri soggetti pubblici, o comunque di due o più tra i soggetti predetti, il presidente della regione o il presidente della provincia o il sindaco, in relazione alla competenza primaria o prevalenti sull’opera o sugli interventi o sui programmi di intervento, promuove la conclusione di un accordo di programma, anche su richiesta di uno o più dei soggetti interessati, per assicurare il coordinamento delle azioni e per determinarne i tempi, le modalità, il finanziamento ed ogni altro connesso adempimento.", stabilisce, al comma 5, che "Ove l’accordo comporti variazione degli strumenti urbanistici, l’adesione del sindaco allo stesso deve essere ratificata dal consiglio comunale entro trenta giorni a pena di decadenza. ".

Nessun carattere di straordinarietà – contrariamente a quanto affermato dal ricorrente – può, quindi annettersi all’accordo di programma, il quale costituisce lo strumento ordinario e privilegiato nelle ipotesi in cui la realizzazione di interventi, come nella fattispecie in esame – richieda l’azione integrata di più enti.

Inoltre, sulla base del chiaro dettato normativo, è espressamente previsto il ricorso a tale istituto quale strumento di semplificazione e accelerazione del procedimento in materia urbanistica, cui va riconosciuta la natura di atto pianificatorio e programmatico, tenuto conto che la sua ratifica ad opera dei Comuni interessati produce un effetto di variante dei rispettivi P.R.G., assumendo il piano con esso approvato valore di strumento urbanistico esecutivo.

Nessun ostacolo, inoltre, all’adozione dello strumento dell’accordo di programma può essere rinvenuto nell’estensione – asseritamente vastissima – delle aree interessate, non confliggendo tale elemento con il ricorso all’azione integrata degli enti interessati per la programmazione degli interventi di congiunta competenza.

Ancora, la legittimità del ricorso allo strumento dell’accordo di programma risiede nelle previsioni recate dalla legge 15 dicembre 1990 n. 396, recante interventi per Roma, capitale della Repubblica, la quale, nel prevedere, all’art. 1, lettera b), che sono di preminente interesse nazionale gli interventi funzionali all’assolvimento da parte della città di Roma del ruolo di capitale della Repubblica e diretti a "conservare e valorizzare il patrimonio monumentale, archeologico e artistico, creare parchi archeologici ed in particolare quello dell’area centrale, dei Fori e dell’Appia Antica", dispone, all’art. 3, intitolato agli accordi di programma, che "1. Qualora il programma di interventi richieda per la sua attivazione l’azione integrata e coordinata di amministrazioni, enti ed altri soggetti pubblici, o comunque di due o più tra i soggetti predetti, il Ministro per i problemi delle aree urbane, su richiesta del Presidente della regione Lazio, del Presidente della provincia di Roma, del Sindaco di Roma o di amministrazioni statali, individua il soggetto che, in base alla competenza primaria o prevalente sugli interventi, promuove la conclusione di accordi di programma. 2. L’accordo di programma assicura il coordinamento delle azioni e ne determina i tempi, le modalità, il funzionamento e ogni altro connesso adempimento. L’accordo può prevedere altresì procedimenti di arbitrato, nonché interventi surrogatori di eventuali inadempienze dei soggetti partecipanti. 3. L’accordo, consistente nel consenso unanime delle amministrazioni interessate, è approvato con atto formale del Presidente della regione Lazio, o del Presidente della provincia di Roma o del Sindaco di Roma ed è pubblicato nel bollettino ufficiale della regione. L’accordo produce gli effetti della intesa di cui all’articolo 81 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, determinando le eventuali e conseguenti variazioni degli strumenti urbanistici. 4. Ove l’accordo comporti variazione degli strumenti urbanistici, l’adesione del Sindaco di Roma allo stesso deve essere ratificata dal Consiglio comunale entro trenta giorni. La mancata deliberazione nel termine di trenta giorni equivale a ratifica."

Alla luce della normativa speciale dettata per Roma Capitale, l’accordo di programma costituisce, dunque, lo strumento privilegiato ed ordinario, in quanto caratterizzato da procedure più agevoli e semplificate, per la realizzazione degli interventi che richiedono l’azione integrata e coordinata di più amministrazioni, conseguendo alla sua approvazione la variante al piano regolatore generale, senza che riveli in senso ostativo la dimensione delle aree.

Ne discende che nessuna specifica motivazione deve supportare la scelta del ricorso a tale strumento, il quale non è in alcun modo riconducibile, contrariamente a quanto affermato dai ricorrenti, alle procedure straordinarie la cui adozione debba essere supportata da congrua motivazione, né ai fini della legittimità del ricorso a tale strumento è in alcun modo richiesto il carattere di urgenza dell’intervento.

Ancora, lo sviluppo procedimentale dell’approvazione dell’accordo di programma, di cui alla gravata ordinanza sindacale, consente di disattendere altresì l’ulteriore profilo di censura con cui i ricorrenti lamentano la violazione dei diritti partecipativi degli interessati in ragione del diverso – rispetto agli ordinari strumenti urbanistici – regime di pubblicità cui sarebbe sottoposto.

Al riguardo, è sufficiente osservare come il contestato accordo di programma abbia garantito le medesime garanzie di pubblicità che assistono l’adozione degli strumenti urbanistici, essendo lo stesso stato pubblicato sul B.U.R. ed avendo peraltro i ricorrenti presentato le proprie osservazioni, che sono state esaminate dalla Giunta Comunale di Roma nella seduta del 17 maggio 1999, in cui si dà peraltro atto dell’adesione dei ricorrenti alla cessione bonaria dell’area di loro proprietà a fronte di concessione per lo svolgimento della loro attività lavorativa.

Quanto all’ulteriore ordine di censure proposte, con cui viene lamentata l’illegittimità dell’individuazione del Sindaco quale soggetto promotore dell’accordo di programma, sull’assunto che questi non sarebbe portatore di alcuna competenza primaria o prevalente sugli interventi, osserva il Collegio che l’individuazione del Sindaco del Comune di Roma quale soggetto promotore è avvenuta ai sensi del citato art. 3 della legge n. 396 del 1990 dal Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri delegato per Roma Capitale coerentemente con le finalità e la natura degli interventi da realizzare, riferiti al Parco dell’Appia Antica che ricade interamente nel Comune di Roma e che richiedono l’adozione di interventi attuativi al Piano Regolatore Generale di tale Comune.

Aggiungasi che il Comune di Roma risulta essere destinatario dei finanziamenti del programma di Roma Capitale, che ricomprende la realizzazione degli interventi del Parco dell’Appia Antica e del Parco della Caffarella ed allo stesso sono attribuiti i poteri di gestione sulle relative aree, che possono essere cedute all’Ante Parco.

Inoltre, l’accordo di programma esaurisce i suoi effetti all’interno dei confini territoriali del Comune di Roma, con la conseguenza che correttamente è stato identificato nel Sindaco di Roma il soggetto promotore dell’accordo di programma, dovendo pertanto ritenersi che, in relazione alle previsioni recate dalla legge n. 396 del 1990 ed alla natura e portata degli interventi da realizzare, spetti al Sindaco del Comune di Roma la competenza primaria o prevalente a promuovere l’accordo.

Quanto alle censure con cui i ricorrenti lamentano come non sia stata effettuata alcuna valutazione di compatibilità delle attività esistenti in zona con i vincoli del Parco, su tale base affermando l’illegittimità della ricomprensione del terreno di loro proprietà nel programma di espropri stante la compatibilità dell’attività ivi svolta con i predetti vincoli, osserva il Collegio che tale valutazione è stata oggetto di apposito segmento procedimentale in cui le osservazioni dei ricorrenti sono state espressamente esaminate dal competente organo, di cui sopra si è dato atto, avendo peraltro i ricorrenti manifestato la loro intenzione di accedere ad una cessione volontaria e ad un accordo per l’eventuale individuazione di una soluzione alternativa attraverso la concessione del terreno per la prosecuzione della loro attività.

Osserva, inoltre, il Collegio come i ricorrenti non abbiano fornito alcun chiarimento in relazione a quanto affermato dal Comune di Roma, nella memoria dallo stesso depositata 20 maggio 2011, circa l’assenza di provvedimenti di esproprio con riferimento al terreno di proprietà dei ricorrenti.

In conclusione, alla luce delle considerazioni sin qui illustrate, il ricorso va rigettato stante la delibata infondatezza delle censure con lo stesso proposte.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso N. 16507/1996 R.G., come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese di giudizio nella misura di euro 1.000,00 (mille) a favore di ciascuna delle Amministrazioni resistenti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *