T.A.R. Lazio Roma Sez. II bis, Sent., 21-07-2011, n. 6602

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

– Che i Sigg.ri Pasquale Papandrea e Ilia Monachesi, come sopra rappresentati e difesi, ricorrono contro Comune di Nemi, in persona del Sindaco protempore, impugnando l’ordinanza di ripristino dello stato dei luoghi, emessa dal Sindaco di Nemi in data 6 agosto 1992, a seguito dello sbancamento di terreno della dimensione di mq 2";

– Che tale opera, narrano i ricorrenti, venne intrapresa in data 27 luglio 1992 sulla base di una concessione edilizia accolta per silenzioassenso ma non ancora rilasciata dall’Amministrazione comunale, a seguito di atto stragiudiziale con il quale si comunicava al Comune di Nemi l’inizio dei lavori "per la realizzazione di una costruzione unifamiliare per civile abitazione nel comprensorio Parco dei Lecci";

– Che la predetta ordinanza viene ritenuta dai ricorrenti illegittima per i seguenti motivi di diritto: -violazione degli artt. 7 e 4 della L.47/85 ed eccesso di potere, per aver supposto l’esistenza di un "organismo edilizio" e non aver adottato la preventiva procedura di sospensione dei lavori, che viceversa è stata adottata a dicembre 1992 ed ha dato origine al contenzioso definito con la sentenza n.3481/2010 del Consiglio di Stato); – eccesso di potere per omessa istruttoria e travisamento dei

presupposti (per palese irrilevanza del presunto abuso, che come descritto, non avrebbe in ogni caso comportato una trasformazione permanente del territorio, peraltro in totale assenza di un interesse

pubblico tutelabile e contrario a quello dei ricorrenti; – eccesso di potere per omessa istruttoria e violazione dell’art. 8 L. 94/1992, con riguardo alla mancata applicazione -da parte del Comune di Nemi -di quanto previsto dall’art. 8 della L. 25 marzo 1982 n.94, ovvero la possibilità per il privato cittadino di ottenere autorizzazione a costruire attraverso l’istituto del "silenzioassenso", considerando, proseguono i ricorrenti, che quando concorrono i requisiti formali e sostanziali per l’accoglimento di simile istanza, come nel caso in esame, il rilascio della concessione è un atto dovuto; nonché per la mancata considerazione della precedente "autorizzazione" del Comune di Nemi che avrebbe in ogni caso consentito ai ricorrenti l’inizio delle opere edili;

– Che peraltro, osserva il Collegio, alla stregua delle stesse dichiarazioni di parte ricorrente la presente controversia appare implicitamente definita e risolta dalla sentenza del Consiglio di Stato n. 3481/2010, con la quale è stata decisa una causa strettamente connessa alla presente, seppur

cronologicamente successiva. Ed invero, nel dicembre 1992 il medesimo Comune di Nemi sospese le opere edilizie intraprese dai ricorrenti (su area già edificabile), interrompendo il tal modo l’iter di rilascio della relativa concessione. A presunto sostegno di tale determinazione, l’Amministrazione dedusse l’applicazione delle norme di salvaguardia, scattate per l’adozione della variante al P.R.G., con atto n.66 del 29.07.1992, con la quale detta area -dapprima edificabile ed acquistata come tale -venne destinata ad "attività agroforestali".

– Che, in particolare, con la sentenza n. 3481/2010, che ha confermato la sentenza del TAR Lazio n.01030/1998, il Consiglio di Stato, IV Sezione, ha aderito alle ragioni dei Sigg.ri Papandrea e Monachesi, e che quanto osservato dai ricorrenti circa il mancato adempimento, da parte del Comune di Nemi, dell’obbligo di rilasciare la concessione edilizia come disposto dalla predetta sentenza, pur essendo stato nominato un Commissario ad acta, potrà motivare opportune iniziative in sede di ottemperanza nel predetto giudizio;

– Che, per quanto concerne la presente controversia, concernente solo l’impugnato ordine di sospensione dei lavori e di ripristino dello stato dei luoghi, anche al rinnovato esame compiuto in una nuova camera di consiglio appare viceversa evidente come il definitivo riconoscimento della legittimità delle opere edilizie intraprese costituisca ineludibile presupposto per ritenere la sopravvenuta carenza d’interesse dei ricorrenti, considerando anche che il lamentato grave danno subito porta, nel ricorso, solo una riserva di successiva richiesta di risarcimento, alo stato non valutabile;

– Che la complessità e peculiarità della vicenda giustifica la non condanna di una delle due parti alle spese di giudizio;

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Bis)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, dichiara la sopravvenuta carenza d’interresse dei ricorrenti a coltivare il gravame.

Nulla per le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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