Cass. civ. Sez. III, Sent., 06-12-2011, n. 26219 Dichiarazioni inesatte o reticenti

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con decreto 20 febbraio 1993 il presidente del tribunale di Benevento ha ingiunto alla FIRS Italiana di Assicurazioni s.p.a. il pagamento, in favore di C.V. della somma di L. 90 milioni, oltre interessi e spese del procedimento monitorio, reclamata dal C. a titolo di indennizzo – così determinato dal collegio arbitrale in esito alla procedura prevista dall’art. 11 delle condizioni generali di contratto – per il furto subito il (OMISSIS) dallo stesso C. di un proprio autocarro (targato (OMISSIS)) .

Avverso tale decreto ha proposto opposizione la FIRS assumendo, da un lato, che in sede di sottoscrizione del contratto di assicurazione il C. era stato reticente non avendo informato essa concludente di avere in corso altra polizza con la Bavaria Assicurazioni s.p.a., dall’altro, che il C. era inadempiente al disposto dell’art. 1913 cod. civ..

Costituitosi in giudizio il C. ha resistito alla proposta opposizione facendo presente e che la polizza Bavaria non era operativa a far data dal 30 settembre 1991 (e, quindi all’epoca del furto), e che la stessa era stata sottoscritta presso la stessa agenzia di assicurazioni, con lo stesso agente V.B. (all’epoca della prima polizza agente generale della Bavaria, al momento della seconda della FIRS), e che – comunque – non solo il contratto di assicurazione contro il furto non prevedeva alcun obbligo a carico dell’assicurato di fornire informazioni diverse dalla sue generalità e dai dati del veicolo assicurato, ma doveva decisamente escludersi che la FIRS non avrebbe dato il proprio consenso alla stipula del contratto di assicurazione in questione, ove fosse stata a conoscenza dell’esistenza dell’altra assicurazione, nonchè – infine – che la violazione dell’art. 1913 cod. civ., da parte sua era insussistente, avendo avvertito il giorno stesso della scoperta del furto l’agente dell’evento nonchè, successivamente, consegnato il certificato di chiusa inchiesta, la rituale procura a vendere, la perdita di possesso e l’estratto cronologico.

Svoltasi la istruttoria del caso l’adito tribunale ha rigettato l’opposizione.

Gravata tale pronunzia dalla soccombente Firs Italiana di Assicurazioni s.p.a. la Corte di appello di Napoli con sentenza 3 marzo 2006 ha rigettato l’ appello, compensate tra le parti le spese di quel grado di giudizio.

Per la cassazione di tale ultima pronunzia, non notificata, ha proposto ricorso la FIRS, affidato a tre motivi.

Resiste, con controricorso C.V..

Il collegio ha disposto che sia adottata una motivazione semplificata.

Motivi della decisione

1. La ricorrente censura la sentenza impugnata de-nunziando, nell’ordine:

– da un lato, improcedibilità e inammissibilità della domanda:

omessa, insufficiente contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360 cod. proc. civ., n. 5); violazione e falsa applicazione di norme di diritto (art. 360 cod. proc. civ., n. 3) primo motivo;

– dall’altro, dichiarazioni inesatte o reticenti (artt. 1892 e 1983 cod. civ.: omessa, insufficiente contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360 cod. proc. civ., n. 5); violazione e falsa applicazione di norme di diritto (art. 360 cod. proc. civ., n. 3) secondo motivo;

– da ultimo, danno da svalutazione monetaria – debito di valuta, art. 1224 cod. civ,: omessa, insufficiente contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360 cod. proc. civ., n. 5); violazione e falsa applicazione di norme di diritto (art. 360 cod. proc. civ., n. 3) terzo motivo.

2. In relazione ai riferiti motivi il ricorrente ha formulato – ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 366 bis cod. proc. civ., applicabile nella specie ratione temporis, essendo oggetto di ricorso una sentenza pubblicata il 3 marzo 2006, cfr., D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, artt. 6 e 27 e L. 18 giugno 2009, n. 69, artt. 47 e 58 – i seguenti quesiti di diritto:

– sul primo motivo: accerti la eccellentissima Corte di Cassazione se vi è stata violazione e falsa applicazione del R.D. n. 267 del 1942, artt. 207, 208, 209;

– sul secondo motivo: accerti la eccellentissima Corte di Cassazione se vi è stata violazione e falsa applicazione degli artt. 1892 e 1893 cod. civ.;

– sul terzo motivo: accerti la eccellentissima Corte di Cassazione se vi è stata violazione e falsa applicazione dell’art. 1224 cod. civ..

3. Il proposto ricorso è inammissibile.

In conformità a una giurisprudenza più che consolidata di questa Corte, infatti, deve ribadirsi, ulteriormente, che nel vigore dell’art. 366 bis (allorchè, cioè è oggetto di ricorso per cassazione una sentenza o, comunque,un provvedimento pubblicato tra il 2 marzo 2006 e il 3 luglio 2009) è inammissibile il ricorso contenente un quesito di diritto che si limiti a chiedere alla S.C. puramente e semplicemente di accertare se vi sia stata o meno la violazione di una determinata disposizione di legge o a enunciare il principio di diritto in tesi applicabile (Cass. 27 settembre 2011, n. 19748, specie in motivazione; Cass. 23 maggio 2011, n. 11297; Cass. 17 luglio 2008, n. 19769, tra le tantissime).

Pacifico quanto precede è di palmare evidenza la assoluta non conformità dei quesiti sopra trascritti al modello delineato dall’art. 366 bis cod. proc. civ., esaurendosi gli stessi nella mera, apodittica, richiesta di declaratoria della fondatezza dei motivi stessi per la denunciata violazione delle norme di diritto indicate nei quesiti (senza alcuna indicazione, da un lato, di quale sia la interpretazione, delle dette norme, data dai giudici a quibus, dall’altro, di quale sia, invece, la loro corretta interpretazione).

I motivi sopra trascritti sono inammissibili, altresì, nella parte in cui denunziano omessa, insufficiente contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, posto – a tacere da ogni altra considerazione – che fa totalmente difetto al termine di essi la chiara indicazione del fatto controverso n relazione al quale la motivazione si assume omessa ovvero contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione (cfr. Cass., sez. un., 1 ottobre 2007, n. 20603; Cass. 4 novembre 2010, n. 22502; Cass. 7 maggio 2010, n. 11236; Cass. 7 aprile 2008, n. 8897).

4. Alla dichiarata inammissibilità del ricorso segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese di questo giudizio di legittimità liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE dichiara inammissibile il ricorso;

condanna la ricorrente al pagamento delle spese di questo giudizio di legittimità, liquidate in Euro 2.200,00 di cui Euro 2.000,00 per onorari, e oltre spese generali e accessori come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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