Cass. civ. Sez. III, Sent., 06-12-2011, n. 26204 Esecuzione forzata di obblighi di fare e di non fare

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1.1. In forza di sentenza n. 1572/97 del Tribunale di Venezia, confermata in appello e in cassazione (con pronuncia n. 16140/05 di questa Suprema Corte), C.G. fu condannato a demolire l’ampliamento del proprio fabbricato fino alla distanza di cinque metri dal confine con la proprietà della controparte C. L.;

1.2. nel corso dell’esecuzione ai sensi dell’art. 612 cod. proc. civ., il giudice dell’esecuzione del medesimo Tribunale, con provvedimento dep. il 23.9.08, interpretando ampiamente il titolo nel senso della sua limitazione al lato sud-est del fabbricato dell’esecutato ed all’abbattimento di tale porzione immobiliare, dispose che si procedesse alle relative operazioni (v. trascrizione del decreto alle pagine da 10 a 12 del ricorso per cassazione);

1.3. avverso tale provvedimento C.L. propose appello avanti la Corte di appello di Venezia, con atto notificato il 5.11.08, conseguendo infine – con sentenza n. 2120 del 27.10.10 – la riforma di quello e l’estensione delle operazioni esecutive anche alla porzione ovest del fabbricato;

1.4. per la riforma di tale sentenza ricorre C.G., affidandosi a due motivi, contrastati da C.L. con controricorso; entrambe le parti presentano memorie ai sensi dell’art. 378 cod. proc. civ. ed i loro difensori prendono parte alla discussione orale alla pubblica udienza del giorno 8.11.11.

Motivi della decisione

2. Il ricorrente impugna la gravata sentenza:

2.1. con un primo motivo, di vizio di motivazione sull’interpretazione del titolo esecutivo, corredato dall’incorporazione in ricorso di numerosi atti del processo di merito concluso con il provvedimento impugnato con la gravata sentenza;

2.2. con un secondo motivo, di violazione di legge in relazione alla portata del giudicato di condanna all’esecuzione degli obblighi di fare.

3. Dal canto suo, il controricorrente lamenta l’inammissibilità del ricorso, sia per la confusione tra profili di fatto e di diritto, sia perchè con esso si sollecita una rilettura delle valutazioni di merito data dalla Corte territoriale, ma ne sottolinea pure analiticamente l’infondatezza.

4. Orbene, ritiene il Collegio indispensabile di ufficio rilevare quanto appresso, una volta notato che, trattandosi di questione in mero rito e quindi in punto di diritto, non va previamente sulla stessa sollecitata la presa di posizione delle parti (Cass. Sez. Un., 30 settembre 2009, n. 20935; per Cass., ord. 30 aprile 2011, n. 9591, a maggior ragione non è necessaria la previa instaurazione del contraddittorio in ordine ad una questione di natura esclusivamente processuale, relativa al corretto mezzo di impugnazione a disposizione della parte):

4.1. è pacifico che con il provvedimento del giudice dell’esecuzione, impugnato davanti alla Corte di appello, questi abbia finito con il dirimere una controversia insorta tra le parti in ordine alla portata sostanziale del titolo esecutivo, tanto da risolvere la questione della sua estensione o meno ad una porzione del fabbricato;

4.2. se così è, tale provvedimento – reso il 23.9.08 – ha assunto il valore di una sentenza resa su di un’opposizione ad esecuzione, come costantemente si esprime questa Suprema Corte: e pertanto soggetto al regime di impugnazione proprio di tale tipologia di pronunce (sul punto specifico, in termini v. Cass. 15 luglio 2009, n. 16471);

4.3. una tale sentenza però, in quanto resa nell’intervallo tra il 1.3.06 ed il 4.7.09, non era suscettibile di appello, ma – in forza del disposto dell’ultimo periodo dell’art. 616 cod. proc. civ., nel testo introdotto dalla L. 24 febbraio 2006, n. 52, art. 14 senza alcuna disciplina transitoria – esclusivamente di ricorso per cassazione; e neppure rilevando l’abrogazione della citata disposizione, applicabile solo dal 4.7.09 (giurisprudenza costante;

tra le tante: Cass. 12 maggio 2011, n. 10451; Cass., ord. 30 aprile 2011, n. 9591; Cass., ord. 17 agosto 2011, n. 17325);

4.4. e tanto perchè il provvedimento del giudice dell’esecuzione per obblighi di fare o di non fare che dirima in concreto una controversia insorta tra le parti, assumendo la natura di una sentenza resa su di un’opposizione ad esecuzione, è soggetto al regime di impugnazione di queste e pertanto, se emesso nel periodo tra il 1 marzo 2006 ed il 4 luglio 2009, non è suscettibile di appello, ma esclusivamente di ricorso per cassazione.

5. Pertanto, il gravame deciso con la qui impugnata sentenza della Corte di appello non poteva essere iniziato e tanto va di ufficio rilevato, con conseguente cassazione di quest’ultima senza rinvio, ai sensi dell’art. 382 c.p.c., comma 3, ultimo periodo; ma, quanto alle spese del giudizio di legittimità, il carattere ufficioso del rilievo che ha definito il giudizio integra un giusto motivo di compensazione.

P.Q.M.

La Corte, pronunciando sul ricorso, cassa senza rinvio l’impugnata sentenza e compensa le spese.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *