Cass. civ. Sez. III, Sent., 06-12-2011, n. 26192 Somministrazione di energia elettrica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza 4 novembre 2005 la Corte di appello di Lecce, in riforma della decisione del locale Tribunale, riduceva la somma dovuta da M.G. alla spa ENEL a Euro 14.775,48 (in luogo di quella di L. 47.421.091 riconosciuta dal primo giudice.

Avverso tale decisione la M. propone ricorso per cassazione con due motivi, deducendo violazione di norme di legge (artt. 2697 e 2730 c.c., artt. 115 e 191 c.p.c., nonchè violazione degli stessi articoli sotto diverso profilo).

Motivi della decisione

1.- In merito al primo motivo di ricorso (violazione di norme di lege: art. 2697, 2730 c.c.; artt. 115 e 191 c.p.c.) il Collegio osserva quanto segue.

In punto di fatto va rilevato che nelle fasi di merito vi fu una esatta lettura dei consumi di energia elettrica relativa al periodo novembre 1985-ottobre 1988, compiuta dal consulente tecnico di ufficio, di fronte ai quali il giudice del merito ha ritenuto di applicare la costante 10, cioè la moltiplicazione per dieci del consumo registrato dal nuovo misuratore installato dal novembre 1985 (considerato che il riduttore richiedeva la applicazione della costante dieci sulla energia e sulla potenza prelevate).

Era stata la M. a richiedere nel maggio 1985 il potenziamento della fornitura da 20 a 50 kwh proprio in previsione dell’aumento dei consumi energetici dovuto alla installazione di nuovi macchinari per la produzione di tappi e bottiglie di plastica.

Contestando la documentazione prodotta dall’ENEL in fotocopia la M. rilevava l’alterazione delle cifre tale da configurare una errata lettura.

La contestazione ebbe esito positivo, perchè a seguito della CTU si potè accertare che la lettura corretta era 44524 e non giàl44524 come assumeva l’ENEL perchè il primo numero era solo una sbarra.

Non avendo prodotto l’ENEL il verbale nell’originale il giudice dell’appello ha accertato il numero esatto, ovvero 44524, al quale ha applicato la costante 10 dal 25 novembre 1985 sino all’ottobre 1988, perchè dovuta e per mero errore non conteggiata dall’ENEL. E ciò sulla base dei chiarimenti del CTU, il quale ebbe ad affermare, tra l’altro, che la linea di alimentazione era appena sufficiente e non avrebbe potuto sopportare una potenza di ben 735KWh, che si assumevano utilizzati per sei mesi, per cui, una volta rettificato l’errore, l’andamento dei consumi rimase costante fino al 1987.

Ciò detto, in merito alla censura sopra indicata, il giudice dell’appello non ha commesso alcuna violazione delle norme di diritto, così come, invece, deduce la ricorrente, perchè condividendo la relazione dell’ausiliario, ha ritenuto che il riduttore 50/5 doveva essere inserito necessariamente al momento della potenza, avendo la funzione di evitare danni all’impianto elettrico, al quale era destinato l’aumentato flusso di energia, per cui la sua installazione non poteva non essere contestuale alla concessione dell’aumento di potenza.

Ed, inoltre, data la mancata applicazione da parte dell’ENEL della K10, questa costante andava applicata sui consumi accertati.

Che l’ENEL avesse assolto al suo onere probatorio, a parere del giudice dell’appello, si evinceva dalle deposizioni del teste C., che eseguì la verifica il 31 maggio 1987 assieme al collega L..

In buona sostanza, vi fu solo un errore per omessa applicazione della K10, stante la natura dell’impianto. Questo argomentare è logico ed appagante sotto ogni profilo e la censura anche nella sua stesura sembra concentrarsi più che su errori di diritto o vizi di motivazione, su eventuale, ma ipotetico, nella specie errore di fatto non ammissibile in questa sede e, peraltro, nemmeno rinvenibile. Il secondo motivo, della stessa intitolazione del primo, resta, quindi, assorbito ed è, peraltro, inammissibile perchè generico ed apodittico lì dove censura la sentenza impugnata per avere fatto, ad avviso della ricorrente, confusione tra i due periodi (maggio- novembre 1985 e 25 novembre 1985-ottobre 1988) e proposto come violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato.

Ne consegue, in altri termini, che con i motivi su esposti e considerati, in realtà la ricorrente ha richiesto una diversa lettura delle risultanze processuali e degli accertamenti compiuti dal c.t.u., richiamati in sentenza di appello.

Conclusivamente, il ricorso va respinto e le spese, che seguono la soccombenza, si liquidano con il dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione, che liquida in Euro 1.500,00, di cui Euro 200,00 per spese, oltre spese generali ed accessori come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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