T.A.R. Abruzzo Pescara Sez. I, Sent., 22-07-2011, n. 483 Piano regolatore generale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La società ricorrente, che esercita professionalmente l’attività di costruzione di immobili, riferisce di essere proprietaria di alcuni terreni compresi nella zona B2 "di completamento semintensivo da integrare" del P.R.G. vigente nel Comune di Vasto.

Con il ricorso in esame è insorta dinanzi questo Tribunale avverso la deliberazione 23 ottobre 2007, n. 87, del Consiglio comunale di Vasto di adozione di una variante alle N.T.A. del vigente strumento urbanistico nella parte in cui è stata modificata in senso restrittivo la capacità edificatoria dei terreni in questione. In particolare, le nuove norme (art. 95) hanno ridotto il rapporto planivolumetrico portandolo da 4 mc/mq a 2,25 mc/mq ed hanno previsto la possibilità di edificare su tali terreni tre piani fuori terra e non più cinque piani fuori terra.

Ha dedotto le seguenti censure:

1) che non gli era stata data comunicazione di avvio del procedimento, pur avendo presentato il 20 luglio 2005 richiesta di permesso di costruire;

2) che la riduzione delle possibilità edificatorie, pur essendo intervenuta distanza di sei anni dall’entrata in vigore del P.R.G. in questione, era priva di una idonea motivazione, prevedendo l’art. 56, I comma, del Piano territoriale di coordinamento provinciale la validità temporale di dieci anni del piano. L’unica motivazione è stata individuata nella volontà di ricondurre all’originaria previsione le modifiche al piano introdotte con deliberazione 16 luglio 2002, n. 44, mentre avrebbero dovuto anche valutarsi per un verso il tessuto urbanistico oggi esistente e dall’altro gli interessi degli acquirenti degli immobili;

3) che l’incidenza in peius della revisione avrebbe imposto l’esatta indicazione delle necessità che si volevano soddisfare;

4) che la previsione contrasta anche con l’art. 56, comma 7, del predetto P.T.C.P., che fissa in 24 mq. le dotazioni minime degli standard;

5) che sono stati fatti salvi i permessi già rilasciati e non anche quelli in istruttoria;

6) che la fissazione di una distanza minima dalle strade di 10 metri, invece che di 5 metri, non era concretamente attuabile non essendo stata precisata la tipologia delle strade ricadenti nella zona;

7) che la modifica tralascia qualsiasi valutazione della densità edilizia esistente nella zona, fissando dei parametri di gran lunga inferiori a quello di 80 mc. per abitante insediato fissato dall’ultimo comma del D.M. n. 1444 del 1968.

Conclusivamente, ha anche chiesto la condanna del Comune al risarcimento dei danni subiti, quantificati nella misura di un milione di euro.

Tali doglianze la parte ricorrente ha ulteriormente illustrato con memoria depositata il 7 febbraio 2008.

Il Comune di Vasto si è costituito in giudizio e con memoria depositata il 24 gennaio 2008 ha pregiudizialmente eccepito l’inammissibilità del ricorso per non avere la ricorrente interesse all’impugnazione; nel merito, ha poi diffusamente confutato il fondamento delle censure dedotte.

Alla pubblica udienza del 2011 la causa è stata trattenuta a decisione.

Motivi della decisione

Con il ricorso in esame la società ricorrente – proprietaria di alcuni terreni compresi nella zona B2 "di completamento semintensivo da integrare" del P.R.G. vigente nel Comune di Vasto – è insorta dinanzi questo Tribunale avverso la deliberazione 23 ottobre 2007, n. 87, del Consiglio comunale di Vasto di adozione di una variante alle N.T.A. del vigente strumento urbanistico nella parte in cui è stata modificata in senso restrittivo la capacità edificatoria dei terreni in questione. In particolare, le nuove norme (art. 95) hanno ridotto il rapporto planivolumetrico portandolo da 4 mc/mq a 2,25 mc/mq ed hanno previsto la possibilità di edificare su tali terreni tre piani fuori terra e non più cinque piani fuori terra.

Tale ricorso, così come puntualmente eccepito dalla Amministrazione resistente, è inammissibile.

Va, invero, in merito ricordato che la giurisprudenza amministrativa ha costantemente precisato che relativamente alle disposizioni dirette a regolamentare l’uso del territorio negli aspetti urbanistici ed edilizi, contenute nel piano regolatore, deve distinguersi fra le prescrizioni che in via immediata stabiliscono le potenzialità edificatorie della porzione di territorio interessata (nel cui ambito rientrano le norme di c.d. zonizzazione; la destinazione di aree a soddisfare gli standard urbanistici; la localizzazione di opere pubbliche o di interesse collettivo) dalle altre regole che, più in dettaglio, disciplinano l’esercizio dell’attività edificatoria, generalmente contenute nelle norme tecniche di attuazione del piano o nel regolamento edilizio (disposizioni sul calcolo delle distanze e delle altezze; sull’osservanza di canoni estetici; sull’assolvimento di oneri procedimentali e documentali; regole tecniche sull’attività costruttiva, ecc.). Per cui si è affermato che mentre per le disposizioni appartenenti alla prima categoria s’impone, in relazione all’immediato effetto conformativo dello jus aedificandi dei proprietari dei suoli interessati che ne deriva, un onere di immediata impugnativa ove se ne intenda contestare il contenuto, in osservanza del termine decadenziale a partire dalla pubblicazione dello strumento pianificatorio; a diversa conclusione deve pervenirsi con riguardo alle prescrizioni di dettaglio contenute nelle norme di natura regolamentare, che sono suscettibili di ripetuta applicazione ed esplicano effetto lesivo nel momento in cui è adottato l’atto applicativo e possono essere, quindi, oggetto di censura in occasione della sua impugnazione (Cons. St., sez. IV, 28 marzo 2011, n. 1868, e 8 settembre 2009, n. 5258).

Le norme tecniche di attuazione, in definitiva, essendo atti a contenuto generale, non sono di per sé immediatamente lesive di posizioni giuridiche soggettive di singoli, onde la loro impugnazione deve avvenire soltanto unitamente all’impugnazione del provvedimento che ne costituisca la concreta applicazione.

Conseguentemente, il ricorso in esame deve essere dichiarato inammissibile per carenza di interesse in quanto proposto avverso un atto non immediatamente lesivo, che tale diverrà solo in fase di concreta attuazione da parte dell’Amministrazione comunale, cioè con l’eventuale rigetto della richiesta di permesso di costruire presentata dalla ricorrente (T.A.R. Toscana, sez. I, 10 novembre 2008, n. 2439).

In aggiunta, va anche osservato che all’impugnata deliberazione di adozione delle nuove N.T.A. ha oggi fatto seguito la deliberazione consiliare 16 novembre 2010, n. 134, di approvazione con significative modificazioni (relative proprio all’altezza dei fabbricati ed alla distanza dalla strade) delle norme tecniche in questione.

Alla luce delle suesposte considerazioni il ricorso in esame deve, conseguentemente, essere dichiarato inammissibile.

Sussistono, tuttavia, in relazione alla complessità della normativa applicabile alla fattispecie e delle questioni interpretative che tale normativa pone, giuste ragioni per disporre la totale compensazione tra le parti delle spese e degli onorari di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Abruzzo – Sezione staccata di Pescara (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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