T.A.R. Abruzzo Pescara Sez. I, Sent., 22-07-2011, n. 474 Piano regolatore generale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La società ricorrente è proprietaria nel Comune di Pescara di alcuni immobili, posti nelle vicinanze del fiume Pescara, ove svolge l’attività di lavorazione e di commercializzazione di marmi e pietre. Una parte di tale terreni è stata interessata da un vincolo espropriativo, più volte reiterato dagli strumenti urbanistici nel Comune (P.R.G. del 1993/1996, P.R.G. del 2001/2003 e variante generale del 2004/2007) per la realizzazione di un nuovo ponte sul fiume Pescara.

Con deliberazione 1° agosto 2008, n. 117, il Consiglio comunale di Pescara ha approvato il progetto preliminare del nuovo ponte sul fiume Pescara, localizzato però su area (sempre di proprietà della ricorrente) diversa da quella individuata dal vigente strumento urbanistico ed, essendo tale localizzazione non conforme alle previsioni di piano, tale approvazione è stata disposta ai sensi dell’art. 19 del D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327; con successive deliberazioni 9 febbraio 2009, n. 15, e 30 settembre 2009, n. 121, ha rispettivamente esaminato le osservazioni pervenute (tra cui anche quella dell’attuale ricorrente) ed ha definitivamente approvato la variante allo strumento urbanistico, dichiarando l’intervento di "pubblica utilità".

Con successiva deliberazione 9 dicembre 2009, n. 1128, la Giunta municipale di Pescara ha approvato il progetto definitivo e di tale approvazione è stata data comunicazione alla ricorrente con atto 5 agosto 2010 del Dirigente del Settore Lavori Pubblici del Comune.

Con il ricorso in esame la società interessata è insorta dinanzi questo Tribunale avverso tali atti, deducendo le seguenti censure:

1) che con la deliberazione consiliare n. 117, approvazione del progetto preliminare, non avrebbe potuto adottarsi una variante allo strumento urbanistico, in quanto l’apposizione del vincolo espropriativo, in base al disposto degli artt. 9, 10, 11, 16, 17 e 19 del D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, doveva essere preceduto dall’approvazione del progetto definitivo;

2) che con tale deliberazione era stato nella sostanza reiterato un vincolo espropriativo, senza un’adeguata motivazione e senza la previsione di uno specifico indennizzo;

3) che la deliberazione consiliare n. 15, era inficiata da illegittimità derivata ed aveva un contenuto interlocutorio e generico;

4) che la deliberazione consiliare n. 121, di approvazione definitiva della variante, ai sensi dell’art. 43 della L.R. Abruzzo 3 marzo 1999, n. 11, era illegittima in quanto non era stato approvato il progetto definitivo ed in quanto non risultava certificata la sua conformità al Piano Territoriale della Provincia di Pescara; inoltre, con tale atto non avrebbe potuto contenere la dichiarazione di pubblica utilità, in quanto tale dichiarazione si intende disposta, in base all’art. 12, I comma, lett. a), del D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, con l’approvazione del progetto definitivo;

5) che la deliberazione della Giunta municipale di approvazione del progetto definitivo è, a sua volta, inficiata da illegittimità derivata e da incompetenza, essendo il Consiglio comunale competente all’approvazione sia del progetto definitivo di un’opera pubblica, che della variante urbanistica;

6) che è ugualmente inficiata da illegittimità derivata l’impugnata comunicazione del Dirigente comunale; inoltre, tale comunicazione di avvio del procedimento avrebbe dovuto intervenire prima dell’approvazione del progetto definitivo e non dopo.

Con motivi aggiunti, ritualmente notificati, la parte ricorrente ha esteso l’impugnativa nei confronti del decreto 9 febbraio 2011, n. 1, con il quale il Dirigente del Settore Lavori Pubblici del Comune ha disposto l’occupazione d’urgenza dei beni immobili interessati dall’esecuzione dei predetti lavori.

Oltre a dedurre le censure di illegittimità derivata, la ricorrente si è lamentata del fatto che:

1) tale atto era inficiato da illegittimità derivata;

2) era competente ad adottare tale atto il Responsabile del procedimento espropriativi de quo (dr. Di Nino) e non il Dirigente del Settore (arch. Trisi);

3) tale atto, in violazione dell’art. 22bis del D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, era privo di adeguata motivazione sulla particolare urgenza dell’avvio dei lavori;

4) mancava la determinazione dell’indennità di occupazione.

Tali doglianze la parte ricorrente ha ulteriormente illustrato con memoria depositata il 4 giugno 2011 e con memoria di replica depositata il 14 giugno 2011.

Il Comune di Pescara si è costituito in giudizio e con memorie depositate il 23 marzo, il 4 aprile ed il 3 giugno 2011 ha pregiudizialmente eccepito la mancata impugnazione dello strumento urbanistico e la tardività dell’impugnazione degli atti di adozione e di approvazione della variante; nel merito, ha poi diffusamente confutato il fondamento delle censure dedotte.

Alla pubblica udienza del 7 luglio 2011 la causa è stata trattenuta a decisione.

Motivi della decisione

1. – Con il ricorso in esame – come sopra esposto – la società ricorrente, proprietaria di alcuni immobili posti nelle vicinanze del fiume Pescara, ha impugnato, unitamente agli atti presupposti e connessi, i seguenti atti:

a) le deliberazioni del Consiglio comunale di Pescara 1° agosto 2008 n. 117, 9 febbraio 2009 n. 15, e 30 settembre 2009 n. 121, rispettivamente di approvazione del progetto preliminare del nuovo ponte sul fiume Pescara, di esame delle osservazioni e di approvazione della variante allo strumento urbanistico;

b) la deliberazione della Giunta municipale di Pescara 9 dicembre 2009, n. 1128, di approvazione del progetto definitivo;

c) il decreto 9 febbraio 2011, n. 1, del Dirigente del Settore Lavori Pubblici del Comune, di occupazione d’urgenza degli immobili della società ricorrente interessati dall’esecuzione dei lavori.

2. – Prima ancora di passare all’esame delle singole doglianze dedotte, va ricordato che – come è noto e come è oggi legislativamente disciplinato dal testo unico in materia di espropriazioni ( D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327) – in sede di realizzazione di un’opera pubblica fanno distinte diverse tre fasi:

a) la fase della sottoposizione del bene al vincolo preordinato all’esproprio (art. 911);

b) la fase della dichiarazione di pubblica utilità (artt. 1219);

c) la fase della acquisizione del bene, con l’emanazione del decreto di esproprio o del decreto di occupazione d’urgenza (artt. 20 e segg.).

La prima fase, di natura tipicamente urbanistica e che attiene all’imposizione del vincolo preordinato all’esproprio, trova la sua disciplina, oltre che nel predetto t.u., anche nella legislazione urbanistica ed, in particolare, nella Regione Abruzzo nella legge urbanistica generale (L.R. 12 aprile 1983, n. 18) e nell’art. 43 della L.R. Abruzzo 3 marzo 1999, n. 11, così come modificato dalla L.R. 14 marzo 2002, n. 26, che ha trasferito ai Comuni le funzioni relative all’approvazione dei propri strumenti urbanistici.

La seconda fase, che si conclude con la dichiarazione (anche implicita) della pubblica utilità dell’opera, e la terza fase, volta all’acquisizione del bene necessario alla realizzazione dell’opera pubblica, trovano invece oggi la loro disciplina specifica nei sopra indicati articoli del testo unico.

In punto di fatto deve anche premettersi che una parte dei terreni della ricorrente è stata interessata da un vincolo espropriativo, più volte reiterato (da ultimo con la variante generale del 2004/2007) per la realizzazione di un nuovo ponte sul fiume Pescara.

Prima ancora della decadenza di tali vincoli, il Consiglio comunale di Pescara con deliberazione 1° agosto 2008, n. 117, ha approvato il progetto preliminare di un nuovo ponte sul fiume Pescara, localizzandolo, però, su un’area (sempre di proprietà della ricorrente) in parte diversa da quella individuata dal vigente strumento urbanistico ed, essendo tale localizzazione non conforme alle previsioni di piano, tale approvazione è stata disposta ai sensi dell’art. 19 del D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327; con successive deliberazioni 9 febbraio 2009, n. 15, e 30 settembre 2009, n. 121, sono state esaminate le osservazioni pervenute (tra cui anche quella dell’attuale ricorrente) ed è stata definitivamente approvata la variante allo strumento urbanistico, dichiarando l’intervento di "pubblica utilità".

A tali atti ha fatto seguito la deliberazione della Giunta municipale di Pescara 9 dicembre 2009, n. 1128, di approvazione del progetto definitivo, che solo il 5 agosto 2010 è stata comunicata all’interessata; mentre con decreto 9 febbraio 2011, n. 1, il Dirigente del Settore Lavori Pubblici del Comune ha disposto l’occupazione d’urgenza degli immobili della società ricorrente interessati dall’esecuzione dei lavori.

3. – Ciò premesso, in via pregiudiziale il Collegio deve farsi carico di esaminare le eccezioni di rito dedotte dall’Amministrazione resistente, con le quali questa ha eccepito per un verso la mancata impugnazione del vigente strumento urbanistico e per altro verso la tardività dell’impugnazione degli atti di adozione e di approvazione della variante.

Tale eccezioni sono entrambe prive di pregio.

Quanto all’inammissibilità del ricorso in ragione della mancata impugnativa del vigente strumento urbanistico, va osservato che – come sembra pacifico dagli atti – lo strumento urbanistico vigente nel Comune prima dell’adozione degli atti in questa sede impugnati aveva localizzato il ponte in questione su una parte dell’area di proprietà della ricorrente, ma non aveva imposto il vincolo espropriativo su tutte le aree oggi in esame.

Con riferimento a tale considerazione, sembra evidente che l’esistenza del vincolo in questione (peraltro, oggi in parte confermato ed in parte superato dalla diversa localizzazione dell’opera pubblica in questione) e la sua mancata impugnativa non sono certamente ostativi all’esame delle doglianze dedotte con il ricorso in esame, con le quali sono state contestate non solo l’imposizione del vincolo espropriativo, ma anche le fasi successive della dichiarazione di pubblica utilità e dell’occupazione d’urgenza.

Quanto, poi, alla tardività dell’impugnativa, va evidenziato che secondo un costante e consolidato orientamento degli organi di giustizia amministrativa (cfr., da ultimo, T.A.R. Piemonte, sez. I, 21 maggio 2010, n. 2431) nell’ipotesi in cui un vincolo espropriativo venga introdotto – come nel caso di specie – a mezzo di una variante specifica al vigente strumento urbanistico il termine per l’impugnazione decorre non dalla pubblicazione della variante, ma dalla effettiva conoscenza del provvedimento da parte dei destinatari della previsione. Infatti, la regola della presunzione di conoscenza conseguente alla mera pubblicazione dell’atto di approvazione del piano regolatore generale non vale per il caso particolare in cui la variante non sia caratterizzata da una considerazione globale del territorio comunale, ma sia rivolta ad incidere in modo singolare su di un determinato e specifico bene imprimendogli un vincolo preordinato all’espropriazione; di talché, l’onere di impugnazione decorre, in questo caso, dalla comunicazione o dalla piena conoscenza dell’approvazione da parte del diretto interessato (così, da ultimo, T.A.R. Campania, sez. Salerno, sez. II, 26 maggio 2011, n. 1007).

Per altro verso, è ugualmente pacifico in giurisprudenza (cfr. Cons. St., sez. IV, 13 gennaio 2010, n. 50, e sez. IV, 18 giugno 2009, n. 4009) che la mancata impugnazione della deliberazione di adozione di una variante non ha alcun effetto preclusivo in ordine all’impugnazione della deliberazione di approvazione del piano urbanistico, in quanto gli interessati hanno solo la facoltà e non l’onere di impugnare la deliberazione di adozione.

4. – Così risolte tali questioni pregiudiziali, può utilmente passarsi all’esame del merito del gravame, con il quale sono state analiticamente contestate tutte e tre le fasi del procedimento per realizzare l’opera pubblica in questione.

Con le censure sopra riassunte ai nn. da 1 a 4, la ricorrente ha contestato la legittimità della fase c.d. urbanistica, con la quale, cioè, è stato imposto il vincolo preordinato all’esproprio e che si è conclusa con la deliberazione del Consiglio comunale di Pescara 30 settembre 2009, n. 121.

Tale fase, trattandosi di realizzare un’opera non conforme alle previsioni di piano, si è svolta seguendo la procedura prevista dal predetto art. 19 del t.u. delle espropriazioni, il quale testualmente così dispone:

"1. Quando l’opera da realizzare non risulta conforme alle previsioni urbanistiche, la variante al piano regolatore può essere disposta con le forme di cui all’articolo 10, comma 1, ovvero con le modalità di cui ai commi seguenti.

2. L’approvazione del progetto preliminare o definitivo da parte del consiglio comunale, costituisce adozione della variante allo strumento urbanistico.

3. Se l’opera non è di competenza comunale, l’atto di approvazione del progetto preliminare o definitivo da parte della autorità competente è trasmesso al consiglio comunale, che può disporre l’adozione della corrispondente variante allo strumento urbanistico.

4. Nei casi previsti dai commi 2 e 3, se la Regione o l’ente da questa delegato all’approvazione del piano urbanistico comunale non manifesta il proprio dissenso entro il termine di novanta giorni, decorrente dalla ricezione della delibera del consiglio comunale e della relativa completa documentazione, si intende approvata la determinazione del consiglio comunale, che in una successiva seduta ne dispone l’efficacia."

Tale disposizione, va subito precisato, deve essere letta con riferimento alla vigente normativa urbanistica della Regione Abruzzo, che, come sopra si è già indicato, ha trasferito ai Comuni le funzioni relative all’approvazione dei propri strumenti urbanistici.

In estrema sintesi, tale normativa ha previsto che, nell’ipotesi in cui l’opera da realizzare non risulta conforme alle previsioni urbanistiche, la variante al piano regolatore può essere introdotta seguendo una procedura semplificata, che si articola, nella Regione Abruzzo, attraverso le fasi, sempre di competenza del consiglio comunale, dell’approvazione del "progetto preliminare o definitivo" (che "costituisce adozione della variante allo strumento urbanistico") e dell’approvazione della variante, sempre garantendo la partecipazione degli interessati, secondo le modalità indicate dall’art. 11 dello stesso testo unico.

Tale procedura non risulta però sia stata puntualmente seguita dall’Amministrazione comunale, in quanto il Comune, per imporre il vincolo in questione ha, in realtà, seguito la ordinaria procedura di introduzione di una variante allo strumento urbanistico, che si articola, come è noto, attraverso le tre fasi dell’adozione, dell’esame delle osservazioni e dell’approvazione.

Purtuttavia, le molteplici censure dedotte avverso l’atto conclusivo di introduzione del vincolo non sono idonee ad inficiarne la legittimità.

Va, invero, al riguardo osservato che – contrariamente a quanto dedotto con le censure sopra riassunte a nn. 1 e 4 – avrebbe potuto legittimamente adottarsi una variante allo strumento urbanistico anche con la deliberazione consiliare di approvazione di un progetto "preliminare"; il n. 2 del predetto art. 19, dispone, infatti, che l’adozione della variante allo strumento urbanistico può essere disposta con l’approvazione del "progetto preliminare o definitivo".

Quanto, poi, al fatto che con tale deliberazione era stato nella sostanza reiterato un vincolo espropriativo, senza un’adeguata motivazione e senza la previsione di uno specifico indennizzo, va osservato che tale atto di approvazione del progetto risulta in realtà sorretto da un’adeguata motivazione in ordine alla nuova localizzazione dell’opera pubblica in questione; mentre, come è noto, la mancata previsione di uno specifico indennizzo, non inficia la legittimità dell’atto, in quanto – come è già stato precisato dalla giurisprudenza (Cons. St., sez. IV, 6 maggio 2010, n. 2627, e da ultimo, T.A.R. Calabria, sede Catanzaro, sez. II, 7 aprile 2011, n. 477) – il principio della spettanza di un indennizzo al proprietario nel caso di reiterazione del vincolo preordinato all’esproprio non rileva per la verifica della legittimità dei provvedimenti che hanno disposto l’approvazione dello strumento urbanistico con la conseguente reiterazione del vincolo, atteso che i profili attinenti alla spettanza o meno dell’indennizzo ed al suo pagamento non attengono alla legittimità del procedimento, ma riguardano questioni di carattere patrimoniale, che presuppongono la conclusione del procedimento di pianificazione e sono devolute alla cognizione della giurisdizione ordinaria, la cui azione si prescrive nel termine ordinario decennale (Cass. Civ., sez. VI, 28 febbraio 2011, n. 4879).

La deliberazione consiliare n. 15, non è, inoltre, inficiata da illegittimità derivata, né ha un contenuto interlocutorio e generico, in quanto con tale atto, seguendo l’ordinario procedimento di introduzione delle varianti al P.R.G., sono state in realtà esaminate (e respinte) tutte le osservazioni presentate.

In sede di approvazione definitiva della variante, ai sensi dell’art. 43 della L.R. Abruzzo 3 marzo 1999, n. 11, risulta, infine, certificata – come documentato dall’Amministrazione resistente – anche la conformità della variante stessa al Piano Territoriale della Provincia di Pescara.

La deliberazione consiliare 30 settembre 2009, n. 121, nella parte con cui è stata approvata la variante (semplificata) al vigente strumento urbanistico ed è stata imposto un vincolo preordinato all’esproprio, appare, pertanto, immune dalle censure dedotte.

Tale deliberazione, va peraltro in aggiunta anche rilevato, ha conclusivamente anche dichiarato l’intervento di "pubblica utilità".

Tale parte dell’atto in questione – come puntualmente messo in rilievo con parte della censura dedotta dalla ricorrente al sopra indicato n. 4 – non appare, però, legittima. Va, infatti, al riguardo ricordato che, esclusi alcuni casi legislativamente previsti, che non ricorrono nel caso di specie, e nei quali tale dichiarazione deriva dall’approvazione di strumenti urbanistici attuativi o di settore (quali i piani particolareggiati, i piani di lottizzazione, i piani di recupero o i piani di zona) la dichiarazione di pubblica utilità, in base all’art. 12, I comma, lett. a), del D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, si intende disposta (anche implicitamente) solo con l’approvazione del progetto definitivo. Solo con il progetto definitivo, così come definitivo dall’art. 93 del codice dei contratti pubblici, sono, infatti, analiticamente indicati i lavori da eseguire ed i beni interessati dall’esecuzione di tali lavori, per cui solo con il progetto definitivo può essere impressa al bene privato quella particolare utilità (pubblica utilità) che lo rende assoggettabile alla procedura espropriativa.

Poiché, invero, la progettazione di un’opera pubblica avviene attraverso diverse fasi progettuali, di cui una preliminare e l’altra definitiva, è solo a quest’ultima che possono essere riconosciuti la natura e gli effetti della dichiarazione di pubblica utilità (T.A.R. Lazio, sez. Latina, 10 aprile 2008, n. 356).

In definitiva, deve rilevarsi che nel mentre con la deliberazione n. 121, di approvazione del progetto preliminare, è stato legittimamente imposto sulle aree di proprietà della ricorrente un vincolo preordinato all’esproprio, in quanto la fase di imposizione del vincolo può concludersi anche con l’approvazione del progetto "preliminare", con l’atto di approvazione di tale progetto non avrebbe potuto anche dichiararsi la pubblica utilità dell’opera, in quanto tale dichiarazione può essere disposta (o meglio si intende disposta), in base al predetto art. 12, solo con l’approvazione del progetto definitivo.

In parziale accoglimento del ricorso va, pertanto, annullata la deliberazione consiliare n. 121, nella sola parte con cui è stata dichiarata la pubblica utilità dell’opera.

5. – Una volta giunti a tale conclusione, può passarsi all’esame delle censure dedotte nei confronti della deliberazione della Giunta municipale di Pescara 9 dicembre 2009, n. 1128, di approvazione del progetto definitivo.

Nei confronti tale atto la società ricorrente ha dedotto le seguenti censure, sopra riassunte ai nn. 5 e 6:

– che competente ad assumere tale deliberazione non era la Giunta municipale, ma il Consiglio comunale;

– che era mancata la comunicazione di avvio del procedimento, che avrebbe dovuto intervenire prima dell’approvazione del progetto definitivo e non dopo.

La prima di tale doglianze non è fondata.

Una volta, infatti, che con la deliberazione consiliare n. 121, era stato legittimamente impresso sulle aree in questione il vincolo preordinato all’espropriazione, deve ritenersi che competente ad assumere l’atto di approvazione del progetto fosse la Giunta e non il Consiglio. In base, infatti, all’art. 42 comma 2, lett. b), del t.u. n. 267 del 2000, la Giunta Municipale ha una competenza generale e residuale e quindi le appartiene anche il potere di approvazione del progetto di un’opera pubblica, questo non comporti, come nel caso di specie, una variante allo strumento urbanistico, in quanto solo in tale ipotesi la competenza appartiene al Consiglio comunale (Cons. St., sez. VI, 27 luglio 2010, n. 4890).

Fondata, al contrario, è la seconda delle censure dedotte.

Premesso, infatti, che l’approvazione di tale progetto definitivo dell’opera pubblica in questione ha comportato, in base al più volte ricordato art. 12, comma 1, lettera a), del t.u. sulle espropriazioni, la (implicita) dichiarazione di pubblica utilità (T.A.R. Campania, sede Napoli, sez. V, 4 giugno 2009, n. 3088), prima dell’adozione di tale atto andava garantita la possibilità dei proprietari delle aree di interloquire con l’Amministrazione e di contestare in tale sede nel merito le scelte progettuali definitive da effettuare.

Va, invero, al riguardo ricordato che l’art. 16 dello stesso t.u. impone espressamente che prima dell’approvazione del progetto definitivo deve essere data comunicazione agli interessati dell’avvio del procedimento. In definitiva, da una complessiva lettura del t.u. delle espropriazioni si rileva che l’ordinamento riconosce e valorizza le garanzie partecipative dei proprietari espropriandi con riferimento sia alla fase iniziale di apposizione del vincolo (c.d. urbanistica), sia a quella di dichiarazione di pubblica utilità (sia essa esplicita o implicita) e ciò in considerazione dell’ampia discrezionalità di cui dispone l’Amministrazione sia nella localizzazione, che nella definitiva privazione del diritto di proprietà. Pertanto, la normativa garantisce, mediante la formale comunicazione dell’avviso di avvio del procedimento, la possibilità del privato di interloquire con l’Amministrazione procedente sulla localizzazione non solo in sede di apposizione del vincolo espropriativo (cioè nella fase c.d. urbanistica), ma anche prima della dichiarazione di pubblica utilità, e quindi al momento dell’approvazione del progetto definitivo.

In estrema sintesi la comunicazione di avvio del procedimento di cui all’art. delle L. 7 agosto 1990 n. 241 è sempre necessaria nelle ipotesi in cui dall’approvazione del progetto deriva implicitamente la dichiarazione di pubblica utilità dell’opera (Cons. St., sez. IV, 3 agosto 2010, n. 5155, e 29 maggio 2009, n. 3364) e tale avviso di cui all’art. 11 del T.U. sulle espropriazioni deve contenere, per essere legittimo e coerente con il predetto articolo, oltre che con gli artt. 7 e 8 della L. n. 241/1990, gli elementi volti a determinare i soggetti espropriandi ed i beni oggetto del procedimento amministrativo (Cons. St. sez. IV, 8 luglio 2011, n. 3500).

Ora nella specie sembra evidente che tale ulteriore comunicazione non sia stata effettuata prima dell’approvazione del progetto definitivo, che ha implicitamente comportato la dichiarazione di pubblica utilità dell’opera, per cui tale atto deliberativo della Giunta municipale non può non essere annullato.

Considerata, inoltre, l’ampia discrezionalità amministrativa circa la localizzazione delle opere pubbliche, non è neanche applicabile l’art. 21octies della L. 7 agosto 1990, n. 241 del 1990, secondo cui "il provvedimento amministrativo non è comunque annullabile per mancata comunicazione dell’avvio del procedimento qualora l’amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato", in quanto l’onere della prova circa l’irrilevanza, in chiave prognostica, della mancata partecipazione sussiste solo e soltanto in capo all’Amministrazione resistente; e tale prova, nel caso di specie non è stata fornita.

In accoglimento della censura dedotta va, pertanto, annullata l’impugnata deliberazione della Giunta municipale di approvazione del progetto definitivo, in quanto tale approvazione non è stata preceduta dalla comunicazione dell’avvio del procedimento.

6. Una volta annullato l’atto con il quale è stata dichiarata la pubblica utilità dell’opera, sembra evidente che il decreto di occupazione d’urgenza, impugnato con i motivi aggiunti, sia inficiato, a tacer d’altro, dal denunciato vizio di illegittimità derivata.

Peraltro, va anche aggiunto che, come anche di recente chiarito dal Giudice appello (Cons. St. sez. IV, 8 luglio 2011, n. 3500), l’art. 22bis del D.P.R. n. 327/2001 (introdotto dal D.L.vo n. 302/2002) – il quale prevede che "qualora l’avvio dei lavori rivesta carattere di particolare urgenza, tale da non consentire, in relazione alla particolare natura delle opere, l’applicazione delle disposizioni di cui ai commi 1 e 2 dell’ articolo 20, può essere emanato, senza particolari indagini e formalità, decreto motivato che determina in via provvisoria l’indennità di espropriazione, e che dispone anche l’occupazione anticipata dei beni immobili necessari" – postula, per la sua applicazione, una motivazione specifica dell’Amministrazione in ordine alle obiettive ragioni di urgenza, avverso la quale il privato può ricorrere, richiedendo il sindacato giurisdizionale.

Ai fini dell’applicazione di tale norma, pertanto, sussiste la necessità di una motivazione in ordine alle ragioni di particolare urgenza che legittimano il ricorso allo speciale procedimento previsto dalla norma stessa, in assenza della quale il procedimento deve ritenersi illegittimo.

Per cui anche tale atto deve essere annullato e, per l’effetto, l’Amministrazione comunale è tenuta restituire alla società ricorrente l’area occupata, sulla quale, peraltro – come pacificamente riconosciuto dalle parti in udienza – non risulta siano state ancora eseguite delle opere.

7. – Alla luce delle suesposte considerazioni il ricorso in esame deve, conseguentemente, essere accolto nel senso sopra indicato e, per l’effetto, deve essere annullata la deliberazione del Consiglio comunale di Pescara 30 settembre 2009, n. 121, di approvazione della variante allo strumento urbanistico, nella sola parte in cui è stata dichiarata la pubblica utilità dell’opera; debbono, inoltre, essere annullati in toto la deliberazione della Giunta municipale di Pescara 9 dicembre 2009, n. 1128, di approvazione del progetto definitivo, ed il decreto 9 febbraio 2011, n. 1, di occupazione d’urgenza, del Dirigente del Settore Lavori Pubblici del Comune.

Le spese, come di regola (art. 26 del codice del processo amministrativo ed art. 92 del cod. proc. civ., così come modificato dall’art. 45, n. 11, della L. 18 giugno 2009, n. 69), seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Abruzzo – Sezione staccata di Pescara (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nel senso specificato in motivazione e, per l’effetto, annulla la deliberazione del Consiglio comunale di Pescara 30 settembre 2009, n. 121 (nella sola parte in cui è stata dichiarata la pubblica utilità dell’opera), la deliberazione della Giunta municipale di Pescara 9 dicembre 2009, n. 1128, ed il decreto 9 febbraio 2011, n. 1, del Dirigente del Settore Lavori Pubblici del Comune.

Condanna il Comune di Pescara al pagamento a favore della società ricorrente delle spese e degli onorari di giudizio che liquida nella complessiva somma di Euro 5.000 (cinquemila) oltre agli accessori di legge (IVA, CAP e spese generali) ed al rimborso del contributo unico versato.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *