T.A.R. Abruzzo Pescara Sez. I, Sent., 22-07-2011, n. 473 Strade pubbliche e private

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il sig. L.C. riferisce di essere proprietario di un fabbricato sito nel Comune di Guardiagrele in via Caporosso, 29; riferisce, altresì, di essere proprietario di una striscia di terreno antistante detto fabbricato, della profondità di circa un metro e della lunghezza di circa 10 metri, che confina con la strada comunale e che occupa da tempo immemore con vasi e fioriere e con una targa in marmo con la scritta "proprietà privata vietato passare".

Con il ricorso in esame è insorto dinanzi questo Tribunale avverso l’ordinanza 19 novembre 2010, n. 12, con la quale il Dirigente del III Settore del Comune di Guardiagrele gli ha ordinato di provvedere alla rimozione dei predetti oggetti depositati sull’area in questione appartenente al patrimonio del Comune, in ragione del fatto che dagli atti esibiti non si poteva "evincere con certezza la natura privata dell’area antistante il fabbricato di proprietà del sig. L.C., anche se la stessa è stata in possesso del medesimo e dei suoi danti causa da tempo immemore".

Dopo aver evidenziato che numerose sentenze del giudice ordinario, risolvendo delle controversie con un vicino, avevano accertato che l’area in questione era una pertinenza dell’abitazione del ricorrente e non era parte integrante della strada pubblica, ha dedotto le seguenti censure:

1) che l’area in questione, che non era mai stata assoggettata ad uso pubblico, non appartiene al Comune;

2) che sul punto l’istruttoria era stata carente;

3) che l’atto era privo di idonea motivazione, in quanto il Comune, pur ammettendo che l’area era da tempo immemore in possesso del ricorrente, ha dedotto che l’area era pubblica dalla circostanza che il ricorrente non aveva fornito la prova della proprietà;

4) che non erano state analiticamente considerate le circostanze evidenziate dal ricorrente;

5) che non il Comune non aveva alcun interesse alla liberazione dell’area, in quanto la sua particolare conformazione impedisce che di essa possa farsene un uso pubblico;

6) che era decorso un lunghissimo intervallo di tempo tra il momento in cui era cessato il preteso uso pubblico e l’adozione dell’atto impugnato;

7) che su detta area era stata costruita una gradinata da oltre 50 anni e che il Comune aveva, inoltre, sanato nel 2009 la realizzazione da parte del ricorrente di un "vano tecnico" nel sottoscala;

8) che era stato fatto un generico riferimento al codice della strada;

9) che l’area non fa parte del demanio stradale, in quanto non era mai stata destinata ad uso pubblico ed in quanto il ricorrente l’aveva, in ogni caso, usucapita, anche in virtù dell’istituto dell’immemorabile.

Tali doglianze la parte ricorrente ha ulteriormente illustrato con memoria depositata il 23 maggio 2011.

Il Comune di Guardiagrele, ritualmente intimato, non si è costituito in giudizio.

Si sono, invece, costituiti in giudizio i sig.ri D.C. e L.O., proprietari di un immobile adiacente, che con memoria depositata il 26 gennaio 2011 hanno diffusamente confutato il fondamento delle censure dedotte.

Alla pubblica udienza del 7 luglio 2011 la causa è stata trattenuta a decisione.

Motivi della decisione

1. – Oggetto del ricorso in esame – come sopra esposto – è l’ordinanza con la quale il Dirigente del III Settore del Comune di Guardiagrele ha ordinato al ricorrente di provvedere alla rimozione di alcuni oggetti depositati su un’area asseritamente comunale.

Il ricorrente è proprietario di un fabbricato sito nel Comune di Guardiagrele in via Caporosso, 29 e da tempo immemore, come riconosce lo stesso Comune, occupa una striscia di terreno antistante detto fabbricato, della profondità di circa un metro e della lunghezza di circa 10 metri, che confina con la strada comunale. Tale striscia di terreno, adiacente il fabbricato, non ha la stessa pavimentazione della strada pubblica ed è coperta da una gradinata da oltre 50 anni; il Comune ha, inoltre, sanato nel 2009 la realizzazione da parte del ricorrente di un "vano tecnico" in detto sottoscala. La proprietà e l’utilizzazione di parte della striscia di terreno in questione è stata più volte contestata da un confinante e numerose sentenze del giudice ordinario, risolvendo tale contenzioso, hanno accertato che l’area in questione costituisce una pertinenza dell’abitazione del ricorrente e non è parte integrante della strada pubblica.

Dopo aver ricevuto la comunicazione di avvio del procedimento il ricorrente ha rappresentato tale circostanza, ma il Comune, nell’assumere l’atto impugnato, ha testualmente evidenziato che dagli atti esibiti non si poteva "evincere con certezza la natura privata dell’area antistante il fabbricato di proprietà del sig. L.C., anche se la stessa è stata in possesso del medesimo e dei suoi danti causa da tempo immemore".

2. – Fatta tale premessa, va in via pregiudiziale evidenziato che i provvedimenti diretti al ripristino della viabilità si configurano quali atti di autotutela possessoria juris publici e che in siffatte ipotesi non sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo per l’accertamento, in via principale, della natura vicinale, pubblica o privata, della strada, o della servitù pubblica di passaggio, essendo dette questioni devolute alla giurisdizione del giudice ordinario.

In altri termini, l’accertamento, in via principale, della natura vicinale, pubblica o privata, di una strada ovvero di una servitù pubblica di passaggio rientra nella giurisdizione del giudice ordinario, mentre la natura comunale o privata della strada può essere valutata, incidenter tantum, dal giudice amministrativo in sede di esame della legittimità di un provvedimento di autotutela possessoria, il cui esercizio non si sottrae al sindacato di legittimità del giudice amministrativo, trattandosi di verificare la presenza dei necessari presupposti e la conformità alle norme che lo disciplinano, non sussistendo al riguardo alcuna pregiudiziale obbligatoria, in materia, a favore del giudice ordinario (cfr. da ultimo, T.A.R. Sardegna, sez. II, 17 marzo 2010, n. 312, T.A.R. Campania Salerno, sez. II, 7 giugno 2010, n. 8536, e T.A.R. Lazio, sede Roma, sez. II, 3 novembre 2009, n. 10781).

Per cui relativamente alla controversia in parola, così come dedotta, sussiste di certo la giurisdizione di questo Tribunale.

3. – Precisato tale aspetto e prescindendo dall’accertare chi sia il soggetto competente (Sindaco o Dirigente) ad assumere l’atto in parola, in quanto tale questione non è stata posta con il ricorso – pur dovendosi doverosamente ricordare le diverse conclusioni cui sono di recente pervenuti alcuni Tribunali (cfr. il T.A.R. Veneto, sez. I, 11 febbraio 2010, n. 433, ed il T.A.R. Friuli Venezia Giulia Trieste, sez. I, 08 aprile 2011, n. 184) – va evidenziato che i legittimi presupposti per l’intervento ripristinatorio in parola sono i seguenti:

a) l’accertata preesistenza di fatto dell’uso pubblico della strada (anche non da tempo immemorabile, presupposto questo necessario solo in sede petitoria innanzi all’autorità giudiziaria ordinaria);

b) la sopravvenienza di un’alterazione dei luoghi che costituisce impedimento alla sua utilizzazione da parte della collettività.

Con la precisazione che, ai fini dell’accertamento di tale uso, non sono determinanti le risultanze catastali o l’inclusione nell’elenco delle strade pubbliche (la classificazione delle strade ha, infatti, efficacia presuntiva e dichiarativa e non costitutiva) bensì le condizioni effettive in cui il bene si trova, atte a dimostrare la sussistenza dei requisiti del passaggio esercitato iure servitutis publicae da una collettività di persone qualificate dall’appartenenza ad una comunità territoriale, della concreta idoneità della strada a soddisfare (anche per il collegamento con la pubblica via) esigenze di interesse generale, di un titolo valido ad affermare il diritto di uso pubblico (che può identificarsi anche nella protrazione dell’uso stesso da tempo immemorabile).

Pertanto, l’esercizio dei poteri di autotutela possessoria presuppone – come questo Tribunale ha già avuto modo di chiarire con sentenza 6 aprile 2009, n. 271 – la persistenza dei requisiti di fatto necessari per la configurabilità di tale tipo di strade (un passaggio esercitato iure servitutis publicae da una collettività di persone, la concreta idoneità del bene a soddisfare esigenze di carattere generale, l’esistenza di un titolo valido a fondamento del diritto di uso pubblico), da accertare con adeguata istruttoria e da esplicitare nella motivazione del provvedimento di autotutela (cfr. per tutti e da ultimo, Cons. St., sez. V, 8 gennaio 2009, n. 25, e T.A.R. Lazio, sede Roma, sez. II, 3 novembre 2009, n. 10781).

La stessa giurisprudenza ha, inoltre, in merito anche costantemente precisato che tale potere dell’Autorità di ordinare la riduzione in pristino relativamente ad opere che hanno determinato l’invasione del suolo stradale, si configura quale potestà di autotutela possessoria juris publici, destinata ad assicurare il ripristino della situazione preesistente, sulla base di quelle stesse condizioni che rendono possibile la tutela possessoria in diritto civile, tra cui, in particolare, il mancato decorso del termine di un anno dal sofferto spoglio o dalla conoscenza dell’avvenuta turbativa, qualora questa sia stata posta in essere in modo clandestino. Tale potere, pertanto, non può considerarsi legittimamente esercitato quando sia trascorso oltre un anno dal sofferto spoglio, o dalla scoperta di esso (se clandestino) o, comunque, quando sia trascorso un notevole lasso di tempo, che abbia comportato il consolidamento dello stato di fatto, per rimuovere il quale diviene necessaria l’instaurazione di un giudizio petitorio (cfr. da ultimo, T.A.R. Marche, 4 ottobre 2010, n. 3323, T.A.R. Lombardia Brescia, sez. I, 29 marzo 2010, n. 1390, e T.A.R. Sardegna Cagliari, sez. II, 17 marzo 2010, n. 312).

4. – Così analiticamente descritti i presupposti per l’adozione degli atti di autotutela possessoria come quello oggetto di impugnativa, sembra evidente che, con riferimento a quanto sopra esposto e così come puntualmente denunziato con il ricorso, tali presupposti non ricorrevano nel caso di specie.

Va, invero, al riguardo evidenziato che, a tacer d’altro, che l’atto impugnato è inficiato da un’evidente carenza di istruttoria in quanto il Comune non ha accertato con adeguata istruttoria, né ha esplicitato nella motivazione che l’area in questione era assoggettata ad uso pubblico; inoltre, tale atto non è sorretto da idonea motivazione, in quanto il Comune, pur ammettendo che l’area era da tempo immemore in possesso del ricorrente, ha illogicamente dedotto che l’area era pubblica dalla circostanza che il ricorrente non aveva fornito la prova della proprietà; non sono state, inoltre, analiticamente considerate le circostanze evidenziate dal ricorrente, né è stata considerata la particolare conformazione dell’area in questione, che impedisce che di essa possa farsene un uso pubblico.

In aggiunta, va osservato che il lunghissimo intervallo di tempo tra il momento in cui era cessato il preteso uso pubblico e l’adozione dell’atto impugnato era ostativo, come sopra evidenziato, all’esercizio dei poteri di autotutela possessoria.

Alla luce delle suesposte considerazioni il ricorso in esame deve, conseguentemente, essere accolto e, per l’effetto, deve essere annullato l’atto impugnato.

Le spese, come di regola (art. 26 del codice del processo amministrativo ed art. 92 del cod. proc. civ., così come modificato dall’art. 45, n. 11, della L. 18 giugno 2009, n. 69), seguono la soccombenza e vanno poste a carico del Comune di Guardiagrele, che con il suo illegittimo comportamento ha dato origine alla presente controversia.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Abruzzo – Sezione staccata di Pescara (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla l’impugnata ordinanza 19 novembre 2010, n. 12, del Dirigente del III Settore del Comune di Guardiagrele.

Condanna il Comune di Guardiagrele, al pagamento a favore del ricorrente delle spese e degli onorari di giudizio che liquida nella complessiva somma di Euro 3.000 (tremila) oltre agli accessori di legge (IVA, CAP e spese generali) ed al rimborso del contributo unico versato.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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