T.A.R. Lazio Latina Sez. I, Sent., 22-07-2011, n. 619 Occupazione d’urgenza

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1 Con atto spedito per la notifica il 20 ottobre 2010, depositato il 2 novembre 2010, la ricorrente proprietaria pro quota di un appezzamento di terreno sito nel centro abitato del comune di San Felice Circeo distinto in catasto al foglio 8, mappale 636, impugna tutti gli atti in epigrafe indicati ed interessanti la procedura di esproprio per la realizzazione del Parco pubblico Villa Lepido, deducendo: violazione e falsa applicazione articoli 11 e 16, comma 4, DPR 327/2001, nonché 7 L. 241/1990 – violazione e falsa applicazione art. 22 – bis DPR 327/2001 – eccesso di potere per difetto dei presupposti, di istruttoria e di motivazione, travisamento dei fatti, sviamento, violazione art. 42 Cost. – contraddittorietà – illogicità manifesta – incompetenza – violazione e falsa applicazione art. 28 DPR 34/2000 – incertezza in ordine alla procedura seguita per l’approvazione della variante urbanistica – violazione e falsa applicazione di legge (artt. 10, comma 1, 11 e 19, DPR 327/2001, L.R. n. 72/1975, L.R. n. 38/1999; art. 42 D. Lgs. n. 267/2000, nonché artt. 14 e segg. L. 241/1990 e s.m.i.), incompetenza, difetto di istruttoria e di motivazione, contraddittorietà – violazione e falsa applicazione del principio di partecipazione al procedimento – violazione dell’art. 30 L. 1150/1942 – violazione artt. 2 e 3 L.R. n. 1/1986 e s.m.i. – eccesso di potere per contraddittorietà, difetto di istruttoria e di motivazione, travisamento dei fatti e sviamento.

2 Con decreto presidenziale n. 459 del 4 novembre 2010 è stata accolta la tutela anticipata rispetto alla trattazione dell’istanza cautelare fissata per la camera di consiglio del 18 novembre 2010.

3 Con atto depositato il 12 novembre 2010 si sono costituiti il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, la Soprintendenza per i Beni Archeologici del Lazio, l’Ente Parco Nazionale del Circeo e la Regione Lazio, tutti assistiti dall’Avvocatura Generale dello Stato che ha versato documentazione.

4 Con atto depositato il 13 novembre 2010 si è costituita la Regione Lazio anche con il patrocinio dell’Avvocatura regionale.

5 Le parti hanno quindi versato documentazione, memorie e repliche.

6 Alla pubblica udienza del 12 maggio 2011 il ricorso è stato chiamato e dopo la discussione è stato introdotto per la decisione.

Motivi della decisione

1 Appare necessario premettere allo scrutinio dei motivi a sostegno della domanda una sintetica ricostruzione delle vicende interessanti la fattispecie. La ricorrente deduce di aver appreso dal decreto di occupazione d’urgenza ad altri notificato, che il terreno di cui è comproprietaria sarebbe interessato da una procedura ablatoria, impugna pertanto tutti i provvedimenti preordinati all’esproprio della particella 636 del foglio n. 28. Dagli atti emerge che: – l’intervento deve essere realizzato in parziale variante al p.r.g.; – al progetto predisposto ed approvato dalla sopraintendenza (2004) è seguito decreto (2006) con il quale è stata dichiarata la pubblica utilità dell’acquisizione al comune delle aree; – il comune ha approvato (delibera CC 47/2006) il progetto definitivo ex articolo 19, comma 2, del d.P.R. 327/2001 e poi indetto una conferenza ex articolo 10, comma 1; – il responsabile del procedimento ha certificato (2008) la conclusione dei lavori ed inviato (2009) gli atti alla regione per l’approvazione della variante ai sensi dell’articolo 19, approvazione regionale poi intervenuta con D.G.R. (2009); – il comune ha quindi: (*) bandito la gara per i lavori di "diserbo, messa in sicurezza e recinzione dell’area" affidandola alla società evocata in giudizio; – preso atto, in dipendenza dell’approvazione regionale, dell’efficacia della variante al p.r.g. ex articolo 19 d.P.R. 327/2001; – approvato lo schema dell’atto di occupazione d’urgenza e disposto l’occupazione d’urgenza. Infine la ricorrente ha versato, il 17 novembre 2010, copia della determina prot. n. 27134 del 4 novembre 2010 con la quale, presupposto che all’interessata "… non è stato notificato nessun atto precedente e prodromico al decreto… prot. n. 24070 del 30/09/2010", detto decreto è stato revocato in autotutela "… al fine di regolarizzare il procedimento con ulteriori atti previsti dalla normativa vigente in materia.".

2 Con il primo motivo è stata argomentata la violazione degli articoli 11 e 16, comma 4, del d.P.R. 327/2001 e 7 della legge 241 del 1990.

2.1 La censura posta con riferimento al decreto di occupazione d’urgenza è improcedibile in ragione della successiva determina dirigenziale prot. n. 27134 del 4 novembre 2010, da ultimo richiamata.

2.2 La stessa è invece fondata nella parte in cui è diretta a contestare la legittimità della delibera consiliare n. 47 del 24 luglio 2006 di approvazione del progetto definitivo per un primo intervento di recupero e valorizzazione del sito archeologico, alla quale consegue: – l’approvazione in funzione dell’adozione della variante allo strumento urbanistico ex articolo 19, comma 2, del d.P.R. 327/2001; – che sui beni interessati si intende apposto il vincolo preordinato all’esproprio, efficace all’atto di approvazione della variante dello strumento che prevede la realizzazione dell’opera di pubblica utilità ex articolo 9, comma 1 del citato d.P.R.; – che la stessa delibera dovrà esser comunicata, ai fini partecipativi, ai proprietari dei terreni interessati. Quanto alla preannunziata fondatezza di detto specifico profilo di censura, è sufficiente richiamare il provvedimento di autotutela dal quale si ricava che, alla ricorrente "… non è stato notificato nessun atto precedente e prodromico al decreto di occupazione d’urgenza preordinata all’espropriazione prot. n. 24070 del 30/09/2010".

3 Il secondo motivo, dedicato all’insussistenza delle ragioni per l’occupazione di urgenza ex articolo 22 – bis del d.P.R. 327/2001 va parimenti dichiarato improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse, esito questo da rapportare alla predetta "revoca in autotutela".

4 Con il terzo motivo la ricorrente deduce che "… il… diserbo, la messa in sicurezza e la recinzione…" costituirebbero un’integrazione del progetto, per come emergerebbe dalla relazione tecnica del dipartimento del territorio n. 107016 del 17 settembre 2009 che, in sede di approvazione ex articolo 19 d.P.R. 327/2001, ha prescritto appunto la realizzazione di una recinzione. Tale evenienza comporterebbe l’illegittimità della determina dirigenziale n. 81/2009 e di tutti gli atti presupposti, "… in quanto ogni intervento del progetto richiedeva la conformità a quello definitivo approvato e un nuovo intervento di tutte le Amministrazioni competenti…". In definitiva "… il progetto… approvato dalla Regione avrebbe richiesto un rinnovo di tutti i pareri o comunque un intervento delle amministrazioni… anche a posteriori…", sarebbe quindi "… senza dubbio anomala… l’autonoma iniziativa del Comune di procedere ad una progettazione esecutiva prima ancora che quella definitiva fosse approvata dalla Regione e prima ancora che la variante di piano fosse divenuta efficace.".

4.1 In punto di fatto va evidenziato che: (a) la nota prot. n. 107016/09 in data 17 settembre 2009 del Dipartimento Territorio della regione costituisce parte integrante della D.G.R. del 4 dicembre 2009, n. 923, delibera che ha fatto proprio detto "parere" sostanzialmente favorevole a "… condizione che venga realizzata una recinzione che assicuri la custodia dei beni archeologici presenti e ne consenta la loro valorizzazione."; (b) con la determina dirigenziale n. 81 del 7 ottobre 2009, è stato approvato il progetto esecutivo interessante le attività su indicate.

4.2 La censura comporta l’esame della tesi per la quale, avendo riguardo agli atti di cui sopra, sarebbero state apportate integrazioni di consistenza tale da comportare un nuovo coinvolgimento delle autorità già interessate nella fase di approvazione del progetto definitivo. La censura va respinta. L’intervento, localizzato in area in parte già urbanisticamente destinata a "parco pubblico", ha lo scopo di valorizzare l’intero sito per consentirne la generale fruizione in condizioni di sicura accessibilità e visitabilità. Dagli atti di giudizio si ricava che: – "… i resti dell’antica villa romana… sono sempre rimasti in totale stato di abbandono…" (cfr. nota prot. n. 10839 del 26 aprile 2010 sub allegato 4 del ricorso); – il rappresentante della Sopraintendenza ha reso il proprio favorevole avviso dopo aver verificato "… che le opere in progetto sono principalmente opere di scavo e studio archeologico del sito nonché di razionalizzazione e miglioramento dell’impianto vegetazionale." (cfr. verbale della conferenza dei servizi del 23 ottobre 2006). Tutto ciò premesso alla tesi della ricorrente va innanzitutto opposto che la rappresentata integrazione progettuale ascritta al parere regionale quindi la sua rilevanza in termini di possibile illegittimità, di cui sarebbe affetta, per anteriorità rispetto ad altri fasi procedimentali, anche la determina di approvazione del progetto esecutivo, è smentita dagli atti e dalle finalità dell’intervento. Ed, infatti, da quanto su richiamato emerge che il progetto interessa anche interventi mirati, alla "razionalizzazione e miglioramento dell’impianto vegetazionale", ai quali non possono ritenersi estranee le attività di diserbo, di messa in sicurezza e di installazione della recinzione. In definitiva deve evidenziarsi che la rappresentata necessità di ripercorrere fasi procedimentali gia esaurite, nel caso preordinate all’adozione ed approvazione di una variante urbanistica per gli effetti ad essa connessi dal d.P.R. 327/2001, comunque richiede una modifica del progetto definitivo connotata da reale carattere "novativo" rispetto a quello sul quale le amministrazioni hanno reso il proprio parere, evenienza questa che nella fattispecie va esclusa.

5 Può ora passarsi all’esame del quarto e del quinto motivo con i quali la ricorrente argomenta che: (a) poiché l’intervento concerne "… pressoché unicamente scavi archeologici e l’eventuale messa in sicurezza dei reperti", ogni attribuzione per la procedura espropriativa dovrebbe ascriversi al ministero non rilevando sul riparto di competenza l’imputazione, al comune, dei costi; (b) si sarebbe dovuto applicare l’articolo 13, comma 8, del d.P.R. 327/2001, evitando così di sovrapporre, a quella già esistente, una nuova dichiarazione di pubblica utilità; (c) pertanto nel caso rileverebbe l’articolo 97 del D. Lgs. 42/2004 che, per le espropriazioni di interesse archeologico, collocherebbe nella competenza del ministero, "… non solo (per) la dichiarazione di pubblica utilità dell’acquisizione del bene, ma (per) le altri fasi espropriative, ivi compresa quella dell’approvazione del progetto, dell’esecuzione dell’intervento e dell’espropriazione."; per altro aspetto, anche ad ammettere l’applicabilità dell’articolo 95, comma 2, il ministero avrebbe comunque dovuto delegare formalmente il comune, adempimento essenziale in quanto "… teso a constatare l’idoneità del soggetto beneficiario dell’esproprio."; di questi momenti non vi sarebbe traccia nel decreto dell’8 maggio 2006.

5.1 Lo scrutinio dei riportati profili, presuppone una ricostruzione in parte qua della vicenda. Con decreto del 4 settembre 1952 "la villa romana detta la Villetta o i Quattro Venti", è stata dichiarata di "interesse particolarmente importante ai sensi della legge 1° giugno 1939, n. 1089". La sopraintendenza, con nota del 15 dicembre 2004, ha espresso avviso favorevole ed approvato il progetto del comune. Infine, con decreto dell’8 maggio 2006, è stata dichiarata la pubblica utilità in relazione all’intento del comune di acquisire gli immobili di cui al foglio n. 8 particelle 628, 635, 637 e 299, tra i quali quella di proprietà della ricorrente (636) è stata inserita in sede di progetto definitivo "prot. n. 6119 del 27/03/2004 approvato dalla Sopraintendenza;" (cfr delibera consiliare 47/2006).

5.2 Il profilo sulla competenza interessa specifiche norme del D. Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42. Sul punto va rilevato che: (a) per l’articolo 95 "1. I beni culturali immobili e mobili possono essere espropriati dal Ministero per causa di pubblica utilità, quando l’espropriazione risponda ad un importante interesse a migliorare le condizioni di tutela ai fini della fruizione pubblica dei beni medesimi. 2. Il Ministero può autorizzare, a richiesta, le regioni, gli altri enti pubblici territoriali nonché ogni altro ente ed istituto pubblico ad effettuare l’espropriazione di cui al comma 1. In tal caso dichiara la pubblica utilità ai fini dell’esproprio e rimette gli atti all’ente interessato per la prosecuzione del procedimento."; (b) per l’articolo 97 "1. Il Ministero può procedere all’espropriazione di immobili al fine di eseguire interventi di interesse archeologico o ricerche per il ritrovamento delle cose indicate nell’articolo 10."; (c) infine, la nozione di "patrimonio culturale" si connette a quella di "beni culturali", tra i quali sono inclusi "le cose immobili e mobili che presentano interesse artistico, storico, archeologico…." (articolo 10, comma 3, lettera a)".

5.3 Ciò premesso, la presenza "di opere di scavo e di interesse archeologico" non assume di per sé rilievo decisivo in esito alla rappresentata ricorrenza di un’espropriazione di esclusivo "interesse archeologico", perché il progetto ha ad oggetto soprattutto la valorizzazione di reperti già emersi e in stato di abbandono. Per altro aspetto poi, non può revocarsi in dubbio che nella fattispecie, le riferite nozioni di "patrimonio culturale" e di "beni culturali", giustificano la rilevanza del riprodotto articolo 95. In altri termini, l’inserimento del bene archeologico nella nozione di bene culturale, legittima l’espropriazione per l’esecuzione di uno specifico intervento di valorizzazione, attuabile secondo modulazioni previste e suscettive di incidere sul riparto di competenze nel caso ricondotto, dal decreto ministeriale dell’8 maggio 2006 alla norma da ultimo citata e nel presupposto dell’intervenuta approvazione (nota prot. n. 14806 del 15 dicembre 2004) del progetto.

5.4 Tale conclusione introduce l’esame dell’altro profilo atto a contestare la mancata ed espressa valutazione, dell’idoneità del soggetto al quale è stata trasferita la competenza. Ma sul punto è sufficiente rilevare come in detto provvedimento tale aspetto non può che ricondursi alla già intervenuta approvazione del progetto la quale, evidentemente, implica non solo un giudizio di idoneità dell’intervento in sé, ma anche del soggetto al quale, peraltro, deve ritenersi delegata la sola funzione interessante gli aspetti successivi alla dichiarazione di pubblica utilità, non certo quella sottesa da altre vicende connesse alla realizzazione dello stesso (completamento della fase di variazione urbanistica con i relativi effetti ablatori; procedimento per l’aggiudicazione dei lavori) implicanti l’esercizio di potestà proprie del comune. Ed, infatti, all’amministrazione centrale è, in tali casi, attribuita la sola competenza sulla "dichiarazione di pubblica utilità" in quanto, intervenuta l’autorizzazione, "Il Ministero…, rimette gli atti all’ente interessato per la prosecuzione del procedimento.", vale a dire per il completamento che conduce all’espropriazione, ferme restando le competenze, come anticipato, proprie dell’ente autorizzato, a curare le altre fasi di attuazione del progetto.

5.5 Detti motivi vanno quindi respinti perché: (a) nel caso si versa in ipotesi di trasferimento di competenza ex articolo 95 del D. Lgs. 42/2004 operato sulla base delle valutazioni riconducibili all’approvazione – risalente al 2004 – del progetto interessante le misure programmate e l’idoneità del soggetto attuatore; (b) detto spostamento interessa le potestà trasferibili, successive alla dichiarata pubblica utilità, non quelle ulteriori e necessarie, rispetto alle quali il comune esercita attribuzioni proprie; (c) non può parlarsi nella fattispecie di sovrapposizione procedimentale in relazione alla vicenda espropriativa in quanto, come anticipato, con il decreto dell’8 maggio 2006 è stata dichiarata di pubblica utilità degli immobili di cui al foglio n. 8 particelle 628, 635, 637 e 299, nel mentre quella di proprietà della ricorrente (636) deriva dal progetto definitivo "prot. n. 6119 del 27/03/2004 approvato dalla Sopraintendenza;" e dalla delibera consiliare 47/2006.

6 Con il sesto motivo, si deduce la violazione dell’articolo 28 del d.P.R. 34/2000 perchè, posto che si tratta di "… intervenire in un’area che presenta numerose criticità… l’Amministrazione non ha neppure preteso un minimo di qualificazione,… in considerazione delle peculiarità dell’area archeologica e della delicatezza dell’intervento."; il che emergerebbe dalla semplice visura del certificato della c.c.i.a.a. dell’impresa affidataria.

6.1 La censura è inammissibile, non potendo la ricorrente vantare alcun apprezzabile interesse al relativo annullamento in funzione di detta prospettazione perché, nel caso, la legittimazione e l’interesse al ricorso sono riferibili unicamente alla posizione di soggetto proprietario dell’area da espropriare (Consiglio Stato, sez. IV, 19 marzo 2001, n. 1620), posizione che assorbe il titolo speso a sostegno della domanda.

7 Vanno ora esaminati i motivi sette, otto e nove. La ricorrente argomenta in primo luogo, la tesi per la quale nella fattispecie, non sarebbe chiaro "quale sia l’atto cui imputare gli effetti tipici dell’adozione della variante urbanistica", vale a dire se quest’ultima sia da ricondurre alla delibera consiliare 47/2006 quindi all’articolo 19 d.P.R. 327/2001 o agli esiti della conferenza dei servizi ex articolo 10, comma 1, dello stesso d.P.R.; tanto in relazione alle emergenze in atti, segnate da un avvio del procedimento in base alla prima delle norme indicate e dalla successiva, rispetto alla delibera 47/2006, indizione della conferenza dei servizi evidentemente preordinata all’acquisizione dei pareri necessari alla prima delibera e solo di seguito acquisiti. Da tanto la formulazione di un duplice motivo. Il primo, con il quale è stata dedotta la violazione del citato articolo 19 rispetto alla delibera 47/2006, illegittima perchè segnata dalla mancata, "… preventiva acquisizione di tutti i pareri e nulla osta necessari per l’adozione dello strumento urbanistico." quali, l’analisi del territorio (articolo 3 L.R. 72/1975; articolo 37 L.R. 38/1999; linee guida di cui alla DGR 2649/1999), il parere preventivo ex articolo 89 d.P.R. 380/2001, la verifica dell’inesistenza di diritti di uso civico (articolo 3 L.R. 1/1986) ed altri. Il secondo invece, appuntato sulla conferenza dei servizi, intestato alla violazione del combinato di cui agli articoli 10 del d.P.R. 327/2001 e 42 del T.U.E.L., tanto con particolare riferimento alla mancanza di un delibera consiliare di indizione della conferenza medesima.

7.1 All’esame di detti motivi, va premesso che: (a) la delibera consiliare richiama in maniera espressa l’articolo 19 d.P.R. 327/2001, al quale si riferisce anche l’approvazione regionale (D.G.R. 923/2009) e la delibera consiliare (35/2010) con la quale ne è stata disposta l’efficacia; (b) alla norma de qua si riferiscono poi alcuni dei pareri resi soprattutto dai competenti dipartimenti regionali.

7.2 Le indicazioni di cui sopra inducono ad una prima conclusione e cioè che, nel caso, il comune ha operato secondo uno schema ben definito, quello appunto della variante semplificata e specifica alla quale solo possono ricondursi gli effetti tipici, non imputabili quindi alla conferenza dei servizi. Il che comporta l’infondatezza del secondo profilo di censura.

7.3 Posto tale esito, lo scrutinio della lamentata "confusione procedimentale" si risolve, allora, nella verifica della legittimità o meno dell’acquisizione, in sede di conferenza dei servizi, dei pareri necessari per l’attuazione dell’intervento, poi richiamati nelle successive fasi di approvazione e di presa d’atto dell’efficacia. La censura va disattesa. Ed, infatti, dalla norma in esame si ricava che l’approvazione consiliare del progetto definitivo implica anche l’adozione della variante, ma da essa non emerge che al comune sia comunque precluso l’impiego di predetto modulo per acquisire tutti i pareri necessari, sempre che essi intervengano prima dell’approvazione regionale e della delibera consiliare che ne dispone l’efficacia. Tra l’altro e proprio con riferimento ad uno dei pareri esemplificativamente indicati dalla ricorrente, la sezione ha già affermato che: "Non rende illegittima la delibera di adozione di una variante parziale al Prg, ex art. 19, d.P.R. 8 giugno 2001 n. 327, la circostanza che il parere favorevole della regione, previsto dall’art. 89, d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380, intervenga successivamente ad essa; invero l’art. 89, cit. prevede che il parere sia richiesto prima della delibera di adozione e non che il parere debba precedere quest’ultima, configurandosi dunque come condizione non di validità ma di efficacia della delibera medesima; fra l’altro, la delibera di adozione della variante ha carattere di atto semplicemente preparatorio, la cui definitiva efficacia postula una successiva approvazione, quest’ultima invece necessariamente condizionata dal parere favorevole ex art. 89, d.P.R. n. 380, cit." (T.a.r. Lazio Latina, 9 febbraio 2010, n. 83).

7.4 In conclusione anche i motivi sette, otto e nove vanno respinti.

8 Con il decimo motivo, la ricorrente lamenta la violazione delle garanzie partecipative con riguardo e alla conferenza dei servizi e alla delibera 47/2006. Gli esiti di cui sopra, combinati a quelli rassegnati sul primo motivo, depongono per la fondatezza della domanda ma, con esclusivo riferimento alla mancata partecipazione prima dell’adozione della delibera di approvazione del progetto definitivo e di adozione della variante al p.r.g.

9 Con l’undicesimo motivo – richiamata l’assenza di specifiche norme nel d.P.R. 327/2001 – la ricorrente lamenta, da un lato, che illegittimamente non sarebbero state osservate le norme sulla generale partecipazione e sulla fase di pubblicità di cui alla L.R. 22 dicembre 1999, n. 38, dall’altro, che gli adempimenti predisposti dal comune non sarebbero comunque sufficienti.

9.1 Il motivo va disatteso perché non può condividersi l’assimilazione, all’ordinario procedimento di variazione dello strumento urbanistico, di quello che interessa il caso in trattazione. Ed, infatti, non può sfuggire che il menzionato articolo 19 disciplina un procedimento semplificato, predisposto per la sollecita conclusione dell’iter di variazione del piano urbanistico generale in connessione alla realizzazione di singole e specifiche opere pubbliche, là ove la progettazione delle stesse non sia conforme alle prescrizioni urbanistiche in essere. Il che segna la particolarità di una disposizione estranea all’approvazione di un ordinario strumento attuativo, questo sì disciplinato dalla normativa che regola i procedimenti di formazione degli strumenti urbanistici ed impone quindi, il rispetto dei momenti indicati. Infatti, i piani urbanistici attuativi, pur se non privi di effetti ablatori miranti all’acquisizione dei terreni necessari, hanno configurazione diversa in quanto comunque interessanti il coordinamento e la composizione di molteplici interventi, aspetto questo che invece non è dato riscontrare nella variante semplificata e specifica di cui al detto articolo 19.

10 Con il dodicesimo motivo si deduce che le condizioni apposte dalla regione – segnatamente quella avente ad oggetto la realizzazione di una recinzione – tutte successive all’adozione della delibera consiliare 47/2006, implicherebbero una sostanziale modifica del progetto definitivo quindi la necessità di una nuova acquisizione di tutti i pareri già resi; dette condizioni non sarebbero poi sussumibili nell’articolo 10, comma 2, lettera c) della legge 1150/1942, riferibile alla sola adozione ed approvazione di uno strumento urbanistico generale e sue varianti generali, non a quelle interessante una sola e singola opera pubblica. Il che dovrebbe comportare il travolgimento della D.G.R. di approvazione illegittima anche nella parte in cui la stessa presuppone, quale momento rilevante in termini di adozione, la delibera 46/2007 o gli esiti della conferenza dei servizi. Illegittima sarebbe poi anche la determina di approvazione del progetto esecutivo(81/2009) e in via derivata e in quanto intervenuta prima dell’approvazione del progetto da parte della regione.

10.1 Anche detti specifici profili di censura vanno disattesi, potendosi opporre agli stessi quanto già statuito in esito allo scrutinio di altri motivi di ricorso. Ed, infatti: (a) è da escludere che la D.G.R. di approvazione possa ritenersi illegittima con riguardo al provvedimento al quale riferire l’adozione del progetto definitivo quindi della variante urbanistica che nel caso va ricondotta alla delibera 47/2006 di applicazione dell’articolo 19; (b) in esito agli altri profili vanno qui richiamati i precedenti punti nn. 4, 4.1. e 4.2 sulla consistenza e rilevanza delle integrazioni progettuali peraltro ivi già scrutinata con espresso riferimento alla determina dirigenziale.

11 La ricorrente lamenta infine: (a) la mancanza nella variante di p.r.g. di ogni previsione sull’indennità di esproprio per la reiterazione del vincolo; (b) l’illegittimità di tutti i provvedimenti – in particolare del parere del competente dipartimento regionale e della delibera consiliare n. 77 del 2007 – che erroneamente presuppongono l’inesistenza di diritti di uso civico invece interessanti la particella 219 del foglio 8; (c) la violazione dell’articolo 31 – ter della L.R. n. 24/1998, quindi il mancato coinvolgimento della regione nella realizzazione di un "parco pubblico archeologico"; (d) la mancanza di documentazione connessa al rapporto tra il progetto e la programmazione in materia di lavori pubblici; (e) l’inesistenza delle condizioni di chiusura della conferenza dei servizi perchè alcuni dei pareri espressi ma subordinati all’acquisizione di altri pronunciamenti, non potevano nella sostanza esser considerati come avvisi resi in senso positivo; (f) la violazione delle regole della imparzialità e dell’obbligo di astensione perché lo stesso funzionario della sopraintendenza, avrebbe espresso parere favorevole in sede di conferenza dei servizi ed al contempo partecipato alla progettazione.

11.1 Anche tali motivi devono esser respinti potendosi ad essi sinteticamente opporre: (a) al primo che lo stesso è, da un lato, improcedibile in ragione dell’indicata determina di "revoca in aututotela", dall’altro, infondato perchè ogni vicenda interessante l’indennità non assurge a motivo di illegittimità della relativa procedura (cfr Consiglio Stato, sez. IV, 30 giugno 2010, n. 4176); (b) al secondo, che l’eventuale sussistenza di diritti di uso civico non osta in assoluto all’esecuzione dell’intervento; (c) al terzo, che l’indicata connessione tra approvazione ministeriale del progetto e delega di funzione, esclude la necessità del coinvolgimento regionale o dell’obbligatoria soluzione di cui alla norma invocata; (d) al quarto, che lo stesso è inammissibile per difetto di interesse; (e) al quinto, che i pronunciamenti ai quali la ricorrente ha disconosciuto la veste e la funzione di veri e propri pareri, sono stati comunque acquisiti per come certificato dalla D.G.R. 923/2009; (f) al sesto, che lo stesso è affetto da evidente genericità.

12 Il ricorso va quindi accolto con riferimento alla riscontrata, parziale fondatezza, del primo e del decimo motivo intestati alla violazione delle garanzie partecipative. Quanto agli effetti, in disparte il costante orientamento sul punto (Consiglio di stato, sez. IV, 08 luglio 2003, n. 4040), va evidenziato che, stante anche l’infondatezza di tutte le altre censure, il rassegnato esito rileva nei limiti dell’esclusivo interesse della ricorrente quale proprietaria della particella interessata n. 636 del foglio n. 28, titolo di legittimazione questo al quale non può esser sovrapposto quello ricondotto alla vicinitas (cfr. memoria depositata il 22 aprile 2011), speso all’evidente fine di conseguire effetti ulteriori non integrabili, nel caso, nella già citata posizione sostanziale.

13 Il predetto esito, comporta la compensazione delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione staccata di Latina (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, in parte lo dichiara improcedibile ed in parte lo accoglie secondo quanto in motivazione esposto e, per l’effetto, annulla gli atti impugnati, nei limiti dell’esclusivo interesse della ricorrente.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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