Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 15-06-2011) 19-07-2011, n. 28794

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Svolgimento del processo

1. Con sentenza in data 22.6.2009 il Tribunale di Ancona dichiarava la penale responsabilità di R.L. in ordine al delitto di furto di generi alimentari verificatosi presso l’Ipersidis di Falconara marittima.

2. La Corte di Appello di Ancona, con sentenza in data 12.11.2010, confermava la sentenza di primo grado; osserva la Corte di Appello che il direttore del centro commerciale, in sede di individuazione fotografica, aveva riconosciuto senza ombra di dubbio nella R. una delle due donne che avevano oltrepassato la barriera delle casse, senza pagare la merce occultata; e che si erano di poi allontanate a bordo di una autovettura.

3. Avverso la sentenza della Corte di Appello ha proposto ricorso per cassazione R.L., a mezzo del difensore, rilevando preliminarmente l’improcedebilità dell’azione penale. Sul punto, la parte rileva che il primo giudice ha ritenuto insussistente l’aggravante del mezzo fraudolento, derubricando il fatto nell’ipotesi di furto semplice; considera che l’impiegato che ebbe a formalizzare l’atto di querela era privo del potere di rappresentanza, rispetto alla società proprietaria del supermercato;

e ritiene pertanto che difetti la condizione di procedibilità, rispetto all’ipotesi di furto semplice.

Sotto altro aspetto, la ricorrente deduce l’inconferenza del riconoscimento fotografico avvenuto con modalità anomale, sia nel corso delle indagini preliminari, sia in dibattimento; osserva, al riguardo, che al teste, nel corso dell’esame dibattimentale, sono state mostrate le stesse fotografie, riportanti la stessa numerazione, già sottoposte al dichiarante dai Carabinieri nella fase delle indagini.

Motivi della decisione

4. Occorre primieramente soffermarsi sulla dedotta eccezione processuale afferente alla improcedibilità dell’azione penale.

Invero, il Tribunale di Ancona, con sentenza in data 22.6.2009, ebbe ad escludere la sussistenza della contestata aggravante discendente dall’uso del mezzo fraudolento; ed il furto in addebito risulta, quindi, procedibile a querela della persona offesa.

Non sfugge che la questione che occupa non è stata dedotta con i motivi di appello; non di meno, il combinato disposto dell’art. 129 c.p.p., comma 1 e art. 609 c.p.p., comma 2, attribuisce a questa Suprema Corte la cognizione delle questioni rilevabili di ufficio, in ogni stato e grado del processo, conducenti all’immediato proscioglimento dell’imputato, tra le quali rientra, a mente dell’art. 129 cit., comma 1, pure la mancanza di una condizione di procedibilità. Pertanto, al fine di verificare la sussistenza delle condizioni di procedibilità dell’azione penale rispetto al delitto di furto in addebito, si deve dare corso all’analisi del contenuto dell’atto di querela – disamina che questa Suprema Corte è legittimata ad operare, nel censire le questioni di natura processuale – non prima di avere richiamato l’orientamento espresso dalla giurisprudenza di legittimità, in ordine alla individuazione del soggetto legittimato a proporre querela, in ipotesi di furto di merce detenuta all’interno di esercizi commerciali.

4.1 Invero, questa Suprema Corte ha chiarito che il soggetto passivo del delitto di furto (cioè a dire la persona offesa dal reato, secondo la terminologia utilizzata dal codice penale) deve individuarsi nel possessore della cosa mobile. Segnatamente, si è evidenziato che la persona offesa del delitto di furto è chi sia stato spossessato della cosa; e che il proprietario del bene sottratto si qualifica come soggetto danneggiato, sotto il profilo privatistico, dalla condotta criminosa. In tale ambito ricostruttivo, si è pure evidenziato che non risulta necessario che il detentore/querelante sia stato investito di poteri di rappresentanza da parte del proprietario della cosa; ciò in quanto la legittimazione a proporre querela, in ragione dei principi ora richiamati, pertiene al soggetto che sia stato materialmente spossessato dei beni detenuti. Si è, quindi, precisato che il "responsabile dell’esercizio commerciale", contrattualmente tenuto all’obbligo di custodia delle cose presenti nel negozio, si qualifica come "detentore" dei beni presenti nell’esercizio; e che costui risulta, perciò, legittimato a proporre querela, pur in assenza di formali poteri di rappresentazione conferiti da parte del proprietario (Cass. Sez. 4, Sentenza n. 41592 del 16.11.2010, dep, 24.22.2010, Rv. 249416; si veda anche Cass. Sez. 4, Sentenza n. 37932, del 28.09.2010, dep. 26.10.2010, Rv. 248451).

4.2 Ritenuto pertanto, sulla scorta delle considerazioni sin qui svolte, che la legittimazione a proporre querela, per il furto della merce detenuta all’interno di esercizi commerciali, spetta al "responsabile dell’esercizio", quale detentore della merce presente nel negozio, deve rilevarsi che, nel caso di specie, la querela risulta proposta da soggetto non legittimato. Nell’atto di querela proposto da F.A., invero, il predetto viene indicato come "Impiegato privato (Segr. Dattilogr. Ecc.)" e il querelante non risulta altrimenti indicato, nel corpo dell’atto, come "responsabile" dell’esercizio commerciale in cui il furto venne perpetrato.

Conseguentemente, non è dato ritenere che la querela sia stata validamente proposta dal "detentore" della merce presente nell’esercizio commerciale. Trattandosi di furto non perseguibile di ufficio, per le spiegate ragioni, si impone l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, perchè l’azione penale non avrebbe potuto essere promossa, per mancanza di querela. Assorbita ogni altra questione.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perchè l’azione penale non avrebbe potuto essere promossa per mancanza di querela.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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