Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 15-06-2011) 19-07-2011, n. 28792

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza in data 5.6.2003 il Tribunale di Alghero dichiarava la penale responsabilità di R.N. in ordine ai delitti di furto aggravato e truffa.

2. La Corte di Appello di Cagliari, Sezione distaccata di Sassari, con sentenza in data 28.09.2010, in parziale riforma della sentenza di primo grado, riqualificava i delitti di cui ai capi B) e C) nell’unico reato di cui al D.L. n. 143 del 1992, art. 12, come modificato dal D.Lgs. n. 231 del 2007, art. 55, e confermava nel resto.

3. Avverso la sentenza della Corte di Appello ha proposto ricorso per cassazione R.N., a mezzo del difensore, rilevando preliminarmente che i reati per cui si procede risultavano estinti per prescrizione alla data di celebrazione del giudizio di appello.

Sotto altro aspetto, la parte deduce il vizio di motivazione della sentenza impugnata, in relazione alla riferibilità all’imputato della condotta criminosa, consistita nell’indebito utilizzo della carta Bancomat. Il ricorrente assume che l’unico argomento utilizzato dai giudici di merito, per ritenere che la richiamata condotta sia stata posta in essere dall’odierno imputato, sia quello relativo alla individuazione effettuata dalla persona offesa; costei aveva, infatti, riconosciuto nel R. l’uomo che si era intrattenuto con la medesima parte offesa di fronte allo sportello Bancomat, ove la carta non era stata restituita dall’apparecchio automatico.

L’esponente ritiene inoltre che la sentenza impugnata sia priva di supporto argomentativo, laddove si attribuisce al prevenuto l’opera di manomissione dello sportello bancomat ed il successivo indebito utilizzo della carta, sulla base della mera presenza del R. – circostanza che l’esponente non contesta – nei pressi dello sportello Bancomat di cui si tratta.

Motivi della decisione

3. Il ricorso è inammissibile.

3.1 Si osserva in primo luogo che risulta manifestamente infondato il motivo di gravame con il quale la parte deduce l’intervenuta estinzione dei reati, per prescrizione, già anteriormente alla sentenza della Corte di Appello. Giova evidenziare che, nel caso di specie, risulta applicabile la disciplina previgente rispetto alle modifiche introdotte in tema di prescrizione dalla L. 5 dicembre 2005, n. 251. Invero, il fatto per cui si procede risulta commesso il 27.1.2001; e la sentenza di primo grado è stata pronunciata il 5.06.2003. Conseguentemente, in applicazione delle disposizioni di diritto intertemporale dettate dalla L. n. 251 del 2005, art. 10, comma 3, i più brevi termini di prescrizione introdotti dalla riforma del 2005 non risultano applicabili al presente giudizio; ciò in quanto è stata pronunciata la sentenza di primo grado anteriormente rispetto alla data di entrata in vigore della novella.

Ciò chiarito, deve rilevarsi che il termine prescrizionale massimo applicabile al delitto di furto aggravato, non avendo il Tribunale di Alghero concesso al prevenuto le attenuanti generiche – l’applicazione delle attenuanti, secondo la disciplina dettata dall’art. 157 cod. pen., nella formulazione anteriore alle modifiche introdotto con la novella del 2005, assumeva infatti rilevanza per determinare il tempo necessario a prescrivere il reato – è pari ad anni 15. Il medesimo termine prescrizionale risulta applicabile ai fatti di cui ai capo B) e C), come riqualificati dalla Corte Territoriale, ai sensi del D.L. n. 143 del 2001, art. 12, convertito nella L. 5 luglio 1991, n. 197, come modificato D.Lgs. 21 novembre 2007, n. 231, ex art. 55, comma 9, tenuto conto del relativo limite edittale di pena.

Conclusivamente sul punto, deve pertanto rilevarsi che il termine prescrizionale massimo, relativo ai reati per cui si procede, non risulta altrimenti perfezionato, venendo a spirare il 17.01.2016. 3.2 Procedendo all’esame dell’ulteriore motivo di ricorso, si osserva che la parte si limita a prospettare una mera rilettura del compendio probatorio, alternativa rispetto alle valutazioni effettuate dai giudici di merito. Come noto, si è chiarito che "esula dai poteri della Corte di Cassazione quello di una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità, la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali" (Cass. Sez. U, Sentenza n. 6402 del 30/04/1997, dep. 02/07/1997, Rv. 207945, Dessimone). Ed invero, in sede di legittimità non sono consentite le censure che si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (ex multis Cass. Sez. 1, Sentenza n. 1769 del 23/03/1995, dep. 28/04/1995, Rv. 201177; Cass. Sez. 6, Sentenza n. 22445 in data 8.05.2009, dep. 28.05.2009, Rv. 244181).

Del resto, nel caso di specie, la Corte di Appello ha evidenziato che la condotta criminosa risultava riferibile al prevenuto sulla scorta di una valutazione complessiva dei diversi elementi probatori.

Segnatamente, il Collegio ha chiarito, secondo un conferente percorso logico argomentativo, che l’uomo che si trovava nei pressi dello sportello Bancomat – che secondo gli esiti della effettuata individuazione di persona si identifica in R.N. – aveva avuto modo di vedere il codice PIN invano digitato dalla medesima parte offesa. E la Corte territoriale, tenuto conto del fatto che l’illecito prelievo di denaro contante era stato effettuato poco tempo dopo l’allontanamento della donna dallo sportello Bancomat, ha ritenuto che l’autore dell’illecito utilizzo della carta di credito, verificatosi nell’immediatezza, fosse da identificare nell’uomo presente presso lo sportello Bancomat al momento del malfunzionamento dell’apparato automatico. Oltre a ciò, la Corte di Appello ha considerato, con riferimento alla attribuibilità all’imputato anche degli ulteriori indebiti utilizzi della carta di credito verificatisi a Genova, che risultava accertata la presenza di R.N. nel contesto territoriale da ultimo citato. Come si vede, la Corte territoriale, procedendo al vaglio diacronico dei diversi elementi di fatto che compongono il compendio probatorio, è giunta a ritenere, secondo un ragionamento probatorio immune da fratture logiche, che l’autore dell’uso illecito della carta di credito sia da individuare nell’odierno imputato.

4. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *