Cass. civ. Sez. V, Sent., 06-12-2011, n. 26169 Imposta reddito persone giuridiche

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

1. Gli atti del giudizio di legittimità.

Il 17.11.2006 è stato notificato alla AUCHAN spa (quale incorporante della "INDI srl") un ricorso dell’Agenzia delle Entrate per la cassazione della sentenza descritta in epigrafe (depositata l’4.7.2006 e notificata il 31.7.2006), che ha rigettato l’appello dell’Agenzia contro la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Palermo-sezione staccata di Catania n. 71/07/2001, che aveva integralmente accolto il ricorso della parte contribuente avverso avviso di accertamento per IRPEG-ILOR relative all’anno 1993.

La società contribuente si è difesa con controricorso.

La controversia è stata discussa alla pubblica udienza del 21.9.2011, in cui il PG ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

2. I fatti di causa.

Con il menzionato avviso di accertamento l’Ufficio aveva ripreso a tassazione ai fini IRPEG-ILOR alcuni costi indeducibili perchè ritenuti non inerenti ed altre perdite non deducibili, così come pure costi attinenti ad utilità pluriennali dedotti in misura superiore a quanto consentito ex art. 74, comma 3 TUIR (trattandosi – in particolare per questi ultimi costi – di spese straordinarie effettuate su un immobile di proprietà di terzi e detenuto in locazione per l’utilizzo come bene strumentale,per la durata di anni 18).

La sentenza di primo grado, di accoglimento del ricorso proposto dalla parte contribuente, era stata impugnata dall’Agenzia avanti alla menzionata Commissione Tributaria Regionale (che ha poi rigettato l’appello) solo per impugnare il capo relativo alla deduzione dei costi pluriennali.

3. La motivazione della sentenza impugnata.

La sentenza della CTR, oggetto del ricorso per cassazione, è motivata nel senso che il collegio riteneva pienamente condivisibili le motivazioni poste dal primo giudice a fondamento della decisione di accoglimento del ricorso, anche perchè supportate dalla prevalente giurisprudenza della Commissione Tributaria Centrale (sentenza n. 1168 del 6.3.1998) e della Commissione Tributaria di Milano (sentenza n. 111 dell’ 11.11.1996).

4. Il ricorso per cassazione.

Il ricorso per cassazione è sostenuto con due distinti motivi d’impugnazione e si conclude (previa indicazione del valore della lite in Euro 130.000.000) con la richiesta che sia cassata la sentenza impugnata e con la condanna di parte avversaria al pagamento delle spese di lite.

Motivi della decisione

5. Il primo motivo d’impugnazione.

Va preliminarmente disattesa, perchè infondata, l’eccezione di tardività del ricorso per cassazione proposta dalla parte intimata, atteso che detto ricorso risulta notificato in data 14.11.2006.

Il primo motivo d’impugnazione è collocato sotto la seguente rubrica: "Violazione – Falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36 e art. 132 c.p.c.. Vizio di motivazione apparente in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4".

La parte ricorrente lamenta che il primo giudice di merito si sia limitato ad una motivazione "apparente", rinviando ai motivi fatti propri dal giudice di primo grado, con conseguente preclusione della possibilità di effettuare un controllo del procedimento logico adoperato dal giudicante per pervenire alla decisione.

La censura è fondata e da accogliersi con declaratoria di nullità della sentenza impugnata.

La parte ricorrente in questo grado di giudizio ha sia pur succintamente esplicitato in che cosa è consistita la devoluzione al giudice di secondo grado della materia controversa, a mezzo dell’atto di appello, evidenziando di avere proposto appello "unicamente per contestare l’annullamento della ripresa concernente i costi ad utilità pluriennale", e perciò di avere ribadito, a sostengo dell’impugnazione, "quanto già dedotto in primo grado circa l’impossibilità di assumere la regola civilistica della durata utile della spesa quale criterio per determinare la misura della deducibilità della stessa sul piano fiscale, ai sensi del ricordato art. 74 TUIR".

Codesta sufficiente modalità di delucidazione della materia controversa consente a questa Corte di esaminare la doglianza afferente la sentenza di secondo grado per essere stata questa redatta con integrale ed acritico riferimento alle ragioni della sentenza di primo grado, e per essere dunque completamente difettosa di autonome ragioni di decisione, donde si possa intendere l’escursus logico che ha condotto alla reiezione dell’appello.

Il motivo appare fondato (con assorbimento del residuo motivo), alla luce della pregressa giurisprudenza di questa Corte:" Il riferimento, da parte del giudice d’appello, alla motivazione adottata nella sentenza di primo grado devesi ritenere legittimo qualora il giudice medesimo, richiamando nella propria pronuncia gli elementi essenziali di quella esposizione, dimostri non solo di averla fatta propria, ma anche di aver esaminato le censure contro di essa sollevate e di averle ritenute infondate" (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 835 del 05/02/1980; più di recente Cass. Sez. 3, Sentenza n. 2268 del 02/02/2006).

Nella specie di causa ciò non appare in alcun modo possibile perchè il giudicante – dopo avere esaurientemente dato atto delle ragioni di doglianza proposte dall’Agenzia circa la non deducibilità dei costi predetti in quota superiore a quella imputabile a ciascun esercizio compreso nella durata del contratto di locazione (e perciò con modalità che non si prestino ad esercizio di discrezionalità ed a violazione dei criteri di competenza certezza e determinabilità oggettiva) – non ha dato conto alcuno dei motivi per cui ha ritenuto di condividere gli argomenti del primo giudice che (come si desume dalla parte narrativa della stessa decisione impugnata) erano stati sostanzialmente incentrati sull’assunto secondo cui "l’ammortamento vada fatto nel periodo minore tra quello di utilità futura delle spese e quello residuo della locazione".

La pura e semplice contrapposizione alla censura delle ragioni accolte dal primo giudice e nella sede di appello sottoposte alla critica (se proposta in modo argomentato e coerente), non assolve infatti all’onere del giudicante di esplicitare i motivi per i quali detta critica è da ritenersi non convincente e da disattendersi. Sul punto si confronti ancora l’indirizzo di questa Corte (Sez. 2, Sentenza n. 3636 del 16/02/2007) secondo cui;"La motivazione della sentenza del giudice di appello che contenga espliciti riferimenti alla pronuncia di primo grado, facendone proprie le argomentazioni in punto di diritto, è da ritenersi legittima tutte le volte in cui il giudice del gravame, sia pur sinteticamente, fornisca, comunque, una risposta alle censure formulate, nell’atto di appello e nelle conclusioni, dalla parte soccombente, risultando così appagante e corretto il percorso argomentativo desumibile attraverso l’integrazione della parte motiva delle due sentenze".

Nella specie di causa, di una siffatta "risposta" non vi è traccia alcuna, non avendo il giudicante sottoposto ad esame l’argomento centrale della censura di appello secondo cui l’utilità futura della spesa qui dedotta in controversia coincide con la durata del contratto locativo, anzicchè con la durata decennale dedotta dalla parte contribuente in dichiarazione, ed essendosi quello limitato a fare rinvio agli indirizzi giurisprudenziali (qui non controllabili, attesa la non identificabilità delle pronunce in questione) – ovviamente avulsi dalla concreta questione qui in esame – enucleabili dalle sentenze già menzionate nella parte narrativa della presente decisione. D’altronde, non si intende come la menzionata giurisprudenza potrebbe avere dato supporto all’assunto del giudice di primo grado (secondo cui è dal confronto tra il’v "periodo di utilità futura" e quello "residuo della locazione" che si dovrebbe determinare il minore dei due da adottare come criterio di giudizio), alla luce del fatto che un concetto di "utilità futura" – appunto ai fini della locazione di beni strumentali – nelle pronunce di primo e di secondo grado qui in esame non si è fatto delucidazione alcuna.

Non resta che ritenere nulla la sentenza di secondo grado, per contrarietà al canone dell’art. 132 c.p.c., con conseguente rimessione della lite alla medesima CTR della Sicilia, che provvedere al nuovo esame in altra composizione, regolando le spese di lite anche del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

la Corte accoglie il ricorso. Dichiara nulla la sentenza impugnata e rimette la lite alla CTR della Sicilia per il nuovo esame.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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