Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 09-06-2011) 19-07-2011, n. 28787

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1) Il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte d’Appello di Venezia ha proposto ricorso avverso la sentenza 28 settembre 2010 del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Verona che – investito dall’opposizione al decreto penale emesso dal medesimo giudice nei confronti di R.M. imputato del reato di cui all’art. 186 C.d.S. (guida in stato di ebbrezza) – ha pronunziato sentenza, ex art. 129, comma 1, con la quale ha dichiarato non doversi procedere nei confronti del predetto perchè il fatto non è più previsto dalla legge.

In particolare il giudice ha ritenuto che, essendo stata eseguita una sola prova dell’esame alcoolimetrico (dal quale era risultato un tasso pari al 2.04 %), potesse essere ravvisata esclusivamente l’ipotesi prevista dal ricordato art. 186 C.d.S., lett. a).

2) A fondamento del ricorso si deduce un unico motivo con il quale si censura la sentenza impugnata per illogicità manifesta e violazione dell’art. 186 C.d.S..

Secondo il ricorrente la sentenza impugnata avrebbe di fatto erroneamente attribuito all’esame alcoolimetrico valore di prova legale escludendo che le più gravi forme di ebbrezza possano essere accertate su base sintomatica.

Non avrebbe inoltre tenuto conto, il giudice, ai fini dell’accertamento sintomatico, che una misurazione era stata comunque effettuata e che gli elementi disponibili (modalità di guida parte del conducente dell’autovettura, comportamento tenuto all’arrivo della pattuglia della polizia stradale, alito vinoso, respirazione affannosa) erano comunque idonei a fondare una valutazione corrispondente ad un tasso alcolemico più elevato rispetto a quello previsto dalla fascia a) già ricordata.

3) Il ricorso è fondato e deve conseguentemente essere accolto.

Il D.L. 3 agosto 2007, n. 117, art. 5, convertito nella L. 2 ottobre 2007, n. 160, ha riformulato il D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 186 e questa disciplina è rimasta sostanzialmente immutata (con il solo aggravamento delle pene previste per le ipotesi più gravi) anche dopo l’entrata in vigore del D.L. 23 maggio 2008, n. 92 convertito nella L. 24 luglio 2008, n. 125.

La nuova disciplina introdotta nel 2007 prevede tre fasce con sanzioni diverse a seconda del tasso alcolemico accertato. E la giurisprudenza di legittimità ha precisato (v. Cass., sez. 4, 3 giugno 2008 n. 28547, Morandi, rv. 240380) che si tratta di autonome ipotesi incriminatici e non di un reato base aggravato a seconda del tasso alcolemico rilevato.

La giurisprudenza di legittimità ha altresì chiarito, in più occasioni, che la nuova disciplina non ha fatto venir meno la possibilità di accertare l’esistenza dello stato di ebbrezza in base ai sintomi rilevati, come la giurisprudenza precedente consentiva, e di ritenere quanto meno l’esistenza dell’ipotesi prevista dalla fascia a) più favorevole all’imputato (in questo senso v. Cass., sez. 4, 3 giugno 2008 n. 26132, Ouhda, rv. 240850; 3 giugno 2008 n. 28547, Morandi, rv. 240381, già citata; 28 febbraio 2008 n. 22274, Gelmetti, rv. 240173).

Il tema ha poi assunto un maggior rilievo perchè la L. 29 luglio 2010, n. 120, art. 33 (disposizioni in tema di sicurezza stradale) ha innovato la precedente disciplina del codice della strada in relazione alle sanzioni previste dal precedente art. 186 in tema di guida in stato di ebbrezza.

In particolare la legge ha conservato la natura di reato delle ipotesi previste alle lettere b) e c) del comma 2 mentre, all’ipotesi prevista dalla lett. a) del medesimo comma (tasso alcolemico da 0,5 a 0,8 grammi per litro) è stata attribuita la natura di violazione amministrativa punita con una sanzione di analoga natura.

3) Premessa la ricostruzione delle modifiche normative cui si è fatto cenno va rilevato che proprio la circostanza che l’esame alcolemico non costituisca una prova legale e la permanente possibilità di accertare lo stato di ebbrezza in base ad elementi sintomatici non consentono di ritenere correttamente motivata la qualificazione giuridica del fatto da parte del giudice di merito. Se si ammette infatti l’accertamento dello stato di ebbrezza su base sintomatica, non può affermarsi che l’unica ipotesi di reato in tal modo astrattamente ravvisabile sia quella meno grave perchè, così dicendo, ci si porrebbe in contraddizione con il principio appena affermato. Inoltre si sovrapporrebbero indebitamente i due piani, quello processuale (ritenere consentito l’accertamento sintomatico) e quello sostanziale (ravvisare un’ipotesi di reato invece di un’altra).

L’unica soluzione giuridicamente corretta è dunque quella di ritenere consentito l’accertamento sintomatico per tutte le ipotesi di reato oggi previste dall’art. 186 C.d.S.. Tesi peraltro già affermata, nella giurisprudenza di legittimità, da Cass., sez. 4, 27 novembre 2008 n. 48297, rv. 242392 e, sia pure in termini meno netti, dalle sentenze della medesima sezione 28 novembre 2008 nn. 48309 e 47404.

E’ ovvio che in tutti i casi in cui – pur avendo il giudice di merito accertato il superamento della soglia minima – non sia possibile affermare, secondo il criterio dell’oltre il ragionevole dubbio, che la condotta dell’agente possa rientrare nelle due fasce di maggior gravità il giudice dovrà ravvisare l’ipotesi più lieve con tutte le conseguenze che ne derivano.

Ma nulla vieta che, a fronte di manifestazioni eclatanti di ebbrezza il giudice, fornendo la sua decisione di adeguata motivazione, possa logicamente ritenere superate le soglie superiori.

4) Alla luce dei principi enunciati in precedenza il ricorso del Procuratore generale è da ritenere fondato perchè la sentenza impugnata si è limitata a prendere atto dell’inesistenza della duplice rilevazione alcoolimetrica per escludere la possibilità di ravvisare una condotta penalmente rilevante e senza tenere in alcuna considerazione – sia pure al fine di ritenere comunque non provato il superamento di una delle due soglie penalmente rilevanti – gli elementi sintomatici esistenti e l’elemento indiziario comunque proveniente dalla non completata prova alcoolimetrica.

Ne consegue l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Verona che dovrà verificare la possibilità che la condotta accertata possa rientrare in una delle due fasce penalmente rilevanti nei sensi già indicati.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione, Sezione Quarta Penale, annulla la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Verona.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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