Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 09-06-2011) 19-07-2011, n. 28786

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1) Con sentenza 8 luglio 2010 il Tribunale di Lecce, sez. dist. di Maglie, ha applicato a M.S., su richiesta delle parti, la pena di mesi uno e giorni dieci di arresto ed Euro 667,00 di ammenda per il reato di guida in stato di ebbrezza previsto dall’art. 186 C.d.S., comma 2, lett. c) del codice della strada per aver guidato un autoveicolo malgrado presentasse un tasso alcolemico pari a 2,02 g/l.

Con la medesima sentenza sono state disposte la confisca del veicolo alla cui guida si trovava l’imputato e la sospensione della sua patente di guida per il periodo di un anno.

2) Contro la sentenza indicata ha proposto personalmente ricorso M.S. il quale ha dedotto un unico motivo di ricorso qualificandolo "illegittimità vizio di motivazione e violazione di legge".

Il ricorrente si duole esclusivamente della disposta confisca del veicolo evidenziando che il sequestro preventivo del veicolo era stato dichiarato inefficace dal Tribunale per il riesame di Lecce il 29 settembre 2009 e che, in pari data, egli aveva venduto il veicolo a M.A.V. anche se l’atto era stato trascritto tardivamente al pubblico registro automobilistico.

In conclusione, secondo il ricorrente, non poteva essere disposta la confisca di un bene che non apparteneva più all’imputato.

3) Il ricorso è inammissibile perchè proposto per motivi non consentiti nel giudizio di legittimità.

E’ da premettere che, in base al nuovo testo del D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, art. 186, comma 2 (codice della strada) modificato dal D.L. 23 maggio 2008, n. 92, art. 4 convertito, con modificazioni, nella L. 24 luglio 2008, n. 125 (misure urgenti in materia di sicurezza pubblica) risultano introdotti i seguenti periodi nell’art. 186, comma 2: "Con la sentenza di condanna ovvero di applicazione della pena a richiesta delle parti, anche se è stata applicata la sospensione condizionale della pena, è sempre disposta la confisca del veicolo con il quale è stato commesso il reato ai sensi dell’art. 240 c.p., comma 2, salvo che il veicolo stesso appartenga a persona estranea al reato".

Come è agevole verificare dal tenore della norma si tratta di confisca obbligatoria: ciò risulta sia dalla terminologia utilizzata ("è sempre disposta") sia dal richiamo (oggi eliminato) all’art. 240 c.p., comma 2 che prevede, appunto, casi di confisca obbligatoria (in questo senso deve intendersi il richiamo all’art. 240: v. Cass., sez. 4, 11 febbraio 2009 n. 13831, Fumagalli, rv. 242479).

4) Il quadro normativo è però di recente mutato nuovamente con l’entrata in vigore della L. 29 luglio 2010, n. 120 (disposizioni in tema di sicurezza stradale) che ha innovato la precedente disciplina del codice della strada in relazione alle sanzioni accessorie.

In particolare – per quanto riguarda la confisca del veicolo appartenente alla persona cui sia addebitato il reato previsto dall’art. 186 C.d.S. (guida in stato di ebbrezza) o quello previsto dall’art. 187 C.d.S. (guida sotto l’effetto di sostanze stupefacenti) – la L. n. 120, art. 33, comma 1 ha modificato l’art. 186, comma 2, lett. c) inserendo un ultimo periodo che contiene la previsione che, ai fini del sequestro (disciplinato della medesima norma che prevede anche la confisca del veicolo), si applichino le disposizioni di cui all’art. 224 ter.

L’art. 224 ter è norma introdotta dalla medesima L. n. 120 e qualifica espressamente la confisca come "sanzione amministrativa accessoria". La medesima norma prevede che nelle ipotesi di reato cui consegue tale sanzione (e quindi non solo artt. 186 e 187 ma, per esempio, l’art. 9 ter in tema di divieto di gareggiare in velocità con veicoli a motore) l’agente o l’organo accertatore, procedano al sequestro ai sensi dell’art. 213 C.d.S..

Non sembra quindi dubbio che la confisca del veicolo, malgrado debba essere obbligatoriamente disposta dal giudice penale con la sentenza di condanna (o di applicazione della pena), abbia adesso acquisito, per espressa previsione legislativa, la qualifica di sanzione amministrativa (non diversamente dalla sospensione della patente di guida).

5) In presenza di una sanzione, sia pure divenuta di natura amministrativa, che il giudice penale è obbligato ad applicare è dunque onere dell’imputato quanto meno allegare fatti eventualmente impeditivi della possibilità di applicare la sanzione amministrativa.

La prova o quanto meno l’allegazione dei fatti impeditivi imporrebbe al giudice di verificarne la fondatezza eventualmente disponendo gli accertamenti necessari per verificare l’esistenza della condizione ostativa. E ove il giudice omettesse di fornire una risposta all’eccezione proposta o rifiutasse di disporre gli accertamenti necessari – per verificarne l’esistenza e la decisività ai fini della possibilità di disporre la confisca – l’imputato potrebbe dedurre con il ricorso in cassazione la mancanza di motivazione sul punto.

Non è invece consentito proporre per la prima volta al giudice di legittimità le questioni che involgono accertamenti fattuali (per es. proprio l’appartenenza ad un terzo che, come è noto, è concetto diverso rispetto a quello della titolarità formale del bene: v.

Cass., sez. 4, 26 febbraio 2010 n. 20610, Messina, rv. 247326) o che richiedono comunque una verifica anche al solo fine di accertare l’autenticità dei documenti prodotti o l’eventuale simulazione di accordi contrattuali.

Nel caso in esame il ricorrente, pur essendo (o dovendo essere) consapevole dell’obbligatorietà della confisca da disporre anche con la sentenza di patteggiamento non ha prospettato al giudice alcun elemento idoneo ad evitare l’applicazione della sanzione accessoria.

Non può dunque chiedere questo accertamento al giudice di legittimità cui sono estranei gli accertamenti fattuali e le valutazioni di merito.

6) Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso conseguono le pronunzie di cui al dispositivo.

Con riferimento a quanto statuito dalla Corte costituzionale nella sentenza 13 giugno 2000 n. 186 si rileva che non si ravvisano ragioni per escludere la colpa del ricorrente nella determinazione della causa di inammissibilità ai fini della condanna al pagamento di una somma a favore della cassa delle ammende in considerazione della palese violazione delle regole del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione, Sezione 4^ penale, dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.500,00 in favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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