Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 06-12-2011, n. 26153 Indennità o rendita

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza del 10 – 29.5.2007, la Corte d’Appello di Palermo, in riforma della pronuncia di prime cure, che aveva respinto la domanda di C.M. diretta al conseguimento della rendita Inail per i postumi dell’infortunio sul lavoro occorsole il 5.12.2002, aderendo alle conclusioni del CTU di secondo grado, condannò l’Istituto all’erogazione della rendita pari al 20% di danno biologico. Avverso l’anzidetta sentenza della Corte territoriale l’Inail ha proposto ricorso per cassazione fondato su due motivi. L’intimata C. M. ha resistito con controricorso.

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo l’Istituto ricorrente denuncia plurime violazioni di legge (D.Lgs. n. 38 del 2000, art. 13, comma 2; dm 25.7.2000 di approvazione delle tabelle delle menomazioni), deducendo che il CTU, diagnosticata l’avvenuta "estrinsecazione di una sindrome post-traumatica da stress, cronicizzata", non aveva fatto applicazione della tabella delle menomazioni approvata con dm 25.7.2000, bensì, come era emerso dai chiarimenti forniti, di un diverso criterio, riscontrabile, sostanzialmente, nel D.Lgs. n. 209 del 2005, art. 138, n. 3, ("Codice delle assicurazioni private"), del quale, peraltro, aveva comunque fornito un’erronea interpretazione.

Con il secondo motivo il ricorrente denuncia vizio di motivazione, posto che gli errori del CTU, seguito nelle sue conclusioni dalla Corte territoriale, si erano riverberati sulla sentenza anche sotto il profilo del vizio denunciato.

2. Nel nuovo regime introdotto dal D.Lgs. 23 febbraio 2000, n. 38, art. 13, (recante disposizioni in materia di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali), a seguito della delega di cui alla L. 17 maggio 1999, n. 144, art. 55, il giudice, e per esso il CTU, deve far riferimento al decreto ministeriale 12 luglio 2000 di approvazione della tabella delle menomazioni, della tabella di indennizzo danno biologico e della tabella dei coefficienti (cfr, Cass., n. 11940/2008).

Infatti il carattere dichiaratamente sperimentale di tale normativa, come si evince dall’incipit dell’art. 13 ("In attesa della definizione di carattere generale di danno biologico e dei criteri per la determinazione del relativo risarcimento …"), non elide l’inequivoco disposto, di carattere imperativo, del successivo comma 2, lett. a), secondo cui "le menomazioni conseguenti alle lesioni dell’integrità psicofisica di cui al comma 1 sono valutate in base a specifica tabella delle menomazioni, comprensiva degli aspetti dinamico-relazionali".

Il suddetto decreto ministeriale costituisce pertanto un testo di norme regolamentari con rilevanza esterna e non già di norme amministrative interne, le cui violazioni sono quindi denunciabili per cassazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, (per l’applicazione di tale principio alla violazione di altri testi regolamentari a rilevanza esterna, cfr, ex plurimis, Cass., nn. 550/1993; 14245/1999; 33/2003; 16586/2010).

3. Avuto riguardo alla diagnosi formulata dal CTU, vengono quindi in rilievo, a seconda della gravita della patologia, le voci 180 e 181 della tabella delle menomazioni approvata con il ridetto dm 12.7.2000, relative, la prima, al "Disturbo post-traumatico da stress cronico moderato, a seconda dell’efficacia della psicoterapia", con attribuzione di un gradiente di danno sino al 6%, e, la seconda, al "Disturbo post-traumatico da stress cronico severo, a seconda dell’efficacia della psicoterapia", con attribuzione di un gradiente di danno sino al 15%.

Risulta pertanto di piana evidenza che il CTU, attribuendo un gradiente di danno pari al 20%, non ha fatto applicazione di nessuna delle voci tabellari anzidette.

La sentenza impugnata, che ha seguito le conclusioni dell’ausiliario, è incorsa pertanto in un errore di diritto, violando quanto disposto dal D.Lgs. n. 38 del 2000, art. 13, comma 2, e dalla tabella delle menomazioni approvata con il D.M. 12 luglio 2000. Il primo motivo risulta quindi fondato, in applicazione del principio, già enunciato dalla ricordata sentenza di questa Corte n. 11940/2008 ed al quale va qui data continuità, secondo cui "Nel nuovo regime introdotto dai D.Lgs. 23 febbraio 2000, n. 38, art. 13 (recante disposizioni in materia di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali), a seguito della delega di cui alla L. 17 maggio 1999, n. 144, art. 55, al fine del riconoscimento dell’indennizzo in capitale del danno biologico per menomazioni superiori al 6% sino al 16% subito dal lavoratore per infortunio sul lavoro o per malattia professionale, danno che è determinato in misura indipendente dalla capacità di produzione del reddito del lavoratore danneggiato, il giudice – e per esso il c.t.u. – deve far riferimento al decreto ministeriale 12 luglio 2000 di approvazione della tabella delle menomazioni, della tabella di indennizzo danno biologico e della tabella dei coefficienti.

Il secondo motivo resta assorbito.

4. In definitiva il ricorso merita accoglimento e, per l’effetto, la sentenza impugnata va cassata in relazione alla censura accolta, con rinvio al Giudice designato in dispositivo, che procederà a nuovo esame conformandosi all’indicato principio di diritto e provvederà altresì sulle spese del presente giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’Appello di Palermo in diversa composizione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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