Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 09-06-2011) 19-07-2011, n. 28782

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1) Con sentenza 15 ottobre 2007 il Tribunale di Lecce, sez. dist. di Maglie, condannava C.G.G. e CA.SE. per il delitto di lesioni colpose gravissime in danno di V. V. che, il (OMISSIS), era stata sottoposta ad un intervento di estrazione della cataratta all’occhio destro presso la clinica privata (OMISSIS).

Riferiva il giudice di primo grado che nel corso dell’intervento, eseguito dal medico oculista dott. C. con l’assistenza dell’anestesista CA., la paziente si rivelava particolarmente agitata e, dopo l’estrazione della cataratta, non era possibile effettuare la sutura della ferita. I medici decidevano quindi di trasferire la paziente all’ospedale di Lecce ma nel corso del trasferimento si verificava un’emorragia espulsiva con perdita di tessuto oculare che determinava la perdita della vista all’occhio destro.

In sintesi l’elemento di colpa degli imputati, che ha avuto efficienza causale sul verificarsi dell’evento, è stato individuato dal primo giudice nell’aver omesso di procedere ad anestesia loco- regionale o generale pur essendosi, la paziente, (cui era stata somministrata un’anestesia topica in gocce) dimostrata non collaborativa ed anzi particolarmente agitata rendendo quindi impossibile la sutura della ferita malgrado fossero state somministrate alla medesima due fiale di un calmante denominato "Ipnovel". Il primo giudice precisa anche, nella sentenza, che le caratteristiche della cataratta (del tipo "nigra", cioè di durezza particolare) rendevano necessario praticare un’ampia apertura della cornea per consentire l’estrazione del cristallino.

2) La Corte d’Appello di Lecce, con sentenza 16 marzo 2009, ha confermato la valutazione del primo giudice in merito alla posizione del dott. C.; ha ricostruito le fasi dell’intervento (anche facendo riferimento alle dichiarazioni del dott. CA.) sottolineando come in realtà, secondo la sua ricostruzione, non si fosse verificato uno stato di agitazione e tanto meno un attacco di panico ma soltanto una situazione in cui la paziente tendeva a muovere gli occhi e a stringere la palpebra al minimo contatto.

Questa situazione, secondo la Corte di merito, avrebbe consentito anche l’effettuazione di un’anestesia loco-regionale.

Un’ulteriore elemento di colpa è stato poi ravvisato, dai giudici di merito, nell’aver disposto il trasferimento della paziente senza provvedere alla sutura della ferita con il concreto rischio, poi avveratosi, dell’effetto espulsivo delle strutture interne dell’occhio.

La Corte di merito ha peraltro ritenuto che, trattandosi di organo "geminato", non dovesse ravvisarsi l’ipotesi delle lesioni gravissime per la perdita dell’uso di un organo ma quella delle lesioni gravi per l’indebolimento permanente del medesimo. La Corte ha poi concesso al dott. C. il beneficio della non menzione e ha confermato la pena e le statuizioni civili adottate dal primo giudice.

Al contrario, esaminando la posizione dell’imputato CA. S., i giudici di secondo grado hanno ritenuto che non fossero a lui addebitabili elementi di colpa nella causazione dell’evento sia per la mancanza, nell’agente, delle necessarie conoscenze in materia oculistica sia perchè le scelte ritenute improprie erano state operate dal dott. C. e su di esse l’anestesista poteva fare affidamento non avendo un quadro completo di quanto stava avvenendo.

3) Contro la sentenza di secondo grado hanno proposto ricorso i difensori dell’imputato C.G.G. i quali hanno dedotto, come primo motivo di impugnazione, la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione con riferimento all’omesso esame delle dichiarazioni di parti e periti e all’omessa motivazione in ordine ad un elemento essenziale della responsabilità.

In particolare si sottolinea nel motivo come la ricostruzione effettuata dalla Corte – nella parte in cui afferma che lo stato di agitazione (peraltro consistente, come si è già accennato, nel muovere gli occhi e nello stringere la palpebra al minimo contatto) sarebbe iniziato poco prima dell’estrazione della cataratta – incorra in vero e proprio travisamento della prova perchè, se questa situazione si fosse effettivamente determinata in quel momento, avrebbe reso impossibile l’estrazione del cristallino. Del resto a questa conclusione la sentenza è pervenuta sulla scorta delle annotazioni contenute nella scheda chirurgica redatta sommariamente e senza tener conto delle dichiarazioni rese dai medici e dai testimoni oltre che delle conclusioni del perito e dei consulenti tecnici.

Sempre nel medesimo motivo si affronta poi il problema relativo alla contestata omissione della sutura della breccia praticata con l’intervento e all’omessa somministrazione di un’anestesia loco- regionale che, secondo i giudici di merito, avrebbe consentito la prosecuzione dell’intervento. La Corte non ha peraltro spiegato, secondo il ricorrente, le ragioni in base alle quali l’anestesia topica (quella praticata nella specie con la somministrazione di gocce di anestetico sul bulbo oculare) non avrebbe consentito la sutura e quella loco regionale (con infiltrazione nella cavità) l’avrebbe invece consentita.

In realtà, secondo il ricorrente, l’intervento è possibile in entrambi i casi perchè l’anestesia topica ha la sola differenza di consentire la motilità del bulbo oculare che non ostacola la sutura della ferita. Errata è dunque la conclusione della Corte di merito secondo cui il dott. C. avrebbe errato a non procedere alla anestesia loco regionale perchè anche questa soluzione non avrebbe consentito l’intervento in realtà ostacolato dallo stato di agitazione generale della paziente.

Con il secondo motivo di ricorso si deduce il medesimo vizio con riferimento all’accertamento dello stato di agitazione della paziente che, contrariamente a quanto si afferma nella sentenza, emerge chiaramente dalla scheda chirurgica redatta dai due medici, per le parti di rispettiva competenza, nel corso dell’intervento ed è confermata da due testimoni immotivatamente ritenuti non attendibili dalla Corte.

Questo stato di agitazione rendeva impossibile anche di praticare l’anestesia loco regionale.

Con il terzo motivo di ricorso si deduce l’inosservanza della L.R. Puglia 28 maggio 2004, n. 8 all. A che impone alle strutture ambulatoriali, quali quella della clinica (OMISSIS), un tassativo divieto di uso dell’anestesia generale.

L’obbligo di dotarsi dei presidi necessari per l’anestesia generale, secondo il ricorrente, non può che essere riferito ai casi di pericolo per la vita del paziente anche perchè sono noti i pericoli derivanti dall’uso della anestesia generale in una struttura ambulatoriale. Il che rende irrilevante l’affermazione della Corte secondo cui il trasferimento sarebbe stato impropriamente disposto in quanto l’ospedale di Lecce non dispone di un reparto oculistico di eccellenza ma dispone di tutte le strutture necessarie per contrastare una situazione di emergenza tanto più che, nella specie, la paziente presentava una broncopatia cronica ostruttiva.

Con il quarto motivo si deduce il vizio di motivazione con riferimento all’omessa indagine, da parte dei giudici di merito, sul punto riguardante il quesito se l’immediata effettuazione dell’anestesia generale avrebbe impedito il verificarsi dell’emorragia espulsiva; tanto più che l’intubazione è idonea a facilitare il verificarsi dell’emorragia espulsiva come riconosciuto dal perito esaminato in dibattimento.

Con il quinto motivo si deduce la mancata ammissione di prova decisiva (perizia) mentre, con il sesto motivo si deduce la violazione della legge penale perchè la sentenza impugnata, pur ritenendo errata la qualificazione giuridica del fatto data dal primo giudice (che aveva ritenuto l’esistenza del delitto di lesioni gravissime) ha poi ritenuto irrilevante l’errore confermando la sentenza di condanna per il reato di lesioni gravissime.

I difensori del ricorrente hanno poi prodotto memoria con la quale ribadiscono il contenuto delle censure proposte con il ricorso con particolare riferimento al momento in cui è insorto lo "stato di agitazione" della paziente individuato senza tener alcun conto delle emergenze probatorie che dimostravano come tale stato fosse insorto dopo l’estrazione del cristallino rendendo impossibile sia la sutura che la somministrazione di anestesia loco regionale che, peraltro, si ribadisce nella memoria, ha gli stessi effetti di quella topica e non impedisce di procedere alla sutura.

Nella memoria si confermano poi le critiche svolte nel ricorso riguardanti l’esistenza dello "stato di agitazione" della paziente, la violazione della già ricordata legge regionale, le controindicazioni esistenti in merito alla possibilità di effettuare l’anestesia generale, la mancata effettuazione del giudizio controfattuale sulla efficacia impeditiva dell’evento se fosse stata effettuata l’anestesia generale e, infine, la mancata ammissione di una prova decisiva.

4) Il ricorso è infondato e deve conseguentemente essere rigettato.

Va peraltro rilevato che la più parte delle critiche rivolte alla sentenza di appello – che verranno esaminate congiuntamente per la loro stretta connessione – sono inammissibili perchè prive del requisito di decisività.

E’ da premettere che, come si è già accennato nell’esposizione che precede, esiste contrasto tra le due sentenze di merito sul momento in cui sarebbe insorto lo stato di agitazione della paziente che, secondo il primo giudice, sarebbe iniziato prima dell’estrazione del cristallino mentre, secondo la Corte d’appello, sarebbe insorto successivamente e in forma più attenuata rispetto a quanto ritenuto dal primo giudice. In entrambi i casi, secondo le due sentenze di merito, la somministrazione dell’anestesia generale sarebbe stata risolutiva perchè avrebbe consentito di suturare la breccia creata per l’estrazione del cristallino.

Che l’anestesia generale avrebbe risolto ogni problema non è posto in discussione neppure dall’imputato ricorrente il quale peraltro – neppure contestando che la clinica fosse attrezzata per tale tipo di anestesia e che la stessa fosse praticabile per la presenta dell’anestesista – oppone un divieto normativo costituito dalla L.R. 28 maggio 2004, n. 8.

L’esame del testo di questa legge non consente peraltro di rinvenire il divieto cui nel ricorso si fa riferimento (e che le parti riportate non indicano) che neppure si rinviene nella circostanza che alla clinica (OMISSIS) fosse inibito di praticare interventi chirurgici in anestesia generale. A questo divieto si contrappone correttamente, da parte della sentenza impugnata, la circostanza che la legge regionale indicata impone alle strutture autorizzate, come quella in esame, di dotarsi del materiale e dei farmaci idonei per le situazioni di emergenza.

Il tentativo del ricorrente di limitare le situazioni di emergenza a quelle in cui sia in pericolo la vita del paziente è vano dovendosi ricomprendere in questa locuzione, come appare del tutto ovvio, tutte le situazioni nelle quali è in pericolo la salute del paziente ed in particolare tutte le situazione nelle quali dal ritardo può derivare un grave danno alla persona.

E non può certo dubitarsi della logicità dell’affermazione dei giudici di merito che il pericolo per la perdita del visus di un occhio costituisse una gravissima situazione di emergenza che giustificava il ricorso alla anestesia generale per la quale la clinica era attrezzata (e autorizzata in caso di emergenza).

5) Alla luce delle considerazioni svolte perdono il carattere di decisività tutte le censure proposte contro la sentenza di appello riguardanti il momento in cui è insorto lo stato di agitazione: il ricorrente era comunque riuscito ad estrarre il cristallino e, in quel momento, le regole cautelari dell’arte medica gli imponevano di completare l’intervento posizionando la lente artificiale o comunque chiudendo la breccia aperta per eseguire l’intervento.

Del resto se fosse vera la ricostruzione del ricorrente (condivisa dal giudice di primo grado) secondo cui lo stato di agitazione della paziente aveva preceduto l’estrazione del cristallino, dovrebbe ritenersi esistente l’altra ipotesi di colpa, parimenti contestata nel capo d’imputazione, di aver proceduto all’intervento in una situazione che non lo consentiva (tanto più se fosse vera l’ipotesi del ricorrente secondo cui gli era inibito di praticare l’anestesia generale).

Era dunque obbligo dell’imputato porsi in condizione di completare l’intervento e se fosse stato accertato, come sostiene il ricorrente, che l’anestesia loco regionale era impossibile da praticare, egli avrebbe dovuto sottoporre la paziente ad anestesia generale per il gravissimo pericolo, poi verificatosi, che dalla ferita lasciata aperta si verificasse l’emorragia espulsiva che ha cagionato la perdita della vista all’occhio interessato dall’intervento. Si tratta infatti di evento prevedibile come hanno accertato i giudici di merito (v. p. 15 della sentenza impugnata e p. 30 di quella di primo grado).

Del resto il ricorrente non propone motivi che riguardino specificamente l’elemento soggettivo del reato.

6) Il ricorrente propone invece un motivo che riguarda specificamente il giudizio controfattuale.

Si afferma nel ricorso che non poteva ritenersi che l’anestesia generale avrebbe evitato il verificarsi dell’evento in termini di elevata credibilità razionale perchè l’intubazione, che deve necessariamente essere praticata in questo tipo di anestesia, è idonea a provocare l’effetto espulsivo in concreto verificatosi.

La censura non è peraltro condivisibile. I giudici di merito hanno accertato sostanzialmente in termini di certezza che l’evento espulsivo si è verificato per due ragioni: la breccia lasciata aperta e il tempo decorso (un’ora e venti minuti) tra l’apertura della medesima e l’intervento dei medici dell’ospedale di Lecce. Se la breccia fosse stata chiusa (eventualmente previa anestesia generale) "quell’evento" non si sarebbe verificato e solo in termini congetturali possiamo ipotizzare che avrebbe potuto verificarsi un evento analogo avente però una causa diversa.

Il comportamento alternativo lecito richiesto all’agente era quello descritto. Il giudizio controfattuale sull’efficacia impeditiva della condotta richiesta deve compiersi in relazione al medesimo evento che si è verificato e non facendo riferimento ad un evento diverso anche se analogo nelle conseguenze.

L’agente risponde infatti di ciò che ha cagionato e – salvo il caso in cui l’evento si sarebbe comunque verificato in relazione al medesimo processo causale, nei medesimi tempi e con la stessa gravità o intensità (sì da poter dire che l’evento non era evitabile) – la responsabilità non è esclusa perchè l’evento cagionato è diverso da quello alternativo che si sarebbe ugualmente e ipoteticamente verificato.

L’agente risponde di quell’evento che ha provocato non di un altro evento ipotizzato anche se destinato a prodursi ugualmente. Nessuno sosterrebbe che uccidere un condannato a morte mentre sta per essere giustiziato non costituisca reato per mancanza del rapporto di causalità; non v’è ragione per cui il medico non debba rispondere di un evento provocato al paziente anche se è ipotizzabile che, in tempi diversi e con modalità diverse, il medesimo evento si sarebbe potuto realizzare.

7) Infondati sono anche gli altri motivi di ricorso. Il rigetto della richiesta di nominare un nuovo perito – al di là della configurabilità della violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. d), esclusa dalla giurisprudenza di legittimità – si riferiva infatti per come è riportata nei motivi di ricorso, alla praticabilità dell’anestesia loco-regionale, argomento irrilevante per quanto si è già detto.

Con riguardo invece alla censura di cui al sesto motivo di ricorso – con il quale si censura la sentenza impugnata per aver escluso la qualificazione del reato come lesioni gravissime ma di aver confermato la sentenza di primo grado che così aveva qualificato il reato – si osserva che la sentenza ha ritenuto che dovesse ravvisarsi l’ipotesi delle lesioni gravi ma non ha ritenuto di modificare la pena. La mancata indicazione della ritenuta ipotesi non e riportata nel dispositivo ma la motivazione si esprime chiaramente nel senso voluto dal ricorrente che peraltro non si duole della mancata riduzione della pena per cui viene meno il presupposto per qualsiasi pronunzia da parte del giudice di legittimità (che peraltro il ricorrente neppure indica limitandosi ad enunciare l’iter argomentativi del giudice di appello).

8) Alle considerazioni in precedenza svolte consegue il rigetto del ricorso con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali oltre alle statuizioni a favore della parte civile di cui al dispositivo.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione, Sezione 4^ penale, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali nonchè alla rifusione in favore della costituita parte civile delle spese di questo giudizio che liquida in Euro 2.500,00 oltre IVA, CPA e spese generali come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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