T.A.R. Lazio Roma Sez. II ter, Sent., 22-07-2011, n. 6629

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con il ricorso in trattazione la società Inerti Vignola s.r.l. (d’ora in poi soltanto Siv) ha impugnato la determinazione del Comune di AntrodocoArea tecnica n. 210 del 7.7.2010, con la quale – preso atto del contenuto dell’ordinanza del Consiglio di Stato, sez. V, n. 2807/2010, ed in ottemperanza a quanto ivi disposto -, si è determinato di autorizzare l’attività di coltivazione della cava Vipirelle sita nel territorio comunale, ai sensi dell’articolo 12 della L.R. Lazio n. 17 del 2004, secondo il progetto presentato dalla società ADL s.r.l. e di provvedere alla sottoscrizione della relativa convenzione, con la specifica subordinazione dell’efficacia dei detti atti all’esito del giudizio pendente dinanzi al T.A.R. Lazio rg. n. 2539/2010 nonché della successiva determinazione n. 223 del 7.7.2010, con la quale, ad integrazione, sono state imposte alcune prescrizioni.

Ne ha dedotto l’illegittimità per i seguenti motivi di censura:

1. Violazione degli articoli 14, 14 ter e 14 quater della legge 7 agosto 1990, n. 241.

La conferenza di servizi indetta sarebbe viziata in quanto non sarebbe stata effettuata una previa corretta istruttoria della pratica relativa, non essendo state invitate a parteciparvi le autorità preposte alla tutela dei diversi vincoli esistenti sull’area interessata, le quali avrebbero dovuto esprimere i pareri di competenza per il cui rilascio vigerebbe il principio del silenzio diniego.

2. Violazione e falsa applicazione degli articoli 12, 30 e 31 della L.R. Lazio 6 dicembre 2004, n. 17, e del relativo regolamento regionale di attuazione 16 aprile 2005, n. 5, incompetenza ed eccesso di potere.

Nel caso di specie dovrebbe trovare applicazione il disposto di cui all’articolo 30 della L.R. Lazio n. 17 del 2004, norma transitoria in vigore fino all’adeguamento del P.T.P.G. al P.R.A.E., evento che, al momento, non si sarebbe ancora verificato.

Ed infatti non si tratterebbe della prosecuzione della medesima attività, avendo il comune provveduto a bandire una gara per la riassegnazione della cava e trattandosi di un nuovo e distinto soggetto giuridico rispetto all’originario titolare, il quale avrebbe, pertanto, bisogno di un nuovo ed apposito titolo autorizzatorio, essendo la precedente concessioneconvenzione divenuta inefficace per il decorso del termine, non avendo il comune prorogato la durata della stessa, invece richiesta da parte dellla ricorrente ai sensi dell’articolo 34 della L.R. n. 17 del 2004.

3. Violazione dell’articolo 3 della legge n. 241 del 1990 ed eccesso di potere per difetto di istruttoria, contraddittorietà ed illogicità manifesta.

Il provvedimento comunale reso nell’ambito della conferenza di servizi varrebbe esclusivamente ai fini urbanistici ed edilizi.

La motivazione addotta nella richiamata ordinanza del C.d.S. non sarebbe idonea a supportare il provvedimento in concreto adottato da parte del comune che, procedendo in tal modo, si è contraddetto rispetto ai precedenti atti e sulla base delle stesse argomentazioni; sarebbe, infatti, stato sufficiente, al fine di ottemperarvi, riconvocare la conferenza di servizi ai fini dell’acquisizione di tutti i pareri presupposti necessari.

La società A.D.L. s.r.l. si è costituita in giudizio depositando memoria in data 22.10.2010, con la quale ha eccepito, in via preliminare, l’irricevibilità per tardività dell’impugnazione della conferenza di servizi del 4.12.2009, essendo venuta la ricorrente a conoscenza della detta circostanza a seguito dell’intervento nel collegato giudizio di cui al rg. n. 4105/2010 pendente dinanzi al C.d.S., avente ad oggetto la deliberazione di revoca della conferenza n. 58/2010 (ed essendo, invece, stato notificato il presente ricorso soltanto alla data del 16.9.2010, altrettanto sarebbe a dirsi per le due deliberazioni nn. 210 e 223 del 2010, rispettivamente del 7.7.2010 e del 16.7.2010) nonché l’inammissibilità per mancanza di un interesse concreto ed attuale; nel merito ha dedotto che tutte le autorità competenti erano state invitate a partecipare alla conferenza di servizi del 4.12.2009 e che, pertanto, la conferenza doveva ritenersi conclusa con il rilascio in suo favore della richiesta autorizzazione e che, trattandosi di cava già esistente e non ancora esaurita, il procedimento corretto da seguire era quello di cui al richiamato articolo 12, dovendosi, nella sostanza, proseguire nell’attività estrattiva e non invece dare vita ad una nuova cava. Infine quanto ai pareri viene fatto rilevare come l’area sia destinata a cava da oltre un trentennio, previo parere favorevole della stessa Regione Lazio.

La Regione Lazio ha depositato documentazione concernente la vicenda in data 27.10.2010 e si è costituita in giudizio con comparsa di mera forma in data 28.10.2010.

Il Comune di Antrodoco si è costituito in giudizio in data 26.10.2010 depositando memoria difensiva, con la quale ha dedotto l’infondatezza nel merito del ricorso dando, tuttavia, contestualmente atto che la società ADL, invitata alla sottoscrizione della convenzione, si è determinata in senso contrario, citando in giudizio il comune per vederlo condannare al risarcimento del danno conseguente, rappresentato dal mancato conseguimento dei vantaggi che le sarebbero derivati dalla stipulazione del contratto che, invece, non è stato sottoscritto.

Con memoria del 13.4.2011, la società ADL ha controdedotto alla memoria della regione ed ha insistito per il rigetto del ricorso.

Con memoria del 30.3.2011 la regione ha ulteriormente illustrato le proprie difese, evidenziando come il proprio parere negativo al rilascio dell’autorizzazione alla società ADL fosse motivato dalla circostanza della ricadenza della cava nella fascia di rispetto di un corso di acqua pubblica ed in zona gravata da uso civico, in quanto area boscata, e ribadendo la necessità che venisse seguito il procedimento (di cui al più volte richiamato articolo 30 della legge regionale) di competenza regionale e, non invece, comunale, con la produzione, da parte della società ADL, di tutta la complessa documentazione di cui all’articolo 4 del regolamento regionale n. 5 del 2005.

Con la memoria del 29.3.2011 la società ADL ha ribadito, in particolare, le eccezioni preliminari in rito di cui alla memoria di costituzione ed ha, comunque, insistito per la sua infondatezza nel merito ed il conseguente rigetto.

Alla pubblica udienza del 4.5.2011 il ricorso è stato trattenuto per la decisione alla presenza degli avvocati delle parti come da separato verbale di causa.

Motivi della decisione

Il ricorso in trattazione è infondato nel merito per le considerazioni che seguono.

La Legge Regionale Lazio 6 dicembre 2004, n. 17, dispone all’articolo 8, comma 10, testualmente che "… 10. I comuni competenti al rilascio delle autorizzazioni di cui agli articoli 11 e 12 convocano apposite conferenze di servizi, anche presso la sede della CRC. Qualora i comuni competenti abbiano una popolazione inferiore a quindicimila abitanti ovvero la cava o torbiera insista nel territorio di più comuni, la conferenza di servizi può essere convocata dalle province, previa intesa con i comuni interessati. Alle conferenze di servizi sono invitati a partecipare i soggetti comunque coinvolti ad esprimere pareri, nulla osta o atti di assenso comunque denominati previsti dalla normativa vigente….".

Il richiamato articolo 12, rubricato "Autorizzazione per l’attività di coltivazione di cava e torbiera e per il relativo ampliamento. Proroga della durata dell’autorizzazione", dispone a sua volta, testualmente, che "1. L’attività di coltivazione di cava e torbiera ed il relativo ampliamento sono autorizzati, ai sensi dell’articolo 63, comma 2, lettera a), della L.R. n. 14/1999 e successive modifiche, dal comune nel cui territorio si intende svolgerli, in conformità ai contenuti del PRAE e previa indizione della conferenza di servizi di cui all’articolo 8, comma 10, della presente legge per l’acquisizione dei pareri, nulla osta o atti di assenso comunque denominati previsti dalla normativa vigente.

2. Le modalità per la presentazione della domanda e la relativa documentazione, ai fini del rilascio dell’autorizzazione, sono disciplinate, rispettivamente, dai regolamenti comunali e dal regolamento regionale di cui all’articolo 7.

3. Il comune, entro quindici giorni dal ricevimento della domanda, verificata la compatibilità urbanistica del progetto, inoltra la domanda stessa e la relativa documentazione alla struttura regionale competente in materia di attività estrattive, che la invia alla CRC per gli adempimenti di cui all’articolo 8, comma 2, lettera a).

4. L’autorizzazione per l’attività di coltivazione di cava e torbiera è rilasciata dal comune, entro i termini fissati dal regolamento comunale, per un periodo non superiore a venti anni. La durata dell’autorizzazione deve essere proporzionata al piano di coltivazione e di recupero ambientale….

7. Il comune autorizza, altresì, le varianti al piano iniziale di coltivazione e di recupero ambientale, previa indizione della conferenza di servizi di cui all’articolo 8, comma 10.

8. Ove il comune non provveda in merito alla domanda di autorizzazione per l’attività di coltivazione di cava e torbiera nei termini previsti dal regolamento comunale o non adotti gli altri atti obbligatori nell’ambito delle funzioni delegate in materia di attività estrattive, la Regione, previa diffida a provvedere entro i successivi trenta giorni, esercita, nel rispetto del principio di leale collaborazione, i poteri sostitutivi previsti dall’articolo 19 della L.R. n. 14/1999 e successive modifiche.

9. Qualora l’autorizzazione venga rilasciata per successivi lotti o fusi di coltivazione, il recupero ambientale deve avvenire contestualmente alla coltivazione, secondo le modalità ed i tempi previsti dal piano di coltivazione e di recupero ambientale.".

L’articolo 30 della medesima legge, collocato nel Capo V – Disposizioni transitorie e finali – Modifiche alla legge regionale 6 agosto 1999, n. 14 e successive modifiche, rubricato "Apertura di nuove cave e torbiere ed ampliamenti", dispone invece che "1. Non si possono, di norma, rilasciare autorizzazioni per l’apertura di nuove cave e torbiere fino all’adeguamento del PTPG al PRAE, ai sensi dell’articolo 10, salvo quanto stabilito al presente articolo.

2. A decorrere dalla data di entrata in vigore del regolamento regionale di cui all’articolo 7, l’apertura di nuove cave e torbiere, in assenza dei PTPG, adeguati ai sensi dell’articolo 10, può essere autorizzata dalla Giunta regionale solo in caso di preminente interesse socioeconomico sovracomunale, previo parere vincolante delle commissioni consiliari competenti in materia di attività produttive ed ambiente, sulla base delle risultanze della conferenza di servizi di cui all’articolo 8, comma 10. Ove sia ritenuto sussistente l’interesse sovracomunale l’attività estrattiva può essere esercitata in zona compatibile in base agli strumenti urbanistici generali vigenti o in zona agricola non vincolata….".

Ai fini della risoluzione della controversia di cui trattasi, pertanto, è dirimente la valutazione concernente la riconducibilità della fattispecie all’esame all’una od all’altra delle norme richiamate ai fini della verifica relativa alla competenza regionale o comunale all’adozione del provvedimento di autorizzazione della cava di cui trattasi.

E, al riguardo, non può se non richiamarsi quanto già in precedenza è stato dedotto sul punto relativamente alla medesima vicenda di cui trattasi.

Nella sostanza trattasi non di una nuova cava bensì di una cava già esistente e non esaurita e, pertanto, oggetto del bando di gara era la prosecuzione dell’attività estrattiva in precedenza posta in essere da parte della società ricorrente dal 1999.

In particolare, al riguardo, il richiamo va necessariamente effettuato alle argomentazioni spese nella sentenza di questa sezione n. 4586/2009 (confermata in sede di appello cautelare da parte del C.d.S.).

Con la predetta decisione, infatti, è stato testualmente rilevato che la prospettazione di cui agli atti di quel giudizio della SIV, secondo cui "ove la concessione fosse rilasciata a soggetto terzo, questi dovrebbe chiedere l’autorizzazione per nuova apertura di cava, ai sensi del regime transitorio della L.R. n. 17/2004", non coglie nel segno, atteso che "non è esatta l’affermazione conclusiva della ricorrente secondo cui un soggetto diverso non potrebbe che chiedere l’autorizzazione per l’apertura di nuova cava. Invero il titolo che dovrà essere rilasciato al nuovo gestore non potrà non tener conto dell’esistenza attuale della cava e dei lavori ivi eseguiti dal gestore uscente".

D’altronde la dedotta prospettazione è stata, altresì, ulteriormente confermata dal Consiglio di Stato che, con l’ordinanza n. 2807/2010, in riforma dell’ordinanza di rigetto della sezione emessa nel collegato ricorso rg. n. 2539/2010, ha testualmente rilevato che in sede di primo esame non è stata adeguatamente valutata "la condizione di esistenza della cava".

Quanto, poi, all’ulteriore profilo dedotto, si osserva che, attesa la motivazione di cui alla richiamata ordinanza del C.d.S. (letta in combinato con l’atto di appello della società ADL), i provvedimenti impugnati ne appaiono costituire la regolare ed esatta ottemperanza, anche nel riferimento puntuale quanto al pericolo di danno alla stipulazione della convenzione, nella considerazione che, appunto, nella fattispecie all’esame, opera l’articolo 12 e che tutte le autorità coinvolte nel procedimento di rilascio della richiesta autorizzazione (regionali preposte ai vincoli) comunque, erano state puntualmente invitate a partecipare alla indetta conferenza di servizi; deve, altresì, essere tenuto nella debita considerazione come la cava di cui trattasi esiste da oltre 30 anni e la coltivazione della stessa è stata effettuata in passato su parere favorevole della Regione Lazio che aveva anche dato il proprio parere favorevole alla proroga alla SIV per ulteriori 5 anni.

Per le considerazioni che precedono il ricorso è infondato nel merito e deve, pertanto, essere respinto.

Quanto alle spese e alle competenze di giudizio, tenuto conto della questione interpretativa posta con il ricorso, se ne dispone l’integrale compensazione tra le parti..

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *