Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 08-06-2011) 19-07-2011, n. 28745 Violenza sessuale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ordinanza del 15 dicembre 2010, il Tribunale del Riesame di Salerno accoglieva parzialmente l’appello proposto dal Pubblico Ministero avverso l’ordinanza con la quale, il 20 settembre 2010, il G.I.P. del Tribunale di quella città aveva rigettato la richiesta di applicazione della misura cautelare della custodia in carcere nei confronti di R.S., indagato per violenza sessuale in danno di minori e detenzione di materiale pedopornografico.

Il Tribunale, in particolare, disponeva l’applicazione della misura relativamente ad un capo dell’imputazione provvisoria concernente la violazione degli art. 81 cpv. e 609 bis c.p., art. 609 ter c.p., comma 2, art. 609 septies c.p., comma 4, n. 1 in danno del minore di anni dieci T.M., il quale, in due circostanze, veniva chiuso a chiave all’interno della stanza da letto del R. con minaccia di non farlo uscire se non avesse mostrato i genitali e costretto a subire il toccamento degli stessi.

Avverso tale pronuncia il R. proponeva ricorso per cassazione.

Premessa una ricostruzione dei fatti deduceva, con un primo motivo di ricorso, la violazione di legge ed il vizio di motivazione, osservando che la decisione dei giudici del riesame era stata adottata senza la preventiva verifica dell’attitudine del bambino a testimoniare e della sua credibilità, resa vieppiù necessaria dalla circostanza che le dichiarazioni della persona offesa risultavano smentite da quelle rese da altro minore ritenuto abusato e presente ai fatti.

La decisione impugnata era anche caratterizzata da una arbitraria scomposizione del quadro indiziario complessivo e dalla conseguente valorizzazione unilaterale delle dichiarazioni della sola persona offesa, tanto che, con riferimento all’abuso nei confronti di altro minore ( RO.Lu.), presente ai fatti e sessualmente abusato unitamente al T., il Tribunale era pervenuto ad un giudizio di insufficienza del compendio istruttorio procedendo, così, con una motivazione apparente o comunque contraddittoria.

Aggiungeva che le dichiarazioni della persona offesa non trovavano conferma neppure nell’esito degli accertamenti tecnici eseguiti sul suo telefono cellulare, che non avevano evidenziato la presenza di foto di contenuto pedopornografico, pur avendo il minore dichiarato di essere stato fotografato nelle parti intime in occasione degli abusi subiti.

Con un secondo motivo di ricorso rilevava il vizio di motivazione e la violazione di legge, deducendo che il Tribunale avrebbe dovuto dichiarare inammissibile l’appello del Pubblico Ministero, connotato dalla proposizione di una lettura alternativa del quadro indiziario senza alcuna contestazione dell’inutilizzabilità delle dichiarazioni della persona offesa ritenuta dal G.I.P., le cui valutazioni erano state immotivatamente superate dai giudici del riesame in palese violazione del principio di devoluzione.

Con un terzo motivo di ricorso la violazione di legge ed il vizio di motivazione erano dedotti in relazione alla ritenuta sussistenza dell’esigenza cautelare di cui all’art. 274 c.p.p., lett. c) senza alcun giudizio prognostico basato su criteri di probabilità ed attualità della reiterazione di delitti della stessa specie e senza considerazione del tempo trascorso dalla data di commissione del reato contestato.

Insisteva, pertanto, per l’accoglimento del ricorso.

Motivi della decisione

Il ricorso è infondato.

Occorre preliminarmente rilevare che i giudici del riesame, dopo aver ricostruito la vicenda fattuale e richiamato il contenuto del provvedimento del G.I.P. impugnato dal Pubblico Ministero, hanno dato atto della produzione, da parte dello stesso, di nuovi documenti recanti l’esito di ulteriori accertamenti eseguiti dopo il diniego di emissione della misura custodiate e relativi a dichiarazioni di persone informate sui fatti, tra i quali alcuni minori escussi alla presenza dei genitori o dell’assistente sociale su delega dello stesso P.M. ed alla consulenza tecnica sul cellulare dell’indagato.

Dando atto della circostanza che tali ulteriori elementi erano stati oggetto di piena ed adeguata valutazione in contraddittorio tra le parti, hanno proceduto ad una nuova complessiva verifica del quadro indiziario così arricchito, ritenendo i fatti commessi in danno del T. connotati dall’attenuante della "minore gravità" e pervenendo ad un diverso giudizio per quanto attiene gli episodi che vedevano coinvolto l’altro minore, RO.Lu..

Tale valutazione viene operata attraverso un ragionamento del tutto coerente ed immune da vizi logici, in quanto il Tribunale indica chiaramente quale accrescimento di elementi utili abbiano fornito le ulteriori indagini del Pubblico Ministero rispetto a quelli che il G.I.P. aveva a disposizione all’atto della sua pronuncia ed il cui contenuto viene ritenuto condivisibile dallo stesso Tribunale, il quale definisce sì granitico l’apparato motivazionale, ma superato dalle nuove allegazioni, puntualmente indicate.

Il nuovo compendio indiziario viene poi ritenuto sufficiente per quanto attiene all’episodio in danno del T., mentre si evidenziano residui profili di incertezza per quanto attiene al secondo evento.

Tale distinzione, che evidenzia un doveroso scrupolo e non una manifesta contraddizione, viene operata dai giudici del riesame ritenendo determinante la negazione, da parte della persona offesa, sull’episodio in contestazione e l’assenza di specifici accertamenti che il Pubblico Ministero non aveva ancora effettuato, in quanto quelli relativi all’abuso in danno del T., determinanti per la specifica vicenda, lasciavano sostanzialmente immutata quella riguardante il RO..

La differenza veniva colta, in particolare, nel fatto che grazie agli ulteriori accertamenti potevano ritenersi colmate le lacune individuate dal G.I.P. per quanto riguarda gli episodi concernenti il minore T., il quale aveva riferito chiaramente i fatti, mentre la negazione degli stessi fatti da parte del RO. richiedeva verifiche ulteriori.

Ciò posto, deve rilevarsi che il Tribunale ha ritenuto utilizzabili le dichiarazioni rese dal minore abusato nella fase delle indagini preliminari, pur in assenza di una verifica di capacità a testimoniare non ancora effettuata dall’organo dell’accusa rinvenendo numerosi riscontri nelle dichiarazioni rese da altri otto minori escussi.

Non vi era nessun obbligo, per il Pubblico Ministero, di procedere ad una preventiva consulenza sulla persona del minore abusato, che potrà essere effettuata in una fase successiva delle indagini in corso, così come potrà procedersi a sentire nuovamente il minore con altre modalità, anche mediante incidente probatorio.

La ritenuta sufficienza del quadro indiziario rendeva inoltre evidentemente irrilevante l’esito dell’accertamento sul telefono cellulare del ricorrente ove, tuttavia, erano presenti normali fotografie del T. e di altri minori delle quali i giudici del riesame hanno dato conto.

Per quanto riguarda il secondo motivo di ricorso, deve osservarsi che il Tribunale ha correttamente richiamato la condivisibile giurisprudenza di questa Corte in tema di effetto integralmente devolutivo dell’appello del Pubblico Ministero e secondo la quale l’impugnazione del P.M. avverso il provvedimento di diniego di emissione dell’ordinanza cautelare per l’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza devolve al giudice di appello la verifica di tutte le condizioni richieste per l’adozione delle misure cautelari (Sez. 6 n. 10032, 11 marzo 2010).

Il Tribunale ha fatto dunque buon uso del richiamato principio, con la conseguenza che l’ordinanza impugnata si presenta, anche sul punto, del tutto immune da censure.

Parimenti infondato risulta il terzo motivo di ricorso.

Il Tribunale ha ritenuto sussistente il pericolo di reiterazione del reato sulla base dei dati acquisiti e consistenti nelle numerose dichiarazioni delle persone escusse e dalle relazioni di terapeuti ed assistenti sociali che hanno avuto in cura il ricorrente, il quale è risultato aduso a convincere o costringere minori al compimento di atti sessuali.

Di tali sue attività il provvedimento impugnato fornisce, anche attraverso la sintesi delle suddette dichiarazioni, un quadro ampio e dettagliato.

Tale attestazione appare del tutto sufficiente e perfettamente in linea con la giurisprudenza di questa Corte che ha affermato come l’effettuazione della prognosi di pericolosità possa riguardare anche le modalità dell’azione (Sez. 5 n. 21441, 22 maggio 2009).

Quanto requisito della "concretezza" richiesto dall’art. 274 c.p.p., lett. c), deve ricordarsi che esso non va identificato con quello di "attualità" intesa come sussistenza di occasioni imminenti propizie per la commissione di nuovi reati, bensì quale condizione oggettiva della sussistenza di elementi non meramente congetturali e, pertanto "concreti", che consentano di ritenere che l’indagato, avendone l’occasione, possa commettere reati contemplati dalla menzionata disposizione (Sez. 1 n. 25214, 17 giugno 2009; Sez. 3 n. 26833, 15 giugno 2004; Sez. 1 n. 10347, 4 marzo 2004).

Della sussistenza di tale condizione il Tribunale ha dato atto, peraltro senza ignorare le condizioni psicofisiche in cui versa il ricorrente, per il quale ha disposto procedersi all’osservazione ai sensi del D.P.R. n. 230 del 2000, art. 112.

Il ricorso deve pertanto essere rigettato con le consequenziali statuizioni indicate in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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