T.A.R. Lazio Roma Sez. II ter, Sent., 22-07-2011, n. 6628

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Comune di Antrodoco – dopo avere denegato alla società S.I.V. s.r.l. (d’ora in poi soltanto SIV) la richiesta proroga della convenzione n. 24 del 24.8.1988 avente ad oggetto la coltivazione di una cava, sita in località "Viperelle" del territorio comunale – ha bandito, nel mese di luglio 2007, una gara per l’assegnazione della detta area di cava, conclusasi con l’aggiudicazione in favore della società A.D.L. s.r.l. (d’ora in poi soltanto ADL), la quale ha, quindi, presentato al comune la domanda ai fini del rilascio dell’autorizzazione alla coltivazione della cava in questione con la relativa allegata documentazione.

Il comune, quindi, ai fini della trattazione della detta domanda, ha convocato una apposita conferenza di servizi per il giorno 4.12.2009 "per il rilascio dell’autorizzazione per l’attività di coltivazione di materiali di cava e torbiera ai sensi dell’art. 12 della L.R. n. 17/2004… conformemente all’art. 8 comma 10 della L.R. n. 17/2004".

All’indicata riunione, nell’assenza dei rappresentanti della regione, pur regolarmente convocati, il responsabile del Servizio Tecnico del comune, riteneva "il progetto presentato meritevole di approvazione".

Tuttavia, il comune, con la lettera del 4.3.2010, pervenuta in data 8.3.2010, ha inoltrato alla società ricorrente la determinazione del responsabile del Servizio LL.PP/Urbanistica del Comune di Antrodoco n. 58 del 3 marzo 2010, con la quale, in sede di "annullamento del Verbale della conferenza di servizi del 4 dicembre 2009 convocata ai sensi dell’art. 8, co. 10 della L.R. 17/04", è stato determinato di "non autorizzare l’attività di coltivazione di materiali di cava e torbiera, secondo il progetto presentato dalla ditta A.D.L. s.r.l., in quanto ogni valutazione espressa in sede di CDS rileva ai soli fini urbanistici", invitando la società ADL ad uniformarsi a quanto richiesto, per la parte di competenza dagli enti sovracomunali.

Con il ricorso in trattazione la società ADL ha impugnato il detto ultimo provvedimento, deducendone l’illegittimità per i seguenti motivi di censura:

1. Violazione e falsa applicazione degli articoli 7, 8, 9, 10 e 10 bis della legge 7 agosto 1990, n. 241.

La impugnata determinazione rappresenterebbe, nella sostanza, un provvedimento di revoca in autotutela dell’autorizzazione rilasciata che, tuttavia, non sarebbe stato preceduto dalla necessaria comunicazione dell’avvio procedimentale di cui all’articolo 7 della legge n. 241 del 1990, con la conseguente impossibilità, per la società ricorrente, di prendere concretamente parte al detto procedimento al fine di fare valere le proprie ragioni.

2. Violazione e falsa applicazione dell’articolo 21 nonies della legge 7 agosto 1990, n. 241, ed eccesso di potere per difetto di un’idonea motivazione.

L’impugnato provvedimento di revoca in autotutela sarebbe stato adottato, da parte dell’amministrazione comunale, sul solo presupposto dell’incontro intervenuto con l’Ispettore di Polizia Mineraria, il quale ha rilevato come la competenza al rilascio dell’autorizzazione alla coltivazione della cava di cui trattasi, ai sensi degli articoli 30 e 31 della L.R. Lazio n. 17 del 2004, spetterebbe alla Regione Lazio e non invece al Comune di Antrodoco, come, peraltro, in precedenza rilevato con la nota della regione di cui al prot. n. 115094 del 2.7.2009 e, comunque, emerso nella riunione del 18.1.2010.

Conseguentemente sarebbe mancata l’indicazione, da parte dell’amministrazione comunale, delle ragioni esatte sulla base delle quali si è proceduto, atteso che la motivazione addotta, in realtà, era già conosciuta in epoca antecedente alla convocazione della conferenza di cui trattasi; il provvedimento impugnato, inoltre, sarebbe stato impugnato ben oltre i termini ragionevoli di legge.

3. Violazione e falsa applicazione degli articoli 14 e ss. della legge 7 agosto 1990, n. 241, ed eccesso di potere per difetto di un’idonea motivazione e per carenza dei presupposti.

Le note cui l’amministrazione comunale si riporta ai fini della motivazione della impugnata revoca attengono a pareri resi in un momento successivo all’intervenuta conclusione della conferenza di servizi e, pertanto, palesemente tardivi rispetto all’intervenuta formazione del provvedimento di autorizzazione richiesto.

4. Violazione e falsa applicazione della legge regionale n. 17 del 2004 ed eccesso di potere per carenza dei presupposti.

In ogni caso, nella specie, non potrebbe trovare applicazione il richiamato disposto di cui all’articolo 30 della L.R. Lazio n. 17 del 2004, bensì il precedente articolo 12, trattandosi di cava esistente e non ancora esaurita (e non di nuova cava o di riapertura di cava esaurita), che, invece, attribuisce la relativa competenza all’amministrazione comunale.

La società ricorrente chiede inoltre il risarcimento dei danni conseguenti all’illegittimità degli impugnati provvedimenti in conseguenza del ritardo nella stipulazione della convenzione di cui trattasi che sarebbe dovuta avvenire, secondo apposita clausola del bando di gara, nel termine dei 30 giorni dal rilascio dell’autorizzazione, quantificati, tra perdite subite e mancati guadagni, in una somma complessiva tra i 100.000,00 ed i 20.000,00 euro, salva diversa quantificazione a cura del giudice in via equitativa.

Con il decreto n. 1348/2010 del 25.3.2010 è stata respinta l’istanza di sospensione dell’esecutività dei provvedimenti impugnati.

Il Comune di Antrodoco si è costituito in giudizio, in data 9.4.2010, depositando memoria difensiva, con allegata documentazione, con la quale ha argomentatamene dedotto l’infondatezza nel merito del ricorso, del quale ha chiesto il rigetto.

Con l’ordinanza n. 1592/2010 del 13.4.2010 (riformata in appello con l’ordinanza del Consiglio di Stato n. 2807/2010 del 9.6.2010) è stata respinta l’istanza di sospensione dell’esecutività dei provvedimenti impugnati.

Con l’atto di intervento notificato alle parti del processo in data 9.7.2010, è intervenuta, ad opponendum, la società SIV – in qualità di gestore uscente – che ha dedotto l’infondatezza nel merito del ricorso, chiedendone il rigetto.

Con la memoria del 3.3.2011 il comune ha reiterato le proprie difese, insistendo per il rigetto del ricorso.

Con la memoria dell’8.4.2010 la società ricorrente ha replicato alle difese avversarie, insistendo per l’accoglimento del ricorso.

Alla pubblica udienza del 4.5.2011 il ricorso è stato trattenuto in decisione alla presenza degli avvocati delle parti come da separato verbale di causa.

Motivi della decisione

Con l’impugnata determinazione dirigenziale è stato denegato il rilascio dell’autorizzazione richiesta dalla società ricorrente ai sensi dell’articolo 12 della L.R. Lazio n. 14 del 2007 per la coltivazione della cava, in accoglimento delle osservazioni formulate al riguardo da parte dell’Ispettorato di polizia Mineraria che, da un lato, ha ritenuto la riconducibilità della fattispecie di cui trattasi al disposto normativo di cui agli articoli 30 e 31 della L.R. lazio n. 17 del 2004 e non invece a quello di cui all’articolo 12 della medesima legge, e, dall’altro, ha confermato – con la nota di cui al prot. n. 7761 del 2.7.2009 e, successivamente, in sede di riunione congiunta in data 18.1.2010 – la competenza della Regione Lazio all’adozione dell’autorizzazione di cui agli articoli 30 e 31 della L.R. Lazio n. 17 del 2004.

In via preliminare deve osservarsi che è comprovato in atti che la società ricorrente, nonostante la riforma intervenuta in sede di appello dell’ordinanza della sezione di rigetto dell’istanza di sospensiva dell’esecutività dei provvedimenti impugnati, non abbia proceduto alla stipulazione della convenzione di cui trattasi; la detta circostanza è stata richiamata da parte della difesa del comune al fine di dedurne la sopravvenuta carenza di interesse della ricorrente alla trattazione nel merito del ricorso in oggetto.

Non si ritiene, tuttavia, di potere accedere alla detta interpretazione, atteso che, come evidenziato da parte della difesa della ricorrente, la mancata stipulazione della convenzione in questione (e la conseguente azione risarcitoria intentata dinanzi al Tribunale civile di Rieti) non è stata determinata dalla sopravvenuta rinuncia della società a perseguirne la conclusione, bensì asseritamene dall’avere ritenuto la stessa che, in realtà, trattavasi di una convenzione diversa rispetto a quella che era stata allegata al bando della gara della quale è risultata aggiudicataria.

Indipendentemente dalla fondatezza della detta censura, che non rileva in questa sede, pertanto, non non può ritenersi che sia venuto meno l’interesse ad una decisione dell’impugnativa.

Nel merito il ricorso è fondato sotto l’assorbente motivo di censura con il quale è stata dedotta la violazione e falsa applicazione dell’articolo 12 della L.R. lazio n. 17 del 2007 per le considerazioni che seguono.

La Legge Regionale Lazio 6 dicembre 2004, n. 17, dispone all’articolo 8, comma 10, testualmente che "… 10. I comuni competenti al rilascio delle autorizzazioni di cui agli articoli 11 e 12 convocano apposite conferenze di servizi, anche presso la sede della CRC. Qualora i comuni competenti abbiano una popolazione inferiore a quindicimila abitanti ovvero la cava o torbiera insista nel territorio di più comuni, la conferenza di servizi può essere convocata dalle province, previa intesa con i comuni interessati. Alle conferenze di servizi sono invitati a partecipare i soggetti comunque coinvolti ad esprimere pareri, nulla osta o atti di assenso comunque denominati previsti dalla normativa vigente….".

Il richiamato articolo 12, rubricato "Autorizzazione per l’attività di coltivazione di cava e torbiera e per il relativo ampliamento. Proroga della durata dell’autorizzazione", dispone a sua volta, testualmente, che "1. L’attività di coltivazione di cava e torbiera ed il relativo ampliamento sono autorizzati, ai sensi dell’articolo 63, comma 2, lettera a), della L.R. n. 14/1999 e successive modifiche, dal comune nel cui territorio si intende svolgerli, in conformità ai contenuti del PRAE e previa indizione della conferenza di servizi di cui all’articolo 8, comma 10, della presente legge per l’acquisizione dei pareri, nulla osta o atti di assenso comunque denominati previsti dalla normativa vigente.

2. Le modalità per la presentazione della domanda e la relativa documentazione, ai fini del rilascio dell’autorizzazione, sono disciplinate, rispettivamente, dai regolamenti comunali e dal regolamento regionale di cui all’articolo 7.

3. Il comune, entro quindici giorni dal ricevimento della domanda, verificata la compatibilità urbanistica del progetto, inoltra la domanda stessa e la relativa documentazione alla struttura regionale competente in materia di attività estrattive, che la invia alla CRC per gli adempimenti di cui all’articolo 8, comma 2, lettera a).

4. L’autorizzazione per l’attività di coltivazione di cava e torbiera è rilasciata dal comune, entro i termini fissati dal regolamento comunale, per un periodo non superiore a venti anni. La durata dell’autorizzazione deve essere proporzionata al piano di coltivazione e di recupero ambientale….

7. Il comune autorizza, altresì, le varianti al piano iniziale di coltivazione e di recupero ambientale, previa indizione della conferenza di servizi di cui all’articolo 8, comma 10.

8. Ove il comune non provveda in merito alla domanda di autorizzazione per l’attività di coltivazione di cava e torbiera nei termini previsti dal regolamento comunale o non adotti gli altri atti obbligatori nell’ambito delle funzioni delegate in materia di attività estrattive, la Regione, previa diffida a provvedere entro i successivi trenta giorni, esercita, nel rispetto del principio di leale collaborazione, i poteri sostitutivi previsti dall’articolo 19 della L.R. n. 14/1999 e successive modifiche.

9. Qualora l’autorizzazione venga rilasciata per successivi lotti o fusi di coltivazione, il recupero ambientale deve avvenire contestualmente alla coltivazione, secondo le modalità ed i tempi previsti dal piano di coltivazione e di recupero ambientale.".

L’articolo 30 della medesima legge, collocato nel Capo V – Disposizioni transitorie e finali – Modifiche alla legge regionale 6 agosto 1999, n. 14 e successive modifiche, rubricato "Apertura di nuove cave e torbiere ed ampliamenti", dispone invece che "1. Non si possono, di norma, rilasciare autorizzazioni per l’apertura di nuove cave e torbiere fino all’adeguamento del PTPG al PRAE, ai sensi dell’articolo 10, salvo quanto stabilito al presente articolo.

2. A decorrere dalla data di entrata in vigore del regolamento regionale di cui all’articolo 7, l’apertura di nuove cave e torbiere, in assenza dei PTPG, adeguati ai sensi dell’articolo 10, può essere autorizzata dalla Giunta regionale solo in caso di preminente interesse socioeconomico sovracomunale, previo parere vincolante delle commissioni consiliari competenti in materia di attività produttive ed ambiente, sulla base delle risultanze della conferenza di servizi di cui all’articolo 8, comma 10. Ove sia ritenuto sussistente l’interesse sovracomunale l’attività estrattiva può essere esercitata in zona compatibile in base agli strumenti urbanistici generali vigenti o in zona agricola non vincolata….".

Ai fini della risoluzione della controversia di cui trattasi, pertanto, è dirimente la valutazione concernente la riconducibilità della fattispecie all’esame all’una od all’altra delle norme richiamate ai fini della verifica relativa alla competenza regionale o comunale all’adozione del provvedimento di autorizzazione della cava di cui trattasi.

E, al riguardo, tuttavia, come correttamente rilevato da parte della difesa della società ricorrente, non può se non richiamarsi quanto già in precedenza è stato dedotto sul punto relativamente alla medesima vicenda di cui trattasi.

Nella sostanza trattasi non di una nuova cava bensì di una cava già esistente e non esaurita e, e, pertanto, oggetto del bando di gara era la prosecuzione dell’attività estrattiva in precedenza posta in essere da parte della società controinteressata.

In particolare, al riguardo, il richiamo va necessariamente effettuato alle argomentazioni spese nella sentenza di questa sezione n. 4586/2009 (confermata in sede di appello cautelare da parte del C.d.S.).

Con la predetta decisione, infatti, è stato testualmente rilevato che la prospettazione di cui agli atti di quel giudizio della SIV, secondo cui "ove la concessione fosse rilasciata a soggetto terzo, questi dovrebbe chiedere l’autorizzazione per nuova apertura di cava, ai sensi del regime transitorio della L.R. n. 17/2004", non coglie nel segno, atteso che "non è esatta l’affermazione conclusiva della ricorrente secondo cui un soggetto diverso non potrebbe che chiedere l’autorizzazione per l’apertura di nuova cava. Invero il titolo che dovrà essere rilasciato al nuovo gestore non potrà non tener conto dell’esistenza attuale della cava e dei lavori ivi eseguiti dal gestore uscente".

D’altronde la dedotta prospettazione è stata, altresì, ulteriormente confermata dal Consiglio di Stato che, con l’ordinanza n. 2807/2010, in riforma dell’ordinanza di rigetto della sezione emessa con riferimento al ricorso in trattazione, ha testualmente rilevato che, in sede di primo esame non è stata adeguatamente valutata "la condizione di esistenza della cava".

Per le assorbenti considerazioni che precedono, pertanto, il ricorso deve essere accolto siccome fondato nel merito, con il conseguente annullamento dei provvedimenti impugnati.

Con il ricorso introduttivo del giudizio la società ricorrente ha, tuttavia, ulteriormente chiesto la condanna del comune al risarcimento del danno conseguente.

Al riguardo, in particolare, la richiesta risarcitoria ha interessato i danni conseguenti all’illegittimità degli impugnati provvedimenti in conseguenza del ritardo nella stipulazione della convenzione di cui trattasi che sarebbe dovuta avvenire, secondo apposita clausola del bando di gara, nel termine dei 30 giorni dal rilascio dell’autorizzazione nonché dei danni da lesione dell’immagine della società; i detti danni sono stati quantificati, tra perdite subite e mancati guadagni, in una somma complessiva tra i 100.000,00 ed i 20.000,00 euro, salva diversa quantificazione a cura del giudice in via equitativa.

Con l’ultima memoria la ricorrente ha controdedotto alle difese avversarie nella parte in cui è stata rilevata una duplicità della richiesta risarcitoria, avuto riguardo all’azione di risarcimento dei danni intentata da parte della stessa nei confronti del comune dinanzi al Tribunale di Rieti; in particolare, ha rilevato sul punto che si tratterebbe, in realtà, di danni, e pertanto anche di voci, diversi, essendo i danni richiesti in questa sede relativi al ritardo nella sottoscrizione della convenzione nel limitato periodo dal 3.1.2010 al 7.7.2010 (data di adozione della determinazione n. 210/2010 con la quale il comune ha imposto specifiche prescrizioni ai fini della sottoscrizione della convenzione, modificandone sostanzialmente il relativo contenuto); ha, altresì, per quanto attiene alla relativa quantificazione, evidenziato come gli stessi debbano essere parametrati ai ricavi preventivati in via assolutamente prudenziale nei progetti presentati in sede di gara.

Tanto premesso, la sezione ritiene che la richiesta risarcitoria, così come formulata, non possa essere accolta.

Nel giudizio amministrativo la domanda di risarcimento dei danni è regolata dal principio dell’onere della prova di cui all’art. 2697 c.c., in base al quale chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento, per cui grava sul danneggiato l’onere di provare, ai sensi del citato articolo, tutti gli elementi costitutivi della domanda di risarcimento del danno per fatto illecito (danno, nesso causale e colpa); segue da ciò che il risarcimento del danno non è una conseguenza automatica e costante dell’annullamento giurisdizionale, richiedendo la positiva verifica, oltre che della lesione della situazione soggettiva di interesse tutelata dall’ordinamento, della sussistenza della colpa o del dolo dell’Amministrazione e del nesso causale tra l’illecito e il danno subito.

Ai fini dell’accoglimento dell’azione per risarcimento dei danni davanti al giudice amministrativo, l’accertamento dell’illegittimità dell’atto adottato dall’amministrazione è presupposto necessario, ma non sufficiente, per la configurazione di una responsabilità, costituendo ulteriori passaggi necessari e progressivi la prova dell’esistenza di un danno – che deve essere fornita dall’interessato – e l’accertamento del nesso di causalità diretta ed immediata tra l’evento dannoso e l’atto o il comportamento ascrivibile all’amministrazione a titolo di colpa o di dolo. Quando la prova della sussistenza del danno è nella disponibilità del ricorrente il giudice non è tenuto ad integrare le carenze probatorie delle parti.

Ai fini del risarcimento dei danni provocati da illegittimo esercizio del potere amministrativo, pertanto, il ricorrente deve fornire in modo rigoroso la prova dell’esistenza del danno dedotto nonché la relativa quantificazione; non può, pertanto, ritenersi fondata la domanda volta a detto risarcimento qualora l’istante affermi di aver subito danni in dipendenza di provvedimenti illegittimi, limitandosi a proposizioni del tutto generiche, non sorrette da concreti e circostanziati elementi di prova.

Nel caso di specie la società ricorrente si è, invece, limitata a dedurre il mancato introito dei relativi ricavi, richiamando, ai fini della quantificazione, i prospetti riportanti i ricavi preventivati "in via assolutamente prudenziale nei progetti presentati in sede di gara".

La relativa richiesta risarcitoria deve conseguentemente essere respinta.

Quanto alle spese e alle competenze di giudizio, tenuto conto della questione interpretativa posta con il ricorso, se ne dispone l’integrale compensazione tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, in parte, lo accoglie e, per l’effetto, annulla i provvedimenti impugnati e, per la parte che residua, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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