Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 08-06-2011) 19-07-2011, n. 28744 Violenza sessuale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con la impugnata ordinanza il Tribunale di Roma, in funzione di giudice del riesame, ha confermato il provvedimento del G.I.P. del medesimo Tribunale in data 26.11.2010, con il quale è stata applicata a D.T. la misura cautelare della custodia in carcere, quale indagato di plurime condotte di abuso sessuale in danno di P.M., minore degli anni diciotto ed affetta da lieve ritardo mentale.

L’ordinanza ha ripercorso le vicende della P., sia del periodo dell’infanzia, in cui era stata abusata sessualmente dal marito di una zia e da altri uomini, sia coeve alla vicenda di cui si tratta.

In data (OMISSIS) la ragazza era stata accompagnata dal padre alla stazione, dovendo rientrare presso una casa famiglia in (OMISSIS). La P., però, era scesa dal treno alla stazione di (OMISSIS) e, dopo alterne vicende, nel corso delle quali aveva avuto rapporti sessuali con altri uomini dietro corrispettivo di piccole somme di danaro, era stata avvicinata dal D. e da F. C. che erano a bordo di una Smart. I due facevano salire la P. sull’auto e la accompagnavano a casa del D., che si era offerto di ospitarla in quanto la minore non poteva permettersi di pagare un albergo. Qui giunti il D. aveva cambiato auto e, sempre insieme al F., aveva portato la ragazza in una zona isolata dove la sottoponeva ad un rapporto anale.

Nella circostanza il F. si era limitato a guardare, dicendo "che bello, un film hard dal vivo". Nel successivi quattro giorni il D. aveva tenuto la ragazza presso la sua abitazione, costringendola a frequenti rapporti anali e vaginali, ad un altro dei quali ancora una volta assistito il F.. Da ultimo, la sera dell'(OMISSIS), durante un rapporto sessuale, per consumare il quale il D. aveva condotto la giovane in un luogo isolato in campagna, la P. si era sentita male e il D. la aveva accompagnata al Pronto Soccorso dell’Ospedale (OMISSIS). Qui il personale di Polizia in servizio presso l’Ospedale aveva accertato che il padre aveva denunciato la scomparsa della figlia pochi giorni prima. Nel prosieguo la P. veniva ricoverata in successione di tempo presso due case famiglia in (OMISSIS). Allorchè era ricoverata nella seconda si accertava che il D. aveva tentato varie volte di mettersi in contatto con la ragazza.

In estrema sintesi, il Tribunale del riesame ha escluso la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza della fattispecie della violenza sessuale di gruppo in relazione agli abusi sessuali cui aveva presenziato il F., mentre ha ritenuto sussistente il grave quadro indiziario a carico del D. in relazione a plurimi fatti di abusi sessuali in danno della P., ai sensi dell’art. 609 bis c.p., comma 1 e comma 2, n. 1). In particolare l’ordinanza ha escluso l’attendibilità della tesi difensiva, secondo la quale i rapporti sessuali sarebbero avvenuti con il consenso della minore nell’ambito di una relazione sentimentale tra i due.

I giudici del riesame hanno altresì ritenuto sussistenti le esigenze cautelari afferenti al pericolo di inquinamento probatorio e di reiterazione della condotta criminosa.

Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso il difensore dell’indagato, che la denuncia per violazione di legge e vizi di motivazione.

In sintesi, si deduce che, da un lato, attraverso la ricostruzione della vicenda non sono emersi elementi da cui possa evincersi che il D. abbia costretto la P. a subire gli atti sessuali con violenza o minacce e, dall’altro, che neppure sono stati indicati nell’ordinanza elementi da cui poter desumere l’approfittamento da parte del D. delle condizioni di inferiorità psichica o fisica della ragazza.

Si osserva che la sussistenza dell’abuso sessuale non può essere affermata solo in ragione della sproporzione fisica, psichica o anagrafica esistenti tra l’indagato e la persona offesa, elementi valorizzati nella impugnata ordinanza, essendo necessario che vi sia stata induzione della parte lesa con abuso della sua condizione di inferiorità; punti sui quali l’accertamento dei giudici di merito è del tutto carente.

In proposito si deduce ancora che i giudici del riesame hanno omesso di valutare elementi rilevanti, quali il fatto che la stessa P. aveva riconosciuto la natura consensuale dei rapporti; le segnalazioni provenienti dai vari centri di accoglienza che avevano ospitato la ragazza sugli atteggiamento fortemente seduttivi della stessa.

Si denunciano infine vizi di motivazione in ordine alla sussistenza delle esigenze cautelari ed alla necessità della misura applicata.

In relazione al pericolo di inquinamento probatorio si deduce che il Tribunale non ha tenuto conto del fatto che era stato lo stesso D. a consentire il rintraccio della ragazza dopo che si era allontanata per l’ennesima volta dalla casa famiglia. In relazione alla natura della misura applicata si denuncia carenza di motivazione in ordine alle ragioni per le quali una misura meno affittiva non sarebbe idonea a evitare il pericolo di reiterazione criminosa.

All’odierna udienza il difensore dell’indagato ha prodotto copia del provvedimento del G.I.P. del Tribunale di Roma in data 22.4.2011 con il quale è stata revocata la misura della custodia cautelare in carcere, applicata all’indagato, per essere venuta meno la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza.

Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile ai sensi dell’art. 591 c.p.p., comma 1 lett. a) per sopravvenuta carenza di interesse.

E’ stato definitivamente affermato da questa Suprema Corte che, a seguito della revoca della misura cautelare custodiate, perchè possa ritenersi comunque sussistente l’interesse del ricorrente a coltivare l’impugnazione in relazione ad una successiva utilizzazione dell’eventuale pronunzia favorevole ai fini del riconoscimento della riparazione per ingiusta detenzione, "è necessario che la circostanza formi oggetto di specifica e motivata deduzione, idonea a evidenziare in termini concreti il pregiudizio che deriverebbe dal mancato accoglimento della stessa, formulata personalmente dall’interessato". (sez. un. 16.12.2010 n. 7931 del 2011, Testini, RV 249002).

Orbene, nel caso in esame, non vi è stata nessuna specifica deduzione personale da parte del ricorrente con riferimento all’interesse all’impugnazione e neppure il difensore ha formulato deduzioni sul punto.

Va, infine, osservato che qualora il venir meno dell’interesse alla decisione del ricorso per cassazione sopraggiunga alla sua proposizione, alla declaratoria di inammissibilità non seguono nè la condanna alle spese processuali nè quella al pagamento della sanzione pecuniaria, non essendo configurabile un’ipotesi di soccombenza, (sez. un. 9.10.1996 n. 20, Vitale, RV 206168).

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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