Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 08-06-2011) 19-07-2011, n. 28742 Revoca e sostituzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con la impugnata ordinanza il Tribunale di Catania ha rigettato l’appello proposto da L.M. avverso il provvedimento del G.I.P. del Tribunale di Modica in data 6.7.2010, con il quale era stata respinta la richiesta di revoca o sostituzione della misura cautelare della custodia in carcere applicata al L. quale indagato del reato di violenza sessuale continuata ed aggravata commessa in danno di C.V. fino al (OMISSIS).

In sintesi, il Tribunale della libertà ha affermato che le risultanze della perizia ginecologica disposta dal G.I.P. sulla persona offesa e l’esito dell’esame di quest’ultima non hanno affievolito il quadro indiziario a carico dell’indagato.

In particolare, con riferimento alla perizia ginecologica, nell’ordinanza si rileva che le parziali lesioni dell’imene appaiono compatibili con un tentativo di penetrazione vaginale e "la presenza di escoriazione multiple nelle pieghe radiate dell’ano" compatibili con un rapporto anale.

Sul punto l’ordinanza ha affermato che la formulazione di ipotesi alternative, quali cause delle rilevate lesioni, non appare dotata di un margine di attendibilità apprezzabile, tale da poter costituire fondamento di un percorso motivazionale differenziato.

L’ordinanza ha infine affermato il permanere delle esigenze cautelari connesse al pericolo di reiterazione criminosa e che l’unica misura adeguata appare la custodia cautelare in carcere, essendo avvenuto, tra l’altro, il fatto di cui alla contestazione proprio in una pertinenza della residenza dell’indagato.

Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso il difensore del L., che la denuncia per violazione di legge e vizi di motivazione.

Con il primo mezzo di annullamento il ricorrente denuncia vizi di motivazione dell’ordinanza e violazione degli artt. 81 cpv., 609 bis e 56 c.p. e art. 273 c.p.p..

Si deduce che il tribunale della libertà ha illogicamente confermato l’esistenza di un quadro indiziario relativo al reato di violenza sessuale continuata ed aggravata, benchè fosse stato accertato che la persona offesa avrebbe subito esclusivamente un tentativo di penetrazione vaginale non riuscito. Il fatto ascritto all’indagato doveva, perciò, essere ricondotto all’ipotesi del tentativo o, al più, a quella meno grave di cui all’art. 609 bis c.p., u.c..

Con il secondo mezzo di annullamento si denuncia il travisamento delle risultanze del verbale dell’incidente probatorio relativo all’esame del perito di ufficio.

Si deduce che, secondo il perito di ufficio, doveva essere escluso che la parziale lesione dell’imene fosse riconducibile ad un episodio di abuso sessuale, potendo essere stata provocata da una caduta o da altro fatto accidentale ovvero compatibile con un atto di autoerotismo. Anche con riferimento alle escoriazioni nelle pieghe radiate dell’ano il perito ha affermato che le stesse potevano essere ricondotte alle patologie di cui soffre la persona offesa, sicchè il quadro indiziario a carico del L. è certamente uscito ridimensionato dall’espletata perizia ginecologica.

Con il terzo mezzo di annullamento si denunciano vizi di motivazione e violazione di legge in relazione agli artt. 273 e 192 c.p.p..

Dopo aver riportato le già precisate ipotesi alternative, quali possibili cause indicate dal perito delle lesioni riscontrate, si deduce che le risultanze indiziarie per poter essere utilizzate quale fonte di prova devono poter resistere ad interpretazioni alternative, il che non si riscontra affatto nel caso in esame.

Con il quarto mezzo di annullamento si denuncia violazione di legge in relazione all’art. 274 c.p.p., lett. c).

In sintesi si deduce che il ridimensionamento del fatto ascritto all’imputato e la sua condizione di incensurato avrebbero dovuto indurre il Tribunale della libertà ad escludere l’esistenza del pericolo di reiterazione criminosa.

Con l’ultimo mezzo di annullamento si denunciano vizi di motivazione e violazione di legge in relazione al disposto degli artt. 275, 285 e 284 c.p.p..

In sintesi si censura l’affermazione della inadeguatezza di una misura alternativa, quali gli arresti domiciliari, a impedire la reiterazione della condotta criminosa.

Si osserva che la rilevanza attribuita dall’ordinanza alla circostanza che il fatto si sarebbe verificato nelle pertinenze della residenza dell’indagato appare riferibile solo ad ipotesi di violenza domestica.

Nel caso in esame, peraltro, il Tribunale avrebbe potuto anche imporre all’indagato le prescrizioni di cui all’art. 184 c.p.p., comma 2, come era stato espressamente dedotto nel secondo motivo di gravame; punto sul quale il Tribunale ha totalmente omesso di pronunciarsi.

Il ricorso non è fondato.

Il primo motivo di gravame non tiene conto dell’innovazione legislativa costituita dall’introduzione della fattispecie criminosa prevista dall’art. 609 bis c.p., che ha determinato il venir meno della pregressa distinzione tra violenza carnale e atti di libidine (abrogati artt. 519 e 521 c.p.), sicchè qualsiasi invasione della sfera sessuale della persona offesa integra la fattispecie criminosa di cui alla contestazione, (cfr. sez. 3, 5.2.2009 n. 10085, RV 243123).

Peraltro, la diminuente del fatto di minore gravità non è affatto legata al carattere più o meno invasivo degli atti sessuali posti in essere, bensì ad una serie di elementi di valutazione riconducibili a quelli indicati dall’art. 133 c.p., comma 1 (sez. 3, 5.7.2006 n. 33479, Greggio, RV 234788).

Con il secondo motivo di ricorso si prospetta solo una diversa valutazione delle risultanze della perizia ginecologica rispetto a quella fatta propria dai giudici di merito e di cui si da esaustivamente conto nel provvedimento impugnato con motivazione immune da vizi logici.

Orbene, è il caso di ricordare che anche a seguito delle modificazioni apportate all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), dalla L. 20 febbraio 2006, n. 46, art. 8, comma 1 lett. b), rimane esclusa la possibilità che la verifica della correttezza e completezza della motivazione si tramuti in una nuova valutazione delle risultanze acquisite, da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito, sicchè il vizio di motivazione è ravvisabile solo nell’ipotesi in cui il giudice di merito abbia fondato il proprio convincimento su una prova che non esiste ovvero su risultanze probatorie incontestabilmente diverse da quelle reali (cfr. sez. 4, 10.10.2007 n. 35683, Servirei, RV 237652; sez. 1, 15.6.2007 n. 24667, Musimeci, RV 237207; sez. 5, 25.9.2007 n. 39048, Casavola ed altri, RV 238215).

Anche il terzo motivo di gravame è infondato.

E’ stato già precisato da questa Corte che "l’attendibilità degli indizi non può essere valutata in astratto, nè rapportata alle conclusioni logicamente infinite che sono compatibili con i fatti noti, ma deve essere riferita alle diverse "storie" alternative che emergano eventualmente dal confronto delle prospettazioni delle parti coinvolte. Pertanto, l’accusato non può limitarsi ad offrire le possibili interpretazioni dei fatti, ma ha l’onere di proporre una plausibile ricostruzione alternativa, se vuole evitare che il giudice compia la verifica di attendibilità degli indizi nella sola prospettiva dell’ipotesi formulata dall’accusa." (sez. 5, 31.10.1995 n. 2471, Annis e altro, RV 203391).

Le interpretazioni alternative del materiale indiziario, per poter inficiare quella coerente con le risultanze di altri mezzi di prova, devono, perciò, a loro volta trovare riscontro in elementi di prova che ne suffraghino la diversa interpretazione, altrimenti restano mere ipotesi astratte, come quelle formulate dal ricorrente, non apprezzabili dal giudice di merito.

Il quarto motivo di gravame è inammissibile, risolvendosi esclusivamente nella censura in punto di fatto della valutazione di merito in ordine al persistere del pericolo di reiterazione criminosa.

E’, infine, infondato l’ultimo motivo di gravame.

La affermazione della inadeguatezza di ogni altra misura cautelare diversa dalla custodia in carcere, assorbente di ogni altra deduzione del ricorrente sul punto, è supportata da adeguata motivazione, immune da vizi logici, che tiene conto delle concrete modalità e circostanze in cui l’imputato ha posto in essere la condotta criminosa, sicchè appare destituita di fondamento la censura secondo la quale detta motivazione potrebbe riferirsi solo ad ipotesi di violenza domestica.

Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato con le conseguenze di legge.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Dispone, inoltre, che copia del presente provvedimento sia trasmessa al Direttore dell’Istituto Penitenziario competente, a norma dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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