Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 06-12-2011, n. 26141 Contratto a termine

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Tribunale di Lucca dichiarava la nullità della clausola appositiva del termine ai contratti di lavoro stipulati tra D. S. e P.L. e la società Poste Italiane, rispettivamente l’11 aprile 2000 ed il 19 ottobre 1998 per le esigenze eccezionali derivanti dal processo di riorganizzazione in atto ex art. 8 del c.c.n.l. 1994 e successivi accordi collettivi;

l’esistenza tra le parti di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato dalle date indicate, condannando la società Poste al pagamento delle retribuzioni dalla data di esperimento del tentativo obbligatorio di conciliazione.

Con sentenza depositata il 4 ottobre 2006, la Corte d’appello di Firenze respingeva il gravame proposto dalla società Poste. Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione la società Poste Italiane, affidato a duplice motivo. Resistono con controricorso il D. e la P.. Entrambe le parti hanno presentato memorie.

Motivi della decisione

E’ stata autorizzata la motivazione semplificata della presente sentenza.

1. -Con i primi due motivi la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 56 del 1987, art. 23 e artt. 1362 e 1363 c.c., nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso decisivo per il giudizio, lamentando che la corte territoriale non aveva correttamente valutato che le parti sociali, a seguito dell’ampia delega loro conferita dall’art. 23, L. cit., erano libere di prevedere nuove e diverse ipotesi di assunzione a termine rispetto a quelle previste dalla L. n. 230 del 1962, e non potevano ritenersi soggette ad alcun limite temporale sino all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 368 del 2001. Denuncia inoltre insufficiente motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio, ravvisato nella erronea subordinazione della legittimità dell’assunzione alla sussistenza di un nesso causale rispetto alle esigenze dedotte.

I motivi, stante la loro connessione, possono essere congiuntamente trattati e risultano infondati.

La sentenza impugnata, infatti, non ha ritenuto le pattuizioni collettive, in tema di individuazione di nuove ipotesi di contratto a tempo determinato L. n. 56 del 1987, ex art. 23, soggette ai requisiti di cui alla L. n. 230 del 1962, art. 1, ma solo che esse avessero inteso prevedere un limite temporale alle specifiche esigenze organizzative legittimanti le assunzioni a termine di cui al c.c.n.l. 26 novembre 1994 e successivi accordi integrativi. L’assunto è pienamente conforme al consolidato orientamento di questa Corte (ex plurimis, Cass. 9 giugno 2006 n. 13458, Cass. 20 gennaio 2006 n. 1074, Cass. 3 febbraio 2006 n. 2345, Cass. 2 marzo 2006 n. 4603), conseguendone l’illegittimità dei contratti a termine stipulati, per la causale in questione e come nel caso oggetto del presente giudizio, oltre il 30 aprile 1998, restando così assorbita l’ulteriore censura.

Non essendovi alcun motivo inerente l’aspetto patrimoniale della vicenda, è inammissibile la richiesta, contenuta nella memoria della società Poste ex art. 378 c.p.c., di applicazione dello ius superveniens costituito dalla L. n. 183 del 2010, art. 32, commi 5, 6 e 7.

Ed invero va chiarito che costituisce condizione necessaria per poter applicare nel giudizio di legittimità lo ius superveniens che abbia introdotto, con efficacia retroattiva, una nuova disciplina del rapporto controverso, il fatto che quest’ultima sia in qualche modo pertinente rispetto alle questioni oggetto di censura nel ricorso, in ragione della natura del controllo di legittimità, il cui perimetro è limitato dagli specifici motivi di ricorso (cfr. Cass. 8 maggio 2006 n. 10547, Cass. 27 febbraio 2004 n. 4070). Tale condizione non sussiste nella fattispecie.

3. – Il ricorso deve essere pertanto respinto. Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, pari ad Euro 50,00, Euro 2.500,00 per onorari, oltre spese generali, i.v.a. e c.p.a..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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