Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 07-06-2011) 19-07-2011, n. 28731 Reati societari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con ordinanza 1 dicembre 2010, il Tribunale di Genova ha respinto la richiesta di riesame di un sequestro preventivo prodromico alla confisca per equivalente su beni intestati a F.C., indagato per il reato previsto dal D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 10, e sui beni della società Burlando legalmente dal primo rappresentata e nell’interesse della quale è stato commesso l’illecito.

Per giungere a tale conclusione, i Giudici hanno evidenziato che era sequestrabile il patrimonio dell’ente, che non può considerarsi terzo estraneo al reato, in quanto gli era pervenuto il profitto dello illecito commesso dal suo legale rappresentante; inoltre, i beni della società potevano essere colpiti perchè l’indagato, per la sua posizione, ne aveva la disponibilità.

Per l’annullamento della ordinanza, la società Burlano, in persona dello attuale legale rappresentante, ha proposto ricorso per Cassazione deducendo violazione di legge e rilevando:

– la responsabilità amministrativa delle persone giuridiche per i reati commessi a loro vantaggio da soggetti che rivestono particolari funzioni, prevista dal D.Lgs. n. 231 del 2001, non si estende ai reati finanziari;

– il sistema impone una interpretazione restrittiva, costituzionalmente e comunitariamente orientata, del rinvio della L. n. 244 del 2007, all’art. 322 ter c.p. (per evitare che gli enti siano colpiti nel patrimonio da un provvedimento di natura sanzionatoria non previsto dalla legge e senza possibilità di difesa); si deve escludere il sequestro per equivalente in relazione a soggetti che non possono essere ritenuti responsabili sul piano penale o amministrativo a sensi del D.Lgs. n. 231 del 2001;

– che il vincolo reale impedisce il pagamento della imposta che è l’interesse per il quale è stato introdotto il sequestro per equivalente;

– che l’indagato non aveva la disponibilità (da intendersi come appartenenza sostanziale) dei beni. Le censure non sono meritevoli di accoglimento. Il D.Lgs. n. 231 del 2001, ha introdotto un nuovo genere di autonoma responsabilità amministrativa dell’ente in caso di commissione, nel suo interesse o vantaggio, di un reato da parte di soggetto che riveste nell’ente una posizione apicale; non trattasi di responsabilità oggettiva in quanto necessita sia riscontabile una "colpa da organizzazione" che non ha evitato la perpetrazione dell’illecito penale.

La tesi difensiva consiste nel rilievo che la confisca per equivalente, avendo natura di sanzione, è possibile a carico di un ente solo quando il vantaggio economico conseguito sia collegabile ad un reato per il quale è applicabile la disciplina del d.lgs.231/2001. Per corroborare la sua prospettazione, il ricorrente ricorda la sentenza della Corte di Giustizia Europea 29 gennaio 2009 che ha riscontrato una natura di pena nella confisca dei terreni abusivamente lottizzati ; la citazione non è pertinente perchè il termine di paragone con la fattispecie in esame non è omogeneo.

Nel caso concreto, non può ritenersi che il provvedimento ablativo sia una pena patrimoniale dal momento che la confisca per equivalente opera soltanto, con finalità di recupero, nella ipotesi di impossibilità di applicare la misura sul diretto profitto o prodotto del reato.

Tuttavia, la misura in oggetto ha natura peculiare perchè il vincolo si sposta dalla res che è in connessione con il reato ad una quota del patrimonio del soggetto che è colpito dalla ablazione; in questo senso, si può rilevare che la confisca per equivalente abbia un profilo sanzionatorio che ha indotto questa Corte a concludere che non trattasi di misura di sicurezza e, di conseguenza, è inapplicabile ai reati commessi in epoca antecedente alla legge che la dispone.

Sotto tale aspetto, la tesi della difesa è esatta in quanto la confisca per equivalente ha natura poliedrica ed anche sanzionatoria;

non condivisibili sono le conseguenze che il ricorrente trae del ricordato principio perchè sono presenti i requisiti dalla legge richiesti per l’applicazione della misura.

Il reato è addebitabile allo indagato, ma le conseguenze patrimoniali ricadono sulla società a favore della quale la persona fisica ha agito salvo che si dimostri che vi è stata una rottura del rapporto organico; questo principio, pacificamente accolto dalla giurisprudenza di legittimità, non richiede che l’ente sia responsabile a sensi del D.Lgs. n. 231 del 2001.

Sul punto, si deve rilevare che, nella specie, si procede in relazione al reato di occultamento e distrazione di documenti contabili e che la condotta ascritta allo indagato ha recato vantaggio alla società.

I beni sequestrati fanno, comunque, parte del patrimonio sociale la cui consistenza si connette attualmente anche allo illecito di cui il F. deve rispondere; dei beni, l’indagato aveva la libera disponibilità in quanto li gestiva.

Pertanto – come correttamente osservato dal Giudice di merito – la società ricorrente non può considerarsi terza estranea al reato perchè partecipa alla utilizzazione degli incrementi economici che ne sono derivati; dal momento che il profitto non si può collegare, per la tipologia dello illecito, ad un bene individuabile, il sequestro non poteva che essere disposto per equivalente.

Neppure condivisibile è la censura sulla impossibilità della società di fare valere le sue ragioni in sede giudiziaria perchè la stessa ha avuto la facoltà di proporre istanza di riesame e successivo ricorso per Cassazione nel quale ha potuto interloquire, difendersi ed evidenziare le censure a sostegno del suo assunto.

Diversamente da quanto asserito dal ricorrente, il disposto sequestro è finalizzato proprio a rendere possibile il pagamento delle imposte evase con la condotta illecita dell’indagato.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 7 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 19 luglio 2011

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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