T.A.R. Calabria Catanzaro Sez. I, Sent., 25-07-2011, n. 1068 Impianti di ripetizione Radiocomunicazioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1.- La ricorrente, E.T. s.p.a., espone che, in data 9 ottobre 2008, la veniva rilasciata l’autorizzazione alla realizzazione di infrastrutture di comunicazione elettronica per impianto radioelettrico con potenza inferiore a 20 W, da eseguirsi in Località Santo Stefano.

Con il provvedimento impugnato del 15 giugno 2010 n. 9879 tale autorizzazione veniva revocata per le seguenti ragioni:

1) esistenza della "ordinanza n. 110 prot. n. 21885 del 22 dicembre 2009 di demolizione e riduzione in pristino dello stato dei luoghi, a carico di Traina Carmelo, per opere realizzate in assenza di permesso di costruire" in relazione al fabbricato ove è collocato l’impianto di comunicazione elettronica;

2) non conformità dell’opera all’art. 6, punto 3, della delibera del consiglio comunale n. 24 del 2005;

3) difformità di quanto dichiarato e rappresentato graficamente nella richiesta di autorizzazione, rispetto al permesso di costruire in sanatoria n. 18 del 6 agosto 1991.

La ricorrente assume l’illegittimità di tale revoca per violazione dell’art. 21nonies della legge n. 241 del 1990; degli artt. 2 e 97 della Costituzione; del d.lgs. n. 259 del 2003; del d.p.r. n. 380 del 2001, nonché per eccesso di potere e difetto di motivazione.

2.- Il Comune, regolarmente intimato, non si è costituto.

3.- Con ordinanza del 18 ottobre 2010 è stata accolta la domanda cautelare.

4.- Il ricorso è fondato.

4.1.- Il primo motivo, sopra indicato, posto a base della revoca è illegittimo.

La ricorrente ha, infatti, dimostrato, mediante produzione di idonea documentazione, che il contestato abuso commesso dal proprietario dell’immobile in cui è stato installato l’impianto è stato oggetto di una denuncia di inizio attività in sanatoria, con accertamento da parte del Comune della conformità delle opere agli strumenti urbanistici e avvenuto pagamento da parte del responsabile di una sanzione pecuniaria. Sotto altro aspetto, deve rilevarsi come, anche a volere prescindere da questo dato, l’amministrazione non ha in alcun modo descritto in maniera dettagliata le opere abusive al fine di potere stabilire se vi fosse un rapporto di stretta correlazione tra la natura dell’illecito edilizio e la revoca dell’autorizzazione.

4.2.- Il secondo motivo, con cui il Comune assume la non conformità dell’impianto all’art. 6, punto 3, della delibera del consiglio comunale n. 24 del 2005 è anch’esso illegittimo.

Tale disposizione regolamentare prevede che nelle aree urbane la installazione delle stazioni radio base è condizionata all’esistenza di manufatti di supporto (quali serbatoi, edifici non destinati alla residenza ecc. con esclusione di pali e tralicci a qualunque uso adibiti), non essendo ammissibili nuove strutture di sostegno autonome e indipendenti.

La giurisprudenza amministrativa è costante nel ritenere che il potere regolamentare dei Comuni di fissare, ai sensi dell’art. 8 ultimo comma l. n. 36 del 2001, criteri localizzativi per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici deve tradursi in regole ragionevoli, motivate e certe, poste a presidio di interessi di rilievo pubblico, ma non può consistere in un generalizzato divieto di installazione in zone urbanistiche identificate ovvero in zone abitate. Tale previsione verrebbe infatti a costituire un’inammissibile misura di carattere generale, sostanzialmente cautelativa rispetto alle emissioni derivanti dagli impianti di telefonia mobile, in contrasto con l’art. 4, l. n. 36 del 2001, che riserva alla competenza dello Stato la determinazione, con criteri unitari, dei limiti di esposizione, dei lavori di attenzione e degli obiettivi di qualità, in base a parametri da applicarsi su tutto il territorio dello Stato (Cons. Stato, sez. VI, 20 ottobre 2010, n. 7588; Id., 5 giugno 2006, n. 3332).

Alla luce di tale orientamento giurisprudenziale deve, pertanto, ritenersi che – avendo la norma regolamentare, sopra riportata, posto un divieto generalizzato di installazione di impianti in zone abitative – stessa non può giustificare la revoca dell’autorizzazione già rilasciata

4.3.- Il terzo motivo, sui cui si base il provvedimento, vale a dire la asserita "difformità di quanto dichiarato e rappresentato graficamente nella richiesta di autorizzazione, rispetto al permesso di costruire in sanatoria n. 18 del 6 agosto 1991", è anche invalido per carenza di motivazione. L’affermazione riportata è talmente generica da non consentire di comprendere quale sia la stessa correlazione tra la natura del provvedimento impugnato e quanto in esso statuito.

4.4.- Infine, con riguardo a tutte e tre i motivi posti a fondamento della revoca, deve rilevarsi come il Comune non abbia in alcun modo, come imposto dall’art. 21nonies della legge n. 241 del 1990, indicato, da un lato, le ragioni di interesse pubblico concreto e attuale che giustificano l’adozione di un provvedimento di secondo grado, dall’atro la insussistenza di un affidamento del privato meritevole di protezione. Anche sotto questo aspetto è, pertanto, ravvisabile un difetto motivazionale.

5.- La natura della controversia giustifica l’integrale compensazione tra le parti delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie con integrale compensazione tra le parti delle spese di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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