T.A.R. Campania Napoli Sez. I, Sent., 25-07-2011, n. 3996 Competenza e giurisdizione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato il 15/7/2010, il Comune di Mondragone impugnava gli atti in epigrafe concernenti la determinazione da parte della Provincia di Caserta della tariffa provvisoria e sperimentale per l’anno 2010 relativa al trattamento e smaltimento dei rifiuti in applicazione della legge n. 26 del 2010.

L’amministrazione provinciale si costituiva in giudizio, resistendo all’impugnativa.

A seguito della conoscenza di atti depositati in giudizio, con atto notificato il 14/9/2010, il Comune ricorrente proponeva motivi aggiunti anche nei confronti dell’amministrazione dello Stato.

Si costituiva in giudizio la difesa erariale.

Con ordinanza n. 2000 del 7/10/2010, la domanda incidentale di tutela cautelare veniva respinta.

Motivi della decisione

1. Nel merito il Comune ricorrente lamenta che:

– la provincia di Caserta si è trovata a sopportare il maggior peso della crisi dei rifiuti in Campania, soprattutto per quanto riguarda lo smaltimento dei rifiuti proveniente dall’area metropolitana di Napoli; il costo, non solo ecologico, ma anche economico di tale dramma verrebbe ora posto a carico dei cittadini del casertano, che anziché essere premiati per i sacrifici subiti verrebbero vessati con un aumento sproporzionato della tariffa provinciale rispetto a quanto applicato finora;

– sarebbe mancata qualsiasi forma di partecipazione o coinvolgimento o interpello nel procedimento dei Comuni interessati, nonostante sia il Comune a dover poi determinare gli importi dovuti dai contribuenti e malgrado il Comune sia ente esponenziale della collettività locale, con violazione dell’art. 11 della legge n. 26 del 2010 (ovvero del decretolegge n. 195 del 2009) e delle statuizioni dettate dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 282 del 2000;

– la determinazione provinciale sarebbe sopravvenuta quando le scelte di bilancio già delineerebbero la politica tributaria dell’ente per l’anno in corso, senza possibilità per il Comune di rimodulare le altre tasse e tariffe;

– mancherebbe l’indicazione dei criteri della determinazione della tariffa in 138,09 euro/ton; il costo per il servizio non avrebbe mai superato i 90 euro/ton; mancherebbe l’indicazione delle attività istruttorie, a parte il mero richiamo ad una proposta elaborata dal Settore ecologia; mancherebbe la motivazione, con violazione dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990;

– sarebbe determinato un costo fisso ed unico per tutti i comuni del territorio provinciale, senza alcuna distinzione e senza tener conto di meccanismi di perequazione o premialità pur previsti dalla legge regionale n. 4 del 2007, in maniera scoordinata ed incoerente rispetto a quanto operato dalla Provincia di Napoli, avente tariffe differenziate per ciascun comune, la più alta delle quali si ragguaglia 102,31 euro/ton, nonostante le due province fossero riunite fino a poco tempo fa per la gestione di tale servizio nel Consorzio Unico delle Province di Napoli e Caserta;

– mancherebbe una indicazione analitica dei costi ed un quadro economico dei servizi e dei relativi oneri;

– andrebbero tenuti distinti i costi fissi (relativi alla gestione degli impianti, comprese le discariche sorte per fronteggiare l’emergenza ed ora inattive e improduttive di utili) dai costi variabili (dipendenti dalla quantità dei rifiuti); i costi dovrebbero gravare anche sulle altre province che hanno tratto beneficio dalle discariche localizzate nel casertano;

– con la cd. provincializzazione dei rifiuti si sarebbe arrivati ad una deroga rispetto alla ordinaria competenza del Consiglio comunale in materia, fissata dall’art. 42, lett. f), del d. lgs. n. 267 del 2000; sarebbe dubbia la legittimità costituzionale dell’art. 11 della legge n. 26 del 2010 nella misura in cui introdurrebbe nella Regione Campania un regime differenziato rispetto alle altre regioni;

– sarebbero violate le regole relative alla formazione della tariffa per la gestione dei rifiuti urbani dettate dall’art. 238 del d. lgs. n. 152 del 2006, e prima ancora dall’art. 49 del d. lgs. n. 22 del 1997, dal d.P.R. n. 158 del 1999; il piano finanziario sarebbe lo strumento attraverso il quale il Comune definisce la propria strategia di gestione dei rifiuti urbani e conseguentemente gli obiettivi che l’amministrazione si pone; tali disposizioni non sarebbero state abrogate neppure dalla legge n. 26 del 2010;

– verrebbero accollati ai cittadini del casertano i costi per gli investimenti e la gestione delle discariche sorte per fronteggiare l’emergenza rifiuti in Campania; non sarebbero chiariti i criteri per la ripartizione tra Napoli e Caserta dei costi del personale derivante dall’ex Consorzio Unico.

Con i motivi aggiunti il Comune ricorrente evidenzia che:

– il Comune sarebbe diretto destinatario del provvedimento di determinazione dei costi provinciali; il Comune dovrebbe determinare la tariffa sulla base di tale determinazione; con la legge n. 26 del 2010 i Comuni sarebbero stati spogliati della propria competenza in materia di gestione dei rifiuti; il Comune avrebbe interesse, anche in base ai principi costituzionali, ad adottare determinazioni sulla base di una istruttoria completa e dati certi; tali determinazioni inciderebbero direttamente sulla politica economica e tributaria dei Comuni; una eventuale illegittimità degli atti adottati dalla Provincia si rifletterebbe su quelli adottati dal Comune; il Comune avrebbe anche un interesse quale ente esponenziale della comunità locale;

– la proposta dirigenziale espressamente riconoscerebbe l’assenza di una idonea documentazione che certifichi i maniera reale i costi di esercizio degli impianti da parte del Consorzio Unico;

– dalla documentazione istruttoria emergerebbe una mera elencazione delle voci senza indicazione dei singoli costi corrispondenti;

– mancherebbe la indicazione dei dati territoriali dei singoli comuni; non si distinguerebbero i comuni sui quali sarebbero insediate le discariche; non si terrebbe conto dei diversi costi di trasporto dei rifiuti;

– lo stesso art. 11 del decreto legge n. 195 del 2009 richiederebbe l’applicazione della legge regionale n. 4 del 2007;

– la relazione, riferendo di aver tentato di realizzare un’attenta disamina dei costi, dimostrerebbe le carenze istruttorie; sarebbe mancato un necessario approfondimento istruttorio;

– il documento richiamato di stima dei costi provvisori di trattamento e smaltimento non sarebbe esibito o allegato alla relazione;

– nei costi richiamati, ma non precisati nel loro ammontare, vi sarebbero quelli delle opere residue da finanziare per la discarica di San Tammaro e della relativa gestione nonché del personale in servizio di cui nulla si saprebbe;

– per i costi di gestione dei siti da parte della G., si farebbe riferimento nella relazione ad un contenzioso che non sarebbe conosciuto; verrebbe messo a carico dei cittadini casertani il costo del percolato, pur riguardando scarichi provenienti da tutto il territorio regionale;

– nonostante il contenzioso sulla titolarità dei siti di stoccaggio, i relativi costi sarebbero messi a carico degli utenti casertani;

– nella relazione si evidenzierebbe che i dati riportati per i costi di gestione del Consorzio Unico sarebbero incompleti e sprovvisti di certificazione della regolare esecuzione dei servizi, né sarebbe chiaro a che titolo le ditte elencate nella documentazione svolgano le prestazioni segnalate;

– la Provincia avrebbe violato gli artt. 77 e ss. del proprio statuto nel parte in cui prevede che l’azione dell’ente sia ispirata alla più ampia collaborazione con le autonomie locali;

– sarebbe mancata una motivazione altresì contemplata dall’art. 69 del d. lgs. n. 507 del 1993;

– l’art. 11 del decreto legge n. 195 del 2009 sarebbe in contrasto con gli artt. 3, 53, 97, 118 e 119 cost., in quanto violerebbe il principio di proporzionalità dell’imposizione tributaria connessa al principio di uguaglianza, il principio di imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa, la titolarità di funzioni amministrative proprie (fatto salvo il conferimento di compiti alle Province o ad altri enti sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza), l’autonomia finanziaria di entrata e di spesa dei Comuni; la disposizione in questione trasferirebbe alle Province una precisa competenza comunale in materia tributaria senza che ne emerga la ragione, discriminando peraltro il trattamento dei cittadini nella regione Campania.

2. Occorre preliminarmente scrutinare l’eccezione di incompetenza funzionale del TAR Campania, sollevata dalla difesa provinciale.

L’eccezione è infondata.

In base all’art. 135, comma 1, lett. e), in relazione all’art. 14, comma 1, del codice del processo amministrativo approvato con d. lgs. n. 104 del 2010, è devoluta alla competenza funzionale inderogabile del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma, la cognizione delle controversie di cui all’art. 133, comma 1, lett. p), in materia di giurisdizione esclusiva con riferimento alle "…controversie comunque attinenti alla complessiva azione di gestione del ciclo dei rifiuti…".

Merita osservare che la evocata competenza inderogabile ha natura eccezionale ed è di stretta interpretazione e pertanto non è applicabile in via analogica a tutti i provvedimenti che, come nella specie, non incidano sull’attività di gestione dei rifiuti, tenuto conto che il tema della controversia attiene alle modalità di computo dei costi al fine di determinare la tariffa relativa allo smaltimento dei rifiuti.

La controversia infatti riguarda l’impugnativa degli atti di carattere generale recanti le determinazioni regolamentari e tariffarie, aventi natura essenzialmente autoritativa ed è pertanto devoluta alla giurisdizione del giudice amministrativo (cfr. Cass., sez. un., 1/3/2002, n. 3030).

In proposito il Consiglio di Stato in sede di regolamento di competenza ha già precisato che la succitata norma derogatoria della competenza concerne la concreta attività di gestione in senso stretto del ciclo di rifiuti e non atti e procedimenti solo indirettamente collegati a quella attività, quali le procedure di gara (C.d.S. ord. n. 586 del 2011); a maggior ragione, dunque, esulano dalla competenza del Tribunale amministrativo del Lazio le controversie concernenti le tariffe del servizio.

3. Occorre poi vagliare l’eccezione di inammissibilità del ricorso per carenza di legittimazione attiva in capo all’amministrazione comunale.

Al riguardo, giova premettere che, nel processo amministrativo, la legittimazione ad impugnare un atto amministrativo deve essere di norma direttamente correlata ad una situazione giuridica sostanziale che sia lesa dal provvedimento e postula l’esistenza di un interesse diretto, attuale e concreto del ricorrente all’annullamento dell’atto, non essendo ammessa (salvo i casi espressamente previsti) un’azione popolare, ossia un’azione volta ad ottenere un mero controllo oggettivo della legittimità dell’atto amministrativo da parte del giudice, che sarebbe in contrasto con il carattere di giurisdizione soggettiva che la normativa legislativa, ed anche costituzionale, hanno attribuito al vigente sistema di giustizia amministrativa (cfr. Cons. St., sez. VI, 29/5/2008, n. 2546).

Secondo il modello delineato in via eccezionale e temporalmente definita dal d.l. 195 del 2009, convertito nella legge n. 26 del 2010, in Campania i Presidenti delle province sono investiti del compito di fissare la tariffa provinciale per lo smaltimento dei rifiuti indifferenziati, con obbligo di copertura integrale dei costi mediante imposizione dei relativi oneri a carico dell’utenza.

Se ne inferisce che la tariffa per lo smaltimento dei rifiuti, benché formalmente unitaria, si compone di due voci distinte e separate, la prima di competenza provinciale (volta a coprire gli oneri derivanti dal trattamento, smaltimento e recupero dei rifiuti) e la seconda di spettanza comunale (per le residue voci di costo sopportate a livello locale). Non a caso l’articolo 11, comma 5 ter, del d.l. 195 del 2009, prescrive che il titolo di pagamento nei confronti del contribuente riporti le causali degli importi dovuti rispettivamente all’amministrazione comunale e a quella provinciale e che l’incasso relativo a queste due voci venga accreditato su conti separati, uno intestato alla provincia e l’altro intestato al comune.

In questa cornice, con pronunce decise in pari data da questa Sezione, è stato statuito che:

– la partecipazione dei Comuni alla formazione complessiva della tariffa non vale di per sé a fondare la legittimazione a contestare l’esercizio da parte della Provincia di competenze sostanziali proprie ed autonome non incise dal modello di tariffazione congiunta;

– con l’ iniziativa giudiziaria in esame, infatti, il Comune, nella parte in cui non contesta la spettanza in capo alla Provincia delle prerogative ex lege attribuite alla stessa in ordine alla gestione ed all’affidamento del servizio in questione, ma contesta la correttezza delle modalità dell’esercizio delle competenze provinciali, con precipuo riguardo alla lesione inferta sotto il profilo economico ai singoli cittadini utenti del servizio, propone un’azione surrogatoria nell’interesse del singolo utente inciso, anche non cittadino del Comune ricorrente;

– ritiene il Collegio che la legittimazione a ricorrere possa spettare al Comune, quale ente esponenziale della comunità municipale, solo nei casi in cui esso agisca a tutela di interessi collettivi, purché si tratti di un interesse differenziato e qualificato che ruota attorno all’incidenza sul territorio comunale dei provvedimenti impugnati; in altri termini occorre vagliare se l’attività di determinazione del costo per tonnellata di rifiuti indifferenziati leda in qualche modo la sfera giuridica delle funzioni istituzionalmente individuate dalla legge in capo ai Comuni;

– in questa prospettiva è stata riconosciuta la legittimazione in capo all’ente territoriale, in quanto esponenziale degli interessi della popolazione locale, ad insorgere avverso il provvedimento ministeriale che destini al museo di altro comune beni archeologici già esposti in musei del proprio territorio (C.d.S. n. 3066 del 2008); avverso il provvedimento di localizzazione di una discarica di rifiuti (C.d.S. n. 1725 del 2008); avverso il provvedimento si autorizzazione all’esercizio di un centro di stoccaggio provvisorio di rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi (C.d.S. n. 695 del 2006);

– nella specie, invece, non è dubitabile che la determinazione tariffaria gravi sui singoli cittadini della provincia di Caserta, quali utenti e beneficiari del servizio di gestione dei rifiuti indifferenziati, mentre non è ravvisabile quella peculiare lesione di una comunità territorialmente localizzata che sola può giustificare un intervento dell’ente territoriale;

– se è incontestabile che i provvedimenti impugnati abbiano una notevole incidenza e pesanti riflessi sui costi del servizio pubblico di gestione dei rifiuti, servizio che riguarda la collettività comunale di cui l’amministrazione ricorrente è ente esponenziale (cfr. C.d.S., sez. V, 26 agosto 2009 n. 5082), tuttavia non può ammettersi nel nostro ordinamento una azione surrogatoria da parte di un soggetto esponenziale ogni volta che il provvedimento impugnato abbia una incidenza diretta ed immediata nella sfera giuridica di altri soggetti giuridici, i quali solo subiscono il pregiudizio economico derivante dalla supposta erronea determinazione delle voci di costo dello smaltimento dei rifiuti; a costoro dunque, e solo ad essi, è concessa la facoltà (e l’onere) di contestare la determinazione tariffaria;

– l’interesse della popolazione, della quale il Comune costituisce ente esponenziale, riguarda piuttosto la fruizione del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti indifferenziati, il quale deve essere garantito mediante adeguate misure di organizzazione e gestione, in relazione alla quale è postulabile una legittimazione dell’amministrazione comunale (cfr. C.d.S. n. 5082 del 2009, in cui la legittimazione del Comune è ammessa perché viene in contestazione il modello di gestione del servizio);

– la determinazione tariffaria, lungi dall’interferire con la corretta amministrazione del servizio, costituisce il presupposto regolatore dei rapporti patrimoniali intercorrenti fra il cittadinoutente e le amministrazioni titolari del servizio;

– una recente decisione (C.d.S. n. 8686 del 2010) ha affermato che gli enti territoriali siano effettivamente soggetti ai quali, dopo la riforma del titolo V della Costituzione, con il connesso principio di sussidiarietà, sia stata assegnata la funzione di cura concreta degli interessi della collettività di riferimento; secondo tale impostazione, se è ben vero che la natura di ente territoriale consente di riconoscere per implicito la natura di soggetto di riferimento della comunità locale, ciò non esclude la permanente necessità di ricercare, in analogia con le associazioni private, gli ulteriori elementi che fondino la legittimazione, laddove si tratti di materie non direttamente conferite agli enti territoriali dalla legge, in quanto titolari di poteri generali di tutela degli interessi rilevanti per la collettività stanziata;

– fra gli indici rivelatori è menzionato il decreto legislativo 20 dicembre 2009 n.198 "Attuazione dell’articolo 4 della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ricorso per l’efficienza delle amministrazioni e dei concessionari di servizi pubblici", normativa ancora non del tutto applicabile, in assenza dei decreti di attuazione, ma dalla quale cogliere criteri testuali cui ancorare la ricerca degli elementi ulteriori di legittimazione valevoli, in questo caso, per gli enti territoriali; afferma l’art. 1 del testo normativo in esame che: "Al fine di ripristinare il corretto svolgimento della funzione o la corretta erogazione di un servizio, i titolari di interessi giuridicamente rilevanti ed omogenei per una pluralità di utenti e consumatori possono agire in giudizio, con le modalità stabilite nel presente decreto, nei confronti delle amministrazioni pubbliche e dei concessionari di servizi pubblici, se derivi una lesione diretta, concreta ed attuale dei propri interessi"; seguendo il ragionamento esposto, ove gli enti esponenziali di collettività territoriali agiscano per difendere i singoli cittadini da loro amministrati dalle conseguenze economiche dell’aumento del costo dell’utilizzo di un servizio pubblico, si è in presenza di un danno economico che configura pienamente quella lesione diretta, concreta ed attuale dei propri interessi, a cui fa riferimento il testo normativo; da qui il riconoscimento, in concreto, della legittimazione ad agire degli enti territoriali coinvolti;

la decisione non può essere condivisa. In senso contrario va osservato che la sussidiarietà in senso verticale attiene al riparto delle competenze e delle funzioni pubbliche secondo un criterio di prossimità al cittadino destinatario, nel rispetto delle norme costituzionali e ordinarie; come si precisa nella deisione stessa, nessuna norma attribuisce ai Comuni la legittimazione ad impugnare tributi, tariffe o altre imposizioni economiche gravanti sui singoli residenti, così come è impraticabile ogni riferimento alla rappresentanza politica; a sua volta la sussidiarietà in senso orizzontale depone in senso contrario alla soluzione affermata, dal momento che essa è finalizzata a promuovere e sostenere i cosiddetti corpi intermedi, le associazioni spontanee dei cittadini per la realizzazione e tutela dei loro interessi e non certamente per sostituirsi e sovrapporsi ad essi; per le stesse ragioni, evidentemente, non è significativo il richiamo al d.lgs. n.198 del 2009, poiché il rafforzamento della tutela del singolo utente o consumatore mediante il riconoscimento della legittimazione ad agire ad associazioni od organizzazioni private rappresentative esclude già in via di principio che analoghe rappresentatività e legittimazione possano riconoscersi al Comune di appartenenza; la nuova normativa evocata, in linea con la normativa di riconoscimento delle class actions, amplifica i poteri delle associazioni di consumatori, ontologicamente ben distinte dagli enti territoriali, figure istituzionali necessarie e connotate da poteri e funzioni stabiliti da norme costituzionali ed ordinarie.

– ancora, va di contro sottolineato che l’interesse collettivo della comunità comunale non può coincidere con l’interesse individuale dei soggetti di cui è composta la categoria dei cittadini utenti del servizio, perché questo è perseguibile direttamente dal soggetto che ne è titolare esclusivo; l’interesse diffuso o collettivo trascende il singolo cittadino per riferirsi alla comunità nel suo complesso, esso è di tutti e di nessuno singolarmente considerato, come l’interesse alla tutela dell’ambiente o dei beni archeologici, al governo del territorio, il diritto alla salute e simili; esso, sebbene riferibile ad una categoria di soggetti (i componenti la comunità locale), deve trascendere i singoli interessi, non potendo rappresentare la sommatoria di interessi individuali, che sono individualmente tutelabili (cfr. C.d.S. n. 3586 del 2007);

– in questa cornice, il Comune, in collaborazione con la Provincia, è incaricato di determinare, sulla base degli oneri sopra distinti, gli importi dovuti dai contribuenti a copertura integrale dei costi derivanti dal complessivo ciclo di gestione dei rifiuti;

– l’atto di determinazione dei costi sopportati dalla Provincia rappresenta un segmento procedimentale che si inserisce in un più ampio e complesso procedimento di formazione della tariffa sperimentale, la cui delibazione è affidata alla competenza concorrente dei due enti locali ed il cui esito finale è l’elaborazione dell’importo tariffario che grava su ogni singolo utente;

– le amministrazioni, dunque, non sono in posizione di contrapposizione, ma concorrono, ognuna per il sua specifico ambito di attribuzione, alla determinazione dell’importo tariffario finale.

Pertanto, il Collegio ritiene che, alla luce delle considerazioni sopra esposte, l’impugnativa va dichiarata parzialmente inammissibile per difetto di legittimazione a ricorrere in capo all’amministrazione comunale (cfr. TAR Campania, sez. I, 7/7/2011, n. 3623).

4. Sono invece ammissibili le censure con le quali il Comune contesta l’attribuzione all’Amministrazione provinciale della competenza a decidere in materia.

L’art. 11, co. 5bis, del decreto legge n. 195 del 2009 prevede che: "per l’anno 2010, nella regione Campania, in fase di prima attuazione ed in via provvisoria e sperimentale, la TARSU e la TIA sono calcolate dai comuni sulla base di due distinti costi: uno elaborato dalle province, anche per il tramite delle società provinciali, che forniscono ai singoli comuni ricadenti nel proprio ambito territoriale le indicazioni degli oneri relativi alle attività di propria competenza afferenti al trattamento, allo smaltimento ovvero al recupero dei rifiuti, ed uno elaborato dai comuni, indicante gli oneri relativi alle attività di propria competenza di cui al comma 2ter. I comuni determinano, sulla base degli oneri sopra distinti, gli importi dovuti dai contribuenti a copertura integrale dei costi derivanti dal complessivo ciclo di gestione dei rifiuti. Per la corretta esecuzione delle previsioni recate dal presente comma, le amministrazioni comunali provvedono ad emettere, nel termine perentorio del 30 settembre 2010, apposito elenco, comprensivo di entrambe le causali degli importi dovuti alle amministrazioni comunali e provinciali per l’anno 2010".

La norma è chiara ed inequivocabile nel definire le competenze di amministrazioni comunali e provinciali relativamente alla determinazione delle tariffe. Pertanto le critiche del Comune ricorrente si risolvono essenzialmente in una contestazione rivolta contro la stessa disposizione di legge in esame, nella parte in cui regola la distribuzione delle competenze.

Viene, al riguardo, prospettato che la legge sarebbe in contrasto con gli artt. 3, 53, 97, 118 e 119 cost., in quanto violerebbe il principio di proporzionalità dell’imposizione tributaria connessa al principio di uguaglianza, il principio di imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa, la titolarità di funzioni amministrative proprie (fatto salvo il conferimento di compiti alle Province o ad altri enti sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza), l’autonomia finanziaria di entrata e di spesa dei Comuni; in particolare, ad avviso del Comune ricorrente, la disposizione in questione trasferirebbe alla Provincia una precisa competenza comunale in materia tributaria senza che ne emerga la ragione, discriminando peraltro il trattamento dei cittadini nella regione Campania.

Giova premettere che, secondo quanto chiarito dal Giudice delle leggi, la normativa sui rifiuti rientra nella materia della tutela ambientale ai sensi dell’art. 117 cost., per cui la relativa disciplina è devoluta interamente alla competenza legislativa esclusiva dello Stato, anche quando si tratti di stabilire le funzioni degli enti locali chiamati a vario titolo a svolgere la propria attività in questo settore (cfr. Corte cost., 3/3/2011, n. 69).

Orbene la disposizione di legge in esame si limita a demandare alla Provincia la determinazione dei costi che essa stessa sostiene per le attività di propria competenza. Ne consegue che non è riscontrabile alcuna violazione rispetto ai principi di imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa, di sussidiarietà e di adeguatezza, ovvero rispetto all’autonomia finanziaria di entrata e di spesa dei Comuni.

Inoltre, la disposizione in esame si inserisce nel quadro della normativa dettata per disciplinare il regime transitorio successivo alla conclusione di quindici anni di gestione commissariale della emergenza dei rifiuti in Campania. Ciò porta ad escludere alcun contrasto con il principio di uguaglianza, ovvero di ragionevolezza nella valutazione latamente discrezionale del Legislatore di un trattamento specifico previsto per curare il regime transitorio di una situazione del tutto particolare.

Infine è da osservare che il richiamo all’art. 53 cost., concernente il principio della capacità contributiva nel concorso alla spese pubbliche, non è pertinente, in quanto la Provincia concorre a stabilire unicamente l’ammontare complessivo degli oneri relativi all’attività di propria competenza, senza alcuna determinazione in ordine alle modalità di distribuzione del carico tributario sui contribuenti.

Pertanto emerge la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale sollevate dal Comune ricorrente e la conseguente inconsistenza dei corrispondenti motivi di ricorso.

5. Risulta comunque equo disporre l’integrale compensazione delle spese di giudizio, attesa la delicatezza e la novità delle questioni trattate.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Prima) in parte respinge ed in parte dichiara inammissibile il ricorso in epigrafe.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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