T.A.R. Campania Napoli Sez. I, Sent., 25-07-2011, n. 3954 Aggiudicazione dei lavori Contratto di appalto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il consorzio ricorrente impugna i provvedimenti indicati in epigrafe con i quali l’amministrazione provinciale intimata ha deciso di non procedere alla definizione della procedura di gara ristretta per l’affidamento del servizio di gestione e manutenzione della rete stradale provinciale.

Avverso l’atto di autotutela è diretto il ricorso, con cui si deduce la violazione dei principi generali in tema di annullamento del provvedimento amministrativo e l’omissione dell’avviso di avvio del procedimento e si richiede in ogni caso il risarcimento del danno da provvedimento illegittimo o, in subordine, per responsabilità precontrattuale.

Si è costituita l’Amministrazione provinciale, che conclude per la reiezione del ricorso.

All’udienza di discussione del 23 febbraio 2011 la causa è stata trattenuta per la decisione.

Motivi della decisione

È in questione la verifica della legittimità del procedimento di autotutela instaurato dall’Amministrazione provinciale e concluso con la determinazione di annullare la procedura di gara per l’affidamento del servizio di gestione e manutenzione della rete stradale provinciale.

Vale precisare in punto di fatto che, a seguito dell’indizione della gara con determina n. 16155 del 31 dicembre 2007, le offerte presentate da due concorrenti sono state ritenute ammissibili dalla commissione di gara.

Nel corso dello svolgimento della procedura, a seguito di segnalazione da parte dell’AVCP sfociata nella delibera n. 55 del 2008 (confermata il 1° luglio 2009), l’Amministrazione provinciale, al fine di uniformarsi all’invito alla rimozione dell’intera procedura, tenuto conto dell’effetto distorsivo per la concorrenza connesso all’oggetto dell’affidamento (global service), ha disposto in autotutela l’annullamento di tutti gli atti di gara.

In diritto occorre far richiamo ai principi che governano la materia. In materia di appalti vige, anzitutto, il principio generale per cui le stazioni appaltanti hanno il potere di ritirare gli atti di gara, attraverso gli strumenti della revoca e dell’annullamento, in presenza di ragioni di pubblico interesse o di vizi di merito e di legittimità; il che s’inquadra nel generale principio dell’autotutela della pubblica amministrazione.

Più in generale, con riguardo allo ius poenitendi riconosciuto alla stazione appaltante, si è da tempo affermato che l’Amministrazione conserva il potere di revocare il bando di gara ovvero l’aggiudicazione di un appalto, per sopravvenute ragioni di interesse pubblico ovvero per la sopravvenuta riconsiderazione di situazioni preesistenti, purché l’atto di autotutela sia adeguatamente motivato con richiamo ad un preciso e concreto interesse pubblico alla revoca d’ufficio; la potestà di ritiro si fonda sul principio costituzionale di buon andamento che, com’è noto, impegna l’Amministrazione ad adottare atti il più possibile rispondenti ai fini da conseguire (cfr., tra molte, Cons. Stato, sez. IV, 22 ottobre 2004 n. 6931; Id., sez. V, 20 settembre 2001 n. 4973) e trova oggi positivo riconoscimento nella previsione dell’art. 21 quinquies della legge n. 241 del 1990. Invero, si afferma in giurisprudenza che "fino a quando non sia intervenuta l’aggiudicazione, che segna il momento del sorgere di una posizione di diritto soggettivo in capo all’impresa aggiudicataria di una gara, rientra nella potestà dell’amministrazione disporre la revoca del bando di gara e degli atti successivi in presenza di concreti motivi di interesse pubblico, tali da rendere inopportuna o, comunque, da sconsigliare la prosecuzione della gara" (cfr. TAR Lazio Roma, III, n. 425 del 20 gennaio 2006; Cons. Stato, n. 5102 dell’11 settembre 2003).

Tanto premesso, e passando alle censure esposte, innanzitutto la ricorrente lamenta il difetto di partecipazione procedimentale, non avendo l’Amministrazione fatto precedere l’annullamento dell’atto iniziale del procedimento selettivo attivato (e non concluso) dal previo avviso di avvio del procedimento nei confronti delle imprese partecipanti alla gara.

L’esercizio del potere di autotutela nel corso di un procedura di gara non ancora assistita, come quella di specie, dal provvedimento finale non dà luogo ad un nuovo procedimento amministrativo, ma si innesta all’interno dell’unico procedimento iniziato con l’emissione del bando e destinato a concludersi con l’intervento dell’aggiudicazione definitiva; ne discende che la stazione appaltante non è tenuta ad avvisare, con la comunicazione di avvio, i concorrenti dell’intenzione di attivarsi in autotutela con riguardo ad una procedura selettiva giuridicamente non perfezionata (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 12 novembre 2009 n. 7042).

Nel merito corre osservare che il ripensamento da parte della stazione appaltante trova un suo oggettivo e legittimo postulato nell’intervento, in funzione di vigilanza e controllo, da parte dell’Autorità a ciò preposta.

È pur vero che le determinazioni adottate dall’Autorità di vigilanza, pur costituendo autorevoli opinioni circa l’interpretazione della normativa in materia, non costituiscono un vincolo per le amministrazioni nello svolgimento delle procedure di gara (cfr. Tar Lombardia – Brescia, Sez. II, n. 1349 del 2009), ma rappresentano piuttosto coordinate e direttrici tese ad uniformare e semplificare l’applicazione delle regole da parte di tutte le stazioni appaltanti, anche in termini di stretta opportunità.

Tuttavia, anche a non voler qualificare il provvedimento quale autoannullamento, non vi è dubbio che sussistono oggettive e sopravvenute ragioni che hanno imposto una rivalutazione degli interessi pubblici coinvolti, tenuto anche conto della circostanza che l’espletamento della procedura di gara si trovava in una situazione del tutto preparatoria ed iniziale, in cui non vi è stata nemmeno l’apertura della busta concernente l’offerta tecnica.

È noto che l’attualità e la specificità dell’interesse pubblico ad annullare o revocare un provvedimento in autotutela devono essere calibrate in funzione della fase procedimentale in cui esso interviene e, in definitiva, dell’affidamento ingenerato nel privato avvantaggiato dal provvedimento ritirato. In questa prospettiva diverso è l’onere motivazionale minimo richiesto dalla giurisprudenza per procedere all’annullamento degli atti di gara, a seconda della circostanza che sia intervenuta l’aggiudicazione definitiva e la stipula del contratto, ovvero che il procedimento di conclusione della gara non sia giunto completamente a termine.

Nel caso di specie da un lato l’affidamento del privato alla conclusione favorevole della gara non è particolarmente pregnante, poiché la stessa è stata interrotta prima ancora che vi fosse un provvedimento di aggiudicazione; dall’altro l’interesse attuale alla eliminazione della procedura di evidenza pubblica deriva dalla volontà di adeguarsi alle indicazioni fornite sul punto dall’autorità tutoria di settore, di modo che il provvedimento di secondo grado, lungi dall’essere un capriccioso ripensamento, costituisce il frutto di una meditata e complessa interlocuzione fra i due enti, il cui esito è perfettamente coerente con le dette risultanze.

Ed invero, in disparte il giudizio sulla correttezza della qualificazione della natura dell’appalto (lavori o servizi), è innegabile che la nuova determinazione della stazione appaltante deriva dalla sopravvenienza di elementi valutativi in grado di determinare incertezza e pericoli di contenzioso avverso il provvedimento finale di aggiudicazione del servizio di global service in appalto.

La legittimità del provvedimento di secondo grado impedisce l’esame della connessa domanda risarcitoria, difettando alla base il requisito dell’ingiustizia della condotta (e del conseguente pregiudizio).

In via subordinata il ricorrente avanza una ulteriore pretesa risarcitoria in via precontrattuale.

Pertanto il Collegio è chiamato a verificare la sussistenza o meno di una culpa in contraendo in cui sia incorsa la Provincia in danno della ricorrente a titolo di responsabilità precontrattuale e dunque alla luce dell’art. 1337 del codice civile. Detta responsabilità, secondo la ricorrente, troverebbe fondamento nell’incoerente e superficiale condotta della stazione appaltante in violazione degli obblighi di buona fede.

Anche questa subordinata domanda proposta dalla deducente non può essere accolta, dovendo sottolinearsi al riguardo che alcuna violazione dei principi di correttezza e buona fede può essere evocata. L’Amministrazione provinciale ha disposto la rimozione degli atti di gara a seguito di una approfondita istruttoria, nel corso della quale ha inviato all’Autorità di vigilanza le proprie deduzioni, al fine di stimolare il riesame della segnalazione. Solo dopo aver ricevuto la conferma delle osservazioni e dei rilievi critici dell’Avcp, la stazione appaltante ha deciso di adeguarsi alle stesse.

Ne deriva che il lasso di tempo trascorso è pienamente giustificato dalla necessità di concludere in modo esaustivo la parentesi procedimentale derivante dalla interlocuzione con l’Autorità.

Vale per completezza segnalare un consistente orientamento secondo cui la responsabilità precontrattuale della pubblica amministrazione non si colora fino a quando la procedura selettiva non si esaurisce con l’aggiudicazione definitiva che individua il soggetto possibile contraente, non potendo prima di tale momento l’impresa aggiudicataria essere qualificata come parte della trattativa negoziale; pertanto, in materia di gare pubbliche, la responsabilità precontrattuale è configurabile solo dopo la conclusione della procedura di evidenza pubblica e con riguardo ad un segmento procedimentale successivo all’esito della stessa (cfr. Cass. Civ., SS.UU., 26 maggio 1997 n. 4673; C.G.A. Sicilia, 27 ottobre 2006 n. 610).

Ne deriva che, arrestatasi la procedura revocata alla fase della valutazione delle offerte, a maggior ragione la pretesa risarcitoria della ricorrente non può trovare soddisfazione (cfr. TAR Campania Napoli, Sez. I, n. 12676 del 2010).

In virtù delle considerazioni esposte il ricorso deve essere respinto, mentre la dinamica della vicenda suggerisce la compensazione delle spese processuali.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge. Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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