Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 04-05-2011) 19-07-2011, n. 28723 Violenza sessuale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Tribunale di Cagliari con ordinanza in data 31 gennaio 2011, in sede di appello cautelare, ha confermato il provvedimento di rigetto della Corte di appello di Cagliari del 30 dicembre 2010, dell’istanza di sostituzione della misura cautelare della custodia in carcere con quella degli arresti domiciliari presso l’abitazione della madre di C.C., imputato dei reati di cui all’art. 609 bis c.p., in danno di L.S., in (OMISSIS), in un giorno imprecisato del (OMISSIS); degli artt. 56 cpv. e 609 bis c.p., commessi in danno di A.C., in (OMISSIS), nel corso del primo semestre (OMISSIS); degli artt. 81 cpv. e 609 bis c.p., art. 609 ter c.p., comma 1, n. 1 e u.c., commessi in danno di C.I., in (OMISSIS). In data 18 marzo 2010 il Tribunale di Cagliari ha pronunciato sentenza di condanna alla pena di anni quattordici di reclusione, nei confronti della quale pende atto di appello.

L’indagato ha proposto ricorso per cassazione chiedendone l’annullamento denunciando:

Manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione secondo quanto segue.

Occorre subito premettere che per quanto concerne i presupposti di applicazione della misura cautelare, l’ordinanza impugnata si occupa unicamente del pericolo di reiterazione criminosa di cui all’art. 274 c.p.p., lett. c): il diniego della concessione degli arresti domiciliari è stato fondato unicamente sulla ritenuta sussistenza del pericolo di recidiva, pericolo che secondo i giudici è di tale intensità da rendere indispensabile l’applicazione della misura custodiale più grave. La decisione si basa infatti essenzialmente su una ricostruzione della personalità dell’imputato del tutto arbitraria ed erronea. Al contrario, in dibattimento è emerso come il C. abbia sempre avuto rapporti affettuosi con i suoi familiari ed in particolare con i suoi figli, come confermato dalle dichiarazioni di numerosi testimoni, degli stessi figli e da altri elementi. Il contrasto tra il C. come risultante dagli atti processuali, ed il C. descritto dal Giudice, sfocia in un’insanabile ed intrinseca contraddittorietà della motivazione, che emerge con assoluta evidenza in particolare in un passaggio del provvedimento impugnato (pag. 4).

E’ evidente dunque la contraddizione in cui il Giudice è caduto, affermando prima che il C. è soggetto inaffidabile e subito dopo, all’opposto, che egli agisce "non d’impulso ma sulla base di un’attenta analisi dei costi e dei benefici". La difesa aveva chiesto al Tribunale del riesame di specificare in cosa consistesse concretamente il pericolo di recidiva paventato dalla Corte d’Appello e non meglio precisato.

Infatti, il Tribunale ha assolto l’imputato da una parte delle accuse (relative ad un presunto abuso consumato durante un viaggio in nave).

Inoltre la richiesta di sostituzione della misura era stata fondata su due novità intervenute di recente, che avrebbero reso necessario un nuovo esame del trattamento cautelare. La prima novità era rappresentata dall’abbandono della casa coniugale da parte della moglie dell’imputato con i due figli minori, i quali erano partiti improvvisamente senza comunicare la loro destinazione (probabilmente fuori dalla (OMISSIS)), per cui la casa in cui il C. dovrebbe essere ristretto in regime di arresti domiciliari è attualmente occupata solo dall’anziana madre. La preoccupazione del giudice che ritiene sussistente il rischio dell’uso dea parte dell’imputato della connessione telefonica e ad internet potrebbe essere evitato con una prescrizione ad hoc, che potrebbe essere contenuto nel provvedimento.

La seconda era rappresentata dal fatto che la Corte Costituzionale, con sentenza n. 265 del 2010, ha dichiarato la parziale illegittimità dell’art. 275 c.p.p., comma 3 nella parte in cui imponeva al giudice, chiamato ad applicare una misura cautelare al soggetto imputato del reato di cui all’art. 609-bis, di disporre sempre la custodia cautelare in carcere, senza possibilità di scegliere una diversa misura meno affittiva.

Motivi della decisione

Osserva la Corte che il ricorso è infondato.

1. Innanzitutto, per quanto riguarda i limiti di sindacabilità in questa sede dei provvedimenti "de libertate", si deve ricordare che la Corte di Cassazione non ha alcun potere di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende dei giudizi a quibus, ivi compreso lo spessore degli indizi, nè di rivalutazione delle condizioni soggettive dell’indagato in relazione alle esigenze cautelari ed alla adeguatezza delle misure, trattandosi di apprezzamenti di merito rientranti nel compito esclusivo dei giudici del merito. Il controllo di legittimità è quindi circoscritto all’esame del contenuto dell’atto impugnato per verificare, da un lato, le ragioni giuridiche che lo hanno determinato e, dall’altro, l’assenza di illogicità evidenti, ossia la congruità delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento (Cass. sez. 6 n. 2146 del 25.5.1995).

Nel caso di specie le doglianze hanno investito esclusivamente le esigenze cautelari e gli eventuali vizi sul punto dell’ordinanza impugnata sono rilevabili in cassazione soltanto se si traducono nella violazione di specifiche norme di legge od in mancanza o manifesta illogicità della motivazione. Il controllo di legittimità in relazione alle esigenze cautelari ed alla adeguatezza delle misure non può infatti riguardare l’apprezzamento del giudice di merito sulle condizioni soggettive dell’imputato, per cui non sono consentite le censure, che pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione delle circostanze esaminate (cfr. ex multis Cass. sez. 1 n. 1769 del 23/3/1995).

2. Non si ravvisa, dalla motivazione dell’ordinanza del Tribunale di Cagliari, alcuna carente esplicazione circa il permanere del requisito di cui all’art. 274, lett. c) quale condizione giustificatrice del mantenimento della custodia cautelare in carcere, a garanzia del rischio di reiterazione dei reati per i quali il C. è stato sottoposto a processo ed è stato condannato in primo grado.

I giudici di appello hanno esaminato i due profili di novità addotti dall’imputato per sostenere la possibilità di sostituzione della custodia in carcere, valutando come ognuno di essi non consentisse l’accoglimento della istanza di modifica dello status detentionis, in quanto il giudizio sulla sussistenza delle esigenze cautelari restava inalterato.

Da un lato il pericolo di reiterazione di gravi condotte abusive nei confronti di minori è stato esaminato e confermato alla luce della gravità dei fatti ascritti, non limitati al solo ambito familiare, dall’altro, il giudice cautelare ha verificato, come imposto dalla decisione della Corte costituzionale sopramenzionata, l’indispensabilità dell’applicazione della misura cautelare nella sua massima portata restrittiva, indispensabilità che, con un ragionamento privo di smagliature logiche, è stata ritenuta sussistente, in quanto i giudici hanno espresso una prognosi sfavorevole quanto alla capacità dell’imputato di gestire in maniera responsabile le prescrizioni correlate alla diversa misura degli arresti domiciliari.

3. Nè è fondata la censura quanto alla mancata considerazione che il Tribunale avrebbe mostrato circa la possibilità di indicare prescrizioni limitative dell’uso dei mezzi di comunicazioni, in quanto anche la suggerita inibizione della possibilità di collegamento telefonico e attraverso internet risulterebbe comunque priva di rilievo, attesi i sistemi alternativi di connessione alla rete internet e telefonica che sono possibili tramite apparecchi mobili.

Il ricorso deve pertanto essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ex art. 616 c.p.p.. Inoltre la Corte dispone che copia del presente provvedimento sia trasmessa al Direttore dell’Istituto penitenziario competente, a norma dell’art. 94 disp. att. c.p.p..

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. La Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmessa al Direttore dell’Istituto penitenziario competente, a norma dell’art. 94 disp. att. c.p.p..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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