T.A.R. Lazio Roma Sez. I ter, Sent., 25-07-2011, n. 6669

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

la Ferrovie del Gargano s.p.a. ha aggiudicato ad A.t.i. con a capogruppo (mandataria) il Consorzio cooperative Costruzioni l’appalto dei lavori di variante per un dato tracciato ferroviario e che il Consorzio capogruppo ha assegnato l’esecuzione della propria quota di lavori all’associata Coop Mucafer Scpa;

Considerato che quest’ultima società cooperativa, dietro autorizzazione della Stazione appaltante, ha affidato in subappalto alla Tunnelling l’esecuzione dei lavori di una galleria naturale con contratti datati 13.10.2009 e 08.4.2010 per l’importo complessivo di circa Euro5800.000,00;

Considerato che la Stazione appaltante (che aveva rilasciato le predette autorizzazioni al subappalto ai sensi dell’art.11 c.2 del d.P.R. nr. 252 del 1998, e cioè dopo solo decorso, senza riscontro, il termine di 45 giorni dalla richiesta dell’informativa antimafia alla Prefettura di Napoli) ha disposto, una volta pervenutale l’informativa interdittiva del 15.11.2010, la revoca, con effetto immediato, delle citate autorizzazioni invitando l’Ati appaltatrice a risolvere i contratti di subappalto;

Considerato che la citata s.c.p.a. Mucafer ha provveduto, con missiva del 02.12.2010, alla citata risoluzione intimando, altresì, alla Tunnelling di non accedere più nel cantiere dei lavori con mezzi e/o persone;

Considerato che, col ricorso introduttivo dell’odierno giudizio, la Tunnelling si è gravata avverso la revoca delle citate autorizzazioni al subappalto nonché avverso:

– l’atto con cui la Mucafer ha risolto i contratti di sub appalto;

– la citata informativa interdittiva nei cui confronti, una volta che copia della stessa è stata depositata in giudizio dalla Difesa erariale, ha proposto mm.aa. di gravame;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della soc. Ferrovie del Gargano s.p.a. e della Coop Mucafer Scpa, la quale ultima ha eccepito il difetto di giurisdizione dell’adito Tribunale (quantomeno limitatamente al capo di domanda che la riguarda);

Considerato che l’amministrazione dell’Interno, costituitasi in giudizio per il tramite del Pubblico Patrocinio, ha contestato, con memoria corredata anche da nota contro deduttiva della Prefettura partenopea, la fondatezza del ricorso avversario;

Considerato che, come peraltro argomenta la difesa erariale nella memoria depositata in data 5/3/2011, l’interdittiva antimafia impugnata si impernia sui seguenti elementi valutativi:

1) l’amministratore unico e comproprietario della società ricorrente (F.Gargiulo) è coniugato con Insigne Rosanna (quest’ultima proprietaria dell’impresa Internazionale Gallerie s.r.l. unitamente al fratello Massimiliano anch’esso amministratore unico della stessa) e iscritto nello stato di famiglia del padre della consorte (quest’ultimo già consigliere della Regione Campania ed interessato, unitamente al fratello, da un’Ordinanza di c.c.c. emessa in data 8/6/2006 dal competente G.i.p. del Tribunale di Napoli, per contiguità col noto clan dei Casalesi);

2) nei confronti del genitore e dello zio della sig.a Insigne vengono rilevati, nella predetta Ordinanza, cointeressenze affaristicocriminali con esponente della predetta organizzazione camorristica e, sempre gli stessi soggetti, vengono qualificati quali effettivi gestori della società Internazionale Gallerie s.r.l;

3) la società Internazionale Gallerie s.r.l è stata già destinataria di misure interdittiva antimafia del 30.4.2009 la cui legittimità è stata confermata dal Consiglio di Stato;

4) successivamente al citato provvedimento interdittivo del 30.4.2009 la società ricorrente ha acquistato un ramo d’azienda della società Internazionale Gallerie s.r.l;

Considerato, alla luce di quanto in precedenza delineato, che il provvedimento oggetto della corrente impugnativa si fonda, in maniera sostanziale e determinante, sulle risultanze dell’Ordinanza di custodia cautelare del 2006 senza, però, tenere conto che – come documentato dalla società ricorrente- il suocero del Gargiulo è stato assolto (" perché il fatto non costituisce reato") con sentenza del Tribunale di Napoli n. 2789/2007 (depositata il 29/5/2008); mentre nei confronti dello zio della sig.a Insigne l’analogo procedimento penale si è esitato con decreto di archiviazione;

Considerato che la Sezione, una volta riscontrate le circostanze appena sopra rappresentate, si è pronunciata, con propria ordinanza nr.3133/2011 depositata l’8 aprile 2011, come appresso, per la parte di interesse, testualmente riportato:

" Considerato, altresì, che, seppur pacifico, nella giurisprudenza amministrativa, il principio secondo il quale la sentenza di assoluzione non esclude che possa essere emanato un provvedimento ostativo (potendo essere contenere elementi che, pur negando la sussistenza di una responsabilità con quel grado di certezza richiesto per la condanna in sede penale, possono essere nondimeno rilevanti ai fini della prevenzione antimafia), non può negarsi che l’autorità prefettizia, nel trarre indizi da un procedimento penale a carico di un soggetto, debba considerare anche l’esito conclusivo di quel procedimento: circostanza questa della quale, invero, non v’è traccia né nel provvedimento impugnato né nelle memorie e controdeduzioni esibite nel presente processo dalla parte pubblica;

Considerato, altresì, che il provvedimento impugnato "fotografa" la situazione esistente – e, dunque, gli elementi relativi a tentativi di condizionamento mafioso – al momento di adozione del provvedimento stesso (che, nel caso di specie, risale al 15/11/2010);

Ritenuto, pertanto, opportuno far precedere la delibazione sull’istanza cautelare in epigrafe da un riesame della posizione della società ricorrente da condurre tenendo conto anche della sentenza del Tribunale di Napoli sopra richiamata (e versata in atti, per estratto, dalla ricorrente) e degli elementi dalla stessa detraibili al fine della conferma o meno della sussistenza, alla data del 15/11/2010, di elementi relativi a tentativi di condizionamento mafioso della società ricorrente";

Considerato che la Sezione, con l’ordinanza citata, ha assegnato alla Prefettura di Napoli il temine di giorni cinquanta (decorrente dalla data di notificazione dell’ordinanza stessa) per provvedere all’incombente di cui è stata onerata, evitando, nell’occasione, di sospendere il provvedimento antimafia impugnato e differendo la trattazione della causa alla camera di consiglio del 23.6.2011;

Considerato che l’Ordinanza nr. 3133/2011 è stata notificata dalla società ricorrente all’U.t.g. di Napoli, presso la sede reale, il 14.4.2011 e che entro la data del 23.6.2011, la Prefettura non ha provveduto al deposito di alcuna determinazione ottemperativa dello iussus iudicis impartito: fatto questo che ha indotto la Sezione, in adesione alla richiesta delle parti presenti, a differire la trattazione della causa all’odierna camera di consiglio;

Considerato che alla camera di consiglio del 23.6.2011 è stata depositata una nota controdeduttiva, datata 05.4.2011 (e dunque antecedente all’Ordinanza della Sezione dell’8.4.2011), con cui la Prefettura di Napoli insiste sull’infondatezza del ricorso avversario sottolineando, sinteticamente, che "la citata sentenza di assoluzione non fa venir meno i presupposti alla base del provvedimento impugnato";

Considerato che, in data 08.7.2011, la Difesa erariale ha depositato copia di nota trasmessa, via fax il 24.6.2011, alla Prefettura di Napoli con cui sollecita detto Ufficio territoriale del Governo a dare esecuzione ed urgente riscontro all’ordinanza della Sezione dell’8.4.2011;

Considerato che, neanche nel corso dell’odierna udienza camerale, è stato depositato l’atto di riesame di cui trattasi;

Considerato che il contegno serbato dalla Prefettura di Napoli rende immediatamente definibile il contenzioso con sentenza in forma semplificata; e che a tal riguardo il Collegio ha sentito in ordine a tale eventualità le parti costituite e preso atto che nessuna parte ha dichiarato l’intendimento di voler proporre alcuna delle iniziative racchiuse nell’art.60 del C.p.a.;

Considerato, difatti, che conservano persistente attualità le ragioni già rassegnate nell’Ordinanza della Sezione sopra citata laddove si è evidenziato che una sentenza di assoluzione non esclude in assoluto che possa essere emanato un provvedimento interdittivo antimafia potendo essa contenere elementi che, pur negando la responsabilità con quel grado di certezza richiesto per la condanna penale, possono essere nondimeno rilevanti ai fini della prevenzione antimafia. Tuttavia in tale evenienza (che ricorreva nella fattispecie in esame) l’autorità prefettizia, ove (come ha fatto) trae indizi del tentativo di infiltrazione mafiosa unicamente da un’ordinanza di custodia cautelare, trascura di considerare l’esito conclusivo del procedimento cui detta ordinanza attiene evitando così di valutare debitamente e ponderare la effettiva e compiuta rilevanza delle relative risultanze (tant’è che dal tenore del provvedimento impugnato non si può neppure evincere se l’amministrazione era o meno consapevole dell’esistenza e dei contenuti della sentenza assolutoria di cui si è detto). Ne consegue che il provvedimento interdittivo antimafia si palesa viziato per difetto di istruttoria e di motivazione come correttamente rilevato, con doglianza di portata assorbente, dalla società ricorrente;

Considerato che, con riguardo ai rimanenti capi di domanda (concernenti l’annullamento degli atti di revoca delle autorizzazioni al sub appalto e di risoluzione dei contratti disposta dalla Mucafer s.c.p.a.), occorre procedere al preliminare scrutinio dell’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dalla Mucafer: eccezione che si rivela, per le ragioni appresso sviluppate, parzialmente fondata;

Considerato che la disciplina vigente accorda alle stazioni appaltanti la facoltà di recedere dai contratti pagando il valore delle opere già eseguite e rimborsando le spese sostenute per l’esecuzione del rimanente, quando gli elementi relativi a tentativi di infiltrazione mafiosa siano accertati (come nel caso di specie, successivamente alla stipula del contratto (art.4 c.6 d.lgs. n.490/1994 ed art.11 c.3 del d.P.R. n. 252 del 1998). Ora la norma parla di "facoltà"; e cioè di un (così definito da Cass. civ. SS.UU. n.391/2011) "irrinunciabile potere autoritativo di valutazione discrezionale" dei requisiti del contraente al fine del mantenimento in vita del contratto. E si tratta di un aspetto fondamentale perché è quello che ha indotto la Corte regolatrice a ritenere che, a fronte di tale facoltà, la posizione dell’appaltatore è di interesse legittimo con la conseguenza che, (in deroga al principio generale che assegna all’Ago la giur. ne sulle controversie relative alle vicende inerenti i contratti già in corso (cfr. Cass. ss.uu. n. 29425 del 2008; Ad.Pl. n.9 del 2008)), la giurisdizione, nelle fattispecie anzidette, spetta al G.a. (cfr. Cass.ss.uu., n.391 del 2011 cit. e nn. 29425, 28345 e 21928 del 2008; C.g.a. n.9 del 2011). Ora, pur se si discute in giurisprudenza sui contenuti di tale potere discrezionale (nel senso che non è consentito alla Stazione di sindacare l’informativa prefettizia ma – e sebbene il collegamento dell’impresa con organizzazioni malavitose sia stato accertato – solo di non revocare l’appalto: e tanto a conclusione di una valutazione di convenienza fondata sul tempo di esecuzione del contratto, sulle difficoltà di trovare un nuovo contraente e sullo stato di esecuzione dei lavori, e sempre al fine di tutelare l’interesse pubblico (che può risultare pregiudicato da un’interruzione dei lavori): cfr., in tal senso Cons.St. nr.4135 del 2006 e 4408 del 2005)), in ogni caso tale potere valutativo discrezionale esiste, è ritenuto irrinunciabile ed è sulla base dello stesso che questo Tribunale è titolare della giurisdizione per controversie quale quella in trattazione;

Considerato che l’ambito applicativo di detto postulato non può ovviamente estendersi sino ad interessare le fattispecie in cui è assente ogni discrezionalità, come accade con riguardo al rapporto negoziale intercorrente tra la Mucafer e la società ricorrente che, espressamente, prevedeva la risoluzione di diritto del contratto nel caso di sopravvenuta informativa interdittiva; al che accede che per tale capo di domanda non v’è alcuna ragione che consenta di derogare al principio generale che assegna all’Ago la giur. ne sulle controversie (incluse quelle risarcitorie) relative alle vicende inerenti i contratti già in corso;

Considerato con riferimento alla domanda risarcitoria azionata dalla ricorrente che è consolidato e radicato l’insegnamento giurisprudenziale in sintonia al quale, ai fini del risarcimento dei danni asseritamente provocati dall’illegittimo esercizio del potere amministrativo, l’interessato, ai sensi di quanto disposto dall’art.2697 cod.civ,, è tenuto a fornire in modo rigoroso la prova dell’esistenza del danno (C.d.S., nr, 2819/2010 cit., A.P. 30 luglio 2007, n. 10; sez. V, 13 giugno 2008, n. 2967; sez. IV, 2 marzo 2004, n. 973). Altrimenti detto, in materia di risarcimento del danno, vertendosi in tema di diritti soggettivi, trova piena applicazione il principio dell’onere della prova in luogo di quello dell’onere del principio di prova che, almeno tendenzialmente, si applica in materia di interessi legittimi. Il giudice può intervenire in via suppletiva, con la liquidazione equitativa del danno, solo quando non possa essere fornita la prova precisa del quantum di danno, ma resta fermo che l’an del danno va provato dall’interessato (Corte di Cassazione, sez. II, 17 marzo 2006, n. 6067). Né si può invocare la consulenza tecnica d’ufficio, perché questa non è un mezzo di prova, ma strumento di valutazione delle prove già fornite dalle parti. Pertanto, il giudice non può disporre una C.T.U., pena la violazione del principio di parità delle parti, per accertare l’an del danno dedotto (cfr., in tal senso, ex plurimis, Cons.St. nr. 176 del 2009).

Considerato che nel caso di specie parte ricorrente ha omesso di provare e documentare il danno subito limitandosi ad invocare, apoditticamente, un risarcimento pari all’importo del prezzo contrattualmente pattuito (che non è stato neanche decurtato, ex art.11 del d.P.R. nr. 252 del 1998, del pagamento (che, a mente delle norme sopra citate, grava sulla Cooperativa che ha sub appaltato i lavori) delle opere già realizzate, oltre al rimborso delle spese sostenute per l’esecuzione del rimanente, nei limiti delle utilità conseguite);

Considerato conclusivamente che il ricorso va accolto limitatamente ai capi di domanda concernenti l’annullamento dell’informativa antimafia interdittiva e la revoca delle autorizzazioni al sub appalto (la quale revoca, si fonda su un atto – e cioè l’interdittiva antimafia, – annullata con efficacia ex tunc); mentre va respinto sia con riguardo alla domanda risarcitoria che con riguardo al terzo capo di domanda nei confronti della Mucafer per difetto di giurisdizione;

Considerato quanto alle spese di lite che esse, alla luce del comportamento processuale tenuto dalla Prefettura di Napoli, vanno poste a carico della soccombente amministrazione dell’Interno, mentre vanno compensate con riguardo alle altre parti in causa;

Considerato che va disposta la trasmissione degli atti di causa alla competente Procura della Corte dei Conti per la valutazione dei profili di responsabilità erariale nei confronti del funzionario ovvero dei funzionari responsabili della mancata ottemperanza all’ordine impartito con l’Ordinanza sopra richiamata della Sezione;

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter) pronunciandosi ai sensi dell’art.60 del C.p.a.

così dispone in ordine al ricorso in epigrafe:

a) in parte lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento prefettizio del 15.11.2010 nonché il provvedimento della Stazione appaltante di revoca delle autorizzazioni al subappalto;

b) respinge la domanda risarcitoria azionata;

c) dichiara inammissibile, per difetto di giurisdizione di questo Tribunale, il capo di domanda proposto nei confronti della cooperativa Mucafer;

d) condanna l’Amministrazione dell’Interno al pagamento delle spese di lite che liquida in Euro3500,00 a beneficio della parte ricorrente;

Manda alla Segreteria della Sezione per la trasmissione di copia della presente decisione alla Procura della Corte dei Conti presso la Sezione giurisdizionale della Corte dei Conti nella Regione Lazio, per l’avvio dell’azione di responsabilità erariale di cui in motivazione.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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