T.A.R. Lazio Roma Sez. I ter, Sent., 25-07-2011, n. 6668

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

I)- La Regione Lazio, con proprio reg.to reg.le n.3 del 15.12.2004 ha disciplinato la procedura per il rilascio delle concessioni di pertinenze idrauliche, aree fluviali, spiagge lacuali e di superfici e pertinenze dei laghi. Detta normativa fra l’altro prevede:

a) che per concessione si intende (art.2) il provvedimento con cui viene attribuito al richiedente il diritto all’uso esclusivo dei beni demaniali individuati nell’art.1 dello stesso Regolamento;

b) che l’Agenzia regionale per la difesa del suolo (Ardis) provvede all’istruttoria ed al rilascio del n.o. tecnico idraulico (art.3 c.2) mentre la competenza al rilascio del titolo concessorio spetta al Direttore del Dip.to Territorio (art.3 c.1);

c) che i beni demaniali di cui all’art.1 del Reg. to possono essere concessi in uso esclusivo per finalità compatibili con le previsioni….degli strumenti urbanistici, paesaggistici ed ambientali;

d) che il procedimento per il rilascio della concessione è avviato a iniziativa di parte (art.6 c.1);

e) che "nel caso in cui i beni demaniali siano ubicati all’interno dei parchi e delle aree protette, l’Ufficio istruttore provvede a trasmettere le domande ed i documenti all’Ente parco o al soggetto gestore" (art.9 c.3);

f) che l’Ufficio istruttore dà notizia delle domande ammissibili (art.10) mediante avviso pubblicato sul sito internet della Regione e sul B.u.R.Lazio ai fini della presentazione di eventuali domande ulteriori ovvero di opposizioni ed osservazioni (delle quali ultime viene data contezza nel provvedimento conclusivo del procedimento);

g) che il provvedimento di concessione è pubblicato sul sito internet della Regione e sul B.u.R.Lazio. (art.14).

Tanto premesso, con determina regionale nr.B1912 dell’11.5.2007 veniva rilasciata al "Gruppo Sportivo VV.F. "Giancarlo Brunetti" (che successivamente ha mutato la propria denominazione in Associazione sportiva dilettantistica "Giancarlo Brunetti") che il 14.1.2003 ne aveva fatta richiesta (ved. Relazione Ardis allegata alla nota del 13.2.2004), una concessione di anni 19, per "uso attività sportive del remo e della pagaia", relativa all’area demaniale situata in comune di Castel Gandolfo, loc. tà Lago di Albano, via dei Pescatori, distinta al Catasto al fg 10, part. 29 e 502 per totali mq.4950.

Tale determina, che:

– era preceduta dalla pubblicazione della richiesta di concessione del Gruppo Sportivo Brunetti sul Burl del 10.1.2007 (mentre nel Burl del 10.7.2007 è stato pubblicato l’avviso dell’avvenuto rilascio del provvedimento concessorio);

– era preceduta dal parere dell’Ardis (ufficio istruttore) che identificava l’area oggetto della richiesta di concessione in quella come sopra ubicata, individuata con le part.lle n.502 (recte: 499 ex 502) e 29/p, con una superficie di 4950 sulla quale insiste un capannone con annessa zona uffici e residenza delle dimensioni di mt.27,30×18,40;

veniva avversata, sostanzialmente per le stesse ragioni, con i distinti ricorsi in epigrafe, dalla Fick, dal Coni spa e dal Coni (i ricorsi di questi due ultimi enti sono quasi identici).

La censura che qualifica i gravami e riceve, nel rispettivo contesto, prioritario rilievo si impernia sulla circostanza che la Regione non aveva, e non ha, alcun potere dispositivo sull’area oggetto di concessione in quanto "si tratta di aree in parte di proprietà del Coni ed in parte di proprietà del Ministero dei LL.PP." (così ric. Fick, pag.9). Più precisamente, si sostiene nel primo dei ricorsi in epigrafe (cioè quello azionato dalla Fick), che il capannone è oggetto di proprietà superficiaria del Coni mentre l’area sul quale insiste e che è oggetto dell’impugnata concessione appartiene al Patrimonio (e non al Demanio) dello Stato. "La mancanza del presupposto indefettibile per il rilascio della concessione con riferimento alla p.lla n.29 proprio della demanialità del bene, e con riferimento alla part.lla 502 stante la non pertinenza dell’area alla Regione bensì al Ministero dei LL.PP., rende palesemente illegittimo il provvedimento impugnato perché emanato in difetto di potere o, comunque, in totale carenza dei presupposti ed a seguito di un palese travisamento dei fatti" (così ric. Fick, pag.10 che, a conferma di tale assunto, richiama, alla pag. 12,la circostanza che il bene concesso non è inserito nell’elenco dei beni demaniali previsto dall’art.4 c.2 del Regolamento n.3/2004 in premessa citato).

A conforto di detta implementazione difensiva la Fick esibisce (ma, si noti bene, identica produzione correda gli altri due ricorsi):

A) copia di un rogito (per atti Notar A. Cardelli) del 1936 con cui si dispone la vendita alla "Reale Federazione italiana di canottaggio" dell’ "utile dominio":

– di un appezzamento di terreno di mq 7072,50mq distinto in catasto alla Sez.II^, nr mappa 36 e mezzo, 3738 sub 1 – 38 resto sub 2, 223 resto enfiteutico alla Principessa Barberini;

– di altro appezzamento, adiacente al primo, di are 34,90, distinto col nr. 290 enfiteutico alla Principessa Barberini;

B) copia di varie dichiarazioni di accatastamento di immobili urbani, presentate negli anni 1993/1994 all’U.t.e. di Roma e relative agli immobili di cui al fg. 10 citato ed a varie p.lle (fra le quali la nr. 29 e la nr.499) in cui le ditte da iscrivere nel N.c.e.u. vengono indicate nel Coni (quale proprietario dei fabbricati) e nel Ministero dei Ll.pp. quale proprietario dell’area;

C) copia di una nota, risalente al 27.10.1992, dell’Intendenza di Finanza – Rep. Demanio di Roma – che esclude la natura demaniale del citato cespite (id est: il capannone ubicato lungo Via dei Pescatori) evidenziandone la proprietà superficiaria in capo al Coni e quella dell’area in capo al Ministero dei LL.PP.

Analoga strategia difensiva è praticata nei due (sostanzialmente identici come si è già detto) rimanenti ricorsi ivi, ulteriormente, precisandosi che le particelle oggetto della compravendita per atto Notar Cardelli del 1936 "nel corso degli anni sono mutate e oggi sono identificabili nel Fg.10, particelle 29 e 502" (assunto questo, invero, solo dichiarato ma rimasto privo di riscontro documentale alcuno); e ribadendosi che, sulla base dei documenti sub A), B) e C), "risulta dimostrata l’appartenenza al Coni delle aree date in concessione nonché la proprietà dell’edificio realizzato dallo stesso Coni sicchè è evidente l’errore in cui è incorsa la Regione Lazio nell’emanazione del provvedimento" (così pag. 5 entrambi i ricorsi). "Omette l’Ardis qualsiasi indagine circa la proprietà… dell’area nonché circa la titolarità della proprietà del capannone con annessa zona uffici e residenza. Detti ultimi beni sono di proprietà del Coni per come documentalmente provato e non potevano essere dati in concessione" (così pag. 6 ricorsi).

Riservando al prosieguo l’esposizione degli ulteriori profili di doglianza delle parti ricorrenti (e cioè di profili concentrati su ulteriori e distinti vizi propri del provvedimento di concessione), occorre ora esaminare, per comodità espositiva, le eccezioni e controdeduzioni (che sono, in relazione ai tre atti di ricorso, di egual contenuto) rappresentate dalle resistenti amministrazioni e dalla Associazione controinteressata (che, si ricorda, non si è costituita in relazione al ric. n.8547/2007), in ordine alla sopra delineata censura.

L’Ardis, preliminarmente richiamata la propria competenza in ordine alla fattispecie di cui trattasi (limitata all’istruttoria ed al solo rilascio del n.o. idraulico), precisa che, ai propri atti, "risulta di proprietà del Coni la sola p.lla 502 relativa al fabbricato (ora soppressa ed indicata in p.lla 499 in proprietà superficiaria), mentre la p.lla nr. 29, relativa al terreno, è di proprietà demaniale"(ved. pag. 6 memoria), aggiungendo che "..nessuna influenza sulla concedenda area demaniale (p.lla n.29) poteva avere la titolarità della p.lla 499 che, si ricorda, è nella disponibilità del Coni per diritto di superficie, in quanto ha sì la proprietà del capannone ma non del suolo (demaniale) su cui insiste".

Si sofferma altresì l’Ardis sulla possibile tardività (e connessa irricevibilità) dei ricorsi avversari atteso che eventuali opposizioni ed osservazioni al rilascio della concessione avrebbero dovuto esser mosse dalle parti ricorrenti, ex art. 10 del Reg. to in premessa richiamato, successivamente alla pubblicazione (avvenuta il 10.1.2007 sul BuR Lazio) della domanda di concessione avanzata dal Gruppo "Brunetti".

La Regione Lazio eccepisce, invece, in primo luogo e con forza, il "macroscopico" difetto di giurisdizione dell’adito Giudice, controvertendosi in ordine ad un bene demaniale del quale si contesta tale natura, rivendicandosene la proprietà privata o altro diritto reale di godimento e, dunque, in definitiva la lesione di un diritto soggettivo.

Ulteriore profilo di inammissibilità sarebbe dato, ad avviso dell’amministrazione regionale, dalla carenza, in capo ciascuna delle parti ricorrenti, di una posizione legittimante, atteso che nessuna di esse ha partecipato alla procedura pubblicistica per la concessione del bene.

Non solo.

La Regione ha anche esibito una Relazione peritale, redatta sulla base di sopralluogo curato da proprio personale dell’Ufficio concessioni, le cui conclusioni ribaltano quanto sostenuto nei gravami avversari. In detta relazione si premette che i siti correlati alla storia della controversia sono tre e precisamente:

1. il primo (che, ad avviso del perito, è quello oggetto della controversia) attiene ad un’area di circa 15000 mq che insiste sulla p.lla n.29 del fg 10 su cui insistono 5 edifici ed un vasto piazzale asfaltato;

2. il secondo, a circa 800 mt di distanza dal primo e di estensione molto più ridotta, è dotato di un solo fabbricato (nessuna precisazione v’è in ordine ad un’eventuale p.lla occupata da detto fabbricato);

3. il terzo, a circa 1500 mt di distanza dal primo, è un fabbricato molto grande che è "in uso al Coni" ed "è quello oggetto della compravendita.. del famoso atto del 1936……..Dal che si deduce, come prima fondamentale considerazione, che la proprietà vantata dal Coni con l’atto di compravendita del 1936 non riguarda l’area oggetto della controversia ma un’altra che nulla ha a che vedere con la prima".

Tale "prima fondamentale considerazione" troverebbe conforto nella piantina allegata alla Relazione che è però un mappale storico (probabilmente quello unito all’atto di compravendita del 1936) in cui in prossimità del punto in cui risulta manoscritto (con tutta evidenza dal redattore della perizia per esigenze di chiarimento) "Immobile acquistato nel 1936 dal Coni" vi sono numeri di mappale (il più prossimo è il 337, più distanti il 381, il 347) che, invero, non coincidono con quelli menzionati nell’atto Notar Cardelli del "36.

Quanto a quello che il perito considera "il sito oggetto della controversia" e cioè il primo dei siti sopra riportati, nella Relazione si accenna al fatto che la relativa area fu (storicamente) oggetto di esproprio da parte del Ministero dei LL.PP. (come da Nota di trascrizione a suo favore unita alla Relazione) che, in occasione delle Olimpiadi di Roma (1960) vi edificò quattro fabbricati che consegnò al Coni per farne un centro sportivo remiero (manca in atti copia dell’eventuale verbale di consegna comprovante tale dato informativo). Sullo stesso sito (p.lla n.29) anni dopo fu edificato un quinto fabbricato consegnato al Gruppo Sportivo VV.F. "Giancarlo Brunetti" il 28.7.1969 (in questo caso è unito il verbale di consegna).

Conclude la Relazione affermando che tanto il Coni quanto il Gruppo "Brunetti" sono occupanti senza titolo un’area demaniale: natura questa dell’area, si specifica nella Relazione, che è presunta "non solo in quanto in re ipsa…..ma anche sulla base della nota dell’1.2.2002 dell’Agenzia del Demanio" (nota quest’ultima che è unita alla produzione, in relazione al primo dei ricorsi in epigrafe, del 19.2.2008 della Regione e nella quale l’Agenzia – parlando della costruzione realizzata dal "Gruppo Sportivo….Brunetti" e del terreno su cui insiste – rappresenta di aver dato "disposizioni per la formale assunzione in consistenza fra i beni patrimoniali (ndr: e non DEMANIALI) dell’area e del fabbricato su di essa insistente anch’esso da considerarsi di proprietà (ndr: non specificata se INDISPONIBILE, DISPONIBILE o DEMANIALE) dello Stato").

Occorre ora soffermarsi – e per chiare esigenze di più agevole comprensione della complicata vicenda di cui trattasi – sulla sopra sintetizzata Relazione. E tanto di al fine di appurare, da subito, che la stessa non fa – diversamente da come appare supporre il suo redattore – piena luce sulla vicenda.

Induce a tale valutazione:

– la già rilevata mancata coincidenza fra i numeri di mappale indicati nell’atto Notar Cardelli e quelli prossimi al sito indicato in perizia come "Immobile acquistato nel 1936 dal Coni";

– l’omessa indicazione delle particelle catastali su cui sono stati edificati i quattro fabbricati in uso al Coni ed il quinto consegnato al "Gruppo…Brunetti";

– la circostanza che fra le particelle oggetto di esproprio da parte del Ministero del LL.PP. non risulta inclusa quella nr. 502 (poi divenuta nr. 499), mentre – per quanto riguarda la p.lla nr.29 – la stessa risulta oggetto di esproprio per mq. 590 (ditta espropriata SCASCITELLI) e per mq. 630 (ditta espropriata: AMADIO); e dunque l’area espropriata, ricadente entro tale particella, è di estensione ampiamente minore a quella oggetto di concessione (mq.4950);

– la circostanza che l’Agenzia del Demanio nella nota sopra richiamata non fa mai riferimento all’assunzione in consistenza fra i beni DEMANIALI dello Stato del sopra citato quinto fabbricato (e del relativo terreno) insistente (secondo la ricostruzione della Relazione) sulla p.lla nr. 29 e dato in consegna al 28.7.1969 al Gruppo Sportivo Brunetti.

– la circostanza che l’area oggetto della concessione demaniale impugnata è, come nello stesso provvedimento chiarito, distinta in catasto al fg10, part. lle 29, 502, superficie…mq.4950. Qui, lo si è detto, della p.lla n. 499 (ex 502) e del fabbricato su di essa insistente (del quale il Coni ne rivendica la proprietà superficiaria (dato questo confermato dall’Ardis) indicando come proprietario del suolo il Ministero dei LL.PP.) nulla è precisato.

Sennonchè a complicare tale già complessa vicenda intervengono ulteriori circostanze di fatto:

a) con nota del 06.6.1995 (allegata al ric. della Fick) il Ministero dell’Interno dichiara decaduto, con decorrenza 1.1.1995, il "Gruppo Sportivo VV.F. Giancarlo Brunetti" dalla possibilità di svolgere qualsiasi attività sportiva dei VV.F. in assetto societario nonché (dichiara) l’illegittimità dell’assunzione della stessa sopra indicata denominazione;

b) il 26.11.1998 il Ministero dell’Interno restituisce al Coni (ved. allegato alla nota difensiva depositata il 19.2.2008 dalla ricorrente Fick) un capannone costruito "nell’ambito del centro Remiero gestito dallo stesso Coni", con fondi stanziati dal Coni e dietro concessione edilizia rilasciata tra il 1967 ed il 1968, utilizzato, oltre che per l’addestramento nautico del personale VV.F., "anche per le attività canoistiche del "Gruppo Sportivo VV.F. Giancarlo Brunetti": Gruppo la cui attività è stata sospesa.

Ora il fattore di complicazione sopra accennato si collega al fatto che detto capannone, per il quale nel verbale del 26.11.1998 non viene indicata la p.lla su cui insiste, viene ivi descritto come avente una superficie in pianta di circa 510 mq; e dunque una superficie sostanzialmente coincidente con quella del capannone cui si fa riferimento nel N.O. dell’Ardis sopra citato (ove si parla di una superficie di 4950 sulla quale insiste un capannone con annessa zona uffici e residenza delle dimensioni di mt.27,30×18,40).

E comunque – tralasciando ulteriori elementi di dettaglio sul punto in discussione che si rivelano (come appresso si vedrà) esuberanti rispetto alle esigenze di definizione del corrente contenzioso – deve solo aggiungersi che le parti in causa hanno, nei rispettivi ricorsi, ribadito le relative conclusioni in successive note difensive. Solo l’Associazione sportiva Brunetti – che ha sollevato, come la Regione, eccezione di difetto di giurisdizione dell’adito Giudice (impropriamente rappresentata in termini di difetto di competenza di questo Tribunale) – ha anche depositato (nel ric. azionato dalla Fick) copia di una denuncia alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Velletri per la falsità delle attestazioni contenute nei ricorsi azionati dalla parti ricorrenti.

Con riferimento a tutti i ricorsi in epigrafe, la Sezione ha adottato una prima Ordinanza cautelare (nr. 4943/2007 del 25.10.2007) con cui ha sospeso gli effetti dell’impugnata concessione sino al 30.6.2008 al fine di consentire di la preparazione atletica una proficua partecipazione ai giochi olimpici del 2008. Successivamente, con riferimento al ric. proposto dalla Fick, vi sono state due successive ordinanze con cui (ord. nr.1048/2008 del 21.2.2008) si è respinta l’istanza (proposta dalla Fick) di esecuzione coattiva dell’ordinanza nr. 4943/2007 e (ord. nr.3352/2008 del 03.7.2008) si è respinta l’istanza, proposta dall’Associazione sportiva Brunetti di revoca dell’ord. nr. 4943/2007.

II)- Si è in precedenza annunciato che la, pur prioritaria e fondamentale nell’economia dei gravami di cui trattasi, censura imperniata sulla carenza di alcun potere concessorio da parte della Regione Lazio, è associata ad altri profili di doglianza relativi a vizi propri del provvedimento impugnato. Più puntualmente le parti ricorrenti hanno tutte dedotto:

a) la circostanza che, nel corso del procedimento, la Regione abbia omesso di acquisire il parere dell’Ente parco dei Castelli Romani nel cui perimetro ricade tutta l’area del lago di Albano, con chiara violazione dell’art.9 del Reg. to in premessa citato;

b) la circostanza che la Regione ha anche omesso di chiedere il parere del Comune di Castel Gandolfo ai fini della valutazione della compatibilità della concessione da rilasciare con gli strumenti urbanistici locali. A tal riguardo viene allegata, nel ric. Fick, una nota del 26.4.2007 con detto Comune, invita l’Associazione Brunetti a trasmettere i documenti ivi richiesti per la formulazione del parere di competenza: nota comunale rimasta inevasa con accessiva violazione dell’art.4 del Reg. to in premessa citato.

A tali profili di doglianza le altre parti in causa sostanzialmente non hanno replicato. Anzi, per converso, paradossalmente, l’Ardis, nella propria produzione, include copia di propria nota del 5.9.2007 con cui partecipa alla Direzione regionale competente – e cioè alla Direzione che l’11.5.2007 aveva adottato il provvedimento concessorio impugnato – che l’Ente parco dei Castelli Romani (investito della richiesta di parere solo l’11.5.2007 dall’Ardis e cioè nella stessa giornata in cui veniva adottato il provvedimento conclusivo del procedimento di cui trattasi) ha espresso parere negativo al rilascio della concessione in data 08.8.2007 (e cioè circa un mese dopo la pubblicazione del provvedimento di concessione sul B.u.R. Lazio).

Oltre alla sopracitate doglianze a) e b), v’è poi da ricordare, sinteticamente, che il Coni ed il Coni spa, nei rispettivi atti di ricorso, denunciano la violazione della dovuta pubblicità della domanda di concessione (profilo questo contestato e documentalmente smentito dalla Regione resistente) nonché il fatto che la concessione sia stata disposta senza ricorrere a procedura ad evidenza pubblica.

La causa è stata trattenuta e spedita in decisione all’udienza pubblica del 14.7.2011.

III)- Si sono rivolti a questo Tribunale il Coni, la Coni spa e la Fick.

Il Coni, costituito con L.n. 426 del 1942 (poi abrogata dal d.lgs. n.242 del 1999) ha incluso tra i propri Organi, fra l’altro, la Reale federazione italiana canottaggio (che è, si ricordi, il soggetto acquirente nell’ambito dell’atto a rogito Notar Cardelli di cui si è detto nei precedenti paragrafi) acquisendone, di conseguenza, il relativo patrimonio.

Ha contestato l’impugnato provvedimento concessorio, prima che per propri profili di merito, in quanto il bene dato in concessione apparteneva ad esso ente (a titolo di proprietà superficiaria) mentre l’area su quale insiste è di proprietà patrimoniale (e non demaniale) statale.

La Coni spa è la società per azioni costituita con d.l. n.138 del 2002 (convertito nella legge n. 178 del 2002) di cui, ex art.8 d.l. citato, il Coni si avvale per l’espletamento dei suoi compiti fra i quali la gestione degli impianti sportivi destinati a preparazioni di alto livello. La Fick è invece la Federazione sportiva cui la Coni spa ha affidato, con apposita convenzione del 2007, la gestione del Centro Remiero di Castel Gandolfo.

Sia la Coni spa che la Fick contestano, in primo luogo, nei rispettivi atti di ricorso l’assenza, per le medesime ragioni prospettate dal Coni, di alcun potere di disposizione dell’area oggetto della concessione da parte della Regione.

Sussistono, quindi, evidenti ragioni di connessione che consentono la riunione dei gravami in epigrafe ai fini della loro unitaria trattazione e definizione.

Della complessità degli elementi di fatto che compongono la fattispecie in trattazione e della difficoltà che incontra il tentativo di una loro coerente ricostruzione si è già dato atto nel par. I) laddove si sono, fra l’altro, evidenziati:

– i non pochi punti contraddittori (basta ricordare che l’Ardis riconosce la proprietà superficiaria del capannone in capo al Coni e ciò nonostante ne rilascia il n.o.);

– le carenze nelle prospettazioni delle parti (e così se da un lato tanto il Coni quanto la Coni spa assumono, senza documentare alcunché, che i numeri di mappale riportati nell’atto di compravendita per notar Cardelli coincidono con le p.lle 29 e 502 -poi 499 -, dall’altro lato la Relazione del perito della Regione Lazio individua il bene ceduto col citato rogito, in quello collocato in area del tutto diversa da quella oggetto di concessione: e tanto, al pari dei ricorrenti, senza alcun effettivo riscontro documentale);

– l’apoditticità di alcune conclusioni sostenute dalle parti (ad es. quella che assume "in re ipsa" la natura demaniale dell’area nonostante l’Agenzia del demanio e altri Uffici statali al più parlino di bene appartenente al Patrimonio dello Stato e mai di bene appartenente al demanio statale).

E’ comunque chiaro, alla luce del principio del petitum sostanziale – il quale, com’è noto, va identificato non solo e non tanto in funzione della concreta pronuncia che si chiede al Giudice (nel caso di specie l’annullamento di un provvedimento concessorio), ma anche e soprattutto in funzione della causa petendi, ossia dell’intrinseca natura della posizione dedotta in giudizio ed individuata dal Giudice con riguardo ai fatti allegati ed al rapporto giuridico del quale tali fatti costituiscono manifestazione (cfr., ex plurimis, Cass.civ. SS.UU., 16.5.2008 n.12378) – che oggetto diretto e principale della controversia è la questione relativa alla proprietà privata ovvero non demaniale dell’area oggetto di concessione, rispetto alla quale la decisione di ogni altra questione (afferente alla legittimità o meno del provvedimento concessorio gravato) è solo conseguente.

Sennonchè un accertamento di tal natura esula dalla giurisdizione di questo Tribunale, come condivisibilmente sostenuto dalla resistente amministrazione regionale.

Occorre al riguardo ricordare che sin da data non recente, la Corte regolatrice ha puntualizzato che quando la controversia involge, direttamente e principalmente, la questione della natura privata o non demaniale di un bene (come, nel caso di specie, accade con riguardo all’area oggetto di concessione che si assume appartenere al Patrimonio statale) o, altrimenti detto, quando la parte agisce al fine di sentire, principalmente, negare la demanialità del bene ed accertare il proprio diritto di proprietà (nel caso di specie: proprietà superficiaria del capannone ricadente nell’area oggetto di concessione), la relativa controversia spetta al Giudice ordinario (cfr. Cass.civ. SS.UU., n.3068/1978, n.3965/1987, n.5764/1989, nr.4146/1995, n.4362 e 5522 del 1996).

E si tratta di un indirizzo di pensiero che ha trovato riscontro in sede giurisprudenziale amministrativa (ved. C.g.a. n.57 del 1998 nonché Cons. St. nr. 6054 del 2001: Qualora la controversia promossa dal privato nei confronti dell’amministrazione sia volta all’accertamento del diritto di proprietà dell’area che l’amministrazione predetta assume demaniale, la cognizione è devoluta all’autorità giudiziaria ordinaria, diversamente dalle fattispecie di contestazione della legittimità delle modalità di esercizio del potere, riservate alla cognizione del g.a.).

Più di recente detto orientamento è stato ribadito da Cass. SS.UU. n.26726/2007, mentre l’ultima, e illuminante con riguardo al caso in trattazione, pronuncia della Corte regolatrice è data dalla decisione n.7097 del 2011.

La fattispecie originatrice di tale contenzioso era data da un’ordinanza del Direttore dell’aeroporto di Alghero, con la quale veniva ingiunto a determinati sigg. ri di cessare, entro sessanta giorni dalla notifica del provvedimento, l’abusiva occupazione dell’area demaniale in agro di Alghero. Costoro deducevano l’illegittimità del provvedimento impugnato innanzi al T.a.r. sardo, rilevando sostanzialmente che il terreno oggetto della controversia non faceva parte del demanio aeronautico; che lo stesso era stato acquistato dall’Amministrazione con contratto di diritto privato e non era mai stato utilizzato per fini d’interesse pubblico e, infine, che le Amministrazioni interessate avevano fatto presente l’opportunità di sdemanializzare il bene in questione.

L’adito TAR accoglieva il ricorso, dopo avere rilevato che era fondata la censura volta a contestare la demanialità del bene, in quanto risultava dagli atti di causa che il tratto di terreno in questione era stato acquistato dall’Amministrazione con contratto di compravendita e che, dopo tale acquisto, non risultava che fosse stato avviato alcun procedimento per la demanializzazione del bene; né risultava che il terreno fosse mai stato utilizzato per scopi d’interesse pubblico e nemmeno che i ricorrenti avessero mai perso il possesso del bene in questione, che certamente si trovava all’esterno della recinzione aeroportuale.

Detta decisione veniva però riformata in appello (ove veniva interposto, fra l’altro, il difetto di giurisdizione del TAR in ordine alla controversia, trattandosi di questione afferente l’accertamento della demanialità del terreno conteso), con decisione n.5549 del 2009. Sulla questione di giurisdizione il Consiglio di Stato, così si determinava: " Ritiene, innanzitutto, il Collegio…che nel caso in esame sussista la giurisdizione del giudice amministrativo, non essendovi dubbio alcuno sulla demanialità del bene oggetto della controversia, confinante con la recinzione doganale dell’aeroporto di Alghero; e ciò sulla base di quanto affermato nella nota dell’Agenzia del demanio di Sassari in data 21.3.2001, laddove è stata richiamata l’apposita comunicazione dell’Ufficio del territorio di Sassari secondo la quale l’area in questione (di mq. 16.226) appartiene al Demanio pubblico dello Stato – Ministero dei trasporti e dell’aviazione civile".

Ebbene la Corte regolatrice ha cassato la decisione appena riportata; e tanto sulla base di postulato che è opportuno testualmente riportare: " Il Consiglio di Stato ha ritenuto la propria giurisdizione sul rilievo della natura demaniale del suolo occupato dai ricorrenti, andando in contrario avviso rispetto al TAR. Questo, infatti, si è ritenuto competente, pur avendo escluso la natura demaniale del suolo in questione. Proprio sulla base di questo presupposto di fatto, l’ENAC ha eccepito il difetto di giurisdizione, rilevando, correttamente, che la controversia investe la natura demaniale del suolo in questione. Il Consiglio di Stato, invece di prendere atto della natura della controversia, è passato alla decisione della stessa, statuendo (sulla base di documenti che avrebbero dovuto essere esaminati dal giudice competente) che il suolo in questione ha natura demaniale e facendo derivare da questa conclusione che la giurisdizione appartiene al giudice amministrativo. E’ evidente l’errore in cui è incorso il Consiglio di Stato, invertendo l’ordine logico della questioni. Invece di esaminare la domanda attrice per verificare se l’oggetto del contenzioso appartiene alla giurisdizione amministrativa, ha deciso il merito della causa, stabilendo che il suolo in questione appartiene al Demanio, ed ha fatto poi derivare da questa "premessa" (rectius: conclusione), gli effetti collegati alla natura del suolo.

In definitiva, con il ricorso introduttivo le parti private chiedono una pronuncia che ha ad oggetto la proprietà, pubblica o privata, del suolo da loro occupato: la decisione di ogni altra questione è solo conseguente. Pertanto la giurisdizione, trattandosi di diritti soggettivi non attratti da giurisdizioni speciali, appartiene al giudice ordinario".

Il postulato sopra delineato calza perfettamente con riguardo alla fattispecie originata dai ricorsi in epigrafe.

Anche qui la questione, centrale e dirimente, da risolvere è quella avente ad oggetto la contestazione sulla natura demaniale del bene oggetto di concessione (si rinvia sul punto, onde evitare inutili ripetizioni, all’analisi delle censure delle parti ricorrenti come riportate, e virgolettate, nel par. I). Ed è chiaro che solo una volta eliminato ogni dubbio sulla natura dell’area (demaniale ovvero patrimoniale statale ovvero privata) si potrà aver accesso allo scrutinio del provvedimento che della stessa area, ivi ritenuta demaniale, dispone attraverso concessione in uso esclusivo a terzi. Ma, come insegna la Cassazione, la questione sulla natura demaniale o meno dell’area costituisce oggetto di un accertamento che va effettuato dal competente G.O. e non da questo Tribunale, con la conseguenza che i ricorsi in epigrafe devono essere dichiarati inammissibili per difetto di giurisdizione dell’adito Tribunale.

Tale accertato difetto di giurisdizione come ribadito dalla giurisprudenza (cfr. da ultimo, Cons. St,., 29 aprile 2009, n. 2713), comporta l’applicazione dell’istituto della "translatio iudicii", in forza del quale, conservati gli effetti sostanziali e processuali del presente capo di domanda, il giudizio alla stessa relativo può proseguire davanti al Giudice ordinario, dove dovrà essere riassunto nel termine decadenziale di tre mesi dal passaggio in giudicato della presente sentenza ai sensi e per gli effetti dell’art. 59 della L. n. 69 del 18/6/09 contenente, tra l’altro, disposizioni in materia di processo civile.

Le spese di lite in considerazione della peculiarità della controversia possono compensarsi tra le parti in causa.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter) previa riunione dei ricorsi in epigrafe, dichiara gli stessi, come da motivazione, inammissibili per difetto di giurisdizione dell’adito Giudice.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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