T.A.R. Lazio Roma Sez. I ter, Sent., 25-07-2011, n. 6641

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

– con l’atto introduttivo del presente giudizio, l’associazione ricorrente chiede l’esecuzione della sentenzia di questo Tribunale n. 19913/2010, con la quale – in accoglimento del ricorso n. 11465/2007 – è stato annullato il provvedimento con cui la Regione Lazio ha rigettato il progetto dalla predetta presentato, ai sensi dell’art. 17 della L.R. n. 28 del 2006, previa declaratoria dell’illegittimità costituzionale di quest’ultimo con sentenza della Corte Costituzionale n. 137/2009;

– in particolare, l’associazione ricorrente chiede a questo Tribunale di ordinare all’Amministrazione resistente: – "l’adozione di tutte le misure e di ogni atto necessario a dare esecuzione alla statuizione giurisdizionale, in modo da precludere l’erogazione di ulteriori somme in favore delle associazioni" incluse nella Tabella B allegata alla legge n. 28/2005 e imporre all’amministrazione resistente la caducazione dei provvedimenti con cui è stata disposta l’elargizione dei contributi in favore delle stesse, nonché" la revoca di qualsiasi stanziamento di qualsiasi natura"; – "l’adozione degli atti idonei a far conseguire all’odierna ricorrente i contributi necessari per la realizzazione del progetto denominato "Progetto giochi sicuri – bimbi contenti", rigettato dalla Regione Lazio con il provvedimento poi annullato; – di indire una procedura, ai sensi dell’art. 12 l. 241/90, "al fine di garantire un’equa redistribuzione dell’intera somma in favore di enti che effettivamente promuovano la realizzazione di progetti socialmente utili, tra cui anche la ricorrente; – "di attivarsi fattivamente per il recupero dei contributi erogati", "così da poter provvedere alla redistribuzione degli importi in favore delle associazioni effettivamente meritevoli";

– in ultimo, la ricorrente chiede anche "di voler condannare l’amministrazione resistente al risarcimento di tutti i danni patrimoniali e non patrimoniali subiti" ed, in particolare, del danno subito a causa del mancato godimento dei finanziamenti, del danno da perdita di chance e del danno non patrimoniale connesso a diritti costituzionalmente garantiti, quali il diritto all’identità morale e personale ed il diritto all’immagine;

Considerato, ancora, che la Regione intimata si è costituita, eccependo – in primis – l’inammissibilità dell’azione proposta "nella parte in cui le richieste esulano dal giudicato ed, in particolare, quelle con cui parte ricorrente chiede… di indicare all’Amministrazione le modalità per ottemperare alla sentenza attraverso il recupero di contributi già erogati e la conseguente indizione di una procedura diretta a ridistribuire l’intera somma", sostenendo che – per effetto della sentenza della Corte Cost. n. 137 del 2009 – "non può più in assoluto erogare finanziamenti né a parte ricorrente né a nessun altro richiedente" ma, comunque, restano fermi gli effetti "anteriori", ossia i rapporti esauriti. Nel prosieguo, ha eccepito ancora l’inammissibilità del ricorso per "violazione del principio del ne bis in idem" in relazione alle domande risarcitorie. In ultimo, ha opposto l’infondatezza delle richieste della ricorrente, attribuendo carattere preclusivo alla sentenza della Corte Costituzionale;

Rilevato che le eccezioni di inammissibilità sollevate dalla Regione sono meritevoli di condivisione nei termini e nei limiti di seguito indicati:

– le richieste afferenti il divieto di erogare ulteriori somme a favore delle associazioni incluse nella Tabella B allegata alla legge n. 28/2006, la caducazione dei provvedimenti con cui è stata disposta l’elargizione di contributi, la revoca di qualsiasi stanziamento nonché il recupero dei contributi erogati sono estranee all’esecuzione del giudicato di cui trattasi. Tali richieste attengono, infatti, al rispetto da parte dell’Amministrazione delle prescrizioni che regolamentano la materia, in esito alla sentenza della Corte Cost. n. n. 137/2009. In altre parole, investono la "correttezza" dell’azione amministrativa in termini "generali", il che le rende comunque valutabili – come già rilevato anche nella sentenza n. 19913/2010 – dal giudice contabile, ma – in quanto tali – debbono essere ritenute avulse dal pregresso giudizio e, dunque, improponibili in questa sede. Del resto, non va dimenticato che anche da ultimo l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato ha avuto modo di precisare – con la decisione n. 4 del 2011 – che la verifica della legittimità dei provvedimenti amministrativi "non va compiuta nell’astratto interesse generale, ma è finalizzata all’accertamento della fondatezza della pretesa sostanziale fatta valere, ritualmente, dalla parte attrice". Da tale rilievo necessariamente consegue che – in sede di ottemperanza – ciò che rileva è comunque la situazione della parte attrice e non la conformità a legge di tutte le iniziative che – in relazione all’ipotesi che è di interesse, tra gli altri, per il ricorrente – l’Amministrazione ha avuto modo di assumere;

– per quanto attiene alla richiesta afferente la condanna della P.A. al risarcimento di tutti i danni subiti a causa del mancato godimento del finanziamento, della perdita di chance e della lesione del diritto dell’identità morale e personale ed all’immagine, il Collegio rileva che la ricorrente chiede – in verità – una pronuncia di merito circa i sopra indicati aspetti e non la mera esecuzione di quanto statuito nella precedente decisione. Ciò non è possibile, tenuto conto che – al riguardo – la Sezione ha già avuto modo di pronunciarsi – in termini negativi – proprio con la sentenza n. 19913/2010;

Rilevato che, invece, le rimanenti richieste riguardanti la condanna dell’Amministrazione all’indizione di una procedura, ai sensi dell’art. 12 della L. n. 241/90, ed all’adozione di atti idonei a far conseguire alla ricorrente i contributi necessari, nella misura di Euro 135.000,00, pari al 90% del costo complessivo dell’iniziativa promossa, sono infondate, atteso che:

– come noto, il giudizio di ottemperanza investe l’accertamento dell’inadempimento e la determinazione dell’attività che l’Amministrazione avrebbe dovuto svolgere per dare esecuzione alla sentenza emessa;

– la determinazione di cui sopra riguarda propriamente il c.d. effetto conformativo, ossia l’individuazione dell’attività necessaria al fine di mutare la realtà giuridica o quella materiale al decisum;

– per quanto attiene al caso di specie, in virtù della sentenza della Sezione n. 19913/2010 (ora oggetto del ricorso in epigrafe, proposto ex art. 114 c.p.amm.) il ricorrente ha ottenuto l’annullamento del provvedimento di rigetto del progetto presentato, ai sensi dell’art. 17 della L.R. Lazio n. 28 del 2006, per la concessione di contributi nell’anno 2007;

– tale sentenza è connotata, però, da una peculiarità: il ricorso è stato ritenuto "meritevole di accoglimento con riguardo ai profili di illegittimità costituzionale prospettati nel quarto mezzo di gravame,… condivisi dal Giudice delle Leggi", il quale – con sentenza 8 maggio 2009, n. 137 – ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 17 e della tabella B) della legge della Regione Lazio di cui sopra;

– in sintesi, il ricorso è stato accolto nei "limiti di cui in parte motiva", ossia per l’illegittimità costituzionale della previsione di cui sopra;

– ciò detto, il Collegio ritiene doveroso osservare che il contributo era richiesto ai sensi dell’art. 17 in esame ma il citato art. 17 è venuto meno;

– ciò non può non incidere sulle pretese del ricorrente e, più in generale, sull’obbligo conformativo dell’Amministrazione: il diniego opposto alla richiesta del contributo è sì venuto meno ma – stante l’operatività ex tunc delle sentenze della Corte Costituzionale – al venir meno per illegittimità costituzionale dell’art. 17 va riconosciuto chiaro carattere preclusivo dell’adozione di nuovi provvedimenti in materia di contributi, disposti – come richiesto dalla ricorrente – ai sensi della citata norma;

– in definitiva, l’ipotesi in esame si profila particolare: esiste sì una sentenza di annullamento ma è da escludere che detta sentenza contempli un "comando", atteso che il provvedimento impugnato è stato riconosciuto illegittimo sulla base della illegittimità costituzione di una norma di legge e – ancora più importante – la pronuncia di illegittimità costituzionale ha comportato il venir meno proprio della prescrizione di legge che aveva attribuito alla Regione il potere di provvedere (come, del resto, comprovato anche dalle note con le quali quest’ultima ha bloccato "i pagamenti", "gli impegni" e le variazioni "sul capitolo C11520 relativo alla tabella B della L.R. 28/2006");

Ritenuto che – tutto ciò premesso – il ricorso in parte va dichiarato inammissibile ed in parte va respinto;

Ritenuto, peraltro, che – tenuto conto delle peculiarità che connotano la vicenda – sussistono giustificati motivi per disporre la compensazione delle spese di lite tra le parti;

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter) in parte dichiara inammissibile il ricorso n. 4143/2011 ed in parte lo respinge.

Compensa tra le parti le spese di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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