Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 19-04-2011) 19-07-2011, n. 28775

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

-1- L.A., imputata ex art. 110 cod. pen., D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, commi 1 e 1 bis, art. 80, comma 2, unitamente al marito P.U., non ricorrente, propone ricorso avverso la sentenza della Corte d’Appello di Catania, del 10 febbraio 2010, che ha confermato la sentenza del Gup del tribunale della stessa città che l’ha ritenuta colpevole del delitto contestato e, riconosciute le circostanze attenuanti generiche con giudizio di prevalenza rispetto all’aggravante contestata, l’ha condannata alla pena di due anni, otto mesi di reclusione e 12.000,00 Euro di multa.

La L. ed il P., di ritorno con la loro auto a Catania provenienti da Napoli in compagnia di due bambini, sono stati fermati, su segnalazione della polizia di Napoli -che aveva notato detta auto transitare per Scampia ed affiancarsi ad altre auto prima di allontanarsi- da personale della questura di Catania nei pressi dell’imbarcadero di Messina. Perquisita l’autovettura, lo stesso personale ha rinvenuto, in una borsa da donna, una busta con all’interno vari involucri contenenti sostanza stupefacente del tipo eroina, il cui peso netto è stato indicato, in sede di accertamenti tossicologici, in circa kg 2,5, utile per il confezionamento di 9.798 dosi singole.

In sede di spontanee dichiarazioni, il P. ha ammesso le proprie responsabilità, sostenendo di avere accettato di fare da corriere della droga per il compenso di 3.000,00 Euro, necessari in vista della precarietà delle sue condizioni economiche, ed ha precisato che la moglie era all’oscuro dello scopo del viaggio a Napoli. Quest’ultima, da parte sua, ha riferito di non essere stata al corrente delle ragioni del viaggio che, per quanto a sua conoscenza, era stato effettuato per eseguire un colloquio di lavoro;

solo al momento della consegna della busta contenente la droga ne aveva compreso le vere ragioni.

La corte territoriale ha ribadito la responsabilità dell’imputata, rilevando che la stessa era certamente al corrente del motivo del viaggio, esauritosi nell’arco di un’unica giornata, al quale aveva attivamente collaborato fornendo al marito, con la presenza sua e dei figli, una copertura in caso di controlli. Condotta ritenuta concorrente con quella dell’uomo, perchè caratterizzata da una reale e consapevole partecipazione alla condotta del marito; mentre la versione dell’inconsapevolezza dello scopo del viaggio doveva ritenersi smentita anche dal fatto che era stata la stessa imputata a conservare, nella borsa da donna, la busta contenente la droga.

Avverso tale decisione ricorre, dunque, la L. che deduce: a) mancata assunzione di prova decisiva; il riferimento è alla mancata assunzione delle testimonianze del personale di polizia che aveva eseguito la perquisizione dell’auto, che avrebbe potuto chiarire all’interno di quale borsa era stata rinvenuta la droga ed a chi la stessa appartenesse, alla stessa imputata o al marito, come da quest’ultimo dichiarato; la circostanza avrebbe evidenziato l’estraneità nella vicenda dell’imputata; b) violazione di legge e vizio di motivazione della sentenza impugnata, laddove è stato ritenuto provato il concorso della ricorrente nella condotta delittuosa del marito, laddove avrebbe potuto ritenersi integrata solo l’ipotesi di una connivenza non punibile.

-2- Il ricorso è infondato. a) manifestamente infondato è il primo dei motivi proposti.

In realtà -pure a non considerare che la scelta del rito abbreviato non condizionato (dopo il rigetto della richiesta di rito abbreviato condizionato all’esame dei verbalizzanti) non consente all’imputata di contestare la completezza del quadro probatorio e di chiederne l’integrazione- giustamente irrilevante è stata ritenuta dai giudici del merito l’assunzione testimoniale del personale di polizia che aveva perquisito l’auto a bordo della quale si trovava l’imputata, in compagnia del marito e dei figli. Invero, nessuna ulteriore precisazione gli agenti avrebbero potuto introdurre ai chiari contenuti nei verbali di perquisizione e di sequestro, allegati al ricorso, dai quali risulta che la droga è stata rinvenuta "all’interno della borsetta di pertinenza della L.A.", come si legge nel verbale di perquisizione, ovvero nella "borsa in finta pelle di colore nero, del genere femminile", come si legge nel verbale di sequestro, quest’ultimo sul punto solo parzialmente riportato nel ricorso, ove al riferimento al "genere femminile" sono stati sostituiti dei puntini sospensivi.

Nè tale audizione potrebbe ritenersi giustificata dal presunto contrasto, tra le due attestazioni, segnalato dalla ricorrente. Tale contrasto è, in realtà, inesistente, poichè in ambedue i verbali richiamati si precisa che la borsa in questione è da donna, ovvero "di pertinenza della L." o "del genere femminile";

attestazioni che non spostano in alcun modo la riferibilità della borsa alla L., unica donna presente a bordo dell’auto.

La decisione della corte territoriale si presenta, dunque, sul punto, del tutto coerente e condivisibile, anche laddove ha ritenuto di non considerare le affermazioni del marito della ricorrente che, nel tentativo di evitare il coinvolgimento della donna e di assumersi l’esclusiva responsabilità dei fatti, ha genericamente sostenuto di avere egli stesso fornito la borsa in questione;

b) Infondato è il secondo motivo di ricorso, avendo la corte territoriale, dopo attento esame dei fatti, ribadito la piena consapevolezza della donna degli scopi del viaggio a Napoli, e dunque il pieno concorso della stessa nell’attività illecita del marito.

E’ stato, in particolare, ritenuto che la presenza della donna e dei due bambini in tenera età su un’auto che affrontava un faticoso viaggio di andata e ritorno, nella stessa giornata, da Catania a Napoli, non potesse che essere considerata come una preordinata copertura diretta ad eludere possibili controlli, e dunque quale condotta concorrente della donna nell’attività delittuosa del marito. A tale conclusione, peraltro, i giudici del merito sono legittimamente pervenuti anche in considerazione della palese inattendibilità della tesi difensiva, imperniata sulla mancata conoscenza, da parte dell’imputata, dei motivi del viaggio a Napoli, genericamente ricondotti all’effettuazione di un colloquio di lavoro non meglio specificato.

A tali significativi elementi indiziari si aggiunge la circostanza del rinvenimento della droga nella "borsetta di pertinenza della L.", o "del genere femminile" che dir si voglia, che ancor più ribadisce il ruolo di sostegno e di copertura che la donna ha svolto nella vicenda, e dunque, della sua piena responsabilità.

A fronte di tale contesto indiziario, del resto, la ricorrente oppone considerazioni del tutto generiche, laddove, ad esempio, fa riferimento ad "ipotesi antagoniste", rispetto a quella formulata in tesi d’accusa, che tuttavia non indica; ovvero alla mancata considerazione, da parte dei giudici del merito, di "elementi per ritenere la detenzione della sostanza stupefacente realizzata unicamente dal coimputato alla guida del veicolo", pure non specificati.

In conclusione, il ricorso deve essere rigettato e la ricorrente condannata al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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