Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 19-04-2011) 19-07-2011, n. 28774 Reato continuato e concorso formale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

-1- Con sentenza del Tribunale di Foggia del 16 luglio 2009, S.F. e D.F.L. sono stati ritenuti colpevoli (in concorso con Sp.Ni.) del delitto di cui agli artt. 110 e 81 cpv. cod. pen., D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 1 bis, art. 80, comma 2 e sono stati condannati, riconosciute ad entrambi le attenuanti generiche con giudizio di equivalenza rispetto all’aggravante contestata, alla pena di sei anni di reclusione e 26.000,00 di multa ciascuno.

I due imputati, secondo quanto più compiutamente emerge dalla sentenza di primo grado, sono stati sorpresi, da agenti della Polizia di Stato, all’interno di un appartamento di proprietà del padre dello S., in uso allo stesso imputato e ad un dipendente, cittadino romeno, Sp.Ni., in possesso di un considerevole quantitativo di sostanza stupefacente. Più precisamente, di kg.

5,908 di hashish, corrispondenti a 14.104 dosi medie singole, suddivisi in sei panetti, quattro dei quali rinvenuti occultati nella vasca di scarico del water del bagno dell’abitazione e due sul pavimento dello stesso bagno, nonchè di gr. 767 di cocaina, corrispondenti a 3.071 dosi medie singole, occultati in gran parte all’interno della stessa vasca del water e, per gr. 26,4, corrispondenti a 62 dosi singole, riposti, già confezionati per lo spaccio, su una mensola del soggiorno. Nello stesso appartamento, gli agenti hanno rinvenuto quanto necessario per il confezionamento delle dosi: bilancino elettronico di precisione, rotoli di nastro adesivo trasparente, bianco e nero, e di cellophane trasparente, carta gommata, buste in polietilene a forma circolare.

Mentre lo S. e lo Sp. sono stati immediatamente fermati, il D.F. è sfuggito alla cattura calandosi dalla finestra e, benchè inseguito da personale operante che lo aveva riconosciuto, è riuscito, sul momento, a far perdere le proprie tracce.

-2- Su appello proposto dallo S. e dal D.F., la Corte d’Appello di Bari, con sentenza del 20 maggio 2010, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ritenuto ingiustificato il dissenso del PM alla richiesta di applicazione di pena, ex art. 444, avanzata dallo S. nel giudizio di primo grado, ha ridotto ad anni quattro, mesi otto di reclusione ed Euro 20.000,00 di multa la pena allo stesso inflitta dal primo giudice; ha altresì ridotto ad anni cinque, mesi quattro di reclusione e 23.000,00 Euro di multa la pena inflitta al D.F., previo giudizio di prevalenza delle circostanze attenuanti generiche, già concesse, sull’aggravante contestata.

La corte territoriale ha quindi ribadito la responsabilità dei due imputati, rilevando, quanto al D.F., che lo stesso: a) era presente nell’appartamento all’atto dell’irruzione degli agenti; b) era fuggito dalla finestra e si era velocemente allontanato, benchè riconosciuto ed inseguito dal personale di PG; c) era stato chiamato in correità dallo Sp., il quale aveva riferito: – che i due coimputati erano giunti insieme nell’abitazione portando ciascuno una busta contenente la droga e l’occorrente per il confezionamento delle dosi, – che giunti in casa lo S., alla presenza del D. F., aveva preso a confezionare le dosi servendosi della droga e del materiale contenuto nelle due buste, d) aveva fornito, circa le regioni della sua presenza nell’abitazione, inconsistenti spiegazioni.

-3- Avverso detta sentenza propongono ricorso per cassazione, per il tramite del comune difensore, ambedue gli imputati, che deducono:

1) S.F., con unico motivo, erronea applicazione della legge penale in punto di determinazione della pena; lamenta, in particolare, il ricorrente che la Corte territoriale ha individuato la pena base in misura superiore rispetto a quella determinata per il coimputato D.F., che pure non aveva patteggiato la pena.

2) D.F.L.: violazione di legge e vizio di motivazione della sentenza impugnata in punto:

a) di responsabilità, affermata, secondo il ricorrente, sulla scorta di elementi probatori privi di rilievo o inesistenti o erroneamente valutati, come le dichiarazioni del coimputato Sp.Ni. che avrebbe riferito, nel corso dell’incidente probatorio del 27.4.09 -il cui verbale risulta allegato al ricorso-, circostanze del tutto diverse da quelle richiamate dai giudici del merito; in realtà, si sostiene nel ricorso, la presenza dell’imputato nell’appartamento era del tutto occasionale e non era riconducibile alla droga colà rinvenuta;

b) di individuazione, da parte della corte territoriale, nella condotta del D.F., degli elementi rappresentativi di una collaborazione nella realizzazione dell’illecito;

c) di sussistenza dell’aggravante dell’ingente quantità, affermata dai giudicanti senza alcun riferimento alla qualità della sostanza ed al principio attivo, ma solo con il richiamo al dato ponderale.

Con nota depositata presso la cancelleria di questa Corte, il difensore del D.F. ribadisce ed ulteriormente precisa le censure proposte con l’atto di ricorso.

-4- Ambedue i ricorsi sono infondati, ai limiti dell’inammissibilità. 1) Le censure svolte dallo S. sono chiaramente infondate ove si consideri, da un lato, che la corte territoriale altro non ha fatto che ridurre la pena inflitta dal primo giudice nella misura proposta dall’imputato in sede di primo giudizio, non applicata in quella sede a causa del dissenso del PM, poi ritenuto ingiustificato dal giudice del gravame che a quella proposta si è rifatto;

dall’altro, che le ragioni delle scelte operate dal giudice circa la pena inflitta al D.F. non possono certo essere oggetto di censura da parte del coimputato, anche perchè esse hanno evidentemente risposto all’esigenza, legittimamente avvertita dalla corte territoriale, di una più equa determinazione della pena, comunque inflitta in misura sensibilmente maggiore rispetto a quella determinata nei confronti dello stesso S..

2) Ugualmente infondato è il ricorso del D.F.. a) Certamente infondate sono le doglianze contenute nei due primi motivi di ricorso che, essendo relativi all’affermazione di responsabilità dell’imputato, devono essere esaminati congiuntamente.

Si tratta di censure, peraltro ripetitive di questioni già sottoposte all’esame del giudice del gravame, che alla palese infondatezza aggiungono un’evidente tendenza del ricorrente a proporre una diversa interpretazione dei fatti e degli elementi probatori acquisiti, esaminati compiutamente dai giudici del merito e dagli stessi valutati in termini di assoluta coerenza logica.

In realtà, la presenza del D.F. all’interno di un appartamento, che si presentava come un vero e proprio deposito di droga, peraltro di diversa specie, e di materiale notoriamente utilizzato per la confezione delle dosi, mentre il nipote S. F. era intento a tale operazione, già lascia pochi spazi ad interpretazioni diverse rispetto a quella prospettata in tesi di accusa ed accolta dai giudici del merito. Se poi si aggiunge che i due, zio e nipote, secondo quanto riferito dal coimputato Sp. – sul punto non contraddetto- erano arrivati insieme nell’appartamento e che ciascuno di essi teneva in mano una busta nella quale si trovavano la droga ed il vario materiale necessario al confezionamento dello stupefacente, non si può che concludere per la piena e totale partecipazione dell’imputato al traffico.

La sua presenza nell’appartamento, hanno giustamente e coerentemente ritenuto i giudici del merito, non era casuale, bensì correlata al trasporto della droga ed al confezionamento della stessa. Mentre le questioni sollevate nel ricorso su chi, tra i due imputati, portava la busta più grande e chi la più piccola, da quale delle due buste, la grande o la piccola, era stata prelevata la droga, su che cosa faceva il D.F. mentre l’altro confezionava le dosi (ammesso che con il riferimento, nell’interrogatorio del 27.4.09 -il cui verbale, come detto, è stato allegato al ricorso-, al fatto che i due, giunti in casa, "le hanno cacciate e hanno iniziato a preparare", lo Sp. non intendesse sostenere, come pure appare logico ritenere, che anche il D.F. aveva preso parte alle operazioni di confezionamento delle dosi), si presentano del tutto pretestuose e prive di significato, a fronte di quella comune presenza sul luogo, di quel contestuale arrivo, di quel congiunto trasporto di droga e di arnesi connessi.

La fuga del D.F., infine, giustamente è stata ritenuta il completamento di un quadro indiziario di assoluto rilievo, tale da far apparire ancor più pretestuose le obiezioni difensive.

Ben strano, d’altra parte, dovrebbe ritenersi il comportamento dello S. se veramente egli, alla presenza di persona estranea al traffico, avesse trasportato in casa e preso ad armeggiare con quello scottante materiale; ancora strano si presenterebbe il comportamento nervoso attribuito dallo stesso Sp. (neanche sul punto contraddetto) al D.F. che, si legge nello stesso verbale d’interrogatorio, "faceva su e giù, si avvicinava alla porta, tornava". Atteggiamento che evidentemente segnalava nell’imputato oltre, che una forte preoccupazione, anche una chiara consapevolezza di quanto stava avvenendo all’interno dell’appartamento e la sua condivisione, posto che, ove alle operazioni di dosaggio della droga fosse rimasto sorpreso e fosse stato estraneo, non si sarebbe fermato in quella abitazione, con quella scomoda compagnia, per più di qualche secondo.

Non sembra, infine, priva di significato la circostanza, riferita ancora dallo Sp., che già in una precedente occasione lo zio ed il nipote erano giunti insieme sul posto e che anche in tale occasione lo S. aveva con sè una busta contenente "panini di ventimila Euro", secondo quanto sostenuto dallo stesso S. in risposta alla domanda dello Sp. che gli aveva chiesto se la busta contenesse dei panini.

All’affermazione di responsabilità del D.F. sono, dunque, pervenuti i giudici del merito dopo attento esame delle emergenze processuali ed in piena sintonia con le stesse, con motivazione coerente sul piano logico, che sfugge alle censure proposte dal ricorrente. b) Infondato è, altresì, il motivo di ricorso relativo alla sussistenza dell’aggravante D.P.R. n. 309 del 1990, ex art. 80, comma 2.

In proposito, la corte territoriale ha giustamente rilevato, conformandosi alla più recente giurisprudenza di legittimità (Cass. nn. 43372/07, 10384/08, 39205/08), che ai fini della integrazione di detta aggravante non rileva la saturazione del mercato, elemento ritenuto del tutto estraneo alla ratio della norma, oltre che difficilmente accertabile in vista della clandestinità di tale mercato, bensì il dato quantitativo, certamente rilevante nel caso di specie, in vista del numero di dosi che avrebbero potuto ricavarsi dalla droga in sequestro, idoneo a soddisfare le richieste di numerosissimi consumatori, con conseguente grave pericolo per la salute pubblica.

Tali principi, peraltro, sono stati ancora di recente ribaditi, in opposizione ad altro indirizzo giurisprudenziale secondo il quale non potrebbero ritenersi "ingenti" quantitativi che, presentando un valore di purezza medio, abbiano un peso inferiore ai due chilogrammi per le droghe pesanti (cocaina, eroina) ed ai cinquanta per le droghe leggere (marijuana, hashish). In contrasto con tale indirizzo, invero, è stato condivisibilmente sostenuto, da un lato, che la concreta individuazione della quantità ingente non potrebbe che spettare al legislatore, non certo al giudice, dall’altro, che il criterio in questione non presenta i necessari caratteri di concretezza e certezza, al cospetto di una realtà articolata, dalla quale non è possibile rinvenire elementi di certezza sotto nessun profilo, compreso quello della individuazione dei valori "medi" di principio attivo, estremamente vari e dipendenti dai fattori più diversi ed imprevedibili (Cass. nn. 24571/10, 9927/11).

I ricorsi devono essere, dunque, rigettati ed i ricorrenti condannati al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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