Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 19-04-2011) 19-07-2011, n. 28773

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

-1- T.L. è stato tratto a giudizio davanti al Giudice di Pace di Milano per rispondere del delitto di cui all’art. 590 cod. pen. commesso, con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale, in pregiudizio di B.P..

Secondo l’accusa, l’imputato, trovandosi alla guida della propria autovettura, nell’uscire dal passo carrabile del numero civico (OMISSIS) per immettersi su detta via (a senso unico di marcia), per colpa generica e specifica, quest’ultima costituita dalla violazione dell’art. 145 C.d.S., che gli imponeva di dare la precedenza a chi si trovasse a transitare sulla pubblica via, non avendo dato la precedenza al B., che sopraggiungeva in sella alla propria bicicletta, lo ha investito provocandogli varie lesioni e contusioni multiple giudicate guaribili in trenta giorni.

L’impatto, secondo quanto pacificamente emerso, è avvenuto tra la parte sinistra del paraurti anteriore dell’auto e la ruota anteriore della bicicletta.

Con sentenza del 24 giugno 2008, il giudice di pace ha assolto l’imputato perchè il fatto non costituisce reato.

Secondo il primo giudice, al momento dell’incidente il B. procedeva con la sua bicicletta in senso contrario rispetto a quello di marcia; circostanza riferita dallo stesso imputato ed attestata, secondo il giudicante, sia dai fotogrammi estratti dal sistema di video sorveglianza esistente sul posto -che pongono l’auto dell’imputato nella stessa posizione sia prima che dopo lo scontro-, sia dall’ubicazione dei danni rilevati sui mezzi coinvolti.

La causa dell’incidente, quindi, è stata individuata dal giudice di pace nella imprudente condotta del ciclista, che percorreva la strada in senso vietato, nessun addebito potendosi invece rivolgere all’imputato, che mai avrebbe potuto prevedere il sopraggiungere della bicicletta dalla direzione di marcia non consentita.

Su appello proposto dalla parte civile B. e dalla moglie C.L., la cui costituzione di parte civile era stata esclusa dal primo giudice, il Tribunale di Milano, con sentenza del 29 aprile 2010, ammessa la costituzione di parte civile della C., ha tuttavia confermato, nel merito, la sentenza impugnata, confermando la decisione assolutoria del giudice di pace.

Il giudice del gravame ha, anzitutto, riportato quanto sostenuto dalla persona offesa in ordine alle modalità dell’incidente.

In proposito, lo stesso giudice ha ricordato che il B. ha sostenuto di essersi trovato a transitare, il giorno dell’incidente, sulla via Kramer, in direzione della Piazza 5 Giornate, procedendo, a piedi, sul marciapiede e portando a mano la propria bicicletta. Il marciapiede, ha aggiunto, era occupato da un’auto (quella del T.) che, uscito da un passo carraio, stava aspettando che il cancello d’accesso si chiudesse. Avendo deciso di ritornare indietro, egli era sceso dal marciapiede ed era salito sulla bicicletta; mentre cercava di effettuare l’inversione di marcia, era stato investito dall’auto ferma al passo carraio, partita velocemente.

Tanto rilevato, il giudice del gravame ha ribadito che la responsabilità dell’incidente doveva attribuirsi allo stesso B. atteso che egli stava percorrendo la via Kramer, al momento dell’incidente, in direzione contraria rispetto a quella consentita; circostanza ritenuta accertata in atti non -come aveva ritenuto il primo giudice- attraverso l’esame dei fotogrammi del sistema di video sorveglianza, apparse non utili alla ricostruzione dell’incidente, bensì dalle altre circostanze indicate da quel giudice, e cioè, dalle ammissioni del B. circa la sua circolazione in senso contrario rispetto al normale senso di marcia e dalla localizzazione dei danni sui mezzi coinvolti. A tale ultimo proposito, il tribunale ha rilevato che tale localizzazione poteva ritenersi compatibile solo con la tesi secondo cui il B. stesse procedendo lungo la via Kramer nel senso di marcia opposto rispetto a quello consentito.

-2- Avverso detta sentenza propongono ricorso, per il tramite del comune difensore, le parti civili B.P. e C. L. che congiuntamente, seppur con atti d’impugnazione separati, deducono:

a) insufficienza ed illogicità della motivazione della sentenza impugnata, laddove il giudice del gravame ha sostenuto che l’unica possibile ricostruzione dell’incidente, in vista della ubicazione dei danni, è quella secondo cui al momento dello scontro il B. procedeva contro mano, laddove, viceversa, tale ubicazione sarebbe pienamente compatibile anche con la versione fornita dalla persona offesa, laddove si consideri che questa non ha sostenuto di avere effettuato l’inversione di marcia, bensì solo di avere cercato di effettuare tale manovra quando era stato investito dall’auto del T.;

b) vizio di motivazione e travisamento delle dichiarazioni rese dalla persona offesa, laddove nella sentenza impugnata è stato sostenuto che la stessa aveva affermato che stava invertendo la marcia su via Kramer, mentre, in realtà aveva solo dichiarato che stava cercando di farlo; il giudice del merito, peraltro, non avrebbe in alcun modo considerato la violazione dell’art. 145 C.d.S., che impone ai conducenti che si immettono sulla pubblica via di arrestarsi e dare la precedenza a chi circola sulla strada.

-3- I ricorsi sono infondati, essendo inesistenti i dedotti vizi motivazionali, alla luce delle coerenti argomentazioni poste dai giudici del merito a sostegno della decisione impugnata.

Deve, in proposito, anzitutto osservarsi che questa Corte ha costantemente affermato che il vizio della mancanza o manifesta illogicità della motivazione, valutabile in sede di legittimità, sussiste allorchè il provvedimento giurisdizionale manchi del tutto della parte motiva ovvero la medesima, pur esistendo graficamente, sia tale da non evidenziare l’iter argomentativo seguito dal giudice per pervenire alla decisione adottata. Il vizio è altresì ritenuto presente nell’ipotesi in cui dal testo della motivazione emergano illogicità o contraddizioni di tale evidenza da rivelare una totale estraneità tra le argomentazioni adottate e la soluzione decisionale prescelta.

Orbene, nel caso di specie le censure mosse dalle parti civili ricorrenti, che in parte ripropongono questioni già poste all’attenzione dei giudici del merito, si rivelano, in realtà, quali astratte enunciazioni critiche nella denuncia di pretese carenze di motivazione della sentenza impugnata che, viceversa, presenta una struttura argomentativa adeguata e coerente sotto il profilo logico, del tutto in sintonia con gli elementi probatori acquisiti.

Riprendendo le linee argomentative tracciate dal primo giudice a sostegno della propria decisione, il giudice del gravame ha esaminato ogni questione sottoposta al suo giudizio e, dopo avere ricostruito i fatti, ha adeguatamente motivato le ragioni del proprio dissenso rispetto alle argomentazioni ed osservazioni delle parti appellanti ed ha ribadito che nella condotta dell’imputato non poteva ravvisarsi alcun profilo di colpa, essendo questa solo addebitabile all’imprudente comportamento della persona offesa che, avendo invertito l’iniziale direzione di marcia, al momento dell’urto con l’auto del T., procedeva, in sella alla propria bicicletta, con senso marcia opposto rispetto a quello consentito.

Non risponde al vero, peraltro, che, come si sostiene nel ricorso, il ciclista, al momento dell’incidente, non aveva ancora iniziato l’inversione di marcia. E’ stato, invero, lo stesso B., parte delle cui dichiarazioni sono riprodotte nei ricorsi, a sostenere di essere sceso, ad un certo punto, dal marciapiede e di essere salito sulla bicicletta per eseguire l’inversione, o per cercare di eseguire l’inversione -concetto, quest’ultimo, per nulla dissimile dal primo, che non evidenzia il denunciato travisamento, da parte del giudicante, della testimonianza resa dalla persona offesa.

Affermazione, quella del B., che legittimamente il tribunale ha ritenuto abbia ribadito la tesi del T., secondo cui il ciclista stava procedendo, al momento dell’impatto, nel senso di marcia non consentito; dal lato della strada, cioè, da cui non poteva prevedersi l’arrivo di veicoli di nessun genere, specie del velocipede che era appena transitato condotto a mano dal B., irrilevante essendo la circostanza che l’inversione fosse stata completata o meno.

In proposito, peraltro, già il giudice di primo grado aveva giustamente osservato che la stessa ubicazione dei danni riscontrati nella bicicletta (alla ruota anteriore destra, come ha anche ricordato la persona offesa) consentiva di affermare che la manovra d’inversione era stata in effetti completata. L’impatto con la ruota anteriore della bici, invero, può trovare logica spiegazione, secondo il condivisibile giudizio dello stesso giudice, solo allorchè si ammetta che la predetta manovra fosse già stata completata e che il ciclista si trovasse ormai perfettamente nella direzione di corso Indipendenza, cioè nel senso di marcia non consentito; laddove, se l’inversione non fosse stata avviata o non fosse stata completata, la bicicletta avrebbe evidenziato danni alla ruota posteriore o al fianco destro.

Inesistente è anche il vizio motivazionale dedotto in relazione all’asserita inidonea o incompleta valutazione, da parte dei giudici di merito, della testimonianza dell’agente S. e della violazione dell’art. 145 C.d.S. che si assume rilevata e sanzionata dallo stesso agente, laddove si consideri: a) la sostanziale ininfluenza della richiamata testimonianza, posto che detto agente non ha assistito all’incidente, ma si è recato sul luogo dello stesso solo in un secondo momento; b) l’implicito giudizio di insussistenza della violazione contestata al T., espresso dal giudice del gravame nel momento in cui ha ritenuto riconducibile solo alla condotta del B. l’incidente di cui questi è rimasto vittima.

I ricorsi devono essere, dunque, rigettati ed i ricorrenti condannati al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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