Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 13-04-2011) 19-07-2011, n. 28477

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

M.G., M.M.S., C.N., T.G. e G.M. ricorrono avverso la sentenza della Corte di appello di Catania in data 14.7.2010 che ha confermato la responsabilità dei prevenuti in ordine a vari fatti di concorso in rapina con uso di armi da fuoco ed ha ridotto le pene loro irrogate in primo grado.

M.G. è stato condannato alla pena di anni 19 mesi 6 di reclusione ed Euro 2.000 di multa per tre fatti di rapina (Banca Agricola Popolare di (OMISSIS), filiale di (OMISSIS), compendio Euro 14.498 – capi F, G, H, I, J commessa il (OMISSIS); tentata rapina al furgone porta valori della ditta Travar nel percorso da (OMISSIS) e tentato omicidio dei due autisti – capi K, L, N, in esso assorbiti i capi M ed O commessa il (OMISSIS); rapina nell’ufficio postale di (OMISSIS), compendio Euro 7.000 – capo Q, commesso il (OMISSIS)).

M.M.S. e T.G. sono stati condannati alla pena di anni 9 mesi 6 di reclusione ed Euro 2.000 di multa per la rapina allo stesso ufficio postale (capi Q e T della imputazione).

C.N. è stato condannato alla pena di anni 9 di reclusione ed Euro 2.000 di multa per la medesima rapina.

G.M. è stato condannato alla pena di anni 16 mesi 6 di reclusione ed Euro 2.000 di multa per due fatti di rapina, il primo ad un furgone trasportante tabacchi del valore di Euro 185.000 e tentato omicidio dei due autisti commesso il (OMISSIS), fatto posto in essere lungo la strada da (OMISSIS) da più persone con il volto travisato da maschere bianche – capi A, B, C, D, E della imputazione – il secondo all’ufficio postale di (OMISSIS) – capi Q e S della rubrica.

Il difensore di M.G. deduce mancanza di motivazione e violazione dell’art. 192 c.p., comma 2, per avere il giudice di appello omesso di rispondere alle censure avanzate con i motivi di ricorso facendo riferimento a generici criteri ermeneuti di valutazione di prova di reati associativi estranei alla fattispecie, perchè mai contestati ed operando un mero richiamo alla motivazione della decisione di primo grado senza rispondere e superare le doglianze espresse con il gravame. Con riferimento alla prova di colpevolezza per la rapina in banca del (OMISSIS) contesta la valenza indiziaria del possesso di un paio di occhiali da sole bianchi, possesso risultante dalle telefonate intercettate il 20 aprile successivo in cui il prevenuto chiede ai genitori ove sono detti occhiali e costoro rispondono averli conservati all’interno di un armadio sotto le lenzuola in un sacchetto di carta per il pane.

Nega inoltre che il rinvenimento presso il fratello della pistola sottratta nel corso della rapina alla guardia giurata possa costituire indizio a proprio carico. Deduce travisamento delle risultanze probatorie con riferimento alle valutazioni dei tabulati telefonici dai quali è stato desunto un pregresso contatto nella zona di (OMISSIS) con il C. e la F. essendo detti tabulati riferiti alla data del 10 – 12 aprile 2007.

Con riferimento alla rapina tentata in danno del furgone portavalori deduce mancanza di motivazione rilevando che la telefonata intercettata il giorno successivo alla rapina alle ore 22.41 non può essere considerata prova di responsabilità non essendovi elementi per ritenere che la voce parlante fosse quella dell’imputato. Deduce inoltre l’insufficienza dimostrativa del dato costituito dall’avere il cellulare del prevenuto agganciato alle ore 12.30 del giorno precedente la rapina il luogo ove ha sede la società portavalori non potendosi ritenere che il prevenuto fosse in quei posti per effettuare un sopralluogo. Con altro motivo di ricorso deduce mancanza di motivazione e violazione di legge in ordine alla sussistenza del delitto di tentato omicidio stante l’inidoneità dell’azione che fu posta in essere con un fucile automatico non rinvenuto contro un furgone blindato di ultima generazione, il che impedì a tutti i colpi esplosi contro la fiancata di perforare le lamiere. Osserva che "gli unici colpi che penetrarono all’interno del furgone furono due, ma esplosi contro la parte posteriore di esso".

Deduce inoltre difettare l’elemento soggettivo del dolo omicidiario diretto, non sussistendo dolo alternativo, ma al più dolo eventuale, rilevando che senza la collaborazione delle guardie giurate il furgone non poteva essere aperto. Deduce ancora mancanza di motivazione in ordine alla prova di colpevolezza per la rapina all’ufficio postale, essendo irrilevante essersi trovato 40 minuti dopo la rapina in una via periferica di (OMISSIS) con il fratello ed il G. mentre il rinvenimento dei due caschi e della motocicletta Triumph Trident in una campagna nella disponibilità del di lui nonno poteva trovare più plausibili spiegazioni alternative. Contesta in proposito la corrispondenza dei caschi con quelli indossati dai rapinatori e l’identità tra moto utilizzata per la rapina e moto rinvenuta, rilevando che il giudice di appello in modo acritico ha reiterato la motivazione del primo giudice senza dare risposta alle doglianze proposte con il gravame. Rileva che il G. non poteva contestualmente svolgere funzioni di copertura con la sua auto ed entrare nell’ufficio postale; che M.M. non poteva usare l’Alfa 164 già adoperata per la rapina in banca. Deduce violazione di legge per la mancata risposta della Corte territoriale alla richiesta di effettuare una perizia antropometrica sui fotogrammi ripresi all’interno dell’ufficio postale, rilevando assenza di motivazione sulle conclusioni della consulenza tecnica di parte prodotta dalla difesa. Come ultimo motivo di ricorso deduce mancanza di motivazione in ordine alla omessa concessione di attenuanti generiche e alla quantificazione della pena in misura inferiore.

Il difensore di M.M.S. con il primo motivo di ricorso espone le stesse argomentazioni contenute nel primo motivo di ricorso proposto da M.G.. Deduce quindi mancanza di motivazione in ordine alla prova di colpevolezza per la rapina all’ufficio postale parimenti esponendo le medesime doglianze proposte da M.G. in ordine allo stesso capo di accusa, rilevando anche difetto di prova circa l’asserito suo avvistamento a bordo di una Alfa 164 di colore beige circa 30 minuti prima dei fatti, non avendo l’ispettore S. espresso certezze circa il suo riconoscimento, mentre l’auto utilizzata per la rapina in banca era di colore verde. Afferma non essere credibile l’avvistamento del M. sull’auto in fuga condotta dal C., dal momento che i due passeggeri non furono avvistati al momento in cui l’auto fermò la sua corsa contro un terrapieno. Rileva che il riferimento alla telefonata del 4 maggio 2007 alle ore 19.20 non è rilevante ai fini dell’affermazione di colpevolezza in quanto il contenuto del colloquio è di difficile comprensione. Espone inoltre le stesse doglianze relative alla valenza delle riprese televisive dell’ufficio postale. Come ultimo motivo di ricorso deduce mancanza di motivazione per la omessa concessione di attenuanti generiche e per la quantificazione della pena. Anche il difensore di T.G. con il primo motivo di ricorso propone le medesime argomentazioni esposte con il primo motivo dal difensore dei fratelli M..

Deduce quindi gli stessi vizi della decisione rappresentati dalla difesa di M.M. in ordine all’avvistamento dell’imputato sull’auto in fuga condotta dal C., mentre per le conversazioni telefoniche tra le ore 15.24 e 15.46 osserva che manca la prova che la voce sia riferibile all’imputato. Rappresenta la non concludenza del rinvenimento dei caschi e della motocicletta che il teste Z. ha qualificato compatibile e simile, ma non identica a quella usata nella rapina. Deduce vizi motivazionali della decisione con riferimento alla prova delle videoregistrazioni che offrono immagini differenti da quelle degli imputati, dato che rende necessaria la riapertura dell’istruzione dibattimentale al fine di effettuare ex art. 603 c.p.p. una perizia tecnica, che è stata negata dai giudici di merito con palese vizio motivazionale anche alla luce delle risultanze della consulenza di parte. Anche questo ricorrente deduce vizio di motivazione per il diniego di attenuanti generiche e per la quantificazione della sanzione.

Il difensore di C.N. deduce mancanza, insufficienza e contraddittorietà della decisione che riproduce "la decisione di primo grado dichiarando in termini apodittici e stereotipati di aderirvi, senza dare conto degli specifici motivi di impugnazione che censurino in modo puntuale le soluzioni adottate dal giudice di primo grado e senza argomentare sulla inconsistenza o sulla non pertinenza di detti motivi". Deduce che l’unico generico indizio a carico del ricorrente è costituito dal riconoscimento dell’imputato come colui che si trovava accanto al conducente della Wolkswagen Polo vista dall’agente Ca. ed abbandonata nei pressi della casa di campagna ove fu rinvenuta la moto Triumph. Rileva che l’indizio è incerto, non essendo provato che il Ca. fosse in compagnia del M. e del T., mentre non potevano trarsi conclusioni individualizzanti lo stesso ricorrente dai fotogrammi estratti dalle videoriprese, trattandosi di vestiti comuni e non particolari. Rileva la contraddittorietà nell’indicare la identità del vestire del C. con il quarto uomo che rimase all’esterno, mentre la sentenza lo indica successivamente uscire dall’ufficio postale. Con altro motivo deduce mancanza di motivazione in ordine alla graduazione della sanzione e violazione del principio della reformatio in peius in quanto il giudice di appello, pur avendo irrogato una pena minore, ha quantificato la sanzione partendo da una pena base più elevata di quella considerata dal primo giudice.

I difensori di G.M., avv. Angelo D’Amico e avv. Biagio Maurizio Catalano con separati ricorsi deducono mancata assunzione e valutazione di prova decisiva con riferimento ai fatti di rapina all’ufficio postale per l’omessa valutazione della consulenza tecnica difensiva redatta dal dott. Ge.Cl. che ha escluso la compatibilità della fisionomia del G. con quella del soggetto del fotogramma estrapolato e per la mancata effettuazione di una perizia al riguardo. Deducono ancora violazione di legge e contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione rilevando la contraddittorietà degli indizi e della ricostruzione dei fatti avendo i giudici accertato sia che l’imputato ebbe il compito di assicurare la copertura dei concorrenti per mezzo dell’auto Citroen su cui gli inquirenti avevano installato un impianto di localizzazione satellitare GPS, auto notata nelle adiacenze mezz’ora prima della rapina sia che occupò la moto Majestic senza casco. Rileva che il G. non fu il rapinatore che entrò per primo, che non indossava un orologio quadrato (che fu consegnato agli agenti al momento del fermo da M.G.), che i fatti sono stati accertati senza la necessaria congruenza logica ed in ordine ai quali la corte territoriale non ha dato specifica risposta alle doglianze proposte con i motivi di appello.

Con un terzo motivo di ricorso deducono per gli altri capi di accusa (rapina al furgone trasportante tabacchi) vizio di motivazione, negando l’identificazione del soggetto che è stato contattato per pochi secondi dall’utenza di A.G., essendo possibile l’uso della scheda da parte di altri soggetti, mentre i tabulati telefonici costituiscono dato generico, insufficiente ed impreciso.

Entrambi rilevano che "il tentativo di corruzione", ovvero l’allusione fatta dall’imputato, accompagnato da M.G., nei mesi precedenti all’autista c.L. "non è bastevole per integrare l’istituto della compartecipazione in un grave reato" (l’imputato disse che avrebbe voluto imitare ignoti colleghi che avevano messo a segno un colpo tanto redditizio, mettendone in cantiere uno analogo e ancora più ardimentoso all’intero magazzino promettendo una ricompensa al c.). Osservano che la fisionomia del G. è immediatamente riconoscibile per la sua magrezza, tanto che il c. lo avrebbe dovuto riconoscere ove fosse stato tra gli aggressori. Con riferimento al tentato omicidio deduce che il dolo eventuale è incompatibile con il delitto tentato e che l’azione era inidonea sia per la blindatura del mezzo sia perchè non vi fu alcuna concentrazione di fuoco contro il finestrino antiproiettile sinistro che fu colpito solo casualmente. Deduce lo stesso vizio della decisione con riferimento al diniego di attenuanti generiche e alla quantificazione della sanzione.

E’ pervenuta in data odierna (oltre i termini di cui all’art. 585 c.p.p., comma 4 una memoria difensiva redatta dall’avv. Gino Grassia nominato il 14.2.2011 spedita il 7.4.2011 con la quale si affrontano nuovamente i proposti vizi motivazionali della decisione. Lo stesso avv. Grassia proponeva eccezione di ritualità di avvisi per l’odierna udienza, eccezione motivatamente disattesa, come da ordinanza dettata al verbale dell’odierno dibattimento.

Devono essere premessi i canoni di valutazione probatoria propri di questa Corte di legittimità. Le S.U. della Corte (S.U. 24.9.03, Petrella) hanno confermato che l’illogicità della motivazione censurabile a norma dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) è quella evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile "ictu oculi", in quanto l’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di Cassazione limitarsi, per espressa volontà del legislatore, a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo, senza possibilità di verifica della rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali. In conclusione il compito del giudice di legittimità è quello di stabilire se il giudice di merito abbia nell’esame degli elementi a sua disposizione fornito una loro corretta interpretazione, ed abbia reso esaustiva e convincente risposta alle deduzioni delle parti applicando esattamente le regole della logica per giustificare la scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre (Cass. 6, 6 giugno 2002, Ragusa). Esula infatti dai poteri della Corte di Cassazione quello di una diversa lettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è riservata in via esclusiva al giudice di merito senza che possa integrare vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa valutazione delle risultanze processuali ritenute dal ricorrente più adeguate (Cass. S.U. 2.7.97 n. 6402, ud. 30.4.97, rv. 207944, Dessimone). E’ quindi inammissibile un diverso apprezzamento di un fatto valutato non con manifesta illogicità da parte del giudice di merito. Nè la rispondenza delle valutazioni probatorie può essere oggetto di analisi ai fini del riconoscimento del vizio del travisamento del fatto, vizio che può essere oggetto di valutazione in sede di legittimità in quanto inquadrabile nelle ipotesi di cui all’art. 606 c.p.p. lett. e); l’accertamento di detto vizio richiede pertanto la dimostrazione da parte del ricorrente della avvenuta rappresentazione al giudice di merito degli elementi dai quali quest’ultimo avrebbe dovuto rilevare il detto travisamento, sicchè la Corte di Cassazione possa a sua volta desumere dal testo del provvedimento impugnato se e come gli elementi siano stati valutati (Cass. S.U. 2.7.97 n. 6402, ud. 30.4.97, rv. 207945). Il giudizio di legittimità ha per oggetto l’accertamento della mancanza e della illogicità manifesta della motivazione risultanti dal testo del provvedimento impugnato e non può esplicarsi in indagini extratestuali dirette a verificare se i risultati della interpretazione delle prove costituenti i fondamenti della decisione siano effettivamente corrispondenti alle acquisizioni probatorie risultanti dagli atti del processo (Cass. 1, 10.2.00 n. 94, c.c. 10.1.00, rv. 215336; Cass. 2, 20.9.94 n. 3695, c.c. 13.9.94, rv. 198818). Nella concreta fattispecie deve in primo luogo rilevarsi la aspecificità del primo motivo di ricorso proposto sia dal difensore di M.Giorgio che dal difensore di M. M.S. e dal difensore di T.G..

E’ costante principio di legittimità che il giudice di appello può rinviare agli argomenti esposti nella decisione di primo grado per tutte le questioni già esaminate e risolte per le quali non ritiene di aggiungere ulteriori considerazioni. La valutazione del giudice di appello deve essere autonoma nel solo caso in cui con i motivi di appello non siano state poste specifiche questioni per le quali l’apparato argomentativo della sentenza deve essere autonomo ed autosufficiente (Cass. 5, 23.3.00 n. 3751, ud. 15.2.00, rv. 215722;

Cass. 1, 14.7.97 n. 6980, ud. 20.6.97, rv. 208257). La motivazione della sentenza di secondo grado può così rinviare a quanto contenuto nella decisione di primo grado quando le censure formulate non contengono elementi di novità rispetto a quanto già esaminato (Cass. 5, 8.4.99 n. 4415, ud. 5.3.99, rv. 213113; Cass. 5, 11.6.99 n. 7572, ud. 22.4.99, rv. 213643) dovendo essere integrata con la sola risposta ai rilievi critici esposti nell’atto di appello (Cass. 4, 9.4.99 n. 4557, ud. 25.2.99, rv. 213135). Con il primo motivo dei ricorsi in favore dei tre prevenuti sono avanzate doglianze generiche sulle modalità argomentative della decisione di appello senza specifici riferimenti agli elementi fattuali non considerati ai fini dell’accertamento di un diverso sviluppo dei fatti escludente la responsabilità dei ricorrenti.

Con riferimento al secondo motivo di ricorso in favore di M. G. (attinente alla rapina in banca del (OMISSIS)) devono essere rigettate le censure che negano valore indiziario alle preoccupazioni dell’imputato circa gli occhiali da sole identici a quelli utilizzati per il travisamento nel corso della rapina. Gli indizi, che sono le prove indirette del fatto, inseriti in una serie causale costituiscono anelli di una catena di rapporti naturali costantemente uniformi e di comportamenti umani che secondo l’"id quod plerumque accidit" conducono ad un risultato per cui data un’azione, si può formulare un giudizio probabilistico su altre che l’hanno preceduta e che la seguiranno: probabilità che diventa certezza (rilevante per l’affermazione della responsabilità penale) se i rapporti o i comportamenti sono plurimi e convergenti, inequivoci nella loro direzione finalistica e conducenti ad univoca interpretazione da parte del giudice. Attraverso questa si ricostruisce il fatto ignoto (colpevolezza dell’imputato) con un giudizio complessivo dei dati che tenga conto del loro valore intrinseco e delle connessioni tra essi esistenti e che conduca alla prova indiziaria, che viene ad avere normativamente analoga efficacia della prova diretta (Cass. 1, 10.2.95 n. 1381, ud. 16.12.94, rv.

201488). Accertata l’identità degli occhiali, la analogia di modalità operative con gli altri fatti riconosciuti al prevenuto, il rinvenimento della pistola sottratta in possesso del fratello, il ritrovamento dell’Alfa Romeo 164 nei pressi dell’abitazione della compagna dell’imputato l’apparato argomentativo di accertamento di responsabilità non risulta manifestamente illogico. Anche con riguardo al motivo di ricorso avanzato dalla difesa di M. G. per l’accertamento di responsabilità della rapina tentata del (OMISSIS) in danno del furgone portavalori della ditta Tra.Va.R. deve ritenersi del tutto corretto ed affidabile il giudizio di colpevolezza fondato su una serie di elementi fattuali unitariamente convergenti, costituiti dalla pregressa presenza il giorno precedente ai fatti nei pressi della sede della ditta di trasporto e dalle dichiarazioni intercettate il giorno successivo in cui il prevenuto descrive le modalità della rapina. La negazione dei fatti esposta nell’atto di impugnazione risulta meramente assertiva ed inidonea a confutare accertamenti di merito fondati su tabulati telefonici ed intercettazioni della sua utenza telefonica. Il motivo di ricorso relativo al tentato omicidio (comune anche alla difesa di G.M.) propone una alternativa ricostruzione dei fatti che nega che furono indirizzati 25 colpi di fucile automatico calibro 7.65 verso il finestrino del furgone ed omette di considerare che un colpo ebbe a conficcarsi al centro dei sedili sulla spalliera all’altezza del busto degli occupanti, dato questo che evidenzia sia la oggettiva forza penetrante dell’arma con la sua potenzialità omicidiaria sia la volontà degli imputati di uccidere le guardie giurate. La giurisprudenza è del tutto conforme nel ritenere che l’ipotesi del tentativo richiede il dolo diretto, nella forma almeno di dolo alternativo. Vero è infatti non essere configurabile solo dolo eventuale. Secondo principi consolidati tale forma più tenue della volontà dolosa, oltre la quale si colloca la colpa (cosciente), è costituita (cfr. S.U. n. 748 del 12/10/1993, Cassata, che richiama S.U. n. 3428 del 06/12/1991, e alla quale si rifanno S.U. n. 3571 del 14/02/1996, Suraci e S.U. n. 3286 del 27.11.2008, Chiodi) da un realtà psicologica in cui si ha consapevolezza che l’evento, non direttamente voluto, ha la probabilità di verificarsi in conseguenza della propria azione nonchè dall’accettazione volontaristica di tale rischio. A siffatto livello, nel caso di azione posta in essere cioè con accettazione del rischio dell’evento, si richiederà poi di fatto all’autore una adesione di volontà, maggiore o minore, a seconda che egli consideri maggiore o minore la probabilità di verificazione dell’evento. Nel caso in cui, invece, l’agente ritiene "altamente probabile o certo" l’evento, egli non si limita ad accettarne il rischio, ma necessariamente accetta l’evento stesso, cioè alternativamente lo vuole "con un’intensità evidentemente maggiore di quelle precedenti". Se l’evento, oltre che accettato, è perseguito, la volontà si colloca in un ulteriore livello di gravità, e potrà, altresì, distinguersi fra un evento voluto, come mezzo necessario per raggiungere uno scopo finale, e un evento perseguito come scopo finale.

La qualificazione di dolo eventuale è attribuita dunque all’accettazione del rischio; quella di dolo alternativo all’accettazione, che non può che essere positiva, dell’evento. Con l’esplosione dei colpi micidiali all’indirizza del finestrino e quindi dei posti occupati dalle guardie giurate è del tutto corretto ritenere sussistere la diretta volontà dell’evento omicidiario.

I motivi di ricorso proposti da M.G. e relativi alla responsabilità in ordine alla rapina all’ufficio postale di (OMISSIS) sono pressochè analoghi a quelli avanzati dai difensori di M.M.S., C. N., T.G. e G.M. e si sostanziano in una negativa della conclusiva validità probatoria degli elementi accertati a carico di ciascun ricorrente rimasto silente sugli addebiti in ordine ai quali non si sono sottoposto ad esame nè hanno fornito alibi contraddicenti le prove sulla loro presenza sul posto della rapina. Le singole articolate negative di validità indiziaria anche in questa fattispecie conducono ad una alternativa ricostruzione degli eventi che il giudice di merito alle pagine 11, 12, 13, 14 ha articolatamente vagliato ricostruendo gli eventi ed i singoli ruoli in base anche al dato obiettivo del rinvenimento della moto nel terreno del nonno materno del M., nella accertata presenza dei due M. e del G. in prossimità del luogo della rapina mezz’ora prima del fatto, nelle riprese della rapina (l’orologio quadrato poteva essere scambiato tra i prevenuti), nei verbali di trascrizione delle intercettazioni del T.. In sede di legittimità non possono essere considerate alternative ricostruzione di fatti eseguite con logica dal giudice di merito, non possono negarsi riconoscimenti testimoniali solo perchè l’auto era in corsa, nè escludere significato al contenuto di intercettazioni assumendone la cripticità . Nè può prospettarsi una violazione del diritto alla prova ai sensi dell’art. 495 c.p.p. con riferimento alla negata perizia antroponometrica, essendo appunto la perizia un mezzo di prova neutro sottratta al potere dispositivo delle parti che si possono al riguardo avvalere di proprie consulenze. La perizia non può essere ricondotta al concetto di prova decisiva di cui all’art. 606 c.p.p., lett. D ed il relativo diniego in quanto giudizio di fatto non è sanzionabile in sede di legittimità. La corte territoriale quanto al G. ha indicato la certa presenza della sua auto prima della rapina e l’avere lo stesso occupato la moto Majestic, elementi non contraddetti dalla consulenza di parte sulla compatibilità della figura del ricorrente con le immagini riprese all’interno dell’ufficio postale.

Deve poi essere respinto il ricorso proposto nell’interesse del G. con riguardo alla rapina del (OMISSIS) al furgone carico di tabacchi dovendosi ritenere congruamente motivata la responsabilità del prevenuto in quanto presente sui luoghi del fatto al momento della rapina ed immediatamente prima in contatto con il telefono del complice nei pressi del deposito tabacchi da cui partì il furgone. Non illogica l’ulteriore prova indiziaria costituita dal colloquio avuto dal G. ed il M.G. con il c. L. il successivo (OMISSIS) in cui ricordò la rapina per avere informazioni per un ulteriore pù sostanzioso colpo al deposito tabacchi.

Deve essere accolto il gravame di C.N. in ordine alla quantificazione della sanzione per la quale il giudice di appello ha determinato una pena base superiore a quella indicata dal Tribunale, pena che deve essere necessariamente contenuta partendo dalla minore pena base quantificata in primo grado (anni 7 di reclusione ed Euro 2.000 di multa) e quindi aumentata, come disposto dal giudice di merito, di un anno per la recidiva e quindi definitivamente determinata in anni 8 di reclusione ed Euro 2.000 di multa.

I ricorsi di tutti gli imputati in ordine alla graduazione della sanzione ed alle circostanze non sono ammissibili in quanto il giudizio sulle circostanze e sulla quantificazione della sanzione deve ritenersi esaurientemente compiuto con il porre in risalto anche una sola delle circostanze suscettibili di valutazione. Nel caso specifico la motivazione è stata esposta con riguardo alla grave entità dei fatti posti in essere da tutti con insensibilità e noncuranza delle potenzialità dannose delle proprie azioni, non essendo il giudice comunque tenuto a considerare in maniera analitica i singoli elementi di cui all’art. 133 c.p. esponendo per ciascuno di questi le rispettive ragioni che lo hanno indotto a formulare il proprio conclusivo giudizio (Cass. 2 ,2.9.00 n. 9387, ud. 15.6.00, rv. 216924).

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata relativamente a C. N. limitatamente alla pena che determina in anni 8 di reclusione ed Euro 2.000 di multa.

Rigetta nel resto il ricorso del C..

Rigetta i ricorsi di M.G., M.M. S., T.G. e G.M. che condanna al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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