Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 12-04-2011) 19-07-2011, n. 28486

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

In data 20.9.2010, il difensore di U.I.D., C. C.C., C.G.D. ricorre per Cassazione avverso il provvedimento del Tribunale di Roma, del 9.9.2010, con il quale è stato convalidato l’arresto dei predetti per il reato di tentata rapina, lamentando la carenza di motivazione del provvedimento, essendosi limitato il Tribunale ad indicare che sussistevano le condizioni che legittimavano l’arresto (titolo del reato e stato di flagranza) e che erano stati osservati i termini di presentazione. Chiede quindi l’annullamento del provvedimento.

Il ricorso è infondato, e va rigettato.

In sede di convalida di un provvedimento coercitivo, il giudice è tenuto unicamente a valutare la sussistenza degli elementi che legittimavano l’adozione della misura con una verifica "ex ante" (deve tener conto, cioè, della situazione conosciuta dalla polizia giudiziaria ovvero da quest’ultima conoscibile con l’ordinaria diligenza al momento dell’arresto o del fermo), con esclusione delle indagini o delle informazioni acquisite successivamente, le quali sono utilizzabili solo per l’ulteriore pronuncia sullo "status libertatis"; il vaglio a cui è chiamato il giudice in questa fase attiene soltanto alla verifica del ragionevole uso dei poteri discrezionali della polizia giudiziaria e, quando ravvisi la mancanza di ragionevolezza nell’uso degli stessi, deve fornire sul punto adeguata argomentazione giustificativa (cfr., da ultimo, Cass.Sez. 5, sent. n. 21577/2009 Rv. 243885).

Tanto premesso, rileva il Collegio che, per il giudizio positivo in materia di convalida, ove trattasi – come nella fattispecie – di arresto obbligatorio in flagranza deve ritenersi sufficiente una motivazione consistente nell’enunciazione circa la ricorrenza di tutti gli elementi giustificativi dell’arresto; ne consegue che il Tribunale, con la pur sintetica motivazione, ha adempiuto al necessario dovere di controllo della legittimità del provvedimento limitativo della libertà personale. A ciò aggiungasi, che risulta dal verbale di udienza che nulla è stato eccepito circa la flagranza e titolo di reato, essendosi limitato il difensore ad associarsi alla mancata richiesta di misure da parte del pubblico ministero, e pertanto – in assenza di contestazioni circa la sussistenza degli elementi giustificativi dell’arresto -non erano invero necessarie ulteriori argomentazioni a riguardo. Neppure nei motivi di ricorso è stata, poi, sollevata alcuna contestazione circa la mancanza di flagranza o della violazione dei termini, essendosi limitati i ricorrenti a confutare la configurabilità del reato ipotizzato, senza però fare riferimento alla situazione "ex ante", così come conosciuta dalla polizia giudiziaria al momento dell’arresto, a nulla rilevando – ai fini della convalida – le dichiarazioni rese dagli indagati o le informazioni successivamente acquisite.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che rigetta il ricorso, le parti private che lo hanno proposto devono essere condannate al pagamento delle spese del procedimento.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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