T.A.R. Lazio Roma Sez. II, Sent., 25-07-2011, n. 6674 Avanzamento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con il ricorso in esame il Tenente Colonnello del ruolo speciale (ora in congedo) F.C. ha impugnato il giudizio di avanzamento, a scelta, al grado di colonnello del ruolo speciale per l’anno 2006, in esito al quale è stato giudicato idoneo, ma non iscritto nel relativo quadro di avanzamento, in quanto collocatosi al quarto posto della graduatoria finale di merito con il punteggio di 27,02.

A sostegno del proposto ricorso deduce il ricorrente sia eccesso di potere in senso assoluto che eccesso di potere in senso relativo, con specifico riferimento alla posizione dei controinteressati Sabatino Valentino e Carmine Canonico, lamentando violazione e falsa applicazione degli artt. 23 e 26 della legge n. 1137 del 1955, del d.m. n. 571 del 1993 e del decreto legislativo n. 69 del 2001 nonché eccesso di potere per sviamento, illogicità, ingiustizia manifesta, disparità di trattamento.

Si è costituita in giudizio l’intimata Amministrazione affermando la infondatezza del proposto ricorso e concludendo perché lo stesso venga respinto.

Alla pubblica udienza del 13 luglio 2011 il ricorso viene ritenuto per la decisione.

Il ricorso non è fondato e va, pertanto, respinto.

Va preliminarmente ribadita la piena condivisibilità dell’orientamento giurisprudenziale che ha costantemente sottolineato la amplissima discrezionalità che caratterizza il giudizio di avanzamento a scelta degli ufficiali, censurabile solo in presenza di una macroscopica incoerenza e conseguente irrazionalità nella valutazione effettuata, atteso che, proprio perché si tratta di valutazioni necessariamente caratterizzate da ampia discrezionalità, il sindacato di legittimità rimesso al giudice non può che essere limitato al solo riscontro dell’uniformità del metro valutativo in concreto utilizzato per i diversi candidati.

Ciò non comporta, ovviamente, l’attribuzione alla commissione superiore di avanzamento di un potere insindacabile e di puro arbitrio, atteso che i principi giurisprudenziali costantemente seguiti dal giudice amministrativo non tendono affatto ad escludere la intangibilità dei giudizi in questione, bensì a precisare i limiti del sindacato, necessariamente ristretti e segnati dalla necessità di rispettare la linea che comunque separa il giudizio di legittimità dalla valutazione di merito, squisitamente discrezionale, demandata in via esclusiva all’apprezzamento del competente organo collegiale.

Invero, la pacifica giustiziabilità della selezione in argomento, volta ad evitare che la discrezionalità amministrativa possa trasmutare in arbitrio o in elusione delle regole che presiedono al giudizio di avanzamento – che richiede, alla luce della normativa di riferimento (art. 19 del decreto legislativo 19 marzo 2001 n. 69), un autonoma valutazione dei partecipanti, ancorata esclusivamente ai precedenti di carriera – comporta che il relativo esito, qualora contestato in giudizio, permetta comunque di verificare da parte del giudice adito, nell’ambito tracciato dal gravame, l’uniforme applicazione del metro di giudizio adottato nella selezione.

In altre parole, l’ampiezza della discrezionalità attribuita alle commissioni superiori di avanzamento, chiamate ad esprimersi su ufficiali dotati di pregevolissimi profili di carriera (si consideri, nella specie, l’assoluta esiguità dello scarto tra il punteggio attribuito al ricorrente, 27,02 e quello attribuito ai controinteressati, 27,07 e 27,06), le cui doti sono definibili solo attraverso sfumatissime analisi di merito implicanti la ponderazione non aritmetica delle loro qualità, da effettuarsi attraverso un apprezzamento dei titoli e dei requisiti in via di astrazione e di sintesi, non condizionato dalla meccanica valutazione delle singole risultanze documentali (tra molte, Cons. Stato, Sez. IV, 8 luglio 1999 n. 1196), non esclude che la valutazione debba essere coerente con i precedenti di ciascun ufficiale e rispondente ad un criterio uniforme per tutti gli esaminati (Cons. Stato, Sez. IV, 29 novembre 2002 n. 6522 nonché TAR Lazio, Sez. II, 16 giugno 2004 n. 5866).

Sono, quindi, apprezzabili nella presente sede quelle palesi aberrazioni che, per la loro manifesta irrazionalità, rivelino il cattivo uso del potere amministrativo "sì da far ritenere che i punteggi siano frutto di elementari errori ovvero il risultato di criteri impropri, volti al raggiungimento di finalità estranee a quelle della scelta dei soggetti più idonei alle funzioni del grado superiore da conferire"(Cons. Stato, Sez. IV, 3 dicembre 1996 n. 1265 nonché, tra le più recenti, TAR Lazio, Sez. II, 1 luglio 2009 n. 6345). Sempre che, naturalmente, l’abnormità e l’incoerenza della valutazione, in contrasto con i precedenti di carriera e la violazione delle regole di tendenziale uniformità del criterio di giudizio, emergano dall’esame della documentazione con assoluta immediatezza (Cons. Stato, Sez. IV, 8 luglio 1999 n. 1196 e 10 marzo 1998 n. 397).

Può in proposito aggiungersi che tali principi debbono valere a maggior ragione nelle ipotesi, come quella in esame, in cui i candidati risultano tutti sicuramente dotati di ottimi profili di carriera, le qualità dei quali sono definibili solo attraverso sfumate analisi di merito implicanti la ponderazione non aritmetica delle complessive qualità degli scrutinandi, da effettuarsi attraverso un apprezzamento dei titoli e dei requisiti in via di astrazione e di sintesi, non condizionato in modo stringente dalle singole risultanze documentali (cfr., per tutte, Cons. Stato, Sez. IV, 4 ottobre 2007 n. 5187).

In base a costante giurisprudenza, anche della Sezione, il giudizio d’avanzamento a scelta degli ufficiali del Corpo della Guardia di finanza, caratterizzato da una valutazione in assoluto per ciascuno di essi, costituisce di per sé un tipico giudizio di merito, frutto d’una valutazione tecnica, da parte della commissione superiore di avanzamento, latamente discrezionale. Sicchè è jus receptum, con un’abbondanza di arresti del Supremo Consesso tali da esimere il Collegio da ogni citazione, che siffatte valutazioni sono sindacabili, in sede di giudizio di legittimità solo quando manifestino evidenti incongruenze, rilevabili dall’esame della documentazione caratteristica dell’ufficiale scrutinando. Innanzi a questo Giudice, quindi, sono apprezzabili solo quelle palesi aberrazioni di giudizio che, per la loro evidente irragionevolezza o sproporzione, rivelino un cattivo uso della potestà amministrativa da parte della commissione. In altri termini, occorre che si possa ritenere che i punteggi assegnati siano o il frutto di palesi errori di fatto o sulla qualificazione giuridica del fatto, oppure la risultante di criteri fattuali impropri e contrari a quelli proclamati dalla commissione di avanzamento per condurre la valutazione, perché volti al raggiungimento di scopi estranei alla scelta dei candidati più capaci e meritevoli, ossia più idonei alle funzioni del grado superiore da conferire.

Reputa opportuno il Collegio ancora rammentare che la rottura dei criteri di valutazione (quale sintomo dell’eccesso di potere in senso assoluto) e la violazione della regola dell’uniformità del criterio di giudizio verso tutti e ciascun ufficiale scrutinando (quale sintomo dell’eccesso di potere in senso relativo) non possono certo esser ricavate da un’analitica e nuova valutazione di questo Giudice sulla posizione, assoluta o comparata, dell’ufficiale, a pena di compiere un vero e proprio giudizio di merito, in sostituzione della Commissione di avanzamento (cfr., in tal senso, Cons. Stato, Sez. IV, 17 febbraio 2004 n. 632).

Spetta al giudice amministrativo solo la ricostruzione, alla luce di quanto specificamente dedotto dal ricorrente, dell’intera vicenda per verificare la fondatezza della prospettazione, al fine di cogliere, quindi, l’esistenza, o meno dei sintomi denunciati. In particolare, il sindacato giurisdizionale dei giudizi d’avanzamento è ammissibile, sotto il profilo dell’eccesso di potere in senso assoluto, allorquando si tratti di sindacare la coerenza generale del metro valutativo adoperato ovvero la manifesta incongruità del punteggio, avuto riguardo agli incarichi ricoperti, alle funzioni espletate e alle positive valutazioni ottenute durante tutto l’arco della carriera degli scrutinandi (cfr., da ultimo, Cons. Stato, Sez. IV, 7 luglio 2008 n. 3378).

Appare evidente, dunque, come la censura di eccesso di potere in senso assoluto presupponga precedenti di carriera costantemente eccellenti ed esenti da qualsiasi menda o attenuazione di rendimento, onde i sintomi di tal vizio si possono cogliere solo se nella documentazione caratteristica risulti un livello tanto macroscopicamente elevato dei precedenti dell’intera carriera dell’ufficiale, da rendere a prima vista il punteggio attribuito del tutto inadeguato (giurisprudenza consolidata: cfr., ancora, Cons. Stato, Sez. IV, 6 maggio 2008 n. 2051).

Tanto premesso il Collegio, pur prendendo atto delle qualità di altissimo livello dimostrate nel corso della carriera dal ricorrente, nonché della effettiva rilevanza delle attività svolte e degli incarichi speciali disimpegnati, non ritiene tuttavia che nel caso in esame possano configurarsi gli estremi per ravvisare un vizio di eccesso di potere in senso assoluto, poiché un simile vizio è logicamente riscontrabile soltanto alla condizione, oggettivamente difficile da verificarsi, che dalla documentazione caratteristica dell’ufficiale emerga un livello così macroscopicamente ottimale dei precedenti di carriera, che risulti idoneo a dimostrare la effettiva sussistenza di un livello di straordinarietà assoluta ed indiscutibile dell’ufficiale considerato.

In altri termini, essendo quelli sopra rappresentati i capisaldi essenziali che guidano l’interprete nell’analisi delle vicende di causa, non hanno alcun pregio le censure dedotte dalla difesa del ricorrente in ordine al preteso eccesso di potere in senso assoluto che, a detta dello stesso ricorrente, inficerebbe l’intero giudizio sul suo stato di servizio e di carriera.

Nella specie, inoltre, come puntualmente osservato dalla difesa dell’Amministrazione resistente, l’ufficiale in questione (proveniente dalla categoria Ispettori del Corpo e nominato Sottotenente in s.p.e. il 2 ottobre 1982) non si è collocato sempre in posizione ottimale, raggiungendo la qualifica di "eccellente" solo nella scheda valutativa redatta per il periodo 1.11.1986 – 24.8.1987, dopo quattro anni dall’immissione in servizio da ufficiale. Subisce, inoltre, ben 44 flessioni di giudizio nelle voci interne delle schede valutative, anche in qualità di Ufficiale superiore. Si registrano voci ("capacità scritta e orale", "capacità di ideazione" e "capacità di sintesi") per le quali non ottiene mai valutazioni apicali e consegue note di "lode" per il solo periodo dall’1.11.2004 al 31.10.2005. Non risulta, peraltro, in possesso di diploma di laurea e risulta, in oltre venti anni di carriera, aver conseguito tre encomi e quattro elogi.

Va poi constatato che gli incarichi ricoperti, seppur numerosi e prestigiosi, si pongono in piana consonanza con quello che è lo sviluppo della carriera operativa di un ufficiale del Corpo della Guardia di finanza giunto allo scrutinio per conseguire il passaggio di carriera a Colonnello.

Se queste sono le risultanze che emergono dall’esame della documentazione scrutinata dalla commissione superiore di avanzamento in sede di valutazione pare corretto osservare che, proprio con riferimento alle censure formulate in ricorso ed anche alla luce della giurisprudenza che governa la materia, di cui si è fatto cenno, un curriculum anche pregevolissimo, quale quello del ricorrente, non è idoneo a suffragare di per se l’illegittimità dell’operato dell’organo collegiale, inverando il vizio di c.d. "eccesso di potere in senso assoluto", censura cui, al di là delle formule di denunzia utilizzate, può essere ricondotta buona parte delle doglianze ivi esposte.

La giurisprudenza più accorta ai sopra detti limiti, che il giudizio di legittimità sconta nella materia, ha delineato per scorgere la figura dell’"eccesso di potere in senso assoluto" nelle procedure di avanzamento dei militari una isolata ipotesi al ricorrere della quale può riconoscersi fondatezza alla suddetta censura "in senso assoluto", vale a dire solo quando la documentazione dimostri che si è al cospetto di un "ufficiale con precedenti di carriera costantemente ottimi – tutti giudizi finali apicali, massime aggettivazioni nelle voci interne, conseguimento del primo posto nei corsi basici – esenti da qualsiasi menda o attenuazione di rendimento, di tal che i sintomi di tale vizio possono cogliersi esclusivamente quando nella documentazione caratteristica risulti un livello tanto macroscopicamente elevato dei precedenti dell’intera carriera dell’ufficiale, da rendere a prima vista il punteggio attribuito del tutto inadeguato" (cfr., tra le molte, Cons. Stato, Sez. IV, 28 settembre 2009 n. 5833, 22 novembre 2006 n. 6847 e 3 febbraio 2006 n. 485, tenendo peraltro conto che la Sezione ha addirittura dubitato della concreta ricorribilità della fattispecie nella realtà fenomenica, cfr. TAR Lazio, Sez. II, 3 aprile 2008 n. 2836).

Basta, quindi, per escludere la ricorrenza del vizio di cui si discute nel presente contenzioso all’odierno esame, richiamarsi alle valutazioni non apicali ed alle flessioni di giudizio riportate nelle schede valutative del ricorrente nel corso della carriera, unitamente agli altri elementi in fatto pure rilevati, di cui si è innanzi detto.

Per ciò solo, dunque, in conformità alla consolidata giurisprudenza in materia, deve escludersi la sussistenza del presupposto necessario per configurare il vizio dedotto nei sensi di cui sopra dal ricorrente.

Può quindi passarsi all’esame del vizio di eccesso di potere in senso relativo, prospettato dal ricorrente sulla base di un raffronto fra i propri precedenti di carriera e quelli posseduti dagli odierni controinteressati.

Il ricorrente ripropone, in concreto, un esame comparativo di singole voci valutative al fine di dimostrare la disparità di valutazione che si sarebbe verificata a suo svantaggio e quindi l’illegittimità dell’operato posto in essere dalla commissione di avanzamento.

Il Collegio deve preliminarmente richiamare il principio giurisprudenziale consolidato, già sottolineato in altre decisioni di questa Sezione, secondo cui ai singoli requisiti e titoli non può riconoscersi una specifica autonomia, nella definizione del giudizio complessivo, in quanto tutti gli elementi vanno considerati nel loro insieme, con la conseguenza che eventuali carenze possano essere compensate da titoli diversi apprezzati come equivalenti o prevalenti, secondo giudizi di merito rimessi alla competente Commissione di avanzamento.

Al riguardo, giova richiamare il granitico orientamento del Consiglio di Stato, che dall’altissima discrezionalità tecnica che connota le valutazioni compiute dall’Amministrazione sulla carriera degli ufficiali scrutinandi (le quali, comportando un attento apprezzamento delle capacità e delle attitudini proprie della vita militare dimostrate in concreto, impingono direttamente il merito dell’azione amministrativa) fa discendere l’ammissibilità del sindacato giurisdizionale solo entro i limiti dei vizi di manifesta abnormità, discriminatorietà o travisamento dei presupposti di fatto, non essendo in questo caso il giudice amministrativo munito di cognizione di merito (cfr. Cass. civ., SS.UU., 8 gennaio 1997 n. 91; Cons. Stato, Sez. IV, 28 dicembre 2005 n. 7427, 14 febbraio 2005 n. 440, 14 dicembre 2004 n. 7949, 27 aprile 2004 n. 2559, 17 dicembre 2003 n. 8278, 18 ottobre 2002 n. 5741, 30 luglio 2002 n. 4074 e 3 maggio 2001 n. 2489).

Sulla scorta di tali principi, con specifico riferimento all’ipotesi in cui sia dedotto il vizio di eccesso di potere in senso relativo, si è affermato che il giudice amministrativo:

A) non può procedere all’esame comparativo degli ufficiali valutati in sede di redazione degli scrutini di avanzamento o verificare la congruità del punteggio, in quanto la discrezionalità tecnica attribuita alla commissione è sindacabile solo in presenza di valutazioni microscopicamente irragionevoli (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 28 dicembre 2005 n. 7397; n. 440 del 2005, cit., n. 7949 del 2004, cit. e n. 4074 del 2002, cit.);

B) ha cognizione limitata alla verifica in generale della logicità e razionalità dei criteri seguiti dalla commissione di avanzamento, in considerazione dell’ampia discrezionalità attribuita a tale organo, chiamato ad esprimersi su candidati le cui qualità sono definibili solo attraverso sfumate analisi di merito, implicanti la ponderazione non aritmetica delle complessive qualità degli scrutinandi (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, n. 7397 del 2005, cit., n. 440 del 2005, cit., n. 7949 del 2004, cit., n. 4074 del 2002, cit. e 1 settembre 1999 n. 1387);

C) non può scindere i singoli elementi oggetto di valutazione da parte della commissione, o peggio ciascuna delle qualità prese in considerazione nell’ambito di essi, per poi assumere che uno solo di essi isolatamente considerato sia sufficiente a sorreggere il giudizio complessivo (o, se illegittimo, a travolgerlo), in quanto i titoli vantati da ciascun ufficiale sono bilanciabili fra loro conducendo ad un giudizio indivisibile, che è massimo per gli ufficiali di grado più elevato (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, n. 7397 del 2005, cit., 5 aprile 2005 n. 1515 e n. 440 del 2005, cit.).

Ciò premesso, questo Collegio ritiene doveroso evidenziare il decisivo limite ontologico che il sindacato del giudice amministrativo incontra al cospetto di controversie come quella in rassegna, nel contesto delle quali l’attività valutativa dell’Amministrazione è in definitiva sindacabile solo entro il limite assolutamente ristretto in cui emergano vizi logici o di travisamento immediatamente percepibili.

Tale limite, ancor più stringente di quello pur sempre connaturato alla giurisdizione di legittimità, deriva dal fatto che in caso di procedure a scelta finalizzate al conferimento dei gradi superiori la commissione superiore di avanzamento è chiamata a scegliere tra scrutinandi che sono di per sé ufficiali di ottimi precedenti di carriera e – come nel caso all’esame – di più che eminente affidabilità, le cui qualità sono quindi definibili in chiave differenziale solo attraverso sfumatissime analisi di merito che restano interne alla discrezionalità valutativa dell’amministrazione militare ed alle quali il giudice non può contrapporre una sua diversa lettura delle risultanze documentali.

Passiamo al raffronto con le valutazioni che hanno interessato l’odierno ricorrente ed i controinteressati evocati in giudizio.

Va preliminarmente rilevato come il controinteressato Colonnello Canonico sia stato legittimamente inserito nella aliquota di valutazione in esame, pur in difetto della permanenza minima nel grado (nella specie, di sette anni per i Tenenti Colononnelli del ruolo speciale), atteso che ai sensi dell’art. 48 del decreto legislativo n. 69 del 2001 le nuove disposizioni in ordine alle permanenze minime si applicano al termine del periodo transitorio (2002/2015), nel cui ambito è dunque ricaduta la procedura di cui è questione, concernendo essa l’anno 2006.

Orbene, il controinteressato Canonico effettivamente registra una minore anzianità di servizio da ufficiale rispetto al ricorrente e tuttavia in detto servizio non subisce, a differenza del ricorrente, alcuna flessione del giudizio finale nei gradi di Maggiore e Tenente Colonnello, consegue un numero minore (rispetto al ricorrente) di flessioni di giudizio nelle singole voci interne delle schede valutative, dovendosi anche rilevare come possegga la laurea in economia e commercio e l’abilitazione all’esercizio della professione di dottore commercialista e comunque una molto più significativa ed intensa attività di docenza, oltre che ben più numerosi riconoscimenti di ordine morale.

Quanto al controinteressato Valentino, questi a sua volta nominato Sottotenente tre anni prima del ricorrente, risulta soprattutto aver conseguito la qualifica apicale di "eccellente" dopo solo un anno dall’immissione in servizio da Ufficiale, peraltro mantenendola, con continuità, fino alla valutazione in esame, e dunque per un periodo nettamente superiore a quello del ricorrente. Ha, del resto, subito rispetto a questi un numero minore di flessioni di giudizio nelle singole voci interne delle schede valutative e comunque ha conseguito notazioni di "apprezzamento" abbinate alla massima qualifica finale per un periodo maggiore rispetto al ricorrente, in disparte gli altri elementi (encomi, medaglie e riconoscimenti) più puntualmente richiamati nella memoria della resistente amministrazione (pagg. 18 e 19).

In definitiva, in ragione della richiamata giurisprudenza e degli elementi in fatto riportati, deve ritenersi l’insussistenza anche del dedotto vizio di eccesso di potere in senso relativo.

Con riferimento, da ultimo, alla censura con cui parte ricorrente lamenta la sostanziale identità delle motivazioni contenute nelle schede di valutazione redatte dalla C.S.A., la stessa è infondata dovendosi osservare che l’assegnazione del punteggio finale rappresenta solo la conclusione di un articolato procedimento valutativo, incentrato su un approfondito esame collegiale dei candidati e sulla conseguente discussione sulla valutazione da attribuire ai medesimi, sulla scorta dell’esame effettuato dei titoli e dei precedenti di carriera.

La necessaria sinteticità delle schede riassuntive dei dati acquisiti sui singoli candidati alla promozione e l’esposizione scritta delle ragioni determinanti l’assegnazione di un certo punteggio costituiscono meri strumenti di traduzione ed esternazione del procedimento seguito dalla Commissione, in cui la eventuale adozione, per ragioni di economia di procedura, di forme simili o equivalenti, rende solo ragione della identicità dei punteggi assegnati, a seguito di tutto il libero procedimento valutativo precedentemente seguito, senza che ciò consenta di ipotizzare esiti predeterminati. (Cons. Stato, IV Sezione, 7 giugno 2004 n. 3591)

Conclusivamente, ribadite le svolte considerazioni, il Collegio respinge il ricorso di cui in epigrafe poiché infondato.

Sussistono tuttavia giuste ragioni per compensare integralmente fra le parti le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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