T.A.R. Lombardia Milano Sez. II, Sent., 25-07-2011, n. 1980Sospensione dei lavori

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. La A.Q. s.r.l., in data 23 settembre 2009, ha presentato al Comune di Milano una denuncia di inizio attività avente ad oggetto la realizzazione di lavori di ristrutturazione edilizia, con cambio di destinazione d’uso e realizzazione di cinque appartamenti, di un immobile sito in via Almerico da Schio, n. 4.

2. In data 2 luglio 2010, la società ha presentato una denuncia di inizio attività per la realizzazione di lavori in variante alla precedente d.i.a.

3. Con ordinanza p.g. 66240/10 del 17.8.2010, il Comune di Milano ha comunicato alla ricorrente l’avvio del procedimento di annullamento dei titoli abilitativi formati a seguito della presentazione delle denuncie di inizio attività, in considerazione del parere negativo espresso dalla Commissione per il paesaggio nella seduta n. 26 del 15.7.2010 e le ha, al contempo, ordinato di sospendere i lavori.

4. Con il ricorso principale, la A.Q. s.r.l. impugna tale ordinanza ed il parere della Commissione per il Paesaggio P.G. 533511000/2010, chiedendo che venga dichiarata l’intervenuta decadenza dell’ordinanza di sospensione lavori, ai sensi dell’art. 27, d.P.R. n. 380/2001.

5. Questi i profili di doglianza:

I. violazione e falsa applicazione dell’art. 27, d.P.R. n. 380/2001 e degli artt. 49 e 50, l. Regione Lombardia n. 12/2005; assenza di illegittimità originaria della d.i.a.; eccesso di potere per difetto di istruttoria, errore nei presupposti, difetto di motivazione, contraddittorietà ed illogicità;

II. violazione delle linee guida della Regione Lombardia per l’esame paesistico dei progetti;

III. contraddittorietà, difetto di istruttoria e di motivazione;

IV. violazione dell’art. 23, c. 5 e 6, d.P.R. n. 380/2001 e dell’art. 42, l. Regione Lombardia n. 12/2005; violazione dei principi dell’autotutela;

V. travisamento dei presupposti di fatto e di diritto, violazione delle linee guida per l’esame paesistico dei progetti approvate con D.G.R. 8 novembre 2002, n. 7/II045, difetto di motivazione.

6. La ricorrente chiede, inoltre, il risarcimento dei danni subiti in conseguenza della sospensione dei lavori disposta con l’ordinanza in questione.

7. Con un primo ricorso per motivi aggiunti la ricorrente impugna la nota del 10.11.2010 con cui il Comune di Milano ha confermato il provvedimento di sospensione dei lavori p.g. 66240/10 del 17.8.2010 ed il parere del 7.10.2010 con cui la Commissione per il paesaggio, dopo avere esaminato le integrazioni presentate dalla A.Q. s.r.l., ha confermato il parere contrario precedentemente espresso.

8. Queste le censure dedotte

I. violazione dell’art. 27, c. 3, d.P.R. n. 380/2001 e degli artt. 49 e 50, l. Regione Lombardia n. 12/2005; eccesso di potere per sviamento della causa tipica;

II. violazione dell’art. 27, c. 3, d.P.R. n. 380/2001 e degli artt. 49 e 50, l. Regione Lombardia n. 12/2005; difetto totale di motivazione; eccesso di potere per travisamento dei presupposti di fatto e di diritto;

III. violazione dell’art. 27, d.P.R. n. 380/2001 e degli artt. 49 e 50, l. Regione Lombardia n. 12/2005: assenza di illegittimità originaria della d.i.a.; eccesso di potere per difetto di istruttoria, errore nei presupposti, difetto di motivazione, contraddittorietà ed illogicità;

IV. violazione delle linee guida della Regione Lombardia per l’esame paesistico dei progetti;

V. violazione dell’art. 23, c. 5 e 6, d.P.R. n. 380/2001 e dell’art. 42, l. Regione Lombardia n. 12/2005; violazione dei principi dell’autotutela;

VI. travisamento dei presupposti di fatto e di diritto, violazione delle linee guida per l’esame paesistico dei progetti approvate con d.g.r. 8 novembre 2002 n. 7/II045, difetto di motivazione.

9. La ricorrente chiede, inoltre, il risarcimento dei danni cagionati da questo provvedimento.

10. Con un secondo ricorso per motivi aggiunti, la ricorrente impugna il provvedimento prot. n. 947843 del 3.12.2010 con cui il Comune di Milano ha disposto l’annullamento in autotutela della denuncia di inizio attività in variante, presentata in data 2.7.2010, il parere espresso, su ulteriori integrazioni progettuali, dalla Commissione per il paesaggio nella seduta dell’11.11.2010 ed il provvedimento prot. n. 947844 del 3.12.2010 con cui il Comune, nell’avviare il procedimento di annullamento in autotutela della denuncia di inizio attività originaria, ha ordinato la sospensione delle opere.

11. Questi i motivi dedotti:

– quanto alla delibera di annullamento della variante:

I. violazione dell’art. 7, l. n. 241/1990; violazione dei principi di partecipazione del privato e difetto di contraddittorio; difetto di istruttoria;

II. violazione degli artt. 23, d.P.R. n. 380/2001, 42, l. Regione Lombardia n. 12/2005, 19 e 21 nonies, l. n. 241/1990; violazione dei principi generali in materia di autotutela; difetto dei presupposti di fatto e di diritto, carenza di motivazione, sviamento;

III. violazione dell’art. 21 nonies, l. n. 241/1990; perplessità, difetto di motivazione, contraddittorietà;

IV. violazione delle linee guida regionali sui pareri paesistici approvate con d.g.r. 8 novembre 2002, n. 7/II045;

– quanto all’ordine di sospensione:

V. eccesso di potere per sviamento; violazione e falsa applicazione dell’art. 27, d.P.R. n. 380/2001 e degli artt. 49 e 50, l. Regione Lombardia n. 12/2005: assenza di illegittimità originaria della d.i.a.; eccesso di potere per difetto di istruttoria, errore nei presupposti, difetto di motivazione, contraddittorietà ed illogicità;

VI. difetto di istruttoria e violazione dell’art. 2, l. n. 241/1990;

VII. violazione dell’art. 23, c. 5 e 6, d.P.R. n. 380/2001 e dell’art. 42, l. Regione Lombardia n. 12/2005; violazione dei principi dell’autotutela.

12, La ricorrente chiede altresì il risarcimento dei danni cagionati da questi atti.

13. L’amministrazione comunale intimata si è costituita in giudizio e, oltre a dedurre l’infondatezza nel merito del ricorso principale e dei motivi aggiunti, ha eccepito l’improcedibilità delle censure proposte con il secondo ricorso per motivi aggiunti nella parte in cui censurano il provvedimento prot. n. 947844 del 3.12.2010 poiché, con atto del 30.3.2011, il Comune ha escluso l’annullamento del titolo abilitativo originario e ha preso atto dell’avvenuta decadenza ex lege dell’ordine di sospensione lavori.

14. All’udienza pubblica del 5 maggio 2011 il ricorso è stato ritenuto per la decisione.

15. Alla data di notifica del ricorso – l’11 novembre 2010 – l’ordinanza p.g. 66240/10 del 17.8.2010, impugnata con il ricorso principale, aveva ormai esaurito i suoi effetti, essendo ormai decorso il termine di efficacia di quarantacinque giorni, previsto all’art. 27, c. 3, d.P.R. n. 380/2001. La domanda di annullamento di tale atto è, pertanto, inammissibile per carenza di interesse.

16. La legittimità dell’ordinanza di sospensione – e del presupposto parere della commissione per il paesaggio – deve, però, essere ugualmente esaminata, essendo stata proposta la domanda di risarcimento dei danni.

17. La ricorrente, con il primo motivo, ne lamenta l’illegittimità per violazione e falsa applicazione dell’art. 27, d.P.R. n. 380/2001 e degli artt. 49 e 50, l. Regione Lombardia n. 12/2005; assenza di illegittimità originaria della d.i.a.; eccesso di potere per difetto di istruttoria, errore nei presupposti, difetto di motivazione, contraddittorietà ed illogicità; con il quarto motivo censura, invece, la violazione dell’art. 23, c. 5 e 6, d.P.R. n. 380/2001 e dell’art. 42, l. Regione Lombardia n. 12/2005 e la violazione dei principi dell’autotutela.

I motivi, che possono essere trattati congiuntamente perché strettamente connessi sul piano logico e giuridico, sono privi di fondamento.

Ai sensi dell’art. 27, c. 3, d.P.R. n. 380/2001, "(…)qualora sia constatata, dai competenti uffici comunali d’ufficio o su denuncia dei cittadini, l’inosservanza delle norme, prescrizioni e modalità di cui al comma 1, il dirigente o il responsabile dell’ufficio, ordina l’immediata sospensione dei lavori, che ha effetto fino all’adozione dei provvedimenti definitivi di cui ai successivi articoli, da adottare e notificare entro quarantacinque giorni dall’ordine di sospensione dei lavori".

La norma attribuisce all’amministrazione un potere di natura cautelare che può esercitare allorché si avveda dell’inosservanza di norme di legge o di regolamento, delle prescrizioni degli strumenti urbanistici o delle modalità esecutive previste nei titoli abilitativi: tale potere impedisce il protrarsi dell’attività edilizia per un lasso di tempo massimo di quarantacinque giorni, entro il quale l’amministrazione deve verificarne la legittimità.

L’accertamento, pur sommario, di una inosservanza di norme e prescrizioni è l’unica condizione prevista dall’art. 27, d.P.R. n. 380/2001 per l’esercizio del potere di sospensione e non è, dunque, richiesto all’amministrazione di avere già accertato, in questa fase, il ricorrere dei presupposti per l’esercizio del potere di annullamento in autotutela del titolo che abilita l’attività edilizia.

Il potere di sospensione ben può essere esercitato allorché l’amministrazione si avveda – come è accaduto nel caso di specie – della insussistenza dei presupposti previsti da atti aventi natura regolamentare, che pongono condizioni all’esercizio dell’attività edilizia.

La deliberazione del Consiglio Regionale del 6.3.2001 n. 43794, con l’art. 8 delle norme di attuazione del piano territoriale paesistico regionale, prevede l’obbligo di esame paesistico – cioè un procedimento volto ad accertare l’impatto sotto il profilo paesistico – per "tutti i progetti che incidono sull’aspetto esteriore dei luoghi e degli edifici" ed all’art. 29, c. 7 delle n.t.a. dispone che "non sono approvabili, salvo quanto disposto dal comma 8, i progetti che superino la soglia critica di tolleranza e il cui impatto paesistico sia stato giudicato negativo, a meno che non siano ricondotti, tramite modifiche progettuali o previsione di specifiche opere di mitigazione paesisticoambientale, ad un impatto paesistico inferiore alla soglia di tolleranza".

Queste previsioni, aventi natura regolamentare, sono vincolanti: ai sensi dell’art. 30 delle norme di attuazione del piano territoriale paesistico regionale, la metodologia di esame paesistico dei progetti è, difatti, diventata operativa dalla data di pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione Lombardia della delibera n. 11045 dell’8 novembre 2002, recante le "linee guida per l’esame paesistico dei progetti", e cioè dal 21 novembre 2002 (cfr. Tar Lombardia, Milano, sez. II, 17 giugno 2009, n. 4063).

La mancanza, nel caso di specie, delle condizioni cui le norme tecniche di attuazione del piano paesistico regionale subordinano l’attività edilizia – stante il superamento della soglia di rilevanza ed il parere negativo espresso dalla commissione per il paesaggio – è stata, quindi, legittimamente assunta a presupposto per l’esercizio del potere di sospensione previsto all’art. 27, d.P.R. n. 380/2001.

18. È, altresì, infondato il motivo di ricorso con cui la ricorrente deduce la violazione delle linee guida dettate dalla Regione Lombardia per l’esame paesistico dei progetti – approvate con deliberazione della Giunta regionale dell’8 novembre 2002, n. 7/11045 – in quanto il parere avrebbe valutato il progetto operando un raffronto con la soluzione progettuale precedentemente adottata, senza fare riferimento alla incidenza sul paesaggio.

Le linee guida regionali delineano il giudizio di impatto paesistico di un progetto come la sintesi di due differenti valutazioni: la prima, relativa alla sensibilità paesistica del sito oggetto dell’intervento edilizio e, la seconda, avente ad oggetto l’incidenza (morfologica, tipologica, linguistica, visiva e simbolica) del progetto.

Le caratteristiche progettuali sono quindi una componente essenziale dell’esame di impatto paesistico, quale parametro per valutarne il grado di perturbazione prodotto sul contesto: ben può, quindi, l’amministrazione limitare il proprio giudizio alla incidenza del progetto.

Tale valutazione ha ad oggetto, tra l’altro, gli ingombri volumetrici, le altezze, gli allineamenti, i prospetti, i rapporti pieni e vuoti, le tipologie costruttive, le soluzioni di dettaglio, lo stile, il materiale, i colori utilizzati, l’ingombro visivo e l’interferenza con luoghi simbolici della comunità locale.

È ad alcuni di questi parametri – in particolare all’incidenza linguistica, relativa a stili, materiali e colori – che la commissione per il paesaggio ha fatto riferimento nell’esprimere il proprio parere.

L’operato dell’amministrazione è dunque rispondente a quanto previsto dalle linee guida regionali e non assume, quindi, alcun rilievo la circostanza che, nel valutare la variante presentata con la d.i.a. del 2.7.2010, abbia operato un raffronto con il progetto precedentemente approvato, con riferimento al quale già il progettista aveva attribuito un giudizio di incidenza del progetto pari a 3, su una scala di 5, cioè un’incidenza paesistica media (doc. 2 dell’amministrazione).

19. Con il terzo motivo di ricorso la ricorrente lamenta la contraddittorietà, il difetto di istruttoria e di motivazione dell’ordinanza laddove fa riferimento a indicazioni progettuali riportate nel parere ma in realtà inesistenti.

Il riferimento alla richiesta di modifiche progettuali da parte della commissione per il paesaggio è una mera imprecisione, che non ha comunque inciso sulla possibilità per il privato di presentare un nuovo progetto di minore impatto.

L’imprecisione è, difatti, chiarita nell’ultima parte del provvedimento impugnato, laddove richiama l’attenzione del privato sulla possibilità di presentare una nuova soluzione progettuale, nel rispetto delle osservazioni rese nel parere della commissione per il paesaggio ed indica il nominativo del tecnico comunale cui rivolgersi, in linea con quanto previsto dalle linee guida regionali.

20. Non possono trovare accoglimento le censure, volte a contestare il merito della valutazione effettuata dalla commissione per il paesaggio, di travisamento dei presupposti di fatto e di diritto, di violazione delle linee guida per l’esame paesistico dei progetti e di difetto di motivazione.

La valutazione circa l’impatto paesistico di un progetto è espressione di discrezionalità tecnica e, come tale, può essere sindacata in sede giurisdizionale solo in presenza profili di incongruità ed illogicità di evidenza tale da far emergere l’inattendibilità della valutazione tecnicadiscrezionale compiuta.

Affermando che al nuovo progetto consegue il miglioramento della qualità dell’intervento per la maggiore idoneità del materiale utilizzato ed il minore impatto visivo, la ricorrente sovrappone un proprio giudizio di merito alla valutazione tecnica espressa dalla commissione per il paesaggio, senza però fornire elementi probatori che ne evidenzino la palese inattendibilità sotto il profilo tecnico.

Né, la circostanza che l’area in questione sia pienamente urbanizzata e non presenti particolari peculiarità artistiche o paesaggistiche inficia la valutazione operata dall’amministrazione: il giudizio di impatto paesistico è, difatti, strutturato come un giudizio avente ad oggetto, in generale, i "progetti che incidono sull’aspetto esteriore dei luoghi e degli edifici" (v. art. 25 n.t.a. del piano territoriale paesistico regionale) e non è, dunque, limitato ai progetti che incidono sull’aspetto di luoghi che hanno un particolare pregio paesaggistico; inoltre, come si è visto, esso tiene conto non solamente della sensibilità paesistica del sito oggetto dell’intervento edilizio ma anche dell’incidenza morfologica, tipologica, linguistica, visiva e simbolica del progetto.

Infine, l’affermazione secondo cui le soluzioni linguistiche proposte sarebbero in linea con quelle diffuse nella zona, anche ove fosse veritiera, non inciderebbe sulla attendibilità della valutazione della p.a.: pur se l’intervento avesse caratteristiche similari agli edifici esistenti, non sarebbe affatto escluso un impatto negativo sul contesto paesistico, ove comporti un ulteriore peggioramento.

21. Stante la legittimità dell’ordine di sospensione la domanda risarcitoria va dunque respinta.

22. Con il primo ricorso per motivi aggiunti la ricorrente impugna la nota del 10.11.2010 con cui il Comune di Milano ha confermato il provvedimento di sospensione dei lavori p.g. 66240/10 del 17.8.2010 ed il parere del 7.10.2010 con cui la Commissione per il paesaggio, dopo avere esaminato le integrazioni presentate dalla A.Q. s.r.l., ha confermato il parere contrario già espresso nella seduta precedente.

23. La domanda di annullamento della nota del 10.11.2010 è improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse, poiché la nota del 10.11.2010 ha ormai esaurito la propria efficacia con il decorso del termine di quarantacinque giorni, previsto all’art. 27, c. 3, d.P.R. n. 380/2001.

24. Anche in questo caso, la legittimità degli atti gravati deve, comunque, essere esaminata, essendo stato richiesto il risarcimento dei danni.

25. Con il primo motivo la ricorrente lamenta l’illegittimità della nota del 10.11.2010 in quanto con essa l’amministrazione avrebbe reiterato il provvedimento di sospensione senza pervenire all’emanazione di un provvedimento definitivo.

La censura è infondata.

Il termine di quarantacinque giorni di cui all’art. 27, c. 3, d.P.R. n. 380/2001 è il termine concesso all’amministrazione per lo svolgimento dell’attività istruttoria necessaria per accertare compiutamente l’inosservanza di norme di legge o di regolamento, delle prescrizioni degli strumenti urbanistici o delle modalità esecutive previste nei titoli abilitativi e per valutare quali conseguenze derivano da essa.

Tuttavia, laddove il procedimento non possa concludersi per la necessità di svolgere ulteriori attività istruttorie in conseguenza della presentazione da parte del privato di istanze finalizzate ad ovviare all’inosservanza contestata, non può escludersi la possibilità per l’amministrazione di reiterare l’ordinanza di sospensione dei lavori, per il tempo necessario ad espletare tali attività (entro, comunque, il termine di efficacia, previsto dalla legge, di quarantacinque giorni).

Nel caso di specie, la A.Q. s.r.l., il 7.10.2010 ed il 20.10.2010, ha presentato all’amministrazione alcune integrazioni progettuali finalizzate a superare le criticità riscontrate nel corso della precedente attività istruttoria.

La decisione del Comune di attendere il parere della commissione sulle integrazioni presentate dalla ricorrente prima di adottare un provvedimento definitivo, pur confermando la sospensione dell’attività edilizia, è un comportamento che ha comunque tutelato l’interesse della ricorrente a che il provvedimento definitivo venisse assunto solo dopo l’esame delle integrazioni progettuali presentate.

A fronte di un parere negativo reso dalla commissione del paesaggio in data 15.7.2010 e confermato in data 7.10.2010, pur a seguito dell’esame delle integrazioni formulate dalla A.Q. s.r.l. e nell’attesa che la commissione per il paesaggio si esprimesse sulle ulteriori integrazioni presentate, legittimamente, quindi, l’amministrazione ha confermato l’ordinanza p.g. 66240/10 del 17.8.2010, sospendendo, così, nuovamente, i lavori.

26. Un parere sfavorevole sull’impatto paesistico del nuovo progetto e, dunque, la mancanza di una condizione cui le norme tecniche di attuazione del piano paesistico regionale subordina l’attività edilizia, come si è già osservato, è legittimamente assunto a presupposto per l’esercizio del potere di sospensione previsto all’art. 27, d.P.R. n. 380/2001.

Né la circostanza che la p.a. si sia limitata a confermare il precedente parere negativo, vizia in alcun modo il provvedimento impugnato, ben potendo l’amministrazione, ove ritenga insufficienti le integrazioni presentate, limitarsi a confermare il precedente giudizio negativo.

27. Per quanto concerne le censure che ripropongono quelle già proposte avverso l’ordinanza di sospensione lavori impugnata con il ricorso principale, esse sono infondate per quanto si è già affermato in sede di esame del ricorso principale, a cui si fa rinvio.

28. Per le ragioni esposte anche la domanda risarcitoria proposta con riferimento alla seconda ordinanza di sospensione lavori va dunque respinta.

29. Con il secondo ricorso per motivi aggiunti, la ricorrente impugna il provvedimento prot. n. 947843 del 3.12.2010 con cui il Comune di Milano ha disposto l’annullamento in autotutela della denuncia di inizio attività in variante, presentata in data 2.7.2010, il parere espresso dalla commissione per il paesaggio nella seduta dell’11.11.2010 ed il provvedimento prot. n. 947844 del 3.12.2010 con cui il Comune, nell’avviare il procedimento di annullamento in autotutela della denuncia di inizio attività originaria, ha ordinato la sospensione delle opere.

30. Il primo motivo di ricorso, con cui viene dedotta l’illegittimità del provvedimento prot. n. 947843 del 3.12.2010 per violazione dell’art. 7, l. n. 241/1990, è infondato.

L’amministrazione, con la comunicazione di avvio del procedimento del 17.8.2010, ha posto la ricorrente in condizione di partecipare al procedimento.

Né assume rilievo la circostanza che tale atto facesse riferimento ad un parere della commissione paesistica poi superato in conseguenza della presentazione, da parte della stessa A.Q. s.r.l., di adeguamenti progettuali finalizzati a mitigare l’impatto paesistico della costruzione.

La ricorrente ha conosciuto l’intenzione dell’amministrazione di addivenire all’annullamento in autotutela della denuncia di inizio attività in variante e è ciò è stato sufficiente a porla in condizione di partecipare attivamente al procedimento, come poi effettivamente ha fatto, con la presentazione di due successive integrazioni progettuali.

L’art. 7, l. n. 241/1990 prevede che l’amministrazione comunichi l’avvio del procedimento ai soggetti nei confronti dei quali il provvedimento finale è destinato a produrre effetti diretti ed a quelli che per legge debbono intervenirvi, ma non che comunichi, altresì, prima di addivenire alla adozione del provvedimento conclusivo, tutti gli atti endoprocedimentali intervenuti nel corso del procedimento (tale adempimento può essere necessario laddove trovi applicazione l’art. 10 bis, l. n. 241/1990, ma ciò non ricorre nel caso di specie).

Una volta informati i soggetti interessati dell’avvio di un procedimento, è, difatti, onere di questi attivarsi, al fine di conoscerne i relativi sviluppi.

31. Non sono fondati neppure il secondo motivo – con cui viene contestata la carenza dei presupposti per l’esercizio dell’autotutela, e in particolare di profili di illegittimità della d.i.a. poiché il parere della commissione per il paesaggio non avrebbe carattere vincolante e non costituirebbe una condizione di legittimità della d.i.a. – ed il quarto motivo, nella parte in cui afferma che le linee guida regionali non costituirebbero un parametro di legittimità dell’attività edilizia.

Queste affermazioni sono smentite dalle previsioni della deliberazione del Consiglio Regionale del 6.3.2001 n. 43794, e, in particolare, dall’art. 29, c. 7 delle n.t.a. si sensi del quale "non sono approvabili, salvo quanto disposto dal comma 8, i progetti che superino la soglia critica di tolleranza e il cui impatto paesistico sia stato giudicato negativo, a meno che non siano ricondotti, tramite modifiche progettuali o previsione di specifiche opere di mitigazione paesisticoambientale, ad un impatto paesistico inferiore alla soglia di tolleranza".

Come si è già osservato, la metodologia di esame paesistico dei progetti è diventata operativa dalla data di pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione Lombardia della delibera n. 11045 dell’8 novembre 2002, recante le "linee guida per l’esame paesistico dei progetti", e cioè dal 21 novembre 2002 ed è, dunque, pienamente vincolante (cfr. Tar Lombardia, Milano, sez. II, 17 giugno 2009, n. 4063).

Al mancato rilascio di un parere favorevole da parte della commissione per il paesaggio è, quindi, conseguita l’illegittimità della denuncia di inizio attività in variante.

32. È parimenti esente da vizi la valutazione operata dalla p.a. in merito alla sussistenza di un interesse pubblico alla tutela del paesaggio, stante il rango del bene tutelato e la generalizzata esigenza, sancita dalla deliberazione del Consiglio Regionale del 6.3.2001 n. 43794, a che l’edificazione non abbia un impatto negativo sul contesto paesistico in cui si inserisce.

Parimenti legittima è la valutazione in ordine alla prevalenza dell’interesse pubblico sull’interesse del privato, al quale comunque non è impedita in toto la realizzazione dell’intervento edilizio, avendo il provvedimento di autotutela inciso su una mera variante; inoltre il breve lasso di tempo tra il perfezionarsi della d.i.a. e la comunicazione di avvio del procedimento di annullamento in autotutela ha indubbiamente impedito il consolidarsi in capo all’istante di una posizione di affidamento.

33. Le censure formulate avverso il parere della commissione per il paesaggio, nella parte in cui conferma la valutazione negativa espressa con il precedente parere, che ripropongono quelle già proposte avverso tale atto, sono infondate per quanto si è già affermato in sede di esame del ricorso principale, a cui si fa rinvio.

34. Alcuna contraddittorietà inficia, poi, l’operato della p.a: la comunicazione di avvio del procedimento di annullamento della d.i.a. originaria è legata alla sussistenza di vizi differenti dall’impatto paesistico (essa ha anzi ottenuto il parere favorevole della commissione per il paesaggio), pertanto, il raffronto operato tra le due diverse soluzioni progettuali oggetto dei due titoli abilitativi non è in alcun modo inficiato.

35. Né il parere reso nella seduta dell’11.11.2010 è viziato da difetto di motivazione, da perplessità e neppure è privo di significato logico.

Al di là del linguaggio utilizzato, le ragioni per le quali la commissione per il paesaggio ha ritenuto che il progetto avesse un impatto paesistico negativo sono, difatti, adeguatamente evincibili dalla lettura del parere.

La commissione ha, invero, ribadito il proprio giudizio, affermando che la nuova soluzione proposta introduce solamente elementi di dettaglio sul prospetto – già giudicato negativamente – ma che rimane sostanzialmente invariato ed individuando, inoltre, l’elemento di maggiore criticità del progetto nella morfologia della costruzione e, in particolare, nella uniforme ed indifferenziata distribuzione dei volumi.

36. Il quarto motivo di ricorso – nella parte in cui lamenta la violazione delle linee guida regionali per non avere assunto quale parametro il contesto paesistico di riferimento né l’immagine di quel territorio né i valori paesistici esistenti, ma per avere espresso una mera valutazione estetica raffrontando il progetto rispetto a quello oggetto della d.i.a. originaria o all’edificio preesistente – ripropone una censura già formulata con riferimento al parere reso nella seduta n. 26 del 15.7.2010: essa è infondata per quanto si è già affermato in sede di esame del ricorso principale, a cui si fa rinvio.

37. Con le ultime censure proposte la ricorrente contesta la legittimità del provvedimento prot. n. 947844 del 3.12.2010 con cui il Comune, nell’avviare il procedimento di annullamento in autotutela della denuncia di inizio attività originaria, ha ordinato la sospensione delle opere.

38. La domanda di annullamento di tale atto è divenuta improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse, poiché esso ha ormai esaurito la propria efficacia con il decorso del termine di quarantacinque giorni, previsto all’art. 27, c. 3, d.P.R. n. 380/2001 ed anche perché, con nota del 30.3.2011, il Comune, oltre ad escludere il ricorrere dei presupposti per l’annullamento in autotutela del titolo abilitativo originario, l’ha dichiarato decaduto.

39. Tuttavia, anche in questo caso, residua un interesse al vaglio della legittimità del provvedimento, legato alla proposizione dell’istanza di risarcimento dei danni.

40. Il motivo con cui la ricorrente lamenta la violazione dell’art. 27, c. 3, d.P.R. n. 380/2001 è infondato.

Come si è già osservato, presupposto richiesto dall’art. 27, d.P.R. n. 380/2001 per l’esercizio del potere di sospensione di un’attività edilizia è l’accertamento di una inosservanza di norme di legge o di regolamento, delle prescrizioni degli strumenti urbanistici o delle modalità esecutive previste nei titoli abilitativi.

In questa fase, non può tuttavia richiedersi un accertamento definitivo dell’illegittimità riscontrata, ritenendosi presupposto sufficiente, ai fini dell’esercizio del potere cautelare di sospensione dei lavori, un accertamento sommario, che dovrà essere compiutamente verificato in sede di adozione dei provvedimenti definitivi.

Nel caso di specie, il Comune di Milano ha accertato alcuni errori ed incongruenze nel calcolo della superficie lorda di pavimento, che sarebbe stato effettuato in violazione di quanto previsto dal regolamento edilizio comunale e dalle circolari applicative, la mancanza del visto Amsa ed il mancato rispetto dei requisiti previsti dall’art. 36 del r.e.c. per quanto concerne il servizio igienico dell’appartamento n. 2 ed ha altresì richiesto alla A.Q. s.r.l. alcuni chiarimenti ed adempimenti istruttori.

Quanto contestato, in particolare con riferimento al calcolo della superficie lorda di pavimento, è, ad avviso del Collegio, presupposto sufficiente per l’esercizio del potere di sospensione dei lavori previsto dall’art. 27, c. 3, d.P.R. n. 380/2001, potendo conseguire all’erroneo conteggio della s.l.p., e quindi della volumetria, una violazione delle prescrizioni dello strumento urbanistico.

41. Va respinto anche il motivo di ricorso con cui la ricorrente lamenta il difetto di istruttoria e la violazione dell’art. 2, l. n. 241/1990, poiché gli uffici comunale avrebbero già risolto le questioni indicate nel provvedimento e tutti i chiarimenti e le integrazioni richieste sarebbero presenti nella documentazione allegata alla variante alla d.i.a.

A prescindere dalla mancata allegazione di adeguati riscontri probatori a sostegno di quanto affermato, non può, comunque, ritenersi che ad errori e incongruenze contenute nelle tavole allegate ad un titolo abilitativo possano ovviare gli elementi forniti in un altro titolo, che non sostituisce il precedente ma ne costituisce una variante.

Quanto sostenuto è, inoltre, smentito dall’affermazione dalla stessa ricorrente, circa il fatto di avere prodotto, in data 9 marzo 2011, una integrazione alle osservazioni presentate ed altri elaborati per un confronto dei dati e dal successivo provvedimento assunto il 30.3.2011, nel quale l’amministrazione comunale dà atto che "il complesso della documentazione prodotta in relazione alle carenze e discordanze sopra riportate non consente al momento di attestare la conformità o non conformità dell’intervento alla normativa vigente".

42. Per quanto concerne l’ultimo motivo, esso è infondato per le ragioni già esposte confutando l’analoga censura proposta con il quarto motivo del ricorso principale.

43. Anche questa domanda risarcitoria va, pertanto, respinta.

44. Per le ragioni esposte il ricorso è, dunque, in parte inammissibile, in parte improcedibile ed in parte infondato.

45. L’incertezza fattuale e giuridica delle questioni esaminate nel corso del giudizio costituisce motivo che giustifica la compensazione delle spese giudiziali.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Seconda)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, in parte lo dichiara inammissibile, in parte improcedibile e in parte lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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