T.A.R. Puglia Lecce Sez. II, Sent., 25-07-2011, n. 1435 Igiene degli abitati e delle abitazioni U. S. L.

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

La struttura privata ricorrente – che opera nell’ambito territoriale di competenza dell’A.U.S.L. BR/1 di Brindisi, nel settore della specialistica ambulatoriale in regime di accreditamento provvisorio con il Servizio Sanitario Nazionale per la branca di radiologia medica – con il ricorso introduttivo del giudizio impugna gli atti (la nota 2 Aprile 2003 n° 16808, successivamente pervenuta, con la quale l’Azienda Unità Sanitaria Locale BR/1 di Brindisi ha provveduto alla "notifica del piano preventivo delle prestazioni specialistiche anno 2003 e tetto di spesa individuale" e l’allegato contratto per adesione sottoscritto con riserva dalla ricorrente, nonché la deliberazione del Direttore Generale della A.U.S.L. BR/1 di Brindisi n° 870 del 31 Marzo 2003 richiamata nella stessa nota e ogni altro atto presupposto, connesso o comunque collegato e tra questi, in particolare, la deliberazione della Giunta Regionale Pugliese n° 1073 del 16 Luglio 2002 e la delibera ARES n° 20/2002 approvata con lo stesso atto giuntale; e, per quanto occorra, le delibere della Giunta Regionale Pugliese nn° 310/2002 e 2242/2002 e la direttiva dell’Assessorato Regionale alla Sanità n° 24/1293/2 del 4 Marzo 2003 tutte richiamate dall’A.U.S.L. BR/1 nell’atto innanzi indicato) con i quali l’Azienda Unità Sanitaria Locale BR/1 di Brindisi ha provveduto alla fissazione nei suoi confronti dei tetti di spesa per l’anno 2003 (Euro 1.361.953,41 quale tetto c.d. montante ed Euro 1.512.877,38 quale tetto di spesa invalicabile). Con motivi aggiunti regolarmente notificati e depositati il 16 Luglio 2003, la ricorrente ribadisce l’impugnazione della deliberazione del Direttore Generale dell’A.U.S.L. BR/1 di Brindisi n° 870 del 31 Marzo 2003. Con motivi aggiunti regolarmente notificati e depositati l’11 Ottobre 2003, impugna inoltre la delibera della Giunta Regionale Pugliese 4 Settembre 2003 n° 1326 (pubblicata sul B.U.R.P. n° 103 dell’11 Settembre 2003), avente ad oggetto: "Documento di indirizzo economicofunzionale del S.S.R. per il 2003 e triennale 20032005", nella parte in cui, relativamente all’assistenza specialistica, conferma che l’attribuzione di solo parte delle relative somme debba avvenire separatamente per la specialistica privata, mentre invece tutta la restante parte delle somme disponibili vengono assegnate alle strutture pubbliche anche a prescindere dal valore tariffario e dalla quantità delle prestazioni da queste ultime erogate, e ogni atto consequenziale eventualmente adottato dall’A.U.S.L. BR/1 di Brindisi in applicazione del provvedimento regionale. Con ulteriori motivi aggiunti regolarmente notificati e depositati il 21 Novembre 2003, la ricorrente estende ancora l’impugnazione alla deliberazione del Direttore Generale dell’A.U.S.L. BR/1 di Brindisi 13 Ottobre 2003 n° 3376, avente ad oggetto: "rideterminazione dei tetti di spesa attribuiti per l’anno 2003 alle strutture specialistiche ambulatoriali private in regime di accreditamento provvisorio in applicazione della delibera G.R. n° 1326 del 4 Settembre 2003" e ad ogni atto consequenziale, compreso il contratto per l’erogazione e l’acquisto di prestazioni specialistiche ambulatoriali, come riformulato in applicazione della delibera della Giunta Regionale Pugliese n° 1326/2003. La Società ricorrente chiede, altresì, il risarcimento del danno subìto.

A sostegno dell’impugnazione interposta sono stati formulati i seguenti motivi di gravame.

1)Incompetenza, eccesso di potere, violazione della normativa di settore;

2)Eccesso di potere per molteplici profili, carenza assoluta del presupposto;

3)Violazione della complessiva normativa di settore, violazione del piano sanitario nazionale quanto alla destinazione delle risorse, violazione art. 5 lett. e) D.Lgs. 229/1999;

4)Violazione della normativa di settore, violazione art. 8 quinquies lett. d) del D. Lgs. 502/1992 e succ. mod.;

5)Violazione art. 11 L.R. 32/2001, eccesso di potere per carenza di istruttoria, irrazionalità di trattamento contraddittorietà, disparità di trattamento;

6)Violazione di legge ed eccesso di potere sotto ulteriori profili;

7)Illegittimità derivante dalla illegittimità costituzionale della normativa richiamata.

8)Illegittimità in via derivata ed autonoma delle recenti determinazioni dell’A.U.S.L. BR/1.

Dopo avere diffusamente illustrato il fondamento in diritto delle domande azionate, la ricorrente concludeva come riportato in epigrafe.

Si sono costituite in giudizio la Regione Puglia e l’Azienda Unità Sanitaria Locale BR/1 di Brindisi, depositando memorie difensive con le quali hanno puntualmente replicato alle argomentazioni della controparte, concludendo per la declaratoria di inammissibilità ed, in ogni caso, per la reiezione del ricorso e dei motivi aggiunti proposti in corso di causa.

Con ordinanze nn° 85/2004 e 1174/2005, la Sezione ha disposto la sospensione del giudizio, ex art. 295 c.p.c., sino alla definizione da parte della Consulta della questione di legittimità costituzionale dell’art. 30 comma 4° della Legge Regionale Pugliese 7 Marzo 2003 n° 4 (sollevata in altro analogo processo).

Alla pubblica udienza del 18 Maggio 2011, su richiesta di parte, la causa è stata posta in decisione.

Il gravame è palesemente infondato nel merito e va respinto, sicché si può prescindere dall’esame di ogni questione preliminare di rito.

La struttura ricorrente deduce, in primo luogo, l’incompetenza dell’Azienda Sanitaria Locale resistente a determinare la quantità di prestazioni da acquistare dal settore pubblico dalla stessa amministrato e da quello privato ed a fissare i tetti di spesa valevoli per le strutture sanitarie private accreditate.

La censura è priva di pregio giuridico, sia alla stregua del testuale disposto degli artt. 20 e 25 della Legge Regionale 22 Dicembre 2000 n° 28 e dell’art. 30 commi 5° e 6° della Legge Regionale 7 Marzo 2003 n° 4 (in tal senso: T.A.R. Puglia Lecce, II Sezione, ordinanza 19 Dicembre 2003 n° 8968), sia in quanto il sistema sanitario pugliese è finanziato per sole quote capitarie e non per prestazioni prodotte (peraltro la maggior parte dei servizi e delle attività erogate dalla A.U.S.L. non è assolutamente tariffabile e quindi quantificabile con un valore di produzione).

Nella Regione Puglia, inoltre, le Aziende Sanitarie Locali erogano le prestazioni sanitarie in autoproduzione essendo i punti erogativi (presidi ospedalieri, laboratori, ecc.) plessi organizzativi soggettivamente interni alle A.S.L., sicché l’acquisisto di prestazioni delle A.S.L. concerne solo ed esclusivamente le prestazioni rese dalle Aziende Ospedaliere (in quanto accreditate) e dagli I.R.C.C.S. pubblici.

Ne consegue la infondatezza anche della censura, con cui la struttura ricorrente lamenta il metodo di ripartizione delle somme tra pubblico e privato che avverrebbe senza la preventiva analisi per centri di costo e cioè senza la valutazione del costo sopportato per l’acquisto delle singole prestazioni dalle strutture pubbliche, che continuano ad essere finanziate a prescindere dal valore tariffario delle prestazioni erogate.

Va, comunque, osservato che il problema dei tetti di spesa si inquadra nell’indirizzo politicosanitario che ha qualificato la sanità privata come succedanea alla sanità pubblica con facoltà del cittadino di adire direttamente la sanità privata e di poter ottenere servizi dalle strutture private che siano collegate (accreditate) col settore pubblico da un rapporto di sussidiarietà.

In tale sistema, in cui la sanità privata è succedanea a quella pubblica, l’obbligo di provvedere attraverso le strutture sanitarie alla assistenza e cura di tutti gli utenti del servizio sanitario, va coniugato con le esigenze di natura finanziaria (limiti degli stanziamenti di bilancio), con la conseguenza che tanto la sanità pubblica che quella privata hanno un budget di spesa variabile che la A.U.S.L. non può sforare, al fine di salvaguardare gli interessi e il buon andamento della Pubblica Amministrazione.

I tetti di spesa coprono idealmente la costruzione e l’impianto della sanità che in conseguenza può funzionare ed essere un servizio per tutti.

La ragione di tanto risiede nella circostanza che in Italia non vige il principio della esatta alternanza tra sanità pubblica e/o privata a mera discrezione dell’utente ma, per converso, esiste la possibilità da parte dell’utente di rivolgersi sempre alla sanità pubblica e alla sanità privata laddove sia possibile, eventualmente integrando il costo della prestazione.

E questa ha diritto a un rimborso nei limiti dei tetti di spesa programmati e nel rispetto delle normative che lo determinano.

Parimenti infondata è la censura (sollevata con i motivi aggiunti del 21 Novembre 2003) con cui si lamenta l’applicazione dell’incremento del 4,679 % (previsto dal D.I.E.F. 2003) al tetto di spesa invalicabile, e non anche al c.d. montante.

Non si considera, infatti, che l’art. 25 della Legge Regionale n° 28/2000 dispone che il montante complessivo è pari al fatturato 1998 rivalutato e che le regressioni tariffarie trovano applicazione a partire dal volume di prestazioni complessivamente erogate nel 1998, donde la correttezza dell’operato dell’Azienda Sanitaria Locale resistente che ha applicato l’aumento predetto al solo tetto massimo di spesa.

Quanto al riferimento, operato dalla struttura ricorrente, all’annullamento, in sede giustiziale, delle deliberazioni regionali giuntali nn° 1003/1999 e 1832/1999, questo Tribunale si è già pronunciato sulla insensibilità degli atti amministrativi (quali quelli di cui è causa) nei confronti di quelle misure cassatorie, poiché la Legge Regionale 28/2000 (alla cui stregua sono stati adottati gli atti di cui è causa) si rifà ai dati quantitativi contenuti nelle suddette delibere regionali considerandoli come meri riferimenti materiali che prescindono dalla esistenza o meno nell’ordinamento giuridico delle delibere regionali medesime.

Ne consegue la irrilevanza della questione di illegittimità costituzionale della stessa Legge Regionale n° 28/2000, in relazione alla dedotta natura di legge provvedimento.

In conclusione, deve ribadirsi, come già affermato dalla giurisprudenza amministrativa prevalente e condivisibile, che il provvedimento di fissazione dei limiti di spesa, attraverso cui l’Amministrazione sanitaria stabilisce il volume massimo delle prestazioni rimborsabili per l’anno in corso al settore privato accreditato, rappresenta l’adempimento di un preciso e ineludibile obbligo che influisce sulla possibilità stessa di attingere le risorse necessarie per remunerare le prestazioni erogate; pertanto a fronte dell’esercizio del detto potere, la struttura privata accreditata non vanta un diritto all’erogazione incondizionata delle prestazioni rese nella specifica branca di appartenenza.

E’ rimessa, quindi, alla potestà unilaterale e autoritativa (in primo luogo) della Regione, ai sensi dell’art.1, comma 32, della Legge 23 Dicembre 1996 n° 662, la determinazione della quantità e tipologie delle prestazioni sanitarie erogabili nelle strutture pubbliche e private, mentre in sede di determinazione del piano annuale preventivo la detta determinazione fa riferimento alla singola, specifica struttura sanitaria, dovendosi fare applicazione (da parte della A.U.S.L.) dei criteri generali vincolanti dettati dall’Ente Regione.

Pertanto, il momento della determinazione dei piani annuali preventivi acquista connotazioni differenti a seconda di come la Regione ha scelto in concreto di esercitare le sue potestà autoritative.

Non può, poi, essere obliterato il disposto dell’art. 30 della Legge Regionale Pugliese 7 Marzo 2003 n° 4, statuente (ai commi 4°, 5° e 6°) che:: "….ove le strutture pubbliche e private abbiano erogato volumi di prestazioni eccedenti il programma preventivo concordato, fissato in misura corrispondente a quelli erogati nel 1998, e il relativo limite di spesa a carico del servizio sanitario regionale, detti volumi sono remunerati con le regressioni tariffarie fissate dalla Giunta Regionale. Fino all’approvazione da parte della Giunta Regionale del documento annuale e triennale di indirizzo economicofunzionale del servizio sanitario regionale e di riparto del Fondo sanitario regionale, per l’anno di riferimento, nei confronti di tutte le strutture private transitoriamente accreditate sono confermati i tetti di remunerazione fissati….. dall’A.U.S.L. nei cui ambito amministrativo insiste la sede legale o principale della struttura privata interessata, con riferimento all’anno precedente. Nei contratti con le strutture private, le A.U.S.L. fissano i volumi e le tipologie di prestazioni, in coerenza con quanto previsto al comma 4°, e i volumi eccedenti remunerabili, nel rispetto dei limiti massimi annuali di spesa sostenibile fissati dalla Regione".

In relazione alla lamentata ristrettezza delle remunerazioni fissate, vanno rammentate le pronunce della Corte Costituzionale che hanno precisato come, in presenza di limitatezza di risorse finanziarie, la spesa deve essere commisurata alle effettive disponibilità finanziarie, le quali condizionano la qualità e il livello di prestazioni sanitarie da determinarsi previa valutazione e compatibilità e tenuto, ovviamente, conto delle fondamentali esigenze connesse alla tutela del diritto alla salute, certamente non compromesse con le misure in esame (tale indirizzo risulta, peraltro, definitivamente confermato dalle sentenze della Corte Costituzionale 18 Marzo 2005 n° 111 e 6 Luglio 2007 n° 257 che si sono pronunciate espressamente sulla legittimità dei tetti di spesa rigidi ed invalicabili nei confronti delle strutture sanitarie private accreditate, dando una risposta alle eccezioni di incostituzionalità sollevate in ordine alle Leggi Regionali Pugliesi n° 28/2000 e n° 4/2003, disattendendo l’allegato rilievo di uno scollamento della legislazione regionale da quella nazionale che imporrebbe limiti di spesa solo alle strutture private non poste su un piano di equiordinazione e affermando la piena legittimità del modello per tetti invalicabili, chiarendo che la "equiordinazione" delle strutture pubbliche e private non opera in rapporto alle fonti di finanziamento complessivo delle strutture sanitarie, bensì ai criteri e alle modalità di remunerazione a tariffa delle sole prestazioni rese sulla base di accordi contrattuali).

Quanto alla lamentata retroattività dell’attribuzione dei tetti di spesa, il Tribunale, in conformità all’insegnamento giurisprudenziale consolidato, osserva che non può sostenersi che la retroattività dell’atto di determinazione della spesa vale ad impedire alle strutture private accreditate con il Servizio Sanitario Nazionale di disporre di un qualunque punto di riferimento regolatore della loro attività (Cfr.: T.A.R. Puglia Lecce, II Sezione, 20 Giugno 2008 n° 1839).

Anzi, è evidente che in un sistema nel quale è fisiologica (in ragione della complessità del procedimento contemplato dalla normativa vigente) la sopravvenienza dell’atto determinativo della spesa in epoca successiva all’inizio di erogazione del servizio, gli interessati devono avere riguardo – fino a quando non risulti adottato il provvedimento determinativo del c.d. "tetto di spesa" – all’entità delle somme fissate per le prestazioni dei professionisti o delle strutture sanitarie nell’anno precedente, diminuite della riduzione della spesa sanitaria (eventualmente) prevista dalle norme finanziarie dell’anno in corso.

Tale linea interpretativa rappresenta, d’altra parte, la sola che consente di conciliare il raggiungimento dell’obiettivo di carattere primario e fondamentale del settore sanitario che è la garanzia di quello che Corte Costituzionale chiama "nucleo irriducibile" del diritto alla salute, con il rispetto delle correlate risorse finanziarie pubbliche effettivamente disponibili (cfr. Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, 2 Maggio 2006 n° 8).

Insomma, il ritardo nell’adozione del D.I.E.F. non può precludere la determinazione ineludibile di tetti di spesa idonei a contenere la spesa sanitaria nell’ambito dei limiti delle concrete disponibilità finanziarie dell’Ente Regione e delle singole A.U.S.L..

Per le ragioni sopra illustrate il ricorso deve essere respinto.

Sussistono giusti motivi per disporre la compensazione integrale tra le parti delle spese processuali.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce – Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sul ricorso indicato in epigrafe, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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