Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 12-04-2011) 19-07-2011, n. 28454

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza del 18.11.2009 la Corte d’Appello di Napoli confermava la sentenza emessa in data 21.4.2005 dal Tribunale di Benevento che aveva condannato N.C. per usura impropria, concesse le circostanze attenuanti generi che in misura prevalente sulla contestata aggravante, alla pena di mesi 10 di recl. ed Euro 3000,00 di multa con il beneficio della sospensione condizionale della pena.

Riteneva il giudice d’appello che tutte le argomentazioni spese dall’imputato valutate, sia singolarmente che unitariamente, non scalfivano i dati resistenti che indicava specificatamente. Osservava che, anche aderendo alla tesi propugnata dall’appellante – che aveva sostenuto che il complesso delle operazioni indicate nell’imputazione doveva essere globalmente considerato, con la conseguenza che il giudizio sul carattere usurario dei tassi doveva essere riferito solo alla loro somma e non a ciascuna operazione singolarmente considerata – doveva concludersi per il carattere usurario degli interessi in argomento.

Ricorre per Cassazione il difensore dell’imputato deducendo che la sentenza impugnata:

1. è affetta da violazione di legge . Contesta il ricorrente la validità della rinuncia alla prescrizione effettuata dal N. all’udienza dibattimentale del 17.6.2004 quando la causa estintiva non si era ancora maturata.

2. è affetta da violazione di legge in particolare art. 603 c.p.p..

Lamenta il ricorrente che la Corte territoriale ha utilizzato illegittimamente la sentenza allegata alla memoria della parte civile, acquisibile solo a seguito di rinnovazione dell’istruttoria, non realizzatasi nel caso di specie.

3. è affetta da violazione di legge per mancata rinnovazione dell’istruttoria al fine di disporre perizia tecnico-contabile per accertare il tasso di interesse applicato nelle varie operazioni finanziarie di rinnovo degli effetti cambiali, stante l’inconciliabilità delle conclusioni dei consulenti delle parti, considerato anche che all’epoca dei fatti non era in vigore il c.d.

"tasso soglia". 4. è affetta da violazione di legge per mancanza di motivazione.

Lamenta il ricorrente che i giudici dell’appello si sono richiamati quasi completamente alla motivazione del giudice di primo grado.

5. è affetta da violazione di legge in relazione all’art. 644 c.p., ante Novella. Si duole il ricorrente che i giudici del merito hanno frazionato arbitrariamente l’intera operazione, dedotta in contestazione come unitaria, prendendo in considerazione alcune operazioni di rinnovo degli effetti in cui il tasso d’interesse praticato era esagerato, ma non hanno valutato altre operazioni nelle quali non vi era alcuna applicazione di tasso di interessi. Non hanno considerato alcune dazioni in denaro contante versate dall’imputato in occasione di ogni rinnovo mensile. Hanno così pronunciato una sentenza di condanna debordando dal capo di imputazione e dalla impostazione accusatoria dalla quale l’imputato si era difeso.

Il primo motivo di ricorso deve essere dichiarato inammissibile ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 3, posto che la violazione denunziata in questa sede di legittimità non è stata dedotta innanzi alla Corte di Appello, avverso la cui sentenza è ricorso, ed è quindi questione nuova.

Il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato considerato che la Corte distrettuale ha dato conto che la sentenza n. 672 del 30.10.2008 è stata acquisita come documento parte integrante della memoria presentata dalla parte civile ex art. 121 c.p.p..

Manifestamente infondata è anche la doglianza in ordine alla mancata rinnovazione del dibattimento. La decisione istruttoria del giudice di appello è censurabile ai sensi dell’art. 606 c.p.p., lettera e), sotto il solo profilo della mancanza o manifesta illogicità della motivazione, come risultante dal testo (Cass., sez. 6^, 30 Aprile 2003, n. 26713). Sotto questo profilo, occorre peraltro che la prova negata, confrontata con le ragioni addotte a sostegno della decisione, sia di natura tale da poter determinare una diversa conclusione del processo (Cass., sez. 2^, 17 maggio 2001, n. 49587).

La corte territoriale ha dato conto dell’esaustività delle prove e dunque della superfluità della riapertura del dibattimento, che è istituto eccezionale;legato al presupposto rigoroso dell’impossibilità di decidere allo stato degli atti ( art. 603 c.p.p., comma 1) (cfr. N. 34643/08 N. 10858 del 1996 Rv. 207067, N. 6924 del 2001 Rv. 218279, N. 26713 del 2003 Rv. 227706, N. 44313 del 2005 Rv. 232772, N. 4675 del 2006 Rv. 235654). Tale valutazione è di merito e la motivazione può essere implicita (v. Cass. Sez. 5 sent. n. 6379 del 17.3.1999 dep. 21.5.1999 rv 213403; Cass. n. 8891/2000 Rv 217209: "In tema di rinnovazione, in appello, della istruzione dibattimentale, il giudice, pur investito -con i motivi di impugnazione- di specifica richiesta, è tenuto a motivare solo nel caso in cui a detta rinnovazione acceda; invero, in considerazione del principio di presunzione di completezza della istruttoria compiuta in primo grado, egli deve dare conto dell’uso che va a fare del suo potere discrezionale, conseguente alla convinzione maturata di non poter decidere allo stato degli atti. Non così, viceversa, nella ipotesi di rigetto, in quanto, in tal caso, la motivazione potrà anche essere implicita e desumibile dalla stessa struttura argomentativa della sentenza di appello, con la quale si evidenzia la sussistenza di elementi sufficienti alla affermazione, o negazione, di responsabilità Con il quarto motivo lamenta il ricorrente la mancanza di motivazione. Rileva il Collegio che il motivo è inammissibile in quanto generico. Tra i requisiti del ricorso per cassazione vi è anche quello, sancito a pena di inammissibilità, della specificità dei motivi: il ricorrente ha non soltanto l’onere di dedurre le censure su uno o più punti determinati della decisione impugnata, ma anche quello di indicare gli elementi che sono alla base delle sue lagnanze. Nel motivo in esame la doglianza risulta prospettata senza alcun preciso e concreto riferimento al provvedimento impugnato. La mancanza di motivazione consiste, infatti, nell’assenza di motivazione su un punto decisivo della causa sottoposto al giudice di merito, non già nell’insufficienza di essa o nella mancata confutazione di un argomento specifico relativo ad un punto della decisione che è stato trattato dal giudice del provvedimento impugnato, con implicito rigetto della diversa valutazione operata da quella della parte.

Con riguardo al quinto motivo deve preliminarmente osservarsi che sussiste continuità normativa tra l’art. 644 bis cod. pen., formalmente abrogato dalla L. 7 marzo 1996, n. 108 (art. 1, comma 2) e la fattispecie criminosa inserita nel comma 3 del precedente art. 644, come modificato dall’alti della stessa L. n. 108 del 1996, in quanto quest’ultima disposizione ha inglobato in sè gli elementi costitutivi del reato di usura impropria, qualificandone alcuni come circostanze aggravanti del reato di usura, ora previsto e punito dall’art. 644 deve osservarsi che. Ne consegue che l’indicata successione normativa non da luogo a un fenomeno di "abolitio criminis", ma si risolve solo nella diversità di trattamento punitivo del medesimo fatto, soggetto alla disciplina di cui all’art. 2 cod. pen., comma 3, Sez. 5, n. 31683 del 30/05/2001.

Ciò detto deve rilevarsi che la doglianza in esame è versata in fatto e manifestamente infondata in diritto. Il ricorrente non solo sollecita una rilettura degli elementi di fatto, riservata in via esclusiva al giudice di merito, ma disattende le coerenti argomentazioni del giudice territoriale che ha correttamente motivato la sussistenza del delitto in esame affermando che, anche aderendo alla tesi propugnata dal N. – che aveva sostenuto che il complesso delle operazioni indicate nell’imputazione doveva essere globalmente considerato, con la conseguenza che il giudizio sul carattere usurario dei tassi doveva essere riferito solo alla loro somma e non a ciascuna operazione singolarmente considerata – doveva concludersi per il carattere usurario degli interessi in argomento.

Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p. consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma, che si ritiene equo liquidare in Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende, nonchè alla rifusione in favore delle parti civili delle spese del grado che liquida in complessivi Euro 3.300,00 oltre spese generali, IVA e CPA nei confronti di B.G. e B.M. e complessivi Euro 2.500,00 oltre spese generali, IVA e CPA nei confronti di M.G..

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille alla Cassa delle Ammende, nonchè alla rifusione in favore delle parti civili delle spese del grado che liquida in complessivi Euro 3.300,00 oltre spese generali, IVA e CPA nei confronti di B.G. e B.M. e complessivi Euro 2.500,00 oltre spese generali, IVA e CPA nei confronti di M.G..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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