Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 01-04-2011) 19-07-2011, n. 28482 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ordinanza del 18.1.2010, il Giudice per le indagini presso il Tribunale di Trento dispose la custodia cautelare in carcere di K.A., indagato per i reati di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, artt. 73, 74 e 80.

Avverso tale provvedimento l’indagato propose istanza di riesame, e il Tribunale del Riesame di Trento, con ordinanza del 16.3.2010, confermava l’ordinanza.

Proposto ricorso per Cassazione dall’indagato, la Corte di Cassazione, Sezione 6, con sentenza del 5.7.2010 – rilevato deficit argomentativo circa gli elementi che connotavano la condotta dell’indagato e suscettibili di essere inquadrati – nei limiti del giudizio cautelare – nello schema dogmatico del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, sia sotto il profilo dell’azione esecutiva, sia per il versante psicologico della condotta – annullava l’ordinanza del Tribunale del Riesame d Trento e rinviava al medesimo Tribunale per nuovo esame.

Con ordinanza del 6.9.2010, il Tribunale del Riesame di Trento, individuata la competenza per territorio dell’Autorità Giudiziaria di Milano, dava atto che sussistevano motivi d’urgenza che legittimavano la conferma dell’ordinanza di custodia cautelare, e dichiarava l’incompetenza per territorio del Giudice di Trento, indicando come territorialmente competente l’Autorità Giudiziaria di Milano.

Ricorre per cassazione l’indagato, deducendo la violazione dell’art. 627 c.p.p. per non essersi il Giudice di rinvio uniformato alla sentenza della Corte di Cassazione; infatti, in caso di annullamento per vizi di motivazione, il giudice di rinvio, pur restando libero di rivalutare autonomamente gli elementi probatori, non può giustificare il proprio convincimento seguendo il medesimo schema logico e le stesse linee di ragionamento probatorio, riconosciuto viziato nel giudizio rescindente. Contrariamente a quanto indicato nella sentenza di annullamento, il Tribunale, infatti, nulla dice circa il brevissimo lasso di tempo che ha interessato le conversazioni del K. con il B., peraltro unico coindagato con cui lo stesso si rapporta, nè indica alcun elemento con riguardo alla circostanza che il bar del ricorrente fosse luogo di stoccaggio dello stupefacente e di reperimento degli acquirenti.

Chiede pertanto l’annullamento dell’ordinanza.

Motivi della decisione

Il ricorso è infondato e va, pertanto, rigettato.

Il Tribunale del Riesame di Trento, invero, ha colmato il deficit argomentativo del provvedimento annullato, assolvendo all’obbligo di motivazione in ordine ai punti segnalati dalla Corte nella sentenza di annullamento. Premesso che l’ordinanza cautelare si fonda su un solido compendio indiziario, grave e univoco, costituito da intercettazioni telefoniche, verbali di arresto, verbali di perquisizione e sequestro, verbali relativi a servizi di osservazione da parte della polizia giudiziaria, il Tribunale, con motivazione ampia, logica e non contraddittoria, ha quindi evidenziato i gravi indizi di colpevolezza nei confronti di K., in relazione alla partecipazione dell’indagato al reato associativo, per il ruolo stabilmente svolto non solo negli episodi accertati ma anche all’interno dell’organizzazione. Ha quindi rilevato che dalle indagini è emerso che, nello svolgimento dell’attività illegale, B. si avvaleva di esercizi pubblici dove fissava gli appuntamenti con i suoi clienti e uno di questi era proprio il bar "(OMISSIS)" (di cui è titolare l’indagato), e anche se gli episodi specificamente contestati sono quattro, dalle intercettazioni telefoniche emerge con chiarezza che il K. aveva stretti contatti con il capo dell’associazione a delinquere, B., con il quale, nell’arco del periodo delle intercettazioni, si è sentito spesso e con cui discuteva, utilizzando un linguaggio criptico, di sostanza stupefacente. Afferma poi il Tribunale che l’attività di "stoccaggio" emerge con chiarezza sia dal contenuto delle telefonate intercettate che dalla disponibilità del locale per l’illecita attività, e dall’acquisto di sostanza stupefacente; il ricorrente ha infatti acquistato direttamente da B., nell’arco di soli sette giorni e per ben quattro volte sostanza stupefacente, e in una di queste occasioni risulta che ne abbia acquistato addirittura 1 kg di cocaina o eroina. Nell’interrogatorio di garanzia, il prevenuto ha dichiarato che gli acquisti di sostanza stupefacente erano finalizzati all’uso personale, ma tale affermazione, secondo il Tribunale, appare logicamente smentita non solo dalla frequenza degli acquisti, ma anche dalla ingente quantità ricevuta in data 5.1.2008 presso la sua abitazione.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che rigetta il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento. Inoltre, poichè dalla presente decisione non consegue la rimessione in libertà del ricorrente, deve disporsi -ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter, – che copia della stessa sia trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario in cui l’indagato trovasi ristretto perchè provveda a quanto stabilito dal citato art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 bis.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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