Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 01-04-2011) 19-07-2011, n. 28453

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza del 19.3.2009, il Tribunale di Dolo dichiarò H.L., S.M. e H.D. responsabili tutti del reato di estorsione, il solo H. L. anche del reato di minacce, e unificati i reati sotto il vincolo della continuazione per H.L., – concesse le attenuanti generiche equivalenti quanto a H.L., prevalenti per lo S. – condannò H.L. alla pena di anni di anni cinque e mesi due reclusione ed Euro 600 di multa, S.M. alla pena di anni quattro di reclusione ed Euro 400 di multa, H.D. alla pena di anni tre di reclusione ed Euro 300 di multa.

Avverso tale pronunzia proposero gravame gli imputati, e la Corte d’Appello di Venezia, con sentenza del 21.9.2010, confermava la decisione di primo grado.

Ricorre per cassazione il difensore degli imputati, deducendo: 1) la violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. c), per violazione di legge processuale, nullità dell’ordinanza resa all’udienza del 19.3.2009 e della sentenza ai sensi dell’art. 178 c.p.p. per omessa valutazione dell’impedimento a comparire dell’imputato H.L. all’udienza del 19.3.2009; 2) la violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. c) ed e), per violazione di legge processuale e mancanza e manifesta illogicità della motivazione, in punto responsabilità ritenuta sulle sole dichiarazioni della parte offesa senza che delle stesse nè il Giudice di prime cure nè la Corte d’Appello abbiano mai condotto alcun vaglio sulla credibilità ed attendibilità; 3) la mancata assunzione di prova decisiva avendo la Corte d’Appello rigettato la richiesta di rinnovazione istruttoria avanzata dalla difesa; 4) omessa motivazione in ordine alla sussistenza della recidiva qualificata contestata a H.L. e S. M..

Chiede pertanto l’annullamento della sentenza.

Motivi della decisione

Il primo motivo di ricorso è infondato.

Premesso che la prova del legittimo impedimento a comparire deve essere fornita dall’imputato (cfr. Cass. Sez. 5, sent. n. 43373/2005 Rv. 233079); che l’assoluta impossibilità a comparire necessita la precisa rappresentazione al giudice della natura della patologia, sicchè generiche certificazioni dalle quali non si identifica la natura dell’infermità ed i suoi concreti profili ostativi non sono idonee a provare il legittimo impedimento (cfr. Cass. Sez. 4, sent. n. 21752/2006 Riv. 234518), anche in ipotesi di ricovero ospedaliero per l’esecuzione di accertamenti clinici dei quali non sia dimostrata l’indifferibilità (cfr. Cass. Sez. 2, sent. n. 22186/2007 Rv.

236686), rileva il Collegio che correttamente la Corte distrettuale ha giudicato che nella fattispecie la certificazione presentata non documentasse un legittimo assoluto impedimento a comparire, ritenendo, infatti, non illogicamente nè in modo incongruo rispetto al contenuto letterale del testo (il certificato prodotto non contiene nè l’indicazione della patologia, nè l’indicazione dell’indifferibilità degli accertamenti) che la certificazione prodotta non dava conto dell’urgenza e necessità degli accertamenti in relazione alle esigenze sanitarie relative alla persona dell’imputato. Nè la cartella clinica prodotta in grado d’appello, a sostegno della tesi difensiva, poteva costituire "integrazione" del certificato medico prodotto in primo grado.

Anche il secondo e terzo motivo sono infondati.

Contrariamente a quanto dedotto dai ricorrenti, il vaglio logico e di attendibilità della parte offesa, che non si è costituita parte civile, è stato effettuato dai giudici di merito, e le dichiarazioni sono risultate coerenti e logiche, pur nella particolarità della situazione caratterizzata da un evidente suggestionabilità dello Z. e dalla continua paura "di essere seguito sino alla sua abitazione, e ciò anche a causa del fatto che vicino alla stessa si trovava un campo nomadi nel quale si erano verificati fatti di sangue" (v. pag. 6 della sentenza impugnata e pag. 2 della sentenza di primo grado). La Corte territoriale ha altresì evidenziato l’assenza di alcun elemento a sostegno della tesi difensiva di una truffa mediante la prospettazione di una consegna di sostanza stupefacente, non avendo nè la difesa nè gli imputati indicato fatti o circostanze atte ad accreditare tale tesi.

Per quanto riguarda il terzo motivo, rilevasi che la rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale nel giudizio d’appello è istituto del tutto eccezionale, vigendo il principio processuale che l’indagine istruttoria, nel sistema accusatorio, trova la sua naturale collocazione soltanto nel dibattimento di primo grado, nel regolare contraddittorio formatosi e nel rispetto delle preclusioni probatorie. Ne consegue che soltanto la rilevanza e la decisività dei fatti, non potuti provare in primo grado, nelle ipotesi di legge e nel concorso delle richieste condizioni, possono consentire la rinnovazione del dibattimento (v., tra le tante, Cass. Sez. 2, sent. n. 8106/2000 Riv. 216532). Correttamente, la Corte territoriale ha, quindi rigettato la richiesta di rinnovazione parziale del dibattimento, non ritenendo la prova decisiva o indispensabile, e finanche generica (audizione del Maresciallo G.S. "in merito ad ogni aspetto rilevante della vicenda"). Trattandosi di giudizio di fatto, il rigetto è, quindi, incensurabile in questa sede (Cass. Sez. 3^, sent. n. 4646/1999) in quanto congruamente e logicamente motivato.

Con l’ultimo motivo i ricorrenti H.L. e S. M. lamentano l’assenza di motivazione della sentenza impugnata, anche con riferimento alla sentenza del Giudice di Dolo, in ordine alla sussistenza della recidiva qualificata loro contestata, prospettando per la prima volta questione, mai sollevata. Sussistendo violazione del divieto di "novum" nel giudizio di legittimità (cfr.

Cass. Sez. 4, sent. n. 7985/1994 Rv. 199216), sul punto il ricorso è inammissibile. Rileva, peraltro, il Collegio che il Giudice di primo grado ha dato ampia e circostanziata motivazione circa la sussistenza della recidiva reiterata specifica ed infraquinquenale contestata a H.L. e alla recidiva infraquinquennale contestata a S.M. (v. pag. 4 della sentenza di primo grado).

Il ricorso va pertanto rigettato.

Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che rigetta il ricorso, gli imputati che lo hanno proposto devono essere condannati al pagamento delle spese del procedimento.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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