Cons. Stato Sez. IV, Sent., 26-07-2011, n. 4458 Piano regolatore

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

I – La Regione Molise ha impugnato, chiedendone la riforma, la sentenza con la quale il T.A.R. del Molise, accogliendo il ricorso proposto dal Codacons e dalla signora M. Z., ha annullato il provvedimento con cui la Giunta Regionale aveva negato l’approvazione della variante adottata al P.R.G. del Comune di Campobasso, con riferimento alla destinazione da assegnare all’area denominata "ex stadio Romagnoli", e la successiva delibera del Consiglio Comunale di Campobasso con la quale è stata modificata la destinazione di detta area da verde pubblico attrezzato (F) a centro direzionale (H1), nonché successive deliberazioni della Giunta Regionali e atti connessi (censurati con motivi aggiunti).

A sostegno dell’appello, l’Amministrazione ha dedotto:

1) erroneità della reiezione delle preliminari eccezioni di difetto di legittimazione in capo sia al Codacons che alla sig.ra M. Z.;

2) erronea valutazione della vigente previsione urbanistica del P.R.G. del Comune di Campobasso riguardo l’area circostante l’ex stadio Romagnoli; difetto di lesività dei provvedimenti comunali e regionali impugnati; difetto di interesse a ricorrere delle controparti; violazione dell’art. 100 cod. proc. civ. (avendo il T.A.R. trascurato che, essendo già ab origine la destinazione urbanistica dei terreni per cui è causa a centro direzionale, l’annullamento degli atti impugnati non avrebbe apportato alcuna utilità ai ricorrenti, e comunque risultava evidente che l’Amministrazione regionale altro non aveva fatto che garantire il mantenimento dell’originaria destinazione dell’area);

3) congruità dei provvedimenti amministrativi regionali rispetto ai poteri esercitati; erronea individuazione dello sviamento di potere (essendo evidente dalla documentazione in atti che il diniego di approvazione della variante si basava su una pluralità di motivazioni di carattere squisitamente urbanistico, e non – come affermato dal T.A.R. – su di un mero interesse patrimoniale dell’Amministrazione regionale).

Con successiva istanza, l’Amministrazione appellante ha poi chiesto la sospensione dell’esecuzione della sentenza impugnata.

Si sono costituiti gli appellati Codacons e sig.ra Zezza i quali, oltre a opporsi in maniera diffusa e articolata all’accoglimento dell’appello e a chiedere la conferma della sentenza impugnata, hanno comunque riproposto come segue i motivi di censura rimasti assorbiti nella sentenza di primo grado:

i) violazione degli artt. 8 e 9 della legge 17 agosto 1942, nr. 1150; omessa pubblicazione (atteso che le modifiche apportate alla variante, comportando lo stravolgimento del regime urbanistico rispetto a quello previgente, rendevano doverosa la ripubblicazione della medesima variante);

ii) violazione degli artt. 10 e segg. della legge 7 agosto 1990, nr. 241; carenza di potere e/o incompetenza; eccesso di potere sotto il profilo dello sviamento dall’interesse pubblico perseguito e dalla causa tipica dell’atto; violazione dell’art. 3 della legge nr. 241 del 1990; carenza assoluta di motivazione; eccesso di potere sotto il profilo dell’illegittimità derivata (atteso che le modifiche imposte dalla Regione alle scelte urbanistiche comunali, oltre a non essere sorrette da adeguata motivazione, esorbitavano i limiti delle modifiche d’ufficio consentite all’Amministrazione regionale in sede di approvazione dello strumento urbanistico);

iii) violazione degli artt. 3 e 4, comma 1, lettera c), del decreto ministeriale 2 aprile 1968, nr. 1444; violazione dell’art. 3 della legge nr. 241 del 1990; carenza di istruttoria (attesa la carenza di qualsiasi approfondimento e motivazione in ordine al mancato rispetto delle esigenze di dotazione di aree da destinare a servizi nella zona de qua).

All’esito della camera di consiglio del 27 luglio 2010, questa Sezione ha accolto la domanda incidentale di sospensiva.

Con la propria memoria conclusionale, le parti appellate hanno poi eccepito l’improcedibilità dei ricorsi per sopravvenuta carenza di interesse ovvero la cessazione della materia del contendere, avuto riguardo a sopravvenute determinazioni della Regione Molise e del Comune di Campobasso.

All’udienza del 14 giugno 2011, la causa è stata trattenuta in decisione.

II – Con un successivo appello, proposto unitamente alla Presidenza del Consiglio dei Ministri ed al Commissario Delegato ai sensi delle ordinanze del Presidente del Consiglio dei Ministri nn. 3268/2003 e 3414/2005, la Regione Molise ha altresì impugnato una seconda sentenza del T.A.R. del Molise con la quale, in accoglimento di ricorso proposto dall’Associazione Fare Verde Onlus e dal signor Pasquale Ciotoli, sono stati annullati ulteriori atti regionali, e segnatamente l’avviso pubblico relativo all’acquisizione delle aree per la costruzione della nuova sede regionale e il concorso di progettazione per la stessa sede, nonché il retrostante accordo di programma tra le Amministrazioni regionale e comunale e gli atti connessi.

A sostegno dell’appello, le suddette Amministrazioni hanno dedotto:

1) erroneità della reiezione delle preliminari eccezioni relative al difetto di legittimazione ad causam in capo sia alla Associazione Fare Verde Onlus che al sig. Ciotoli;

2) legittimità delle procedure congiunte tra Regione Molise e Comune di Campobasso riguardo l’area circostante l’ex stadio Romagnoli; sindacato di merito indebitamente effettuato dalla sentenza impugnata; violazione degli artt. 3 e 7 della legge 21 dicembre 1971, nr. 1034 (non essendo rilevante, ai fini degli atti qui impugnati, la questione della destinazione da imprimere all’area "ex stadio Romagnoli", e quindi non incidendo su tali atti la precedente decisione del T.A.R. molisano, il quale comunque risultava essersi ingerito in scelte di merito dell’Amministrazione regionale, oltre tutto definite anche con atti non censurati nel presente giudizio).

Anche in questo giudizio, è stata depositata separata istanza di sospensione dell’esecutività della sentenza impugnata.

Nel costituirsi, gli appellati Associazione Fare Verde Onlus e sig. Pasquale Ciotoli hanno in limine eccepito l’irricevibilità dell’appello per tardività, e nel merito si sono articolatamente opposti all’accoglimento dell’appello, chiedendone la reiezione; inoltre, essi hanno riproposto come segue le censure rimaste assorbite in prime cure:

i) violazione degli artt. 8 e 9 (per la formazione e pubblicazione dei P.R.G. e loro varianti) e 13, 14 e 15 (per la formazione e pubblicazione dei piani particolareggiati) della legge nr. 1150 del 1942; omessa formazione e pubblicazione della variante al P.R.G. e/o del necessario piano particolareggiato o altro strumento urbanistico attuativo; violazione dell’art. 6 della legge 18 aprile 1963, nr. 167; omessa formazione e pubblicazione di variante e/o di strumento urbanistico attuativo; violazione dell’art. 42 del decreto legislativo 18 agosto 2000, nr. 267; incompetenza del Sindaco; violazione degli artt. 1 (zona "B"), 14 e 20 delle N.T.A. del vigente P.R.G. adottato con delibere consiliari nn. 82 e 84, rispettivamente del 30 e del 31 luglio 1969, ed approvato con decreto del Ministro dei Lavori Pubblici nr. 1831 del 31 marzo 1972, dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, nella parte in cui ha prescritto le destinazioni delle zone "B" e delle zone "H" del vigente P.R.G. e subordinato la trasformazione alla previa formazione di un piano particolareggiato o attuativo; violazione ed errata applicazione degli artt. 112, 123, 124 e 126 del vigente Regolamento edilizio del Comune di Campobasso, adottato con delibera di C.C. nr. 177 del 20 novembre 1972 e modificato con delibera di C.C. del 9 dicembre 1975, nonché approvato dalla Regione Molise, con delibera del Consiglio Regionale nr. 178 del 29 gennaio 1976; violazione degli artt. 3, 4 e 5 del d.m. nr. 1444 del 1968; omessa verifica di standards; violazione dell’art. 42 del d.lgs. nr. 267 del 2000; incompetenza; violazione dell’art. 3 della legge nr. 241 del 1990; carenza assoluta di motivazione e di istruttoria; violazione dell’art. 11 della legge nr. 241 del 1990; eccesso di potere sotto il profilo della carenza dei presupposti, della illegittimità derivata e della illogicità e contraddittorietà manifesta tra più atti di una stessa amministrazione;

ii) violazione dell’art. 13 della legge 2 febbraio 1974, nr. 64; violazione degli artt. 1, 2 e 3 della legge regionale 6 giugno 1996, nr. 20; violazione dell’art. 3 della legge nr. 241 del 1990; carenza assoluta di istruttoria; errore di fatto e di diritto; eccesso di potere sotto il profilo dell’illogicità manifesta tra più atti di una stessa amministrazione; eccesso di potere sotto il profilo dello sviamento dell’interesse pubblico perseguito; illegittimità derivata;

iii) violazione del d.m. nr. 1444 del 1968 e dei principi fondamentali del vigente P.R.G.; omesso computo ed omessa verifica degli standard e del concreto fabbisogno di attrezzature di quartiere; violazione dell’art. 3 della legge nr. 241 del 1990; carenza assoluta di istruttoria; errore di fatto e di diritto; eccesso di potere sotto il profilo dell’illogicità manifesta tra più atti di una stessa amministrazione e dello sviamento dall’interesse pubblico perseguito; illegittimità derivata;

iv) violazione dell’art. 34 del d.lgs. nr. 267 del 2000; violazione dell’art. 42 del d.lgs. nr. 267 del 2000; incompetenza; violazione dell’art. 3 della legge nr. 241 del 1990; carenza dei presupposti;

v) violazione dell’art. 7, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 17 marzo 1995, nr. 157, attuativo della direttiva 92/50/CEE, così come riconfermato dal decreto legislativo 12 aprile 2006, nr. 163; violazione del principio di par condicio; eccesso di potere sotto il profilo dello sviamento dell’interesse pubblico perseguito; violazione dei più comuni principi di buon andamento, di imparzialità e di economicità di cui all’art. 97 Cost., e di cui all’art. 1 della legge nr. 241 del 1990;

vi) violazione ed elusione del d.P.C.M. del 31 gennaio 2003 e dell’ O.P.C.M. 12 marzo 2003, nr. 3268, e dell’ O.P.C.M. 18 marzo 2005, nr. 3414; eccesso di potere sotto il profilo dello sviamento dall’interesse pubblico perseguito;

vii) violazione degli artt. 16 e 16 bis del vigente Regolamento edilizio del Comune di Campobasso e della delibera di C.C. 29 dicembre 2005, nr. 71.

Si è in seguito costituita la E. -. E. F. I. S.r.l., controinteressata in primo grado, la quale si è associata all’appello delle Amministrazioni statale e regionale, chiedendone l’accoglimento.

All’esito della camera di consiglio del 27 luglio 2010, questa Sezione ha accolto la domanda incidentale di sospensiva; successivamente, è stata anche respinta un’istanza di revocazione di detta ordinanza cautelare avanzata dalle parti appellate.

Anche in questo giudizio, con la propria memoria conclusionale le parti appellate hanno eccepito l’improcedibilità del ricorso ovvero la cessazione della materia del contendere.

All’udienza del 14 giugno 2011, la causa è stata trattenuta in decisione.

Motivi della decisione

1. In via del tutto preliminare, va disposta la riunione degli appelli in epigrafe ai sensi dell’art. 70 cod. proc. amm. stante l’evidente connessione fra i due giudizi, i quali hanno a oggetto atti amministrativi tutti afferenti a una medesima vicenda amministrativa, involgente la destinazione da dare a una determinata area del territorio del Comune di Campobasso e le scelte della Regione Molise in ordine alla realizzazione dei nuovi uffici regionali.

Per una migliore comprensione dei motivi della disposta riunione, e anche delle statuizioni che seguiranno, giova premettere una sintetica ricostruzione della complessa e articolata vicenda giuridicoamministrativa per cui oggi è causa.

2. Con delibera del Consiglio Comunale di Campobasso nr. 82 dell’11 dicembre 2000, è stata adottata la variante generale al P.R.G. comunale, nell’ambito della quale ad un vasto terreno di circa mq 20.000, situato nei pressi del vecchio stadio Romagnoli, è stata impressa la destinazione F2 a verde pubblico attrezzato.

Inviata per l’approvazione la predetta variante, la Regione Molise, con delibere di Giunta nn. 1008 e 1434 del 2005, ha negato la detta approvazione evidenziando – fra l’altro – che per l’area dell’ex stadio Romagnoli, di proprietà della Regione, sussisteva un accordo di natura privatistica fra le Amministrazioni comunali e regionali, in virtù del quale essa area era destinata ad accogliere la nuova sede, a realizzarsi, degli uffici regionali.

Di conseguenza, con delibera consiliare nr. 16 del 2006, il Comune si è adeguato alle prescrizioni regionali sul punto, ed ha impresso all’area de qua la destinazione H1 a centro direzionale.

Tutti gli atti testé indicati sono stati impugnati dal Codacons e dalla signora M. Z. (residente nella zona interessata dai detti provvedimenti), che hanno in seguito censurato, con motivi aggiunti, anche ulteriori atti della Regione sempre afferenti alla localizzazione della nuova sede degli uffici regionali.

Il T.A.R. del Molise, respinte le preliminari eccezioni di difetto di legittimazione delle parti ricorrenti, ha accolto il ricorso e annullato gli atti impugnati, sul rilievo che giammai la Regione avrebbe potuto negare l’approvazione della variante al P.R.G. sulla base di un proprio interesse patrimoniale, dovendo la valutazione essere condotta alla stregua di interessi di rilevanza pubblicistica e collettiva.

Nelle more dell’appello proposto dalla Regione avverso tale pronuncia, un secondo ricorso è stato proposto dalla Associazione Fare Verde Onlus e dal signor Pasquale Ciotoli (anch’egli residente nella zona de qua), i quali hanno impugnato successivi atti posti in essere dal Comune di Campobasso e dalla Regione Molise, fra i quali in particolare un accordo di programma sottoscritto in data 28 novembre 2005 e l’avviso pubblico approvato nel 2008 per manifestazione di interesse alla vendita di aree urbane per la costruzione della sede della Regione, nonché per il concorso internazionale di progettazione per detta finalità.

Il T.A.R. del Molise ha accolto anche tale ulteriore ricorso, assumendo che gli atti con esso censurati erano stati tutti adottati sul presupposto dell’impiego dell’area dell’ex stadio Romagnoli per la realizzazione degli uffici regionali, non più attuabile stante l’annullamento degli atti impugnati col precedente ricorso, e ritenendo che fosse contrario a elementari principi di ragionevolezza e buon andamento dell’amministrazione l’adozione di atti – comportanti anche consistenti impegni finanziari – finalizzati ad operazioni di fatto non più praticabili.

Con gli appelli qui riuniti, la Regione Molise impugna entrambe le sentenze di accoglimento sopra richiamate.

3. Tutto ciò premesso, va innanzi tutto esaminata la questione sollevata in entrambi i giudizi dalle parti appellate, le quali hanno prodotto sopravvenute deliberazioni della Giunta Regionale (nr. 1136 del 30 dicembre 2010) e del Consiglio Comunale di Campobasso (del 20 settembre 2010), con la prima delle quali è stato approvato un nuovo schema di accordo di programma relativo alla realizzazione della nuova sede degli uffici regionali, mentre con la seconda è stato assunto l’impegno politico di prendere atto delle sentenze del T.A.R. e di ricercare soluzioni partecipate per la destinazione da dare all’area dell’ex stadio Romagnoli.

Secondo le parti appellate, tali atti sopravvenuti comporterebbero "l’improcedibilità (o, addirittura, la cessata materia del contendere) dei ricorsi sotto il profilo della sopravvenuta carenza di interesse": ciò in quanto con essi sarebbe stata definitivamente abbandonata l’idea di realizzare sull’area per cui è processo un "centro direzionale" dell’estensione di mq 20.000, in favore di una diversa soluzione progettuale molto più limitata sul piano dimensionale e prevedente la realizzazione in loco anche di un "parco urbano".

Tuttavia, non può non rilevarsi una certa ambiguità nella stessa prospettazione delle parti appellate, le quali – pur manifestando apprezzamento per la soluzione anticipata nel nuovo schema di accordo di programma – non affermano in modo esplicito il carattere satisfattivo degli atti sopravvenuti (ciò che comporterebbe la declaratoria di cessazione della materia del contendere), né chiariscono se l’evocata improcedibilità investirebbe i loro originari ricorsi (ciò che comporterebbe l’annullamento senza rinvio delle gravate sentenze di accoglimento) ovvero gli appelli dell’Amministrazione regionale (ciò che, invece, determinerebbe il consolidarsi delle sentenze medesime).

Peraltro, la difesa della Regione in sede di discussione ha negato di aver perso interesse alla definizione del giudizio nel merito, evidenziando che allo stato risulta approvato un mero "schema" di accordo di programma, e pertanto nessuna nuova determinazione definitiva è venuta ancora a sostituirsi a quelle impugnate in prime cure.

Così stando le cose, non risultando provata un’intervenuta modificazione della situazione di fatto o di diritto idonea a privare di ogni utilità la decisione degli appelli in epigrafe, non vi è spazio neanche per l’approfondimento istruttorio sul punto richiesto, sempre in sede di discussione orale, dalla difesa degli appellati, e l’eccezione va respinta.

4. In ordine logico, va poi esaminata l’eccezione di tardività dell’appello nr. 5481 del 2010, articolata sul presupposto che lo stesso avrebbe dovuto rispettare il dimezzamento dei termini di cui all’art. 23 bis della legge 21 dicembre 1971, nr. 1034 (per vero sostituito, prima ancora della proposizione dell’appello, dall’art. 15 del decreto legislativo 20 marzo 2010, nr. 53, e successivamente dalle disposizioni contenute negli artt. 119 e 120 cod. proc. amm.).

L’eccezione va respinta, dovendo condividersi l’avviso delle Amministrazioni appellanti circa l’estraneità degli atti impugnati nel giudizio nr. 5481 del 2010 alla materia delle procedure di affidamento di appalti pubblici.

Infatti, l’ "avviso pubblico" approvato con le delibere ivi censurate non costituiva atto di avvio di una procedura di affidamento, ma era prodromico a una mera "manifestazione di interesse" all’acquisto del terreno per cui è causa (come detto, di proprietà regionale) ai fini della successiva progettazione e realizzazione della nuova sede della Regione.

5. Venendo dunque all’esame degli appelli, gli stessi si appalesano fondati e pertanto meritevoli di accoglimento.

6. In particolare può prescindersi dalla questione, evocata con il primo motivo di entrambi gli appelli, della sussistenza o meno della legittimazione a ricorrere in capo agli originari ricorrenti (non omettendosi però di rilevare, quanto alla posizione del Codacons e dell’Associazione Fare Verde Onlus, che entrambe rientrano fra le associazioni di tutela ambientale riconosciute dal Ministero dell’Ambiente ai sensi dell’art. 13 della legge 8 luglio 1986, nr. 349), in quanto risultano fondati e assorbenti gli ulteriori motivi articolati dalle Amministrazioni appellanti con riferimento al merito degli atti e provvedimenti censurati in prime cure.

6.1. Principiando dal ricorso nr. 3179 del 2010, relativo alla vicenda della variante al P.R.G. di Campobasso non approvata dalla Regione, occorre innanzi tutto fare chiarezza in ordine a quale fosse la destinazione urbanistica dell’area "ex stadio Romagnoli" anteriormente alla variante medesima.

Sul punto vi è contrasto inter partes, assumendosi dalle Amministrazioni appellanti che l’intervento negatorio della Regione non comportò alcuna modifica alla destinazione dell’area, essendo inteso alla riconferma della sua originaria destinazione a "zona H – sottozona H1 – attività direzionale"; laddove le parti appellate, al contrario, affermano che detta destinazione, riveniente da un accordo stipulato tra Regione e Comune nel 1983, era da ritenersi superata per effetto di un accordo di programma (nr. 84 del 6 dicembre 2001), con il quale le Amministrazioni – preso atto delle risultanze di indagini geologiche disposte in sito dal Comune – avevano apportato variante al P.R.G. comunale, imprimendo all’area de qua destinazione a zona "F2 verde pubblico" (e, per quanto qui interessa, localizzando altrove l’erigenda nuova sede regionale).

Orbene, un attento esame della documentazione versata in atti persuade il Collegio dell’infondatezza della ricostruzione di parte appellata.

Infatti, dalla lettura dell’invocato accordo di programma del 2001 (cfr. documento nr. 7 delle produzioni del Codacons) emerge innanzi tutto che in esso non v’è alcuna menzione specifica della destinazione da imprimere al suolo per cui è causa, discorrendosi unicamente della ridetta delocalizzazione degli uffici regionali: difatti, la destinazione a verde dell’area de qua era stata decisa dal Consiglio Comunale solo e proprio con la deliberazione nr. 82 del 2000, recante adozione della variante per cui è causa, mai divenuta efficace per diniego di approvazione da parte della Regione

Ma v’è di più, ché – ciò che più rileva – l’accordo di programma del 2001 si conclude con la seguente clausola: "…I lavori per la realizzazione della Sede della Regione Molise dovranno avere inizio nel termine dettato dall’art. 34 comma 6° del surrichiamato D. Lgs. 267/2000.

I termini di cui sopra decorreranno dalla pubblicazione sul B.U.R.M. del provvedimento dell’accordo stesso.

Resta inteso che il mancato rispetto del termine di cui sopra determina automaticamente l’inefficacia della variante urbanistica e la decadenza di qualsiasi altra intesa raggiunta con il presente Accordo di Programma".

Ne consegue che, essendo evidente che i lavori per la costruzione della sede regionale non sono iniziati nel termine (e, per vero, non risultano iniziati fino a tutt’oggi), la variante invocata dagli originari ricorrenti è tamquam non esset, e correttamente l’Amministrazione regionale ha ritenuto ancora operante ed efficace l’originaria destinazione "H1".

6.2. Tutto ciò premesso, la Sezione deve a questo punto ribadire quanto già sinteticamente evidenziato in sede cautelare, e cioè che non appare in alcun modo condivisibile l’avviso sommariamente espresso dal primo giudice, secondo cui il diniego di approvazione della variante così come proposta sarebbe viziato da sviamento di potere in quanto inteso alla realizzazione di un mero interesse privatistico (e, cioè, il rispetto dell’accordo a suo tempo stipulato fra Comune e Regione per la realizzazione della nuova sede regionale).

Tale conclusione, invero, appare basata su un’incompleta e approssimativa cognizione della vicenda amministrativa per cui è causa, la quale – come sottolineato e documentato dall’Amministrazione appellante – è stata ben più articolata e complessa.

Innanzi tutto, il primo rinvio al Comune della variante adottata fu preceduto da una richiesta di chiarimenti e integrazioni, formulata dalla Regione ai sensi dell’art. 41 quinquies della legge 17 agosto 1942, nr. 1150, e successivamente riscontrata dall’Amministrazione comunale.

In secondo luogo, la riformulazione della variante conseguente al rinvio disposto con le menzionate delibere regionali nn. 1008 e 1434 del 2005 non esaurì affatto l’iter dello strumento urbanistico, avendo la Regione ravvisato l’accoglimento solo parziale dei rilievi che avevano giustificato le restituzione degli atti: pertanto, a seguito di ulteriore istruttoria, la variante fu definitivamente bocciata con deliberazione regionale nr. 156 del 3 giugno 2008.

Già il solo fatto che la Regione abbia rifiutato l’approvazione della variante, dopo che il Comune (con la già citata deliberazione nr. 16 del 2006) si era adeguato alle prescrizioni inerenti al punto specifico della destinazione dell’area dell’ex stadio Romagnoli, dovrebbe logicamente essere sufficiente a dimostrare che non era certo la questione della destinazione da dare a tale area l’unico profilo motivazionale a sostegno del diniego.

Di più, da una piana lettura della delibera di Giunta Regionale nr. 1369 del 18 settembre 2006, recante la proposta al Consiglio di non approvazione della variante, si evince che questa era fondata su una molteplicità di ritenute inottemperanze a prescrizioni in precedenza impartite dall’Amministrazione regionale (in materia di aree da assoggettare a recupero, di persistente validità della programmazione di interventi pubblici medio tempore compiuta, di mancata presa in considerazione di contenziosi giudiziari pendenti etc.): ne risulta smentito in fatto l’assunto su cui si fonda l’impugnata sentenza di accoglimento, dovendo ribadirsi il tradizionale principio secondo cui, qualora un provvedimento amministrativo si fondi su più motivazioni ciascuna delle quali da sola sarebbe sufficiente a sostenerlo, è insufficiente, anche sul piano dell’interesse processuale, censurare una sola di esse per ottenerne l’annullamento.

6.3. Passando ora ai motivi articolati nell’appello nr. 5481 del 2010, gli stessi sono a loro volta fondati e meritevoli di accoglimento per le ragioni di seguito esposte.

In estrema sintesi, con la seconda sentenza qui impugnata il T.A.R. del Molise ha annullato gli ulteriori atti posti in essere dal Comune di Campobasso e della Regione per l’acquisizione delle aree destinate alla realizzazione dei nuovi uffici regionali, sulla base di un triplice ordine di considerazioni:

a) la precedente sentenza di accoglimento, con la quale erano stati annullati il diniego di accoglimento della variante urbanistica e le successive determinazioni comunali, avrebbe fatto venir meno la stessa base giuridica degli atti impugnati;

b) conseguentemente, sarebbe stato contrario a principi elementari di coerenza e ragionevolezza dell’azione amministrativa consentire l’avvio di procedure finalizzate alla realizzazione di un’opera pubblica su di un determinato sito in un momento in cui, sia pure per effetto di una sentenza non passata in giudicato, la destinazione dell’area non ne consentiva l’edificazione;

c) in ogni caso, l’accordo di programma intervenuto tra Regione e Comune avrebbe eluso l’obbligo di previa predisposizione di un piano attuativo imposto dalla vigente disciplina urbanistica.

A fronte dei primi due rilievi così esposti, sarebbe sufficiente rilevare che, una volta accolto l’appello dell’Amministrazione regionale avverso la prima sentenza di accoglimento del T.A.R. molisano, la piena reviviscenza delle censurate statuizioni della Regione sulla destinazione dell’area "ex stadio Romagnoli" rende pienamente legittime tutte le successive attività poste in essere per realizzare su di essa l’opera pubblica a suo tempo prevista.

Può aggiungersi, peraltro, che le conclusioni del primo giudice – e principalmente quella sopra riassunta sub b)- risultano manifestamente influenzate da un’erronea cognizione del regime dell’area in questione, apparendo fondate sul presupposto che, una volta venute meno le obiezioni mosse dalla Regione alla proposta comunale di variante, quel suolo sarebbe stato soggetto a destinazione incompatibile con l’opera su di esso pianificata.

Ma come si è visto così non è, atteso che da un lato l’area de qua risulta essere stata continuativamente destinata a zona "H1", e per altro verso che la Regione risulta comunque avere, in epoca successiva al primo decisum di annullamento, definitivamente respinto la proposta di variante con determinazioni non censurate nel presente giudizio.

Quanto poi all’ulteriore rilievo di cui sub c), dall’esame della documentazione in atti risulta chiaro, come avvertito dalle Amministrazioni appellanti, che quello stipulato tra Comune e Regione il 28 settembre 2005 – ad onta del nomen utilizzato – non era un accordo di programma finalizzato a incidere direttamente sull’assetto del territorio, ma una semplice intesa preliminare finalizzata a porre le basi (attraverso l’avvio di una possibile procedura di cessione dei suoli e di un concorso di progettazione) per la successiva realizzazione dell’opera pubblica: di modo che l’eventuale necessità di predisposizione di un piano attuativo si sarebbe posta solo in un momento successivo, una volta individuato il soggetto realizzatore dell’intervento che sarebbe stato chiamato a munirsi dei prescritti titoli abilitativi.

7. La fondatezza degli appelli qui riuniti impone l’esame dei motivi di ricorso rimasti assorbiti in primo grado, che le parti appellate hanno espressamente riproposto con i rispettivi atti di costituzione nel presente grado.

Tali motivi, peraltro, sono tutti infondati.

7.1. Innanzi tutto, va disattesa la doglianza (prima reiterata dal Codacons e dalla sig.ra Zezza) di violazione degli artt. 8 e 9 della legge nr. 1150 del 1942: infatti, essendosi sopra chiarito che il diniego di approvazione della variante da parte della Regione non comportava alcuna modifica del P.R.G. previgente, ma al contrario determinava la conferma dell’originaria destinazione del suolo per cui è causa, è evidente che in alcun modo poteva porsi un problema di ripubblicazione dello strumento adottato, ai sensi delle norme richiamate.

7.2. Per identici motivi, va esclusa ogni violazione dei limiti normativi in tema di modifiche d’ufficio introducibili dalla Regione in sede di approvazione dello strumento urbanistico (come lamentato col secondo motivo assorbito riproposto dal Codacons e dalla sig.ra Zezza), atteso che – come detto – nella fattispecie alcuna modifica fu apportata quanto alla destinazione dell’area dell’ex stadio Romagnoli.

7.3. Del pari priva di pregio è la terza censura assorbita del Codacons e della sig.ra Zezza, con la quale si denuncia la carenza di istruttoria in ordine alla dotazione di aree a standard nell’area per cui è causa ed alle conseguenti esigenze.

Infatti, in disparte la natura apodittica e generica della doglianza (non chiarendosi se si denuncia l’effettiva insufficienza degli standard, ovvero unicamente il difetto di un’istruttoria formale sul punto), è dirimente il rilievo per cui la Regione, con gli atti impugnati in prime cure, non apportò alcuna variazione alla destinazione urbanistica del suolo de quo: di modo che l’eventuale carenza di standard, ove sussistente, sarebbe da imputare alla risalente destinazione urbanistica originaria, e non certo alle successive scelte meramente confermative di essa.

7.4. Il primo motivo assorbito reiterato dagli appellati Associazione Fare Verde Onlus e sig. Citoli è imperniato su una pluralità di asserite violazioni alla disciplina in materia di varianti urbanistiche, che sarebbero ravvisabili nell’accordo di programma del 2005 e nei successivi atti attuativi.

Dette censure sono infondate alla luce di quella che si è vista essere la reale portata dell’intesa stipulata tra Comune e Regione, meramente prodromica di una successiva fase realizzativa dell’opera, nell’ambito della quale si sarebbero posti – fra gli altri – tutti i problemi inerenti al rispetto delle procedure di legge in materia di varianti urbanistiche (siano esse attuate o meno tramite accordo di programma).

7.5. Per analoghi motivi, va respinta la successiva doglianza relativa alla mancata acquisizione del parere del Genio Civile in materia di antisismica, ai sensi della legge 2 febbraio 1974, nr. 64, e della legge regionale del Molise 6 giugno 1996, nr. 20: nel senso che a tali adempimenti si sarebbe dovuto procedere soltanto se e quando, nella fase successiva all’intesa preliminare qui impugnata, si fosse deciso di procedere a varianti urbanistiche.

7.6. Miglior sorte non merita il terzo motivo assorbito del ricorso dell’Associazione Fare Verde Onlus e del sig. Ciotoli, nel quale il vizio di carente istruttoria è affermato in modo apodittico, apparentemente sul solo presupposto della difformità della destinazione oggi voluta dall’Amministrazione rispetto a quella un tempo prospettata con la non approvata variante di cui alla già citata delibera consiliare nr. 82 del 2000.

7.7. La già evidenziata natura dell’accordo di programma del 2005, non certo inquadrabile nell’istituto di cui all’art. 34 del d.lgs. nr. 267 del 2000, dimostra anche l’inconsistenza dell’ulteriore doglianza di violazione di detta norma, per mancanza nei termini di ratifica dell’intesa da parte del Consiglio Comunale.

7.8. Va poi disatteso il motivo con cui si denuncia la violazione della disciplina in materia di evidenza pubblica (d.lgs. 17 aprile 1995, nr. 157, e d.lgs. 12 aprile 2006, nr. 163), dal momento che l’avviso pubblico approvato non era affatto destinato ad avviare una procedura di affidamento, costituendone il bando, ma unicamente a stimolare una "manifestazione di interesse" da parte di privati (e, quindi, semmai a preludere ad una vera e propria procedura di affidamento).

7.9. Ancora, è infondata la doglianza di incompetenza del Presidente della Regione, per il fatto di aver sottoscritto il più volte citato accordo di programma nella qualità di Commissario Delegato per il sisma e l’alluvione che avevano interessato la Regione Molise: infatti, malgrado una certa confusione che potrebbe essere ingenerata dall’uso di tale qualità, dal tenore complessivo dell’atto impugnato emerge chiaramente che esso è stato sottoscritto nell’esercizio degli ordinari poteri di vertice dell’Ente regionale, e non dei poter straordinari connessi all’incarico emergenziale.

Infatti, l’ormai chiarita e circoscritta natura dell’intesa stipulata col Comune di Campobasso rende evidente l’insussistenza, nella specie, di qualsivoglia deroga alle normative in materia di pianificazione urbanistica o di appalti pubblici (e, pertanto, l’inconferenza dei rilievi di parte appellata in ordine al preteso "uso improprio" dei poteri commissariali di deroga).

7.10. Infondata, infine, è l’ultima censura riproposta di parte appellante, con riguardo alla pretesa violazione delle disposizioni del Regolamento edilizio comunale in ordine agli adempimenti istruttori che debbono precedere le delibere in materia edilizia, urbanistica e ambientale: ciò in quanto, come più volte sopra precisato, l’accordo di programma stipulato nel settembre del 2005 (e, quindi, anche le delibere approvative di esso) non aveva alcuna diretta incidenza sull’assetto del territorio.

8. In conclusione, per le ragioni fin qui esposte s’impone una decisione di accoglimento di entrambi gli appelli in epigrafe, con la riforma delle sentenze impugnate e la reiezione dei ricorsi originari.

9. L’estrema complessità in fatto delle vicende amministrative esaminate giustifica comunque l’integrale compensazione delle spese di entrambi i gradi dei giudizi.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), riuniti gli appelli in epigrafe, definitivamente pronunciando su di essi, li accoglie entrambi e, per l’effetto, in riforma delle sentenze impugnate, respinge i ricorsi di primo grado.

Compensa tra le parti le spese di entrambi i gradi dei giudizi.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *