Cons. Stato Sez. IV, Sent., 26-07-2011, n. 4457 Dichiarazione di pubblica utilità Espropriazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Gli originari ricorrenti meglio specificati in epigrafe (compresi quelli indicati, all’odierna udienza, quali rinuncianti agli effetti della sentenza di primo grado) sono proprietari o comproprietari di aree site in Comune di Concesio interessate dalle opere di realizzazione del percorso del raccordo autostradale tra l’autostrada A4 e la Valtrompia.

I medesimi impugnavano innanzi al Tar per la Lombardia, Sezione di Brescia, i seguenti atti e provvedimenti:

1) decreti datati 17/12/2009 di occupazione anticipata finalizzata all’esproprio dei terreni coinvolti e di determinazione dell’indennità di esproprio in via provvisoria;

2) provvedimenti datati 13/1/2010 recanti comunicazione dell’offerta di indennità provvisoria e di avviso dei sopralluoghi per l’immissione in possesso;

3) la deliberazione CIPE n.12 del 27/5/2004 di approvazione del progetto definitivo dell’opera nonchè di dichiarazione di pubblica utilità;

4) decreto del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali del 22/10/2002 avente ad oggetto la valutazione di impatto ambientale (VIA).

Quindi con atto di motivi aggiunti depositato in data 2/3/(2010 i ricorrenti lamentavano la violazione dell’art.13 del DPR n.327/2001, atteso che il decorso del quinquennio senza che sia stato emanato il decreto di esproprio ha determinato l’inefficacia della dichiarazione di pubblica utilità.

L’adito TAR con sentenza n.2072/2010 accoglieva l’impugnativa in relazione alla rilevata fondatezza del mezzo d’impugnazione denunciato con i proposti motivi aggiunti e per l’effetto dichiarava l’inefficacia della dichiarazione di pubblica utilità collegata alla deliberazione CIPE 21/12/2004, disponendo altresì l’annullamento degli impugnati provvedimenti del 17/12/2009 e del 13/1/2010.

L’ANAS e le Altre Amministrazioni in epigrafe specificate, ritenendola errata ed ingiusta, hanno impugnato tale sentenza, deducendo a sostegno del proposto gravame i seguenti motivi:

Violazione e falsa applicazione dell’art.21 legge n.1034 del 1971;

Violazione e falsa applicazione dell’art.21 legge n.1034 del 1971 sotto altro profilo;

Violazione e falsa applicazione dell’art.13 del DPR 8 giugno 2001 n.327;

Violazione e falsa applicazione del dlgs 16 gennaio 2008 n.4 e dell’art.26 comma 6 del dlgs n.152/06;

Si è costituita in giudizio con intervento ad adiuvandum della parte appellante la Provincia di Brescia che ha chiesto l’accoglimento del gravame proposto da A..

All’odierna udienza pubblica la causa è stata trattenuta in decisione.

Motivi della decisione

Il Collegio deve, in via preliminare dare atto della rinuncia agli effetti della sentenza di primo grado, come da dichiarazione del procuratore riportata a verbale, da parte di alcuni originari ricorrenti e ora appellati, come indicati nel verbale di udienza.

Ciò preliminarmente precisato, infondato si appalesa l’appello all’esame che, in quanto tale, va respinto.

Con il primo mezzo d’impugnazione si eccepisce la inammissibilità del ricorso di primo grado, sotto un duplice rilievo, il primo perché nella specie si sarebbe introdotta un’azione di accertamento da considerarsi inammissibile in relazione alle posizioni di interesse legittimo emergenti, il secondo per la non tempestiva impugnazione della delibera CIPE di approvazione definitiva del progetto ai fini della dichiarazione della pubblica utilità dell’opera.

Tale prospettazione difensiva non è condivisibile.

Invero, la suddetta tesi poggia su un presupposto del tutto erroneo, quello di voler ancorare il thema decidendum ad una pretesa richiesta di illegittimità della deliberazione CIPE di approvazione del progetto ai fini della dichiarazione di pubblica utilità.

Nella specie, invece, ciò che rileva, sia dal punto di vista sostanziale che processuale, è la pretesa ad ottenere una pronuncia di sopravvenuta inefficacia della dichiarazione di pubblica utilità (per mancata adozione nei termini di legge del provvedimento traslativo della proprietà), circostanza di fatto e di diritto che si atteggia quale presupposto per la conseguente la illegittimità dei decreti di occupazione nei confronti dei quali è stato proposto tempestivo rimedio impugnatorio.

Se, allora, si controverte, in linea di principio e di fatto, di atti che comportano l’illegittimo impossessamento di beni immobili (cfr Cons. Stato, Ad Pl., 30 luglio 2007 n.39) a seguito di una non efficace dichiarazione di pubblica utilità, ne deriva, necessariamente che nella specie correttamente gli interessati hanno articolato la tutela delle loro situazioni giuridiche soggettive con uno strumento processuale volto a far dichiarare da un lato la illegittimità dei provvedimenti di occupazione dei beni e dall’altro lato, in via preventiva, la sopravvenuta inefficacia della presupposta dichiarazione di pubblica utilità. collegata alla deliberazione CIPE del 27/5/2004.

Col secondo motivo di gravame parte appellante ripropone l’eccezione di inammissibilità dei motivi aggiunti proposti in primo grado, sollevata sul rilievo che nella specie non sarebbero intervenute circostanze nuove e significative sì da legittimare la presentazione del ricorso aggiuntivo, non potendosi qualificare tali, ad avviso dell’Avvocatura erariale, l’inutile decorso del termine quinquennale entro cui avrebbe dovuto essere adottato il decreto di esproprio.

Anche tale eccezione non ha pregio.

Vero è infatti che il termine quinquennale entro cui adottare il provvedimento d’esproprio è spirato il 25/1/2010 e quindi in epoca di poco anteriore alla data di notifica del ricorso introduttivo, ma è altrettanto innegabile che per poter avere una qualche certezza in ordine alla eventuale omissione del provvedimento traslativo, gli interessati dovevano pur sempre calcolare anche lo scostamento tra la data di scadenza del termine quinquennale e quella successiva di notificazione dell’eventuale atto espropriativo, sicchè non si può parlare di anticipata conoscenza del decorso quinquennale del termine de quo e potendosi perciò affermare la sopravvenienza di un fatto nuovo, idoneo a giustificare legittimamente l’ammissibilità dei motivi aggiunti.

Il terzo motivo di gravame riguarda la questione giuridica sostanziale sottesa alla controversia.

Parte appellante nega, in concreto, che nella specie sia inutilmente decorso il termine quinquennale per l’emanazione del provvedimento conclusivo della procedura ablatoria e, tanto, per la semplice ragione che l’approvazione del progetto definitivo dell’opera pubblica per cui è causa è avvenuta subordinatamente alla condizione dell’attuazione di precise prescrizioni inveratasi in sede di progettazione esecutiva di guisa che la dichiarazione di pubblica utilità contenuta nella delibera CIPE del 21/12/2004 è divenuta efficace solo entro il quinquennio decorrente dall’intervenuta verifica dell’ottemperanza delle prescrizioni e cioè il 19/6/2008.

Siffatto assunto risulta destituito di giuridico fondamento.

L’art.13 del DPR n.327 del 2001, dal titolo "Contenuto ed effetti dell’atto che comporta la dichiarazione di pubblica utilità", al comma 3 prevede che "nel provvedimento che comporta la dichiarazione di pubblica utilità dell’opera può essere stabilito il termine entro il quale il decreto di esproprio va emanato"; al successivo comma 4 poi è espressamente contemplato che "se manca l’espressa determinazione del termine di cui al comma 3, il decreto di esproprio può essere emanato entro il termine di cinque anni, decorrente dalla data in cui diventa efficace l’atto che dichiara la pubblica utilità dell’opera"; ancora, al comma 5 è stabilito ch "l’autorità che dichiarato la pubblica utilità dell’opera può disporre la proroga dei termini previsti dai commi 3 e 4 per casi di forza maggiore o per altre giustificate ragioni. La proroga può essere disposta anche d’ufficio, prima della scadenza del termine, per un periodo non superiore a due anni; quindi al sesto comma è previsto che " la scadenza del termine entro il quale può essere emanato il decreto di esproprio determina l’inefficacia della dichiarazione di pubblica utilità".

Ora sulla natura perentoria e non ordinatoria del termine quinquennale entro cui adottare l’atto conclusivo del procedimento ablativo, non pare sussistano dubbi, in ossequio ad un più che ormai consolidato orientamento giurisprudenziale in base al quale al termine finale va riconosciuto, a differenza del termine iniziale, natura perentoria e tanto con riferimento anche al regime giuridico descritto sul punto dall’art.13 della legge n.2359 del 1865, norma sostanzialmente riprodotta nell’omologo art.13 del DPR n.327/2001 recante il testo unico sulle espropriazioni (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 4 aprile 2003 n.1768).

Il legislatore ha previsto la possibilità di una proroga dei termini posti disposizione dell’Amministrazione per l’adozione dell’atto finale, ma tale possibilità è subordinata a condizioni ben precise, costituite da causa di forza maggiore o comunque indipendenti dalla volontà dell’espropriante (cfr. Cons. Stato n.1768/2003 cit.) o a casi di particolare complessità, dovendo la stessa oltreché essere motivata, anche intervenire prima che scada il termine che si intende prorogare: situazioni queste per nulla sussistenti nella fattispecie, se è vero che non è intervenuta proroga alcuna e neppure sono individuabili né risultano esternate circostanze giustificative della medesima.

Rimane da individuare l’atto cui collegare la dichiarazione di pubblica utilità e la decorrenza di quest’ultimo, dovendosi in proposito fare riferimento al disposto di cui all’art.12 del DPR n.327/2001 secondo cui la dichiarazione di pubblica utilità si intende disposta "quando l’autorità espropriante approva a tal fine il progetto definitivo dell’opera pubblica o di pubblica utilità "; approvazione che nella fattispecie è avvenuta ad opera della delibera del CIPE del 27/5/ 2004 con espresso riferimento alle norme di cui agli artt.10 e 12 del DPR n.327/2001.

In proposito vale invero osservare come la sede naturale in cui allocare la dichiarazione di pubblica utilità e l’apposizione dei termini di inizio e fine dei lavori sia l’atto recante l’approvazione del progetto definitivo, dal momento che seguendo lo schema voluto dalla fondamentale legge n.109/94 è il progetto definitivo che determina la configurazione dell’opera (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 1 maggio 2004 n.2930; idem 29 maggio 2009 n.3364), coincidente, nel caso de quo, con la delibera CIPE assunta il 27/5/2004.

D’altra parte nel predetto atto deliberativo è contenuto lo specifico richiamo al combinato disposto degli artt.10 e 12 del DPR n.327/01 e cioè alle norme che correlano la dichiarazione di pubblica utilità all’approvazione del progetto definitivo, per non dire poi che in esso è altresì riportata la testuale espressione che l’approvazione avviene "anche ai fini della dichiarazione di pubblica utilità " (punto 1.1).

Parte appellante osserva in proposito che l’approvazione del progetto, quanto alla sua efficacia, sarebbe subordinata all’osservanza di precise prescrizioni, quelle indicate nella parte I dell’allegato 1, da attuarsi in parte in sede di progetto esecutivo e in altra parte in sede di cantierizzazione, di talchè, sempre secondo l’avviso della difesa erariale, essendo intervenuta la verifica di tali prescrizioni solo in data 11 agosto 2008, è da questo momento che andrebbe computato il termine quinquennale da osservarsi per la conclusione del procedimento ablatorio.

La tesi è priva di giuridico fondamento giacchè cozza contro i riferimenti normativi e i principi giurisprudenziali che ancorano la dichiarazione di pubblica utilità e l’apposizione del vincolo preordinato all’esproprio al momento che l’Amministrazione si determina, mediante approvazione, a fare suo il progetto definitivo dell’opera, lì dove in tale sede l’opera stessa acquista la qualificazione della pubblica utilità e si determina l’ insorgenza del vincolo preordinato all’esproprio.

In realtà le prescrizioni di carattere tecnico attengono a fasi di dettaglio che insorgono appunto in sede di esecuzione dell’opera, ma è del tutto evidente che trattasi di aspetti successivi al momento in cui il progetto definitivo configura l’opera pubblica in tutta la sua portata con le contestuali conseguenze vincolistiche in ordine alla individuazione degli immobili interessati all’opera stessa.

Questo a tacer delle ragioni di ordine logico che valgono di per sé a smentire l’assunto dell’appellante: invero, ove si dovesse far riferimento ai fini del computo del termine quinquennale di che trattasi, ad un momento caratterizzante la fase attuativa del progetto definitivo e non al momento dell’approvazione di detto progetto, si arriverebbe alla irrazionale conclusione di rinviare sine die l’onere della P.A. di concludere la procedura ablatoria entro un determinato termine (fissato dalla legge) e in relazione alla fattispecie all’esame si concederebbe alle Amministrazioni interessate il raddoppio del tempo posto a disposizione della P.A. per effettuare il trasferimento del bene, il che costituisce, indubbiamente, un favor spropositato se non assurdo che cozza palesemente con il principio della certezza dei tempi di conclusione dei procedimenti che incidono in maniera concreta e in termini restrittivi sulle posizioni giuridiche connesse alla titolarità e al godimento dei diritti reali sugli immobili assoggettati alla realizzazione dell’opera pubblica.

Va allora dato atto, come correttamente statuito dal primo giudice, della fondatezza della censura di violazione dell’art.13 del DPR n.327/01 e da ciò non può non derivare l’inefficacia della dichiarazione di pubblica utilità produttiva, a sua volta, della illegittimità dei decreti di occupazione di urgenza e di immissione in possesso impugnati in prime cure.

Quanto al quarto motivo di gravame, i profili di doglianza con esso fatti valere, volti ad affermare comunque la validità del progetto approvato con la delibera CIPE, in realtà non rilevano in relazione al petitum e alla causa petendi posti a fondamento della instaurata controversia: ciò che qui rileva è che la dichiarazione che si accompagna all’approvazione del progetto definitivo non può essere utilizzata come utile presupposto per l’adozione di atti ablativi nei confronti degli immobili dei soggetti interessati all’esproprio e tanto identifica ed esaurisce esattamente la portata dell’azione giurisdizionale all’esame, senza incidere sulle statuizioni rese correttamente in causa dal primo giudice.

In forza delle suesposte considerazioni l’appello non appare meritevole di accoglimento.

Sussistono, peraltro giusti motivi, avuto riguardo alla specificità della controversia, per compensare tra le parti le spese e competenze del presente grado del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo Rigetta.

Compensa tra le parti le spese e competenze del presente grado del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 10 maggio 2011 con l’intervento dei magistrati:

Gaetano Trotta, Presidente

Sandro Aureli, Consigliere

Raffaele Greco, Consigliere

Guido Romano, Consigliere

Andrea Migliozzi, Consigliere, Estensore

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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