Cons. Stato Sez. V, Sent., 26-07-2011, n. 4466 Ricorso per l’esecuzione del giudicato

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con decisione di questo Consiglio di Stato, sezione V, n. 2755/2005, resa in data 30.5.2005, il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso proposto dalla C. D. C. C. R. s.p.a. avverso la deliberazione con la quale l’ ex U.s.l. 37 (ora A.s.l. Napoli 1) della Campania in data 28.4.1993 aveva dichiarato risolto il rapporto di convenzionamento in essere tra la C. di cura e il S.s.n., ai sensi dell’art. 44, legge n. 833/1978.

2. Con la successiva decisione 30 giugno 2009, n 4237 il Consiglio, in riforma della sentenza di prime cure, ha accolto il ricorso finalizzato ad ottenere il risarcimento del danno derivante dalla citata delibera n. 278/1993.

La Sezione ha nell’occasione rilevato che l’illegittimità della condotta dell’Amministrazione, così come la colpevolezza, erano state già accertate con la decisione n. 2755/2005 cit., sia per aver l’amministrazione adottato il provvedimento di risoluzione del convenzionamento precedentemente in atto, sia per aver colpevolmente ritardato il riconoscimento dell’accreditamento provvisorio, così configurando sia un’ipotesi di c.d. "danno da disturbo", sia un’ipotesi di c.d. "danno da ritardo".

Il Collegio ha osservato, quindi, che nella vicenda in esame l’appellante ha dimostrato la sussistenza di tutti i presupposti per l’accoglimento della domanda risarcitoria, così come individuati dalla giurisprudenza (cfr., ex multis, Cons. St., Sez. VI, 6 maggio 2008, n. 2015). Ed invero: sussiste l’elemento soggettivo, ovvero la colpa della P.A., che nella fattispecie è stata accertata da questo Consiglio con la pronuncia n. 2755/2005 ed espressamente ricollegata alla violazione degli obblighi di correttezza e buona fede; vi è l’evento dannoso, come anche la qualificazione del danno come danno ingiusto, in relazione alla sua incidenza su un interesse rilevante per l’ordinamento e meritevole di protezione giuridica; esiste, infine, il nesso di causalità con l’illegittimità degli atti adottati o comunque con la condotta, sia commissiva (illegittima risoluzione del rapporto di convenzionamento) che omissiva (grave e notevole ritardo nel portare a compimento il procedimento di accreditamento) della P.A.

Nella fattispecie, ha puntualizzato la Sezione, può ritenersi configurabile anche una responsabilità contrattuale dell’amministrazione, direttamente riveniente dal non aver ripristinato la convenzione, non consentendo alla Clinica di erogare le relative prestazioni sanitarie, nonostante fosse intervenuta l’ordinanza del TAR di sospensione della risoluzione del convenzionamento e nonostante l’odierna appellante avesse comunicato di accettare il nuovo sistema di remunerazione a tariffa già dal 1995.

Inoltre, contrariamente a quanto ritenuto dai primi giudici, l’attività dell’amministrazione, con il suo connotato di discrezionalità, era comunque imprescindibile sia per ripristinare il convenzionamento in un primo momento, sia per poter attribuire poi l’accreditamento.

Da ciò deriva che, indipendentemente dalle iniziative della Clinica, che pure nella fattispecie risultano intraprese e dimostrate documentalmente, l’amministrazione avrebbe dovuto ripristinare la convenzione già nel 1993 a seguito del provvedimento cautelare e avrebbe dovuto avviare il procedimento per il riconoscimento dell’accreditamento dopo la formale richiesta inoltrata dall’appellante in data 6.2.1995.

Del pari la decisione di questo Consiglio ha considerato non corretta la sentenza impugnata sotto il profilo della pretesa esclusione della valutabilità dell’operato dell’Amministrazione in relazione al mancato riconoscimento dell’accreditamento provvisorio, per la ragione che la Clinica avrebbe circoscritto la propria richiesta risarcitoria ai danni derivanti dalla delibera di risoluzione del convenzionamento.

In disparte la considerazione, svolta dall’appellante, che se l’Amministrazione non avesse illegittimamente risolto il rapporto convenzionale, o quanto meno se l’avesse ripristinato a seguito dell’adozione dell’ordinanza del TAR del 6.7.1993, la Clinica avrebbe avuto il titolo per poter continuare a svolgere, senza interruzioni, le proprie prestazioni a favore del Servizio Sanitario Nazionale, e ciò in applicazione della disciplina del passaggio dal vecchio sistema del convenzionamento al nuovo sistema dell’accreditamento sulla base di tariffe predeterminate, resta il dato che la stessa decisione di questo Consiglio n. 2755/2005, nell’accertare l’illegittimità della delibera di risoluzione del convenzionamento, costituisce sicuramente un valido presupposto su cui l’appellante fonda la propria richiesta risarcitoria; tale decisione, infatti, nell’annullare la delibera di risoluzione del 1993, evidenzia l’illegittimità dell’operato posto in essere dall’Amministrazione in quanto contrario agli obblighi di correttezza, trasparenza e buona fede, sottolineando come "il principio di buona fede oggettiva è posto dall’ordinamento a fondamento non solo dell’attività dei soggetti privati ma anche, a maggior ragione, di quelli pubblici" (cfr. Cons. St., Sez. IV, 2 marzo 2000, n. 1111), e che "il dovere di agire secondo correttezza e buona fede non è assolto solo con il compimento di atti previsti in specifiche disposizioni di legge ma si deve realizzare anche con comportamenti non individuati dal legislatore e che in relazione alle singole situazioni di fatto siano necessari per evitare l’aggravamento della posizione dell’altro contraente".

In sede di esame delle singole voci di danno risarcibile a titolo di danno emergente il Collegio ha concluso che il comportamento illegittimo posto in essere dalle Amministrazioni ha causato, quale conseguenza immediata e diretta, la perdita da parte della R. s.p.a. delle prestazioni che espletava in regime di convenzione e cioè dei ricavi corrispondenti alle attività per le quali era originariamente convenzionata e che avrebbe potuto continuare a svolgere se le fosse stato riconosciuto tempestivamente l’accreditamento provvisorio, con remunerazione a tariffa.

Per la quantificazione di tale voce di danno il Collegio ha ritenuto di fare applicazione della disposizione di cui all’art. 35, comma 2, del D.Lgs. n. 80 del 1998, stabilendo i criteri in base ai quali l’Amministrazione pubblica avrebbe dovuto proporre a favore dell’avente titolo il pagamento di una somma entro un congruo termine, tendendo conto dei risultati conseguiti e documentati nel passato nonché della riduzione, che nel tempo si è avuta, della durata media dei giorni di degenza.

Il Consiglio ha previsto anche il computo della rivalutazione monetaria (trattandosi di debito di valore) e degli interessi, dal 1993 (momento dell’adozione del provvedimento di risoluzione della convenzione) al riconoscimento dell’accreditamento (2006), oltre agli interessi legali dalla pubblicazione della sentenza al saldo.

3. Con la decisione n. 4312/2010 questo Consiglio ha quindi accolto il ricorso per ottemperanza proposto dalla citata C. di Cura, risultando palese l’inadempimento sopra meglio descritto, tanto più in rapporto all’esigua somma di contro offerta alla C. di cura creditrice.

Il Consiglio ha ribadito e puntualizzato le singole voci di danno risarcibile:

– minor utile realizzato a causa della risoluzione del rapporto convenzionale e del mancato accreditamento delle prestazioni sanitarie con la regione per il periodo 30.4.1993/30.11.2006 (= euro 39.756.791,00, secondo la perizia di parte in atti).

– perdita immediata e diretta, da parte della R. s.p.a., delle prestazioni espletate in regime di convenzione, ovvero, ricavi corrispondenti alle attività per le quali era originariamente convenzionata e che avrebbe potuto continuare a svolgere se le fosse stato riconosciuto tempestivamente l’accreditamento provvisorio, con remunerazione a tariffa.

– mancati introiti, integranti una somma ragguagliata ai risultati conseguiti e documentati nel passato, nonché alla riduzione, avuta nel tempo, della durata media dei giorni di degenza.

La Sezione ha quindi accolto il ricorso in ottemperanza, nominando quale commissario ad acta, in veste anche di perito d’ufficio, il Dirigente l’Ufficio di ragioneria della Prefettura di Roma, con l’incarico di determinare con precisione la somma in questione e di provvedere al suo versamento alla C. di cura interessata. La Sezione ha stabilito, in particolare, che detto Commissario avrebbe provveduto ai sensi dell’art. 35, comma 2, d.lgs. n. 80 del 1998, formulando una proposta da sottoporre all’avente titolo entro il termine di giorni sessanta decorrenti dalla notificazione o comunicazione della decisione.

4. Con determinazione commissariale del 6 agosto 2010, integrata da apposita relazione peritale, il Commissario ha calcolato la somma dovuta alla C. di cura nella misura complessiva di euro 66.357.246,36, di cui euro 54.213.308 a titolo di danno, euro 5.029.348,54 a titolo di rivalutazione ed euro 7.114.489,39 a titolo di interessi legali. Su detta determinazione è intervenuta l’adesione della parte privata.

5.Con separati reclami la Regione Campania, l’ Azienda Sanitaria Locale Napoli 1 e la Gestione Liquidatoria dell’Ex Usl 37 contestavano la determinazione commissariale.

Dal canto suo la C. di Cura R. S.p.A proponeva ulteriore domanda risarcitoria e articolava apposito reclamo incidentale condizionato.

Il Commissario a sua volta depositava ulteriore elaborato contenente controdeduzioni rispetto alle censure sviluppate dalle parti reclamanti.

6. Con la decisione n. 443/2011 il Consiglio di Stato chiedeva al consulente tecnico un ulteriore approfondimento tecnico da attuare nel pieno contradddittorio con le parti ed il rispettivi consulenti tecnici.

Si stabiliva, in particolare, che il Commissario, nella veste già riconosciutagli di perito d’ufficio, acquisiti tutti i necessari elementi valutativi e documentali dalle parti, avrebbe depositato ulteriore relazione volta ad analizzare i temi specifici interessati dai reclami, ossia il calcolo delle giornate di degenza, l’individuazione della percentuale di occupazione e l’individuazione del DRG medio.

Si precisava che nello svolgere tali indagini, il Commissario avrebbe dovuto: a)adottare, in sede di calcolo delle giornate di degenza possibili, un criterio valutativo che consenta in modo puntuale l’apprezzamento del danno patito in ragione del mancato utilizzo solo dei settanta posti letto in regime di convenzione; b) acquisire tutti i documenti necessari al fine di ricostruire la percentuale di occupazione realizzata della C. di Cura resistente nel 1992; c) quantificare il DRG medio in relazione all’intero arco temporale tra il 1993 ed il 2006 tenendo conto delle prestazioni rese dalla C. di Cura.

7. In data 7 giugno 2011 il consulente ha depositato la relazione pervenendo alla stima finale del danno nella misura di euro 50.786.604 oltre interessi e rivalutazione monetaria.

Le parti hanno depositato memorie, corredate da elaborati tecnici, con le quali hanno contestato alcuni profili dell’operato del Commissario.

Alla camera di consiglio del 21 giugno 2011 la causa è stata trattenuta per la decisione.

8. La Sezione osserva, in via preliminare, che l’elaborato depositato dal Commissario ad acta soddisfa le esigenze di approfondimento istruttorio espresse con la precedente decisione interlocutoria della Sezione motivando in modo adeguato e documentato in ordine ai criteri seguiti per pervenire alla quantificazione dell’importo del risarcimento.

8.1. Tanto premesso in via generale, la Sezione reputa che siano meritevoli di accoglimento le seguenti censure articolate, in sede di memoria e di elaborato tecnico di parte, dalle amministrazioni reclamanti in relazione ai seguenti specifici aspetti.

8.1.1. In primo luogo merita condivisione la censura mossa dalle amministrazioni reclamanti con riguardo al mutamento della metodologia in origine seguita dal Commissario ai fini del calcolo dell’utilità conseguita dalla C. di Cura, nell’arco di tempo interessato dalla risoluzione del convenzionamento, per effetto dell’utilizzazione, per ricoveri in regime privato, dei 70 posti a suo tempo convenzionati. Reputa, infatti, la Sezione che il criterio in origine seguito, imperniato sulla sottrazione del numero di posti letto convenzionati utilizzati in regime privato nel periodo in cui la convenzione è stata risolta, consenta un apprezzamento più oggettivo rispetto a quello imperniato sulla valorizzazione del beneficio economico che la clinica ha tratto da quelle giornate di degenza che non avrebbe potuto effettuare se fosse rimasta convenzionata con il Servizio Sanitario. In definitiva, attesa la complessità e la soggettività di un criterio estimativo volto a trarre elementi economici di dettaglio sulla base di bilanci di esercizio lontani nel tempo sulla scorta del raffronto tra il guadagno astrattamente realizzabile in presenza della convenzione e quello realizzato in assenza di essa, deve ritenersi preferibile l’utilizzo del criterio, in origine seguito dal Commissario e non toccato da specifiche censure ad opera delle parti, imperniato sulla considerazione della quantità, anziché del valore, delle giornate di degenza effettuate in regime privato sottraendo le giornate di degenza già effettuate in regime privato dalla giornate di degenza realmente possibili e ottenendo, quindi, le giornate di degenza disponibili per il convenzionamento.

8.1.2. Merita accoglimento anche la censura con la quale le amministrazioni reclamanti contestano il calcolo relativo alla degenza media dei ricoveri a partire dal 2001.

Dall’esame della documentazione in atti si ricava, infatti, che, partire dal 1992, la durata della degenza media per i ricoveri presso la clinica, che nel 1992 era pari a 5,4 giorni, si è andata riducendo in modo progressivo. Detta riduzione che fino all’anno 2000 è stata coerente con i dati relativi alle case di cura assimilabili alla R., a partire dal 2001 si è rivelata anomala scendendo in modo sensibile al di sotto dei 3 giorni. Risulta pertanto necessario, in coerenza con i rilievi formulati dalle amministrazioni reclamanti e specificati in sede di elaborati tecnici di parte, apportare una rettifica che, a partire dal 2011, rettifichi il dato della degenza media al fine di coniugare le prestazioni sanitarie effettuate in regime di convenzionamento nel 1992 con l’andamento della degenza media che, dal 2001, si è ridotta in modo cospicuo a seguito della drastica contrazione dei volumi di attività e dei livelli di complessità dei ricoveri effettuati presso la C. di cura in regime privatistico. La rettifica del dato della degenza media – con l’applicazione, a partire dall’anno 2011 di un dato forfetario costante di 3 giorni di durata media – non si pone in contrasto con l’esigenza, già ribadita da questo Consiglio, di fare riferimento all’esperienza della C. di cura R. in quanto mira a valorizzare proprio il dato dinamico dell’evoluzione dell’attività della C. di cura tenendo conto dell’anomalia della contrazione dei ricoveri sulla base dall’attendibile dato comparativo rappresentato dall’attività svolta dalle case di cura napoletane di fascia A.

8.1.3. Le valutazioni operate dal Commissario sfuggono invece alle ulteriori censure articolate sia dalle amministrazioni reclamanti che dalla C. di cura con riferimento all’individuazione del DRG medio in quanto il consulente ha dato conto in modo puntuale dei criteri all’uopo seguiti ed ha in modo congruo e condivisibile analizzato le ragioni ed i limiti di applicabilità delle disposizioni e degli atti intervenuti con riguardo al settore di riferimento nel periodo di tempo in rilievo.

8.1.4. E’ infine infondata la censura con la quale le amministrazioni reclamanti tornano a contestare il computo effettuato, ai fini della quantificazione del danno, del periodo di tempo nel corso del quale la sospensione dell’accreditamento è stata dovuta alla volontà della C. di Cura espressa con l’istanza di sospensione presentata in data 29 marzo 1995, con nota n. 25/1995. La Sezione, nel rinviare ai rilievi all’uopo già svolti con la propria decisione n. 443/2011, deve ribadire l’inammissibilità delle censure volte a riproporre, in sede di ottemperanza, questioni relative alla sussistenza degli elementi costitutivi della responsabilità, sussistenza già accertata dal giudicato della cui esecuzione si tratta. Resta naturalmente estraneo all’ambito di questo giudizio il vaglio del ricorso per revocazione proposto dalle amministrazioni reclamanti proprio al fine di valorizzare la rilevanza della condotta tenuta al riguardo della C. di cura.

8.2. Si può a questo punto passare all’esame delle doglianze articolate dalla R. s.p.a.

8.2.1. La Sezione, a confutazione delle censure articolate, osserva che:

– la mancata considerazione delle differenze di classe relative a prestazioni integrative di carattere non sanitario si giustifica in ragione dell’estraneità di dette prestazioni e dei connessi profili di danno alla portata del giudicato della cui esecuzione si tratta, concernente l’erogazione delle prestazioni sanitarie stricto sensu intese in regime convenzionale;

la mancata inclusione dei ricavi per assistenza pediatrica come ricavo accessorio si giustifica in ragione dell’inclusione di tali ricavi nella quantificazione del D.R.G.medio;

è motivata in modo congruo la valorizzazione del DRG medio operata dal commissario facendo applicazione di una serie di abbattimenti collegati alla sopravvenienza di disposizioni normative e determinazioni amministrative incidenti sulla materia in esame.

8.2.2.Va invece accolta la censura con la quale la C. di cura contesta il riconoscimento della rivalutazione e degli interessi legali a partire dall’adozione del provvedimento di risoluzione fino al riconoscimento dell’accreditamento anziché fino alla data della sentenza n. 4237/2009 (30/6/2009) che ha accolto la domanda risarcitoria. Ne deriva che la rivalutazione e gli interessi sulle somme anno per anno rivalutate dovranno essere liquidati anche con riferimento a tale arco temporale mentre a partire da tale data fino al dì del soddisfo andranno riconosciuti gli interessi legali.

9.La Sezione ritiene, in definitiva, che i reclami in epigrafe specificati debbano essere accolti per i soli limitati profili di cui si è detto

Il Commissario dovrà pertanto apportare le correzioni necessarie ed adottare i conseguenti definitivi provvedimenti finalizzati alla determinazione ed alla liquidazione del danno nel termine di sessanta giorni decorrenti dalla comunicazione o notificazione della presente decisione.

Sussistono, infine, giusti motivi per disporre la compensazione delle spese relative a questa fase di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

Accoglie in parte i reclami in epigrafe specificati e dispone che il Commissario ad acta adotti le determinazioni in motivazione specificate nel termine di sessanta giorni dalla notificazione o comunicazione della presente decisione.

Spese compensate.

Liquida a favore del Commissario per l’attività finora svolta il compenso di euro 3.000,00(tremila//00), che pone in pari misura, con il vincolo della solidarietà, a carico della C. di Cura R. s.p.a. e delle amministrazioni reclamanti

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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