Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 16-03-2011) 19-07-2011, n. 28813 Riparazione per ingiusta detenzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Ricorre per cassazione D.D., per tramite del difensore, avverso l’ordinanza emessa in data 17 marzo 2010 dalla Corte d’appello di MESSINA che ha allo stesso liquidato, a titolo di riparazione per l’ingiusta detenzione inframuraria subita, per giorni 22, dal 2 agosto 2006 fino al 24 agosto 2006, la somma complessiva di Euro 5.188,00, oltre interessi legali dal passaggio in giudicato, con compensazione integrale delle spese.

La Corte distrettuale, muovendo dall’assunto secondo il quale l’equa riparazione per l’ingiusta detenzione non ha carattere risarcitorio, ma solamente indennitario, ha ritenuto di procedere alla liquidazione del quantum in applicazione del parametro cd. aritmetico, costituito dal risultato della divisione tra il tetto massimo dell’indennizzo (di cui all’art. 315 c.p.p., comma 2) ed il termine massimo di custodia cautelare di cui all’art. 303 c.p.p., comma 4, espresso in giorni, procedendo poi alla moltiplicazione per i giorni di detenzione illegittimamente subita. Nella fattispecie, la determinazione della somma si era ottenuta moltiplicando il valore pro/die di Euro 235,82, per i 22 giorni di carcerazione subita. La Corte d’appello non ha inteso incrementare in via equitativa detto importo in relazione agli eventuali danni patrimoniali aggiuntivi, risultando sostanzialmente "compensate" siffatte ulteriori voci di danno dai precedenti penali e dalla pericolosità dell’istante, colpito da misura di prevenzione nonchè da precedenti penali gravi, anche per reati della stessa indole di quello per il quale risultava emesso il titolo custodiate de quo ( D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74) dal quale era stato poi assolto con sentenza 19 dicembre 2007,del Tribunale di Messina, divenuta irrevocabile il 17 settembre 2008.

Deduce la difesa un’unica censura per violazione di legge e per difetto ed illogicità della motivazione.

La Corte distrettuale, ad avviso del ricorrente, ha del tutto obliterato di tener conto, nell’ambito di una valutazione equitativa adeguatrice al caso concreto del quantum liquidabile, delle conseguenze pregiudizievoli personali e famigliari, scaturite dalla privazione della libertà personale, ingiustamente subita.

All’istante, a seguito dell’illegittimo arresto, era stato invero revocato il beneficio dell’affidamento in prova al servizio sociale – cui era stato ammesso al fine di espiare la pena infittagli a seguito di altra condanna -; donde la preclusione a svolgere il ruolo di padre e dì coniuge a cagione della disposta istituzionalizzazione inframuraria cautelare. Inoltre il D. era stato costretto a ricominciare il corso di specializzazione in chirurgia generale della durata di sei anni, cui era iscritto all’atto dell’illegittimo arresto, a causa dell’interruzione della frequenza per oltre quaranta giorni, dovuta al fatto dell’arresto ed alla protrazione del periodo di carcerazione preventiva, con gli ovvi pregiudizi, anche di natura economica, derivanti dalla ritardata entrata nell’ambiente professionale lavorativo.

Insta conclusivamente il ricorrente per l’annullamento dell’impugnata ordinanza con ogni conseguente statuizione.

Con requisitoria scritta in atti, il Procuratore Generale ha concluso per il rigetto del ricorso perchè infondato.

Il Ministero dell’Economia e delle Finanze, con la memoria di costituzione redatta dall’Avvocatura Generale dello Stato e depositata in cancelleria il 26 febbraio 2011, ha richiesto la declaratoria di inammissibilità del proposto ricorso o di rigetto.

Motivi della decisione

Il ricorso è infondato.

Come osservato dal Procuratore Generale, il provvedimento impugnato è immune dai vizi denunziati dal ricorrente.

La Corte d’appello di Messina ha fatto corretta applicazione, ai fini della liquidazione della somma riconosciuta al D. a titolo di riparazione dell’ingiusta detenzione subita, dei principi e dei criteri logici che presiedono all’esercizio dei poteri discrezionali demandati al giudice della riparazione, nell’ottica di adeguare il quantum alla situazione concreta. Non ha legittimamente ritenuto la Corte distrettuale di incrementare la somma de qua – calcolata secondo il parametro cd. aritmetico, correttamente applicato – di un ulteriore importo, equitativamente determinabile, a fronte degli altri pregiudizi lamentati dall’istante, richiamati in narrativa, cui si fa per brevità rinvio. Orbene non possono non condividersi le argomentazioni poste a fondamento dell’impugnata ordinanza secondo cui, sulla complessiva "taxatio" dell’indennizzo pur spettante al D. (esclusa dall’accordata riparazione, ogni finalità di ristoro risarcitorio dei danni patiti a seguito della ingiusta detenzione subita) hanno "pesato" sia i gravi precedenti penali riportati (anche per lo stesso delitto di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74) sia la sottoposizione a misura di prevenzione sia anche il fatto che l’istante, all’atto dell’esecuzione della misura cautelare, si trovasse a scontare una pena evidentemente infintagli per una precedente condanna, sia pure fruendo dell’istituto dell’affidamento in prova ai servizi sociali, donde l’ovvia, minore afflittività della subita privazione della libertà personale ed il minor pregiudizio derivante dal cd. strepitus fori, a fronte delle ben più rilevanti conseguenze che avrebbe risentito,anche in termini patrimoniali, un soggetto invece incensurato, (cfr. Cass. sez. 4 n. 23124 del 2008).

Segue, in conclusione, al rigetto del ricorso, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla rifusione, in nome del principio della soccombenza, di quelle sostenute, per il presente giudizio, dal Ministero resistente, liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e liquida le spese sostenute dal Ministero dell’Economia in ragione di Euro 750,00.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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