Cass. civ. Sez. VI, Sent., 09-12-2011, n. 26498 Danno non patrimoniale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1.- Pronunciando sulla domanda di equa riparazione per violazione del termine ragionevole del processo proposta da F.A. e dagli altri ricorrenti indicati in epigrafe contro il Ministero dell’Economia e delle Finanze con il provvedimento impugnato, depositato in data 21/10/2009, la corte di appello di Venezia, fissato in tre anni il termine ragionevole del giudizio presupposto, svoltosi dal 13.8.2002 al 9.5.2007 dinanzi alla Corte dei conti – sez. giurisdizionale Veneto – (avente ad oggetto la richiesta di riliquidazione del trattamento pensionistico) ha liquidato per il ritardo di 1 anno e 9 mesi la somma di Euro 900,00, in favore di ciascun ricorrente, a titolo di indennizzo per danno non patrimoniale.

Contro il decreto le parti attrici hanno proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi.

L’Amministrazione intimata non ha svolto difese.

Parte ricorrente ha depositato memoria.

1.1.- La presente sentenza è redatta con motivazione semplificata così come disposto dal Collegio in esito alla deliberazione in Camera di consiglio.

2.- Con i primi due motivi di ricorso le parti ricorrenti denunciano violazione di legge e vizio di motivazione lamentando che non sia stato applicato l’orientamento giurisprudenziale che prevede la liquidazione del danno in una somma compresa tra Euro 1.000,00 e Euro 1.500,00 per anno di ritardo.

Con il terzo motivo censurano la liquidazione delle spese.

3.- Il ricorso è fondato.

Questa Corte ha già avuto modo di precisare e ribadire (Sez. 1, Ordinanza n. 23350 del 18 novembre 2010) che la presunzione di danno non patrimoniale notoriamente connessa a situazioni soggettive provocate da un giudizio durato troppo a lungo, la cui connotazione in termini di irragionevolezza è, potrebbe dirsi, ancor più marcata in presenza di domande palesemente infondate e, come tali, suscettibili di immediata risoluzione, non può essere superata, tra l’altro, dalla "circostanza che il ricorso amministrativo, inerente a rivendicazioni di categoria", sia "stato proposto da una pluralità di attori", considerato che "la proposizione di un ricorso in forma collettiva e indifferenziata non equivale certamente a trasferire sul gruppo, come entità amorfa, e quindi a neutralizzare situazioni di angoscia o patema d’animo riferibili specificamente a ciascun singolo consorte in lite" (Sez. 1, Sentenza n. 27610 del 2008). In proposito va ricordato che ai fini della liquidazione dell’indennizzo del danno non patrimoniale conseguente alla violazione del diritto alla ragionevole durata del processo, ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, l’ambito della valutazione equitativa, affidato al giudice del merito, è segnato dal rispetto della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, per come essa vive nelle decisioni, da parte della Corte europea dei diritti dell’uomo, di casi simili a quello portato all’esame del giudice nazionale, di tal che è configurabile, in capo al giudice del merito, un obbligo di tener conto dei criteri di determinazione della riparazione applicati dalla Corte europea, pur conservando egli un margine di valutazione che gli consente di discostarsi, purchè in misura ragionevole, dalle liquidazioni effettuate da quella Corte in casi simili (Sez. U, Sentenza n. 1340 del 26/01/2004). Non appare ragionevole, per contro, il discostamento dai predetti criteri per la sola caratteristica di ricorso "collettivo" della domanda proposta dai ricorrenti.

E’ assorbita la censura relativa alle spese.

Ravvisandosi le condizioni per la decisione della causa nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c., dovendosi quantificare il periodo di eccessiva durata del processo in un anno e nove mesi, tenuto conto dei criteri per la liquidazione del danno non patrimoniale stabiliti dalla CEDU e da questa Corte (v. per tutte Sez. 1, Sentenza n. 21840 del 14/10/2009), l’indennizzo va determinato nella misura di Euro 1.310,00, con gli interessi dalla domanda.

Le spese del giudizio vanno poste a carico della parte soccombente e vanno liquidate come in dispositivo, secondo le tariffe vigenti ed i conseguenti criteri di computo costantemente adottati da questa Corte per cause similari.

Spese distratte.

P.Q.M.

La Corte, accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, condanna l’Amministrazione a corrispondere a ciascuna parte ricorrente la somma di Euro 1.310,00 per indennizzo, gli interessi legali su detta somma dalla domanda e le spese del giudizio:

che determina per il giudizio di merito nella somma di Euro 50,00 per esborsi, Euro 457,00 per diritti e Euro 445,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge e che dispone siano distratte in favore del difensore antistatario;

e per il giudizio di legittimità, che determina per l’intero in Euro 600,00 di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge e che dispone siano distratte in favore del difensore antistatario.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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