Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 16-03-2011) 19-07-2011, n. 28768

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

-1- T.F. e D.B.G., imputati ex art. 110 cod. pen., D.P.R. n. 309 del 1990, artt. 73 e 80 – per avere detenuto kg.

5,753 di sostanza stupefacente del tipo cocaina, con principio attivo pari a gr. 1.124,85, dai quali avrebbero potuto ricavarsi 7.498 dosi singole- ricorrono, per il tramite dei rispettivi difensori, avverso la sentenza della Corte d’Appello di Bari, del 30 aprile 2010, che ha confermato, in punto di responsabilità, la sentenza del Gup del Tribunale di Foggia, del 29 ottobre 2009, che li ha dichiarati colpevoli del reato loro contestato, avendo tuttavia ridotto ad anni sei di reclusione e 20.000,00 Euro di multa ciascuno la pena inflitta dal primo giudice.

Era accaduto che, alle ore 2 del 26.7.09, i carabinieri di Foggia si erano recati presso l’abitazione del T. per un controllo antidroga. Suonato il campanello, essi non avevano avuto risposta alcuna, pur avendo udito rumori provenienti dall’interno dell’appartamento ed avvertito odore di plastica bruciata, con del fumo nero uscire da sotto la porta d’ingresso. Dopo una decina di minuti, il T. aveva aperto la porta, permettendo ai militari di constatare la presenza di una fitta coltre di fumo nero sparso per la casa. Alla richiesta, rivolta allo stesso T., di precisare se altre persone fossero presenti nell’abitazione, i militari avevano udito una voce maschile pronunciare la frase "ora esco" ed avevano notato, all’interno della cucina, la presenza di D.B.G..

A causa del principio d’incendio, erano intervenuti i vigili del fuoco mentre i carabinieri, nel perquisire l’appartamento, avevano rinvenuto sui mobili della cucina, del soggiorno e del bagno attrezzature per la confezione delle dosi e la cocaina nella quantità sopra specificata.

Avverso la richiamata sentenza propongono, dunque, ricorso i due imputati.

1) D.B.G. deduce, con atti d’impugnazione separatamente proposti dai due difensori, violazione di legge e vizio di motivazione della sentenza impugnata, posto che i giudici del gravame, attraverso il generico richiamo della sentenza di primo grado, senza tenere alcun conto delle obiezioni contenute nei motivi d’appello, avrebbero valorizzato, in termini d’accusa, elementi indiziari irrilevanti, trascurandone altri – come, ad esempio, l’assunzione esclusiva di responsabilità da parte del T. – che, se coerentemente valutati, avrebbero potuto ricondurre la condotta dell’imputato nell’ambito della fattispecie criminosa del favoreggiamento, come, peraltro, richiesto dallo stesso PG d’udienza, se non di mera connivenza non punibile. Gli stessi giudici avrebbero poi male interpretato la richiesta di rinnovazione dell’istruttoria per procedere a perizia; richiesta che era diretta ad accertare la natura della sostanza rinvenuta nell’abitazione del D.B., non dello stupefacente trovato in casa del T.; essi, inoltre, non avrebbero spiegato le ragioni per le quali non sono state positivamente valutate le affermazioni dello stesso T. circa l’esclusiva riconducibilità a lui stesso della droga in sequestro.

Lamenta, altresì, il ricorrente la ritenuta sussistenza dell’aggravante dell’ingente quantità, di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 80. 2) T.F., con unico motivo, deduce violazione di legge e vizio di motivazione della sentenza impugnata, in relazione alla ritenuta sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 80 del richiamato D.P.R. ed al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.

Ambedue i ricorrenti concludono chiedendo l’annullamento della sentenza impugnata.

Con nota pervenuta in cancelleria a mezzo fax alle ore 17,29 del 15 marzo scorso, l’avv. Giulio Treggiari, difensore del T., comunica di avere appreso solo per caso della fissazione della odierna udienza di discussione del ricorso, non avendo ricevuto avviso alcuno, e ne chiede il rinvio.

-2- Rilevata preliminarmente l’infondatezza della richiesta di rinvio avanzata dall’avv. Treggiari, al quale risulta essere stato ritualmente notificato a mani proprie, il 28.1.2011, l’avviso di fissazione dell’udienza, osserva la Corte che ambedue i ricorsi sono infondati.

1) Inesistenti sono i vizi dedotti dal D.B. in punto di responsabilità per il reato contestato, avendo la corte territoriale, nel rispetto della normativa di riferimento, adeguatamente argomentato circa le ragioni per le quali ha ritenuto l’odierno ricorrente responsabile, in concorso con il T., dei fatti delittuosi contestati. A tale conclusione la stessa corte è pervenuta, malgrado i tentativi dello stesso T. di circoscrivere alla sua sola persona la condotta delittuosa, dopo attento esame e coerente valutazione delle emergenze processuali, alla stregua delle quali ha ritenuto il concorso del D.B. nel delitto di illecita detenzione dello stupefacente e l’inattendibilità delle dichiarazioni liberatorie in favore di costui rese dal coimputato.

In particolare, i giudici del merito hanno segnalato, quali elementi indiziari conducenti con certezza alla responsabilità dell’imputato, le seguenti circostanze: a) l’anomala presenza alle due di notte del D.B. in casa del T.; b) le divergenze esistenti tra i due circa lo scopo di quella presenza (per consumarvi la cena, secondo una prima versione del D.B., ovvero per acquistare e consumare una dose di cocaina, secondo una successiva versione che si uniformava a quanto aveva già sostenuto il T.) nonchè sui tempi di preparazione della dose (già pronta per il D.B., confezionata al momento per il T.) e sul prezzo di acquisto (100 Euro per il primo, 80 Euro per il secondo), c) le contraddizioni riscontrabili nelle versioni fornite dal D.B. al Gip (al quale aveva persino negato di avere notato la presenza della droga e dell’attrezzatura per la confezione delle dosi e di essere uscito dall’abitazione, invasa dal fumo, dopo il T., come attestato dai carabinieri), ritrattate davanti al PM, al cui cospetto ha persino sostenuto che la falsità delle precedenti dichiarazioni doveva imputarsi ai suggerimenti della sorella e degli avvocati che lo avevano assistito in quella occasione; d) la presenza, al momento dell’irruzione dei carabinieri, di due veli stesi sul tavolo della cucina e di un bilancino di precisione, giustamente ritenuta indicativa dell’intenzione dei due di confezionare le dosi di droga;

e) la ritardata apertura della porta d’ingresso e l’affannoso tentativo, all’arrivo dei carabinieri, di distruggere la droga, appiccando il fuoco; f) il ritardo con il quale l’imputato è uscito allo scoperto, dopo che già lo aveva fatto in T. e solo dopo il fallito tentativo di bruciare la droga; g) la presenza di nerume sulle mani dell’imputato, indicative del fatto che anche lui aveva tentato di dar fuoco alla droga.

Elementi che legittimamente sono stati ritenuti significativi in tesi d’accusa e congrui ai fini della affermazione della responsabilità del D.B., nulla rilevando, ovviamente, che l’abitazione ove tali fatti si sono svolti apparteneva al solo T..

Giustamente respinta dalla corte territoriale è stata, peraltro, la richiesta di perizia avanzata dall’imputato, in ragione anche del rito abbreviato dallo stesso scelto. L’accertamento richiesto, che avrebbe dovuto svolgersi sulla sostanza rinvenuta in casa del D. B., si presenta, in ogni caso chiaramente inutile, essendo già stato accertato che la sostanza in questione non era stupefacente e nulla rilevando verificare se la stessa fosse o meno simile alla sostanza, diversa dalla cocaina, rinvenuta in casa del T..

2) Ugualmente infondata è la censura relativa alla sussistenza dell’aggravante D.P.R. n. 309 del 1990, ex art. 80, comma 2, proposta da ambedue gli imputati, giustamente affermata in considerazione dell’ingente quantitativo di droga sequestrata e del rilevante numero di dosi singole dalla stessa ricavabili, idoneo a soddisfare un elevato numero di tossicodipendenti, con conseguente rilevante pericolo per la salute pubblica.

3) Giustamente, infine, sono state negate le attenuanti generiche al T., gravato da diversi e gravi precedenti penali, mentre generico è il riferimento, nel ricorso, a giustificazione della richiesta di concessione delle invocate attenuanti, al positivo comportamento processuale, laddove l’imputato si è solo limitato ad ammettere ciò che non poteva essere negato (la presenza della droga in casa sua) ed ha, per il resto, mentito circa il ruolo avuto dal D.B. nella vicenda, oltre che sulla provenienza della droga, asseritamente dallo stesso sottratta ad una banda di spacciatori albanesi.

I ricorsi devono essere, in conclusione, rigettati ed i ricorrenti condannati al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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