Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 10-03-2011) 19-07-2011, n. 28805Riparazione per ingiusta detenzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. La Corte d’Appello di Potenza ha respinto la richiesta di A. F. e B.C., volta ad ottenere un’equa riparazione per l’ingiusta detenzione, sofferta per oltre sei anni per i delitti di concorso in omicidio plurimo pluriaggravato, tentato omicidio e violazione della legge sulle armi, reati dai quali erano stati assolti per non aver commesso il fatto in sede di revisione della precedente sentenza definitiva di condanna.

La Corte ha ritenuto sussistente la causa ostativa prevista dall’art. 314 c.p.p., comma 1, rilevando che gli stessi ricorrenti, con dichiarazioni dai medesimi rese prima al p.m. e poi al Gip con cui accusavano falsamente dei delitti altri due soggetti, avevano causato l’errore che aveva portato alla individuazione di essi stessi quali corresponsabili della strage; secondo la Corte non poteva darsi credito alla tesi difensiva che si fosse trattato di dichiarazioni rese in uno stato di particolare debolezza psichica per l’astinenza dall’assunzione di stupefacenti di cui entrambi facevano uso essendo tossicodipendenti.

2. Avverso tale pronuncia hanno presentato ricorso sia A. che B., con due distinti, ma sostanzialmente coincidenti atti affidati ai rispettivi difensori. Con essi si impugna l’ordinanza indicata per violazione di legge, illogicità di motivazione e travisamento della prova, deducendo che la Conte territoriale non ha tenuto conto delle conclusioni della sentenza di revisione, che ha accertato che i ricorrenti, con accuse poi rivoltesi anche contro di loro, avevano sì falsamente accusato gli altri imputati, ma dette accuse erano state frutto della accertata coartazione della volontà dei due, entrambi tossicodipendenti e nella circostanza indotti a mentire da altri malavitosi sotto minaccia di ritorsioni gravi in danno loro e dei prossimi parenti al fine di far apparire la strage frutto della decisione di un ben determinato gruppo di criminalità organizzata.

Motivi della decisione

1. I ricorsi non meritano accoglimento per quanto di seguito si osserva. Nel corso delle indagini B.C. e A.F. hanno riferito al pubblico ministero e confermato davanti al Gip di aver assistito alla sparatoria che aveva avuto luogo nella barberia, di aver riconosciuto i soggetti che vi avevano partecipato, di aver rinvenuto per terra le armi ed i cappucci usati dai tre uomini e di averli nascosti; hanno proclamato la loro estraneità a tali fatti, assumendo di esserne stati solo testimoni involontari; al dibattimento hanno ritrattato le dichiarazioni accusatorie, con una ritrattazione che non è stata ritenuta attendibile. B. e A. sono stati condannati per aver concorso negli omicidi predetti, essendosi ritenuto del tutto inverosimile che essi avessero potuto essere presenti e non fuggire di fronte alla violenza della sparatoria messa in atto e che vi avessero, invece, avuto un ruolo attivo per recuperare le armi ed i cappucci usati nella stessa. In sede di revisione, i medesimi sono stati assolti in quanto è risultato che per i fatti di cui trattasi, la ed "strage della barberia", erano state condannate, con sentenza definitiva, altre persone, e che gli attuali ricorrenti, alla pari delle altre due persone che essi avevano dichiarato di "riconoscere" come autori della strage, erano invece estranei a tali fatti. La sentenza di revisione da atto che B. ed A. erano tossicodipendenti e che tale M.A. li convinse a rendere dichiarazioni false sugli autori della strage.

La Corte di appello di Potenza ha ritenuto colpevole tale comportamento rilevando che i due avevano inquinato il corso della giustizia assecondando una strategia di depistaggio ispirata da fonti confidenziali facenti capo ad un clan malavitoso.

La valutazione non merita censura, non potendosi seriamente contestare che un comportamento del genere di quello posto in essere dagli attuali ricorrenti, che hanno riferito fatti inesistenti e hanno accusato falsamente altri di un reato, creando i presupposti per la carcerazione propria ed altrui, sia connotato da colpa grave.

Colpa che non viene meno per la pacifica qualità di tossicodipendente dei due, non essendo evidentemente la tossicodipendenza una situazione che può giustificare atteggiamenti del genere. E neppure può fondatamente sostenersi, come tenta di fare la difesa con il presente ricorso, che gli stessi siano stati costretti a tale comportamento dalla necessità di rifornirsi della droga e a seguito di minaccia da parte di altri malavitosi, invocando un travisamento del fatto rispetto a quanto accertato dalla sentenza di revisione che avrebbe dato atto di una costrizione degli stessi in tal senso. La prospettazione potrebbe rivelarsi suggestiva ove effettivamente la sentenza di revisione contenesse l’accertamento che i due hanno agito in stato di necessità; ma un tale accertamento non è stato effettuato dalla sentenza di revisione che perviene all’assoluzione dei medesimi riconoscendone l’estraneità all’azione delittuosa, alla quale il B. non fu nemmeno presente e prendendo semplicemente atto della loro tossicodipendenza e del fatto che vi erano state pressioni da parte degli appartenenti ad un gruppo malavitoso su di loro per indurii ad accusare persone appartenenti ad un clan rivale. Sul punto la sentenza così si esprime "in definitiva, appare chiaro che i due tossicodipendenti B. e A. furono utilizzati da esponenti del gruppo Ciancaruso-Martera per colpire gli appartenenti al clan Modeo…". Ora, se anche può ritenersi che tale "utilizzazione" sia stata facilitata dalla tossicodipendenza dei due, non vi è però prova, e tale prova non risulta dalla sentenza di revisione, che gli stessi si siano trovati, senza loro colpa, in una situazione in cui non potevano tenere altro comportamento che quello tenuto. Resta dunque escluso il preteso travisamento del fatto.

3. Conclusivamente i ricorsi devono essere rigettati con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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