Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 10-03-2011) 19-07-2011, n. 28758 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. La Corte di Appello di Ancona ha confermato la sentenza emessa dal Tribunale di Macerata, sezione distaccata di Civitanova Marche, con la quale R.A., imputato del reati di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 1, perchè deteneva occultati nella propria abitazione, a fini di spaccio, grammi 63,4 di sostanza stupefacente risultata essere cocaina, è stato condannato, riconosciuta l’ipotesi di cui all’art. 73, comma 5, e concesse le circostanze attenuanti generiche, alla pena di anni uno di reclusione ed Euro 2.600 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali, con il beneficio della sospensione condizionale della pena.

La mattina del 23 gennaio 2002 i Carabinieri si recavano dell’abitazione del R. per dare corso ad una perquisizione disposta in relazione al reato di ricettazione (di assegni). Il R. veniva trovato ancora a letto e sotto le coperte veniva rinvenuto un involucro confezionato con nastro adesivo nero contenente 49,7 gr. di cocaina; nella tasca dei pantaloni veniva rinvenuto un altro involucro confezionato in cellophane con 13,7 grammi di cocaina. Entrambi i giudici di merito davano solo parzialmente credito alle dichiarazioni dell’imputato che affermava che la cocaina era destinata al suo uso personale, essendone un forte assuntore e dovendo mescolarla alla creatina; ritenevano che solo parte della sostanza rinvenuta potesse ritenersi destinata all’uso personale e altra parte allo spaccio, come dimostrato dalla presenza nell’appartamento di oggetti normalmente utilizzati a tale fine.

2. Avverso tale sentenza ha presentato ricorso per cassazione il difensore dell’imputato. Con un primo motivo deduce il difetto di motivazione in ordine alla ritenuta responsabilità rilevando che la Corte di Appello di Ancona ha dapprincipio correttamente ricostruito la vicenda per la quale il R. è stato tratto a giudizio, attestando che egli era "notevole assuntore" di cocaina, come risultava dalle sue conclamate condizioni fisiche; che utilizzava la sostanza diluendola "mediante la creatina"; che il quantitativo rinvenuto nel suo possesso era congruo con tale cospicuo "uso personale" e con le sue condizioni economiche, riconoscendo di conseguenza l’ipotesi attenuata di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5, nonostante fosse stato trovato in possesso di un quantitativo di cocaina pari a grammi 63,4; si duole che sia stata tuttavia ritenuta la destinazione allo spaccio di parte della cocaina sulla base di elementi ritenuti indicativi di una tale destinazione quali gli oggetti e utensili rinvenuti in suo possesso, indicatori del confezionamento di sostanze stupefacenti. Sostiene che la droga era destinata interamente al suo consumo personale, essendo egli un forte assuntore di cocaina, e che ciò era confermato dal tipo di sostanza usata per tagliare la droga, la creatina, sostanza molto costosa che gli consentiva però di continuare ad assumere lo stupefacente (che risultava addolcito dalla creatina), ma il cui utilizzo era assolutamente incompatibile per una sostanza destinata allo spaccio; sostiene che illogicamente la sentenza ha ritenuto indice di destinazione allo spaccio la presenza di nastro adesivo e plastica, senza tenere conto che egli era rappresentante di commercio, era spesso lontano da casa per lavoro e si preparava con quel materiale le dosi da portare con sè; non poteva ritenersi dunque sufficientemente provata l’accusa di destinare la cocaina allo spaccio a terzi. Con il secondo motivo sostiene che la pena avrebbe dovuto essere determinata nella misura richiesta dall’imputato ex art. 444 cod. proc. pen. e che il giudice di appello ha omesso di pronunciare sul motivo di appello con il quale era stata denunciata la eccessività della pena inflitta in primo grado e la mancata applicazione dell’art. 448 c.p.p., comma 1.

Motivi della decisione

1. Il ricorso merita accoglimento.

La sentenza impugnata ha ritenuto che parte della cocaina ritrovata in possesso dell’imputato in data 23 gennaio 2002 (gr. 63,4 complessivi, pari a 27 dosi medie giornaliere) fosse destinata al consumo personale dell’imputato stesso, pacificamente dedito all’assunzione di cocaina, e parte però alla vendita a terzi.

L’affermazione di responsabilità è motivata in relazione alla presenza nell’abitazione del medesimo R. di un bilancino di precisione, di una piccola morsa, di rotoli di nastro adesivo, di un foglio di carta stagnola con tracce di sostanze stupefacente e di due buste di cellophane sulle quali risultavano effettuati dei fori di forma circolare, oggetti ritenuti chiaro indice di una destinazione alla vendita a terzi, in quanto non conciliabili con la destinazione esclusivamente personale. La sentenza ha utilizzato i parametri di riferimento previsti dalla norma, al cui riguardo ancora di recente la 6^ sezione di questa corte (sentenza del 12.2.2009 n. 12146 rv 242923) ha precisato che in materia di stupefacenti, il mero dato quantitativo del superamento dei limiti tabellari previsti dal D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 1-bis, lett. a), come modificato dalla L. 21 febbraio 2006, n. 49, non vale ad invertire l’onere della prova a carico dell’imputato, ovvero ad introdurre una sorta di presunzione, sia pure relativa, in ordine alla destinazione della sostanza ad un uso non esclusivamente personale, dovendo il giudice globalmente valutare, sulla base degli ulteriori parametri indicati nella predetta disposizione normativa, se le modalità di presentazione e le altre circostanze depongono in tal senso.

Nella specie tuttavia alcune delle circostanze di fatto che caratterizzano la situazione risultano illogicamente valutate o trascurate, con la conseguente illogicità della motivazione resa. In particolare, la stessa sentenza da atto che R. faceva uso di cocaina e non contrasta il dato – dal medesimo sempre sostenuto – secondo cui l’uso era massiccio (3,4,5 dosi al giorno e nel fine settimana anche di più) per cui la cocaina era la scorta per circa una settimana; ne deriva che non trova spiegazione logica la ritenuta destinazione di parte della droga allo spaccio. Inoltre, si ammette che R. era solito mescolare creatina alla cocaina, che nell’appartamento è stato rinvenuto un barattolo di creatina, che tale modalità di taglio non è normalmente compatibile con la vendita, ma non viene accertato se la cocaina fosse stata effettivamente o meno tagliata con tale sostanza. Quanto all’armamentario rinvenuto, ritenuto indice di destinazione allo spaccio, la sentenza ammette che il bilancino e la morsa potevano servire anche per l’uso personale, ma allo stesso tempo da per certo, senza fornire di ciò logica giustificazione, che servissero comunque anche alla pesatura per lo spaccio. Vi sono poi i rotoli di nastro adesivo, la carta stagnola con tracce di stupefacente e le due buste di cellophane con i fori, di cui la difesa aveva eccepito la necessità al fine di prepararsi le dosi per poterle assumere anche quando l’imputato era in viaggio o comunque fuori casa, secondo una prospettazone in sè verosimile e che non risulta superata da logiche spiegazioni in contrario. La motivazione non offre dunque la rappresentazione di un rigoroso quadro probatorio della ritenuta finalità di spaccio con la conseguente necessità di una nuova valutazione al riguardo.

2. Anche il secondo motivo di ricorso risulta fondato non avendo in alcun modo la sentenza impugnata preso in esame i motivi di appello formulati dall’imputato con cui si chiedeva di rivalutare il diritto di accedere all’applicazione della pena, nonostante il dissenso del pubblico ministero, e di condannare comunque l’imputato al minimo della pena.

3. Deve dunque essere annullata la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di appello di Ancona, altra sezione, per nuova valutazione.

P.Q.M.

– annulla la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di appello di Ancona, altra sezione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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