T.A.R. Lazio Roma Sez. III bis, Sent., 26-07-2011, n. 6684

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Liceo Linguistico ed il Liceo Scientifico dell’Istituto Paritario KENNEDY HOLDING è riconosciuto paritario in virtù del decreto di parità scolastica dell’USR del Lazio n. 11985 del 12.10.2001.

I ricorrenti, quali studenti del predetto istituto, asseriscono che la loro scelta sarebbe stata determinata dalla circostanza che 1’Istituto Kennedy costituisce una struttura formativa non statale di particolare rilevanza e prestigio a Roma ed è (comparativamente con altre similari) dotata di strutture moderne, di servizi e di un corpo docente particolarmente qualificato.

Stando così le cose, sulla base della consapevolezza del dato incontestabile che il corso serale del LICEO LINGUISTICO (scuola definita a scarsa diffusione sul territorio) e del LICEO SCIENTIFICO dell’Istituto KENNEDY fossero ormai riconosciuti quali "paritari", i ricorrenti (studenti lavoratori) dichiarano di aver ritenuto di perfezionare l’iscrizione, onde completare un percorso già altrove in precedenza intrapreso (oppure derivante da idoneità interne) e in parte già svolto, partendo a buon diritto dal presupposto che le classi del corso di studio prescelto sarebbero state del tutto equiparate a quelle di una scuola pubblica, così come lo sarebbe stato il relativo titolo finale conseguito.

I ricorrenti precisano altresì che detta scelta sarebbe stata presa nel rispetto dell’autonomia scolastica e della libertà d’impresa della gestione alla luce della forte richiesta di iscrizioni e dell’incremento delle domande, – dovuto proprio alla totale assenza sul territorio di analoghe scuole statali con offerta formativa rivolta agli studenti lavoratori – che avrebbe giustificato l’attivazione dei nuovi corsi anche in considerazione della impossibilità di accorpare i nuovi iscritti nelle classi già costituite per incapienza delle aule e la conseguente necessità di non intaccare il giusto rapporto tra alunni e capienza della classe, posto che il numero massimo degli alunni era stato già raggiunto al mattino.

Di conseguenza l’Istituto attivava le nuove classi nell’orario pomeridiano anche al fine di soddisfare la richiesta di numerosi giovani lavoratori studenti.

Di conseguenza, anche per questi corsi, la scuola, avanzava domanda di riconoscimento agli effetti della estensione della parità già concessa all’Istituto per la classe in argomento, predisponendo il piano didattico e organizzativo e trasmettendo apposita istanza correlata delle prescritte dichiarazioni di legge e della correlata documentazione e costituendo l’istituto "Kennedy" l’unica scuola presente nel territorio con un Liceo Linguistico con corsi serali per studenti lavoratori.

A tale riguardo l’Amministrazione disponeva in parte qua il diniego dell’istanza indicato in epigrafe in quanto "…..si richiama il D.M. n. 83/2008 -punto 4- riconoscimento della parità c. 4.8 -: "per le classi terminali della scuola secondaria superiore il gestore può chiedere, con adeguata motivazione, entro l’avvio dell’a.s., l’autorizzazione al Direttore Scolastico regionale, per una sola classe collaterale, qualora gli studenti neo iscritti non possano essere inseriti nelle classi esistenti…."

Con il ricorso in esame parte ricorrente impugna in parte qua il predetto diniego deducendo le seguenti doglianze:

1) VIOLAZIONE DELL’ ART. 1, COMMA 6, LEGGE 62/2000, ART. 2.3. DELLA CIRCOLARE MINISTERIALE N. 31/2003, della NOTA MINISTERIALE DEL 26/01/07, PROT. 1433/FR, DELL’ART. 7 DELLA LEGGE N. 241/90, art.10 bis LEGGE 241/90 per come lllodificata dalla L. n. 15/2005; DEGLI ARTT. 27 E 97 COSTITUZIONE ED ECCESSO DI POTERE. PRESENZA DI STUDENTI LAVORATORI.

Il provvedimento impugnato è illegittimo anche per avere interpretato forse restrittivamente il già citato D.M. n.83/2008 che consente oggi diverse possibilità di sdoppiamento, e quindi in qualche modo conferma la interpretazione che a suo tempo dava la nota ministeriale del 26.1.07 prot.1433/FR.

Sotto questo profilo l’atto impugnato è illegittimo per carenza di istruttoria e di dovuta considerazione della condizione di lavoratori degli iscritti ai corsi pomeridiani e serali.

2) VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 4, COMMA 2 DEL D.p.r. 275/99 DELL’ART. l, COMMA 6, LEGGE 62/2000, D.M. n.267/2007; ART. 2.3. DELLA CIRCOLARE MINISTERIALE N. 31/2003; VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEL D.P.R. N. 275/99 E DEL SISTEMA DELL’AUTONOMIA SCOLASTICA. VIOLAZIONE DELL’ ART. 149 TRATTATO CEE. ECCESSO DI POTERE(presenza di studenti lavoratori).

Occorre anche specificare che la scuola con la propria istanza di estensione della parità ha fatto specifico riferimento al fatto che i nuovi corsi debbano svolgersi per soddisfare l’esigenza dei numerosi studenti lavoratori, che rappresentano i nuovi iscritti

Quindi, gli atti impugnati, privi di motivazione per questo aspetto, ledono anche l’interesse degli studenti lavoratori all’offerta formativa approntata dalla scuola.

Per loro la scuola ha organizzato questo nuovo corso di studi. Ha esercitato la propria autonomia organizzativa, ha ritenuto di soddisfare le loro esigenze e agevolare la loro formazione culturale e professionale in armonia con l’attività lavorativa. Questo è pienamente in armonia con i principi dell’autonomia scolastica e dell’ordinamento scolastico conformemente alla consolidata interpretazione del Consiglio di Stato, secondo il quale: "….Ritenuto che il disposto di cui all’art. l, comma 4, lett. f), della legge n. 62/2000 nella stessa prassi amministrativa (v. C.M. n. 31 del 18 marzo 2003, punto 36; nota prot. 245/UffI, 20 febbraio 2002, della D.C. organizzazione servizi territorioarea parità scolastica; nota Capo Gabinetto Ministro PI. 26 gennaio 2007, n. 1433/FR) è interpretato nel senso di non precludere l’istituzione di classi terminali allorché ricorrano determinate condizioni giustificative indicate negli atti anzidetti con particolare riferimento agli studenti lavoratori;… che la disciplina normativa anzidetta non sembra precludere, allorché ne ricorrano condizioni verificabili ai sensi di quanto precede, la possibilità di istituire eccezionalmente ulteriori classi singole in presenza delle pressanti esigenze degli studenti lavoratori..". (Cons. Stato, sez, VI, ordinanze n. 6364/07, n. 924, n. 925 e n. 939 del 19/02/2008).

Di qui la illegittimità per difetto di istruttoria e motivazione, illogicità e violazione delle leggi italiane ed europee del provvedimento impugnato.

3) VIOLAZIONE DI LEGGE EX ARTT. 1 E 2 LEGGE 241/1990, EX DPR 275/1999, EX C.M. 110/2007 ED EX OO.MM. DISCIPLINANTI PROCEDURA ESAME DI STATO. ECCESSO DI POTERE PER ILLOGICITA E SVIAMENTO.

L’amministrazione scolastica nella fretta di negare il riconoscimento della parità si è dimenticata di fornire ai ricorrenti una motivazione adeguata: in particolar modo, nessun riferimento ad eventuale istruttoria svolta, né tanto meno ad una comparazione tra gli interessi privati e quelli pubblici coinvolti è stata compiuta: il limitarsi ad una mera contestazione formale circa l’asserita impossibilità di costituzione (richiamando mere norme regolamentari e giurisprudenza in conferente col caso di specie) è chiaro indice di illegittimità, la quale è suffragata dall’omessa totale considerazione della circostanza che successivamente alla data del 1 settembre 2010 non è affatto vietato accogliere nuove iscrizioni e costituire nuove classi specie se serali per studenti lavoratori in assenza di strutture statali presenti nel territorio.

Non vi è dubbio che le inesistenti motivazioni ed i generici riferimenti legislativi non possono essere considerati quali motivazione minimamente valida di un provvedimento così gravoso per una serie di soggetti (scuola, lavoratori della scuola, studenti e famiglie degli studenti), ove tra l’altro non si scorge neanche una minima valutazione tra gli interessi pubblici in gioco e quelli dei privati cittadini (gli studenti), dell’azienda (l’istituto) e dei lavoratori (insegnanti e non).

Occorrerà, dunque, tenere presente che il difetto di motivazione, il quale per costante giurisprudenza (cfr. inter alia Consiglio di stato, sez. V, 30 agosto 2006, n. 5064), si configura quando non è possibile ricostruire il percorso logico giuridico seguito nell’emanazione di un atto del quale risultino indecifrabili le ragioni che ne hanno determinato l’adozione, ha nel caso di specie rilevanza.

4) VIOLAZIONE DI LEGGE EX ART. 4.3 DEL D.M. 83/2008. ECCESSO DI POTERE PER ILLOGICITA" E SVIAMENTO.

Il D.M, 83 del 10 ottobre 2008, il quale ha ad oggetto: "Linee Guida per l’attuazione del decreto ministeriale contenente la disciplina delle modalità procedimentali per il riconoscimento della parità scolastica e per il suo mantenimento" all’art. 4 rubricato "Il Riconoscimento della Parità" prevede al punto 3 che: "Per le scuole già paritarie, in caso di istituzione di corsi di indirizzi diversi o di corsi serali o di cessazione di corsi il Direttore dell’Ufficio Scolastico Regionale emana apposito decreto modificativo di quello originario".

Orbene il tenore letterale della norma richiamata stabilisce espressamente che l’USR debba nei casi menzionati emanare un decreto modificativo della parità, peraltro già riconosciuto.

Nel caso in esame ci troviamo di fronte ad un’istituzione scolastica già riconosciuta paritaria ove viene negato il riconoscimento ad una singola classe di un corso "speciale" ad orario serale composto, peraltro da studenti lavoratori.

Ne risulta, quindi che sebbene risultino rispettate tutte le caratteristiche positivamente stabilite dall’art. 4.3 delle lince guida e sostanzialmente, fondanti la ratio legis, l’USR Laziale abbia deciso sulla scorta del rinvio ad una norma inconferente rispetto a quella speciale, nonché a giurisprudenza inconfrente che, nel caso di specie non si possa riconoscere la parità alle classi V sez. C ad orario serale per studenti lavoratori del Liceo Linguistico (rammentiamo: senza neanche considerare la peculiare scarsa diffusione di tale indirizzo di studi, maggiormente considerando la caratteristica dell’orario serale rivolto a studenti lavoratori) e del Liceo Scientifico.

5) VIOLAZIONE DELL’ ART. I, COMMA 6, LEGGE 62/2000, D.M. n.267/2007; ART. 2.3. DELLA CIRCOLARE MINISTERIALE N. 31/2003; VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEL D.P.R. N. 275/99 E DEL SISTEMA DELL’AUTONOMIA SCOLASTICA. ECCESSO DI POTERE. (Ovvero sulla possibilità di sdoppiamento del corso).

Il provvedimento impugnato è anzitutto illogico e contraddittorio in relazione alla unica motivazione data dell’Amministrazione che nega la parità esclusivamente richiamando in modo generico il D.M. n.83/2008 che come visto al contrario contiene proprio norme autorizzative agli sdoppiamenti.

La legge consente, espressamente, l’attivazione di un nuovo corso addirittura riconoscendo la parità anche soltanto iniziando daIIa prima classe in vista del completamento, quindi l’errore della PA. è di diritto, frutto di eccesso di potere e contraddittorio con le sue stesse direttive e statuizioni ministeriali e normative di cui:

– al DECRETO N.83 DEL 10 OTTOBRE 2008, che riconosce la possibilità di sdoppiamento sia per le nuove classi iniziali, sia per le classi intermedie e sia per le classi terminali;

– all’art. 1, co. 4, lett. F) della legge 62 del 2000 ed art.1, comma 8, del D.M. 267/2007 (suIIa parità scolastica) che consentono in questi termini lo status paritario di una singola classe;

– alla CM. 31/03 prescrivente che in caso di parità preesistente per un indirizzo – come è nel caso di specie- la possibilità di attivare un altro corso o classe e in attesa del riconoscimento della parità…. tale classe o corso si considera paritario.. (punto 3.6 "Corsi e classi" della C.M. 31/03)

Negare questa possibilità, sarebbe anche in contrasto con l’art. 33; co. 4, della Costituzione che riconosce alle scuole paritarie e ai loro alunni la seguente garanzia costituzionale: "La legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità, deve assicurare ad esse piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali."

La lettura della disposizione non può essere rigida e considerare la scuola paritaria e i suoi alunni su due binari paralleli, anzi proprio l’art.33, co.4 rappresenta la sintesi delle loro posizioni e il loro punto d’incontro. La legge n.62/2000 infatti, dopo aver specificamente indicato i vari requisiti, consente loro di esercitare in PIENA LIBERTA" l’attività scolastica per mirare ad offerta formativa equipollente, che vuoI dire: accettare anche obbligatoriamente le domande DI ISCRIZIONE (vedi art.1 della L. 62/00); insegnare secondo i nuovi principi dell’autonomia scolastica, concludere contratti di lavoro e assumere docenti secondo i contratti nazionali di lavoro, personale non docente, avere strutture regolari autorizzate da vigili del fuoco, asl etc.

A ciò si aggiunga la economia di scala che si realizza – in coerenza con l’art. 41 della Costituzione – per la società che gestisce la scuola paritaria.

6) VIOLAZIONE DELL’ART. 1, COMMA 6, LEGGE 62/2000, ART. 2.3. DELLA CIRCOLARE MINISTERIALE N. 31/2003, DELL’ART. 7 DELLA LEGGE N. 241/90, art.10 bis LEGGE 241/90 per come modificata dalla L. n.15/2005; DEGLI ARTT. 27 E 97 COSTITUZIONE ED ECCESSO DI POTERE. (carenza di motivazione).

A quanto detto si aggiunge anche la totale ASSENZA DI MOTIVAZIONE DEI PROVVEDIMENTI IMPUGNATI, che ha fatto si che l’Amministrazione abbia respinto la richiesta di riconoscimento di regime paritario anche per la classe in questione senza esaminare e verificare la documentazione offerta dal ricorrente Istituto, con particolare riferimento agli schemi di funzionamento inviati dal ricorrente, da cui, peraltro, emerge chiaramente la forte richiesta di iscrizione e l’incremento delle domande che giustifica l’attivazione dei nuovi corsi CONSIDERATA L’IMPOSSIBILITA" DI ACCORPARE GLI ISCRITTI SUCCESSIVI NELLE CLASSI GIA" COSTITUITE PER NON INTACCARE IL GIUSTO RAPPORTO TRA ALUNNI E CAPIENZA DELLA CLASSE.

Questo ha ulteriormente minato la possibilità di difesa.

Non vi è dubbio che le inesistenti motivazioni e gli altrettanto inesistenti riferimenti legislativi non possono essere considerati quale motivazione minimamente valida di un provvedimento così gravoso per una serie di soggetti (scuola, lavoratori della scuola, studenti e famiglie degli studenti).

Del resto tutto il sistema di riconoscimento/revoca della parità scolastica è strettamente ed esclusivamente legato alla verifica attuale in capo alla scuola dei requisiti di parità di cui alla L.62/00 cd alla C.M.31/03 che, regolando la procedura, impongono la concessione di termini ed altre garanzie di difesa finalizzate appunto alla possibilità di disporre gli adeguamenti e regolarizzare le disfunzioni.

La L. 62/2000 ha comportato l’assenza di discrezionalità nella pubblica Amministrazione nella stessa emissione del provvedimento di parità, ed un mero obbligo di controllo oggettivo dei diversi Istituti. In poco, l’amministrazione nel momento stesso dell’emissione del provvedimento di parità, non è titolare di un potere discrezionale, ma deve limitarsi alla constatazione dei requisiti voluti dalla legge ed è obbligata a riconoscere tale status che corrisponde ad un principio costituzionale, quello della libertà di insegnamento e della libertà di impresa.

7) VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DELL’AFFIDAMENTO (ART. l, COMMA l, LEGGE 241/90).

A ciò si aggiunga che l’AMMINISTRAZIONE SCOLASTICA del Lazio ha anche violato la propria reiterata e consolidata prassi amministrativa maturata in relazione ai medesimi precedenti riconoscimenti di classe collaterali.

Difatti, la prassi dell’USR del Lazio immediatamente precedente le vicende di cui alla presente controversia è sempre stata nel senso di consentire la costituzione di classi collaterali ad orario pomeridiano o serale per studenti lavoratori o per ipotesi di corsi speciali, al fine di conciliare le esigenze di speditezza ed efficienza dell’azione amministrativa con riduzione della spesa pubblica e a salvaguardia degli interessi legittimi dei privati e delle imprese.

Tale prassi amministrativa si è fondata su precisi precedenti di codesto On.le TAR e del Consiglio di Stato.

Il comportamento tenuto dall’Amministrazione nel caso di specie ha, dunque, oltre che violato le norme di legge già richiamate, senz’altro leso il legittimo affidamento dei ricorrenti che è divenuto a seguito delle modifiche apportate dalla legge 15/2005 un principio vincolante per l’azione amministrativa costituendo esso stesso un principio dell’ordinamento comunitario.

Si costituisce in giudizio l’Amministrazione resistente che nel controdedurre alle censure di gravame, chiede la reiezione del ricorso.

Motivi della decisione

Fondate ed assorbenti si rivelano le doglianze contenute nel primo secondo terzo quarto quinto sesto motivo di gravame con le quali parte ricorrente lamenta la violazione di legge di cui all’art.1, comma 4 L. 10.3.2000, n. 62 del D.M..11.07, n. 267 e del Decreto Ministro dell’Istruzione n. 83 del 10.10.2008 e l’eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, restando assorbita ogni ulteriore doglianza.

Ed invero osserva il Collegio che già questa Sezione con ordinanza n. 00272/2011 ha avuto modo di evidenziare la "carenza di adeguata motivazione dell’atto impugnato tenuto conto della "….sussistenza, di una ragionevole previsione sull’esito favorevole del ricorso le cui doglianze appaiono assistite dal "fumus boni juris…":e ciò in quanto, dagli atti di causa risulta, infatti che l’Amministrazione non abbia con la dovuta contezza valutato le circostanze fattuali e le ragioni giuridiche indicate nell’istanza che ha portato al disposto diniego di cui si controverte.

Il disposto diniego risulta pertanto con conforme alle prescrizioni normative e regolamentari suindicate ed adottato con surrettizia motivazione pressocchè inesistente e denotante grave carenza istruttoria anche sull’accertamento dei presupposti di fatto sussistenti all’atto dell’adozione del provvedimento impugnato, con la conseguenza che sfugge l’iter logico seguito dall’Amministrazione nel negare la parità richiesta: ciò in aperta violazione delle disposizioni di legge.

Né il mero richiamo, nel provvedimento impugnato, del D.M. n. 83/2008 costituisce idoneo elemento di supporto motivazionale, tenuto conto delle stesse disposizioni ivi contenute e di seguito riportate, che dispongono e riconoscono la possibilità di sdoppiamento sia per le nuove classi iniziali, sia per le classi intermedie e sia per le classi terminali:

"4.6 In caso di sdoppiamento di un corso già funzionante il gestore deve chiedere entro 30 giorni dal term.ine ultimo annualmente stabilito per l’iscrizione degli alunni, l’estensione del riconoscimento della parità alle nuove classi, a partire dalla prima e con prospettiva di completamento del corso. Ai sensi dell’art. 1, comma 4, della legge lO marzo 2000, n.62, la parità, di norma, non può essere riconosciuta a singole classi.

4.7 Per le classi iniziali e intermedie il gestore può chiedere all’Ufficio Scolastico Regionale entro l’avvio dell’ anno scolastico, l’autorizzazione allo sdoppiamento di classi dovuto a nuovi iscritti o a ripetenti che non possono essere integrati nelle classi esistenti.

4.8 Per le classi terminali della scuola secondaria superiore il gestore può chiedere, con adeguata motivazione, entro l’avvio dell’anno scolastico, l’autorizzazione al Direttore scolastico regionale per una sola classe collaterale qualora gli studenti neo iscritti non possano essere inseriti nelle classi esistenti… ".

Senza contare che lo stesso D.M, 83/2008, all’art. 4 rubricato "Il Riconoscimento della Parità" prevede al punto 3 che: "Per le scuole già paritarie, in caso di istituzione di corsi di indirizzi diversi o di corsi serali o di cessazione di corsi il Direttore dell’Ufficio Scolastico Regionale emana apposito decreto modificativo di quello originario".

Con ciò dimostrando l’Amministrazione di avere erroneamente interpretato il citato D.M. n. 83/2008 omettendo la dovuta considerazione della condizione di lavoratori degli iscritti ai corsi pomeridiani e serali (cfr. Consiglio di Stato, sez, VI, ordinanze n. 6364/07, n. 924, n. 925 e n. 939 del 19/02/2008, secondo il quale: "….Ritenuto che il disposto di cui all’art. l, comma 4, lett. f), della legge n. 62/2000 nella stessa prassi amministrativa (v. C.M. n. 31 del 18 marzo 2003, punto 36; nota prot. 245/UffI, 20 febbraio 2002, della D.C. organizzazione servizi territorioarea parità scolastica; nota Capo Gabinetto Ministro PI. 26 gennaio 2007, n. 1433/FR) è interpretato nel senso di non precludere l’istituzione di classi terminali allorché ricorrano determinate condizioni giustificative indicate negli atti anzidetti con particolare riferimento agli studenti lavoratori;… che la disciplina normativa anzidetta non sembra precludere, allorché ne ricorrano condizioni verificabili ai sensi di quanto precede, la possibilità di istituire eccezionalmente ulteriori classi singole in presenza delle pressanti esigenze degli studenti lavoratori..").

Peraltro l’amministrazione non opera alcun riferimento ad eventuale istruttoria svolta, né tanto meno ad una eventuale comparazione tra gli interessi privati e quelli pubblici coinvolti, limitandosi ad una mera contestazione formale circa l’asserita impossibilità di costituzione (richiamando mere norme regolamentari e giurisprudenza in conferente col caso di specie) ed omettendo qualsiasi considerazione sulla circostanza che successivamente alla data del 1 settembre 2010 non è affatto vietato accogliere nuove iscrizioni e costituire nuove classi specie se serali per studenti lavoratori in assenza di strutture statali presenti nel territorio.

Sotto tali profili, giustamente la difesa di parte ricorrente evidenzia come, sulla base dell’intero sistema normativo (art. 1, comma 4, legge 62/2000, D.M. n.267/2007; ART. 2.3. della C.M. n. 31/2003; D.P.R. n 275/99) che consente espressamente l’attivazione di un nuovo corso addirittura riconoscendo la parità anche soltanto iniziando dalla prima classe in vista del completamento, l’Amministrazione sia incorso in errore di diritto, contraddicendosi con le sue stesse direttive,e statuizioni ministeriali e normative.

E la necessità di una congrua ed esaustiva motivazione è ancor più pregnante in un procedimento ex lege n. 62/2000 caratterizzato dall’assenza di discrezionalità nell’ "an", nel "quid" e nel "quo modo" del provvedimento di parità, risolventesi in un atto autorizzatorio di mero accertamento di controllo oggettivo dei diversi Istituti e dei requisiti voluti dalla legge in presenza dei quali l’Amministrazione è obbligata a riconoscere tale status che corrisponde ad un principio costituzionale, quello della libertà di insegnamento e della libertà di impresa.

Sulla base delle suesposte considerazioni il ricorso va accolto e per l’effetto l’atto di diniego impugnato va annullato per violazione di legge di cui all’art.1, comma 4 L. 10.3.2000, n. 62 del D.M..11.07, n. 267 e del Decreto Ministro dell’Istruzione n. 83 del 10.10.2008 e per eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione,.

Sussistono, tuttavia, giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese di giudizio, ivi compresi diritti ed onorari.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Bis) definitivamente pronunciandosi sul ricorso indicato in epigrafe lo accoglie e per l’effetto annulla l’atto impugnato.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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